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martedì 9 agosto 2011

Comunità Montana nella zona rossa, sfida alla Torino-Lione

Comunità Montana nella zona rossa, sfida alla Torino-Lione
www.libreidee.org, 8 agosto 2011

Una riunione speciale della giunta della Comunità Montana, nel cuore della “zona rossa” protetta dalla polizia schierata per sigillare l’area di Chiomonte destinata all’avvio della Torino-Lione. «Non ci sembra molto regolare la procedura con cui l’area è stata occupata, e inoltre chiederemo il risarcimento per i danni subiti dai viticoltori dei vini Valsusa Doc, che non possono operare liberamente nei vigneti», annuncia il presidente Sandro Plano, che il 9 agosto terrà un “consiglio di guerra”, in rappresentanza dei sindaci, al di là delle recinzioni. E’ l’ennesima prova della resistenza civile della valle di Susa, dopo la clamorosa protesta solitaria di Turi Vaccaro, pacifista rimasto per tre giorni e due notti in cima a un albero e poi convinto a scendere soltanto da don Luigi Ciotti, accorso per risolvere la situazione.
L’iniziativa di Vaccaro, che è riuscito a violare la zona off-limits eludendo la sorveglianza fino a raggiungere la vetta del monumentale cedro che sovrasta il checkpoint della centrale idroelettrica di Chiomonte, anticipa di poche ore l’altra “violazione” – simbolica, istituzionale – della Comunità Montana, l’organismo rappresentativo dei Comuni valsusini, schierati quasi all’unanimità contro la Torino-Lione e per questo snobbati in modo sistematico dall’establishment torinese e piemontese, in prima fila il Pd che pretende la cacciata di alcuni iscritti “eretici”, come lo stesso Plano. Gli amministratori della valle ritengono inammissibili le modalità con le quali è stata occupata dalla polizia l’area di Chiomonte, e hanno già fatto ricorso al Tar. Analoghe contestazioni anche dal pool legale del movimento No-Tav: la ex tendopoli della Maddalena era installata su terreni regolarmente affittati dal Comune di Chiomonte, mentre l’area sottostante – quella del futuro cantiere – appartiene a 1500 militanti No-Tav che hanno acquistato altrettanti mini-lotti ma non hanno ancora ricevuto nessuna comunicazione di esproprio.
«Tutta l’operazione è stata condotta in modo clamorosamente illegale», ha denunciato il filosofo Gianni Vattimo, europarlamentare dell’Idv, schierato coi No-Tav insieme al sindaco napoletano Luigi De Magistris (anche lui parlamentare europeo, da sempre vicino al movimento valsusino). Oltre a Beppe Grillo, paladino della causa No-Tav giunto a far dislocare a Chiomonte un ufficio distaccato del gruppo regionale piemontese del “Movimento Cinque Stelle” guidato da Davide Bono, coi valsusini si sono schierati il sociologo Marco Revelli, giornalisti critici come Giulietto Chiesa, scrittori come Erri De Luca, Massimo Carlotto e Maurizio Maggiani, e persino il caposcuola dei cantautori italiani, Francesco Guccini. Obiettivo: contrastare la “congiura del silenzio” che ha cercato di isolare la valle di Susa, presentata dai grandi media come un territorio provinciale e riluttante di fronte al “progresso”.
Lentamente, ampi strati dell’opinione pubblica hanno messo a fuoco il problema: la valle di Susa non contesta soltanto l’inevitabile devastazione territoriale che la Torino-Lione comporterebbe, ma anche il folle onere finanziario (20 miliardi di euro, a carico delle future generazioni italiane) e la comprovata inutilità della maxi-ferrovia, come dimostrano le lucide analisi di trasportisti come Marco Ponti del Politecnico di Milano, riprese dai 150 docenti universitari di tutta Italia nella lettera recentemente indirizzata al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Voci sempre più insistenti, che si sono aggiunte a quelle dell’ex ministro Paolo Ferrero, di Rifondazione comunista, da sempre accanto ai No-Tav. E persino l’ex collega Nichi Vendola, leader di Sel preoccupato dell’alleanza col Pd, dopo la violenta repressione delle proteste in valle di Susa si è deciso a mettere in discussione la Torino-Lione e il metodo col quale si cerca di imporla.
Una grande opera sempre più surreale, nel momento in cui il governo Berlusconi viene sostanzialmente commissariato dall’Europa che impone l’anticipo sui tagli alla spesa pubblica, senza che l’opposizione di Bersani abbia osato avanzare una sola proposta alternativa al “massacro sociale” che incendierà l’autunno 2011. Nonostante ciò, la lobby della Torino-Lione – in testa il sindaco torinese Piero Fassino e il suo predecessore, Sergio Chiamparino – non arretra di un millimetro: lungi dal fornire spiegazioni sulla reale utilità strategica dell’arteria ferroviaria Italia-Francia (tutti gli studi spiegano che l’asse del futuro sarà l’attuale, Genova-Rotterdam), i dirigenti del Pd tentano semplicemente di criminalizzare i valsusini. I quali però non arretrano di un millimetro, come dimostra il coraggioso attivismo del movimento popolare, tra cortei e sfilate di penne nere in congedo, decise a contestare gli alpini della Taurinense schierati accanto agli agenti antisommossa.
Obiettivo finale: spiegare agli italiani che anche la valle di Susa è un bene comune, come dice il professor Ugo Mattei del comitato referendario per l’acqua pubblica. E’ la stessa linea della Fiom, il sindacato dei metalmeccanici della Cgil, da sempre al fianco dei No-Tav con leader come Giorgio Cremaschi e Giorgio Airaudo, che ora propongono di spostare a Torino l’asse della protesta, riempiendo le piazze di “indignados” per far capire ai torinesi – e al resto dell’Italia – che la lotta popolare contro la Tav non è un riflesso “Nimby”, localistico, ma il risveglio civile di chi ha capito – sperimentandolo sulla propria pelle – che non è di queste grandi opere che abbiamo bisogno, perché è proprio questo “sviluppo” promosso da lobby e banche che oggi mette in croce l’Italia, l’Europa e persino l’America. Se qualcuno sperava di sfinire i valsusini costringendoli alla resa, ha sbagliato tutto: la battaglia contro la Torino-Lione non accenna a spegnersi. E se la crisi, come pare, presenterà a breve il conto peggiore, proprio i No-Tav potranno meglio spiegare il senso della loro lunghissima, tenace resistenza democratica.

