La religiosità secolare. Un’esperienza sempre più «individualizzata»: un saggio del sociologo Beck letto da Vattimo, che interviene domani a «Torino Spiritualità»
La Stampa - TuttoLibri, 26 settembre 2009
Anche se molti fondamentalisti non sono d'accordo, è ormai abbastanza generalmente acquisito che la secolarizzazione - l'erosione e trasformazione in senso laico della tradizione religiosa - è un fenomeno legato all'essenza stessa della religione, e in particolare un vero fenomeno cristiano.
È da qui che parte il libro del sociologo tedesco Ulrich Beck, il quale intitola la sua opera Il Dio personale. Un'espressione che a prima vista sembrerebbe esprimere la più pura ortodossia cristiana, giacché, come abbiamo imparato dal catechismo, Dio è per l'appunto una persona, non un'entità astratta o una specie di nome per la totalità dell'essere. È solo a un Dio personale in questo senso che si possono rivolgere preghiere e atti di amore.
Ma nel titolo di Beck il termine «personale» allude piuttosto al credente stesso: noi ormai crediamo in un dio nostro, termine di una esperienza che ciascuno vive in proprio e secondo la propria identità più profonda.
Spesso i fondamentalisti parlano di questo come di una «religione à la carte»: secondo loro, oggi ognuno si fa la sua religione, o possiamo dire il suo Dio, secondo i propri gusti e ideali individuali. Beck suggerisce che in fondo un Dio personale nel primo senso, più oggettivo, del termine, non può alla lunga che divenire anche un Dio personale nel secondo senso: se il Dio in cui crediamo è una persona è difficile che non ci rapportiamo a lui a nostra volta come persone specifiche.
Questo è in fondo il senso della secolarizzazione: non una dissoluzione e presa di congedo dal religioso, ma lo sviluppo di una esperienza sempre meno rigidamente istituzionalizzata del rapporto con Dio. E proprio il cristianesimo, con la sua insistenza sulla coscienza individuale, ha spinto la religiosità in questa direzione.
È il problema di fronte a cui si trovano oggi le chiese, non solo la cattolica e non solo le chiese cristiane. Beck, che è un sociologo, documenta fenomeni analoghi a quella che chiamiamo secolarizzazione anche in altri territori religiosi, e anzitutto nell'Islam. La questione è insomma, sul piano descrittivo su cui si colloca Beck: come si stanno configurando e si configureranno le grandi religioni della tradizione, in un mondo come il nostro, nel quale modernità e post-modernità sembrano tutte, anche se in modi diversi, orientare la credenza religiosa nel senso di una sempre maggiore individualizzazione?
Non è solo un problema per le gerarchie ecclesiastiche, che vedono ridursi la propria autorità nella sfera pubblica e incontrano sempre più resistenza da parte degli stessi fedeli che pure professano il loro credo. Anche per i credenti sembra difficile immaginare una vita religiosa senza istituzioni, senza i riti, le feste, in generale la «guida» delle loro tradizionali autorità. E si noti poi, come mostra bene Beck, che la secolarizzazione «occidentale» (riscontrabile soprattutto nel mondo cristiano europeo-americano) non solo non significa una diminuzione della religiosità, ma ha anche un potente contraltare (è il caso di dirlo) nella crescente diffusione del cristianesimo, cattolico o protestante, in regioni come Africa, Asia, America Latina. Il che conferma che le chiese sono, come dice il sociologo, dei global players, degli agenti globali.
Utile ricordarlo a noi italiani che spesso, guardando alla situazione della Chiesa cattolica in Italia, abbiamo l'impressione non immotivata che qui si stia assistendo agli ultimi spasimi di un «potere» tanto più esigente e dispotico quanto più consapevole del proprio declino.
Le chiese, insomma, lungi dall'essere alla fine, come pensava e voleva una teoria troppo ingenua e lineare della modernizzazione e della secolarizzazione, manifestano oggi una vitalità rinnovata proprio nella misura in cui sono, nella loro stessa costituzione originaria, soggetti globali e dunque adeguati all'epoca della mondializzazione. In qualche senso, la religiosità è tanto più universalistica quanto più è individualizzata. Sono le istituzioni ecclesiastiche, molto più che la fede individuale, a pretendere l'esclusiva del rapporto con il divino, verso l'esterno, e verso l'interno l'ortodossia dei loro fedeli.
Naturalmente Beck non si nasconde i tanti rischi che l'individualizzazione della religiosità porta con sé. Non solo certi fenomeni - visibili soprattutto in America – della nascita di nuove sette spesso ispirate da pastori o guru che badano soltanto agli affari. Piu sottilmente, il grande rischio è che le coscienze individuali siano profondamente manipolate dai media e dal potere - una questione a cui è sensibile soprattutto Juergen Habermas, che Beck cita spesso nel suo lavoro.
Ma quest'ultimo rischio è ovviamente legato alla questione della libertà politica in un mondo dove i sistemi di controllo e di manipolazione stanno diventando sempre più potenti. Le chiese che cosa faranno per combattere i rischi contro la libertà?
Per Beck, le religioni possono e devono avere un ruolo politico fondamentale nella costruzione di un mondo più giusto. Ma solo, pensa Beck e noi siamo d'accordo con lui, se, con una non facile trasformazione, sapranno sostituire alla dedizione alla verità (solo il nostro Dio è vero e salva, gli altri sono «dèi falsi e bugiardi») il valore prevalente della pace. Non sarebbe anche questo un modo per realizzare il vero trionfo del Cristianesimo come religione della carità?
È da qui che parte il libro del sociologo tedesco Ulrich Beck, il quale intitola la sua opera Il Dio personale. Un'espressione che a prima vista sembrerebbe esprimere la più pura ortodossia cristiana, giacché, come abbiamo imparato dal catechismo, Dio è per l'appunto una persona, non un'entità astratta o una specie di nome per la totalità dell'essere. È solo a un Dio personale in questo senso che si possono rivolgere preghiere e atti di amore.
Ma nel titolo di Beck il termine «personale» allude piuttosto al credente stesso: noi ormai crediamo in un dio nostro, termine di una esperienza che ciascuno vive in proprio e secondo la propria identità più profonda.
Spesso i fondamentalisti parlano di questo come di una «religione à la carte»: secondo loro, oggi ognuno si fa la sua religione, o possiamo dire il suo Dio, secondo i propri gusti e ideali individuali. Beck suggerisce che in fondo un Dio personale nel primo senso, più oggettivo, del termine, non può alla lunga che divenire anche un Dio personale nel secondo senso: se il Dio in cui crediamo è una persona è difficile che non ci rapportiamo a lui a nostra volta come persone specifiche.
Questo è in fondo il senso della secolarizzazione: non una dissoluzione e presa di congedo dal religioso, ma lo sviluppo di una esperienza sempre meno rigidamente istituzionalizzata del rapporto con Dio. E proprio il cristianesimo, con la sua insistenza sulla coscienza individuale, ha spinto la religiosità in questa direzione.
È il problema di fronte a cui si trovano oggi le chiese, non solo la cattolica e non solo le chiese cristiane. Beck, che è un sociologo, documenta fenomeni analoghi a quella che chiamiamo secolarizzazione anche in altri territori religiosi, e anzitutto nell'Islam. La questione è insomma, sul piano descrittivo su cui si colloca Beck: come si stanno configurando e si configureranno le grandi religioni della tradizione, in un mondo come il nostro, nel quale modernità e post-modernità sembrano tutte, anche se in modi diversi, orientare la credenza religiosa nel senso di una sempre maggiore individualizzazione?
Non è solo un problema per le gerarchie ecclesiastiche, che vedono ridursi la propria autorità nella sfera pubblica e incontrano sempre più resistenza da parte degli stessi fedeli che pure professano il loro credo. Anche per i credenti sembra difficile immaginare una vita religiosa senza istituzioni, senza i riti, le feste, in generale la «guida» delle loro tradizionali autorità. E si noti poi, come mostra bene Beck, che la secolarizzazione «occidentale» (riscontrabile soprattutto nel mondo cristiano europeo-americano) non solo non significa una diminuzione della religiosità, ma ha anche un potente contraltare (è il caso di dirlo) nella crescente diffusione del cristianesimo, cattolico o protestante, in regioni come Africa, Asia, America Latina. Il che conferma che le chiese sono, come dice il sociologo, dei global players, degli agenti globali.
Utile ricordarlo a noi italiani che spesso, guardando alla situazione della Chiesa cattolica in Italia, abbiamo l'impressione non immotivata che qui si stia assistendo agli ultimi spasimi di un «potere» tanto più esigente e dispotico quanto più consapevole del proprio declino.
Le chiese, insomma, lungi dall'essere alla fine, come pensava e voleva una teoria troppo ingenua e lineare della modernizzazione e della secolarizzazione, manifestano oggi una vitalità rinnovata proprio nella misura in cui sono, nella loro stessa costituzione originaria, soggetti globali e dunque adeguati all'epoca della mondializzazione. In qualche senso, la religiosità è tanto più universalistica quanto più è individualizzata. Sono le istituzioni ecclesiastiche, molto più che la fede individuale, a pretendere l'esclusiva del rapporto con il divino, verso l'esterno, e verso l'interno l'ortodossia dei loro fedeli.