domenica 26 giugno 2011

"Anche in Italia ci vorrebbe una svolta ma i politici hanno paura del Vaticano"

"Anche in Italia ci vorrebbe una svolta ma i politici hanno paura del Vaticano"

La Repubblica, 26 giugno 2011. Intervista di Diego Longhin

TORINO - «Il problema dell'Europa si chiama Italia, non per colpa degli italiani, ma per la colonizzazione portata avanti dal Vaticano e per la codardia dei politici». Il professor Gianni Vattimo, filosofo ed eurodeputato dell'Italia dei Valori, nutre dubbi sul fatto che ci possa essere una svolta in Italia nel riconoscimento delle coppie gay.

Si continuerà a far polemiche su una pubblicità Ikea e sullo slogan "siamo aperti a tutti i tipi di famiglia"?
«Il problema è l'intreccio tra l'arretratezza politica e una Chiesa che considera i suoi principi come principi di diritto naturale. Non solo sulle unioni omosessuali, ma sulla bioetica, sul finevita, sul divorzio. Principi non negoziabili, anche se la Chiesa si dichiara democratica. Il politico, pur di non perdere un voto del vescovo o del parroco, preferisce evitare di affrontare la questione, anche se nel Paese la posizione è diversa».
La maggioranza è a favore delle unioni gay?
«Basta guardare i sondaggi. Non vogliamo usare la parola matrimonio perché infastidisce. Va bene. Sarebbe importante un riconoscimento legale. Anche i cattolici sono d'accordo. Anche io mi considero un cristiano, non tanto praticante perché la Chiesa pensa che sia un bandito...».
La maggioranza politica non corrisponde a quella reale?
«No, ma è una cosa che accade sempre più spesso. Si vincono i referendum, ma poi si perde in parlamento».
Tra i politici italiani vede un Cuomo o un Obama che possa infrangere la codardia?
«Difficile, non vedo nessuno».
L'ex primo cittadino di Torino, Chiamparino, aveva partecipato alle nozze tra due lesbiche per riportare l´attenzione sul tema. Una spinta da parte dei sindaci avrebbe un effetto?
«Chiamparino ha fatto bene e si è dimostrato aperto. Ma quanti sindaci sono disposti a seguire il suo esempio? Pochi».
L'oncologo Veronesi ha esaltato l'amore gay come scelta consapevole, più evoluta del rapporto etero. È d'accordo?
«Alcune argomentazioni hanno un loro senso. Veronesi dice che nell'amore gay si cerca la vicinanza di pensiero e sensibilità con l'altro, mentre l'amore etero è strumentale alla procreazione. In una battuta sfido a trovare un maschio normale che voglia assomigliare alla sua signora. Poi si possono avere figli con tecniche diverse, senza ricorrere a strumenti biologici. Attenzione però a non esagerare. E lo dico come gay. Non c'è una superiorità nell´amore gay rispetto all'amore etero».
Lei si sposerebbe?
«Sono per una legalizzazione. Non è un problema di matrimonio nel senso classico. Pasolini oggi sarebbe a favore delle nozze? Ho dei dubbi perché tra i gay prevale la difesa della propria diversità. Altra cosa è un riconoscimento legale dell´unione, che varrebbe per le coppie omosessuali come per quelle etero».

sabato 14 maggio 2011

Chiamparino e Vattimo: La nostra meglio gioventù e le montagne dei ricordi

Chiamparino e Vattimo: La nostra meglio gioventù e le montagne dei ricordi
La Repubblica
, Torino, 14 maggio 2011
Maria Elena Spagnolo


IRICORDI delle arrampicate giovanili, prima che arrivasse la politica ad assorbire gran parte del tempo; ma anche il ritrovato rapporto con le vette anni dopo, quando la montagna è diventata un luogo di rifugio di relax; e le riflessioni su quello che la montagna è per Torino, con i ricordi delle Olimpiadi e delle controversie sulla Tav. È un Sergio Chiamparino diverso dal solito quello che emerge dal libro "Cordata dal sindaco", appena edito dalla Vivalda Editori, casa editrice specializzata sulla montagna, che ieri al Salone ha presentato la nuova collana "Sempre più in alto". Una serie di libretti dove personaggi della politica, della cultura e dello sport raccontano il loro rapporto speciale con le vette, in un dialogo con il curatore della collana Valter Giuliano. Ieri nella sala Avorio erano presentii primi due protagonisti di altrettanti volumetti: l' ancora per poco sindaco di Torino e il filosofo Gianni Vattimo. Tra scherzi in piemontese e schermaglie affettuose, i due hanno raccontato qualche episodio raccolto nei libri. «Il mio è intitolato "Magnificat" perché andavo in montagna quando ero giovanissimo, con l'Azione Cattolica; in vetta recitavamo il Magnificat - ha spiegato Vattimo -. Era la Torino degli anni 50, dove andare in montagna era di sinistra, perché ricordava i partigiani; e i cattolici piemontesi all' epoca erano molto legati all'antifascismo. Alcune