Naturalmente Beck non si nasconde i tanti rischi che l'individualizzazione della religiosità porta con sé. Non solo certi fenomeni - visibili soprattutto in America – della nascita di nuove sette spesso ispirate da pastori o guru che badano soltanto agli affari. Piu sottilmente, il grande rischio è che le coscienze individuali siano profondamente manipolate dai media e dal potere - una questione a cui è sensibile soprattutto Juergen Habermas, che Beck cita spesso nel suo lavoro.
Ma quest'ultimo rischio è ovviamente legato alla questione della libertà politica in un mondo dove i sistemi di controllo e di manipolazione stanno diventando sempre più potenti. Le chiese che cosa faranno per combattere i rischi contro la libertà?
Per Beck, le religioni possono e devono avere un ruolo politico fondamentale nella costruzione di un mondo più giusto. Ma solo, pensa Beck e noi siamo d'accordo con lui, se, con una non facile trasformazione, sapranno sostituire alla dedizione alla verità (solo il nostro Dio è vero e salva, gli altri sono «dèi falsi e bugiardi») il valore prevalente della pace. Non sarebbe anche questo un modo per realizzare il vero trionfo del Cristianesimo come religione della carità?
Ulrich Beck
IL DIO PERSONALE
La nascita della
religiosità secolare
trad. di S. Franchini
Laterza, pp. 258, euro 16
Gianni Vattimo interverrà domani (h.11, Cortile di Palazzo Carignano) a Torino Spiritualità su «Credere di credere» in un dibattito con Ermanno Bencivenga e Alberto Voltolini, moderato da Giancarlo Bosetti, autore di «Il fallimento dei laici furiosi» (Rizzoli).
7 commenti:
Sulle ultime considerazioni: tutto un po' utopistico, a mio avviso. Le stesse religioni che lavorano assieme per la pace: e come? Dovrebbero loro per prime mettersi nella condizione di 'accettare alternative' rispetto alla loro visione, e questo mi pare impossibile...
Le religioni possono avere un ruolo politico fondamentale nella creazione di un mondo più giusto....
Beh, qui, innanzitutto, dovremmo metterci d'accordo sul che cosa intendiamo per "giustizia". Generalmente parlando, questa tesi comunque non mi sembra del tutto nuova; in fondo anche Toqueville ( che democratico non era) nel mettere in luce il potenziale rischio maggiore della democrazia( cioè la tirannia della maggioranza), esaltava il ruolo delle comunità religiose.Infatti, secondo Toqueville, le religioni (chiese, sette e associazioni )possono costituire un potenziale argine alla degenerazione cui andrebbe naturalmente incontro la democrazia , ma a condizione che la parola "Chiesa" si coniughi al plurale.
Ora, in una situazione come quella italiana, in cui il tralignamento della sua democrazia è sotto gli occhi del mondo intero, non sarà, di certo la Chiesa romana (e assolutisticamente gerarchica) a salvare la libertà dei singoli. La Chiesa cattolica, nel suo rapporto coi fedeli,ha sempre manifestato di privilegiare il dialogo coi potenti che non con le persone comuni.
La libertà dei pochi a discapito dei molti è tollerata dalla Chiesa, da sempre, soprattutto, se in cambio i potenti di turno legiferano o non legiferano attenendosi ai suoi dogmi . Ai suoi dogmi, dogmi che risalgono al Concilio di Trento, e spesso in contrapposizione con lo spirito della nostra Costituzione. La famiglia è ancora per la Chiesa un'istituzione "naturale". E allo stesso modo ( anche se non lo si afferma ufficialmente) viene concepita la società intera, cioè ordinata ab initio, in coerenza con la tradizione aristotelica!
Che speranza di riscatto può aspettarsi da un Chiesa così l'ultimo fra gli ultimi delle persone umane???
Non nego che la Chiesa cattolica non sia stata anche in grado di farsi grande promotrice di libertà, di schierarsi dalla parte dei molti, come ad esempio nella Polonia socialista a fianco di "Solidarnosc". Ma innanzi a governi reazionari, storicamente, si è sempre mostrata assai più docile, direi.
La persona umana ( con il suo universo individuale) è tenuta molto più in considerazione all'interno delle chiese protestantiche, a mio avviso.Non dimentichiamo poi che il processo di secolarizzazione si intreccia in modo assai stretto con la Riforma avviata da Lutero e con l'idea di una responsabilità DIRETTA della persona nei confronti di Dio , perchè l'uomo è chiamato a fare i conti con Lui, senza intermediazione.
Secondo me, la secolarizzazione, l'individualizzazione della religiosità, non sono che dei sintomi di ciò che sta avvenendo: le religioni stanno perdendo la loro ragion d’essere!
Sono convinto che la ragion d’essere di una religione sia il “rimedio” che essa offre all’umanità. Le religioni sono infatti sostanzialmente dei rimedi.
Rimedi a che cosa? All’angoscia esistenziale.
In cambio dell’accettazione di una verità, da accettare come atto di fede, la religione offre un rimedio contro l’angoscia esistenziale.
Con l’evoluzione scientifica, e quindi tecnica, che si avvale del postulato dell’oggettività, diventa sempre più difficile riuscire a credere in una verità metafisica.
E se non si riesce a credere... non si ottiene nessun rimedio da una religione!
La tecnica si sta dimostrando essere un rimedio più efficace delle religioni, e le sta soppiantando, nel gradimento dell’uomo occidentale. E’ però anch’essa solo un rimedio... Che ha tra l’altro una grave controindicazione: il nichilismo!
La tecnica, è la manifestazione della potenza dell’uomo e, di conseguenza, più si accresce la potenza... più è certa la nullità dell’esistenza.
Il fatto che le religioni cristiane prosperino al di fuori del mondo occidentale è un’ulteriore prova del loro declino: hanno ancora successo là dove il pensiero occidentale non si è ancora imposto definitivamente. Ma è solo una questione di tempo.
Sono convinto che sia ormai tempo di affrontare l’angoscia esistenziale, senza più cercare di lenirla con un qualche rimedio. Nessun rimedio è ormai davvero efficace, occorre invece aver il coraggio di guardare l’abisso in cui noi siamo. E ascoltare, con cuore sincero, una voce che potrà forse farsi sentire.
Roberto Vai
Storia di una falsificazione fatta di una inversione di ruoli tra chiese e istituzioni: se ne era occupato Karl Barth, teologo calvinista, la tematica fu introdotta da Meister Eckhart, che sapeva meglio di Lutero di un'altra aberrazione: lo spirito libresco, mortifero della sopravvalutazione della Bibbia e delle Sacre Scritture. Civiltà e cultura, rispettivamente nel cattolicesimo e nel protestantesimo, sono state percorse da rivolte contro la libertà e spontaneità religiose, che sfruttavano il rito e le scritture per i propri turpi scopi. La sopravvalutazione dei testi nella vita ecclesiastica cristiana è stata da sempre rigettata dal cristianesimo ortodosso, il quale d'altronde in alcuni casi è stato preda del convenzionalismo e del rifiuto dei diversi e dell'altro, come messo in luce dalle spiritualità orientali, si pensi agli scritti di K. Gibran. Sembrerebbe un gioco di scatole cinesi dove, per prodigio, non si arriverebbe mai all'ultima, trovandosene sempre una dentro l'altra, ciascuna piena di cattivi oggetti, invece alla fine della ricerca si trova l'ultima, piccola piccola e con un dono dentro. Storie di falsi, quelli clamorosi del cattolicesimo romano ufficiale, la falsa donazione di Costantino, gli acidi nelle celle dei monaci... I discorsi ispirati dei mercanti di schiavi che parafrasavano la Bibbia interpolando ogni affermazione ad una accusa fasulla e ad un fatto inventato, i crudeli falsi che funestarono il mondo riformato... Tra gli ortodossi invece le vicende dei concili antichi furono segnate da intolleranze verso il libero pensiero e violente ed esagerate o immotivate punizioni, nella modernità spesso le novità venivano messe al bando ed in Russia il totalitarismo di sinistra ne approfittò. Eppure dietro tutto questo c'è l'evento di un cristianesimo libero, fuori dagli inganni delle istituzioni vuote di religione e piene di intrusi ed intrusioni quali inquisizioni, sofismi, abbandoni... (Questo testo continua in un messaggio successivo.)
Mauro Pastore
(Questo testo è la continuazione di quello del messaggio precedente.)
L'ideologia postmoderna nasce in ambiente cattolico, nel Nuovo Mondo, dalla critica d'arte ed in quanto tale nell'Europa cattolica si è proposta come il rimedio alla questione degli antichi e dei moderni. Ma nel Nord Europa, in gran parte protestante (Inghilterra, Islanda, Scandinavia, Danimarca, Svizzera, anche Germania e Baltico, Olanda ed anche altrove) tale ideologia non ha ragione d'essere se non nel dialogo con l'esterno. In tali casi il cambiamento fu segnato dalle adesioni alle culture più nordiche, legate ad accadimenti differenti. Si potrebbe giustamente individuare nella clamorosa e oscura conversione al Cristo degli uomini del nord, in particolare dei Vichinghi, la cui cultura non era solamente europea, la discriminante che aveva messo al bando le illusioni. Non che io voglia portare in storie e difficoltà incomprensibili gli ignari, propongo però un confronto. Altrove i fatti furono segnati dalle lotte per i diritti e la libertà: la specificazione della libertà religiosa apparve per la prima volta nell'Europa dell'Est, ad opera delle rimostranze degli unitariani, la cui religiosità sarebbe definibile post riformata od anche incatalogabile, secondo lo stesso pensiero ortodosso. La religiosità rivoluzionaria dei dissidenti russi (Sestov, Berdjaev, Florensky, ed altri) è un altro esempio valido di un evento costituìto dal rifiuto, certe volte finanche dalla distruzione, delle convenzioni delle tradizioni, queste ultime a volte risparmiate dalla fine altre volte no, ed è questo il caso del cristianesimo dei bolscevichi. Fu in Oriente che la religione cristiana si sviluppò priva di interni travagli e rivolgimenti. Attualmente ciò è ravvisabile dalla nausea che i cinesi hanno mostrato per le aberrazioni cattoliche, dai rifiuti del Giappone di accogliere le volgarizzazioni evangeliche, pure dalle religiosità alternative delle culture americane orientali, penso in particolare all'Alaska, terra percorsa dai Rus ancor prima che i Vichinghi mettesser piede in Canada ma, ancor prima, luogo di passaggio per i viaggiatori ellenici ed ellenisti, avventure queste testimoniate, più che dalle rare evidenze etnologiche, dai rarissimi reperti greci o segni del passaggio greco, scoperti e rinvenuti nelle Americhe, oltre che da sparute testimonianze, come quella dell'imperatore, celebre, Montezuma. Da questa realtà storica assai poco comprensibile (ma pur sempre verificabile) non soltanto la memoria, giunge la stessa testimonianza di un cristianesimo del tutto atipico, spesso istituzionalizzato secondo eventi naturali e simboli a questi legati. Il pesce del cristianesimo primitivo, per quanto poi accettato nella memoria delle istituzioni, non era simbolo del culto; invece nelle Americhe, legata alle culture orientali di quei luoghi, originarie od originali dell'Asia, esistette ed esiste una simbologia naturale propria di alcuni culti cristiani, dunque esteriormente parimenti differente, alla radice stessa. Tale religione cristiana è identificabile soltanto, per così dire, 'ex novo', senza aiuto di comparazioni (e come tale sfugge spesso agli studi antropologici restando alla portata di un possibile umanesimo).
(Questo testo continua in un messaggio successivo.)
Mauro Pastore
(Questo testo continua da quello del messaggio precedente.)
Si parla di postmoderno e postmodernismi, c'è la possibilità, nella fine del Pensiero Unico, di scoprire ed attingere a nuovi mondi e nuove vicende storiche, dunque esiste effettivamente una nuova possibile forma di dialogo fra diversi, anche tra coloro che conoscono specificamente il Nord ed altri che ne sanno senza conoscerne. Da ciò altre possibilità e nuovi orizzonti culturali, anche ma non solo attraverso la sospensione ed attenuazione nordica dei valori orientali e dei dati occidentali; le più facili comunicazioni, nei trasporti e nei messaggi, fanno il resto. Perciò, tra molteplicità differenti a contatto e tra conseguenti pluralità, non una sola data la vastità dei fenomeni, si manifesta l'esigenza di assumere, sia pure provvisoriamente e non essenzialmente, punti di vista diversi. Lo scopo è quello di evitare isolamenti e separazioni fittizi.
Non si potrebbe pretendere da un acheo di spiegare il proprio mondo a uno che non è un acheo, questo è proverbio che mi giunge direttamente dalle tradizioni della Magna Grecia. Però si potrebbe chiedere a chi è cattolico di non ignorare che le altre confessioni cristiane sono uguali alle punte degli iceberg e come tali vanno considerate e rispettate. Anche qui, in Italia, dove peraltro potrebbe esser giunto, stivato in una chiglia o nascosto tra alcuni soldati, chissà quale uomo e chissà da dove... Quindi oltre che all'alterità, si abbia riguardo per l'esistenza dell'ignoto, come raccomandava il profondissimo poeta Charles Baudelaire, che fu pure "imbarcato" per un enigmatico viaggio "attorno al mondo". Vero è che i cerchi son nei pensieri e non nella natura in questo caso.
Mauro Pastore
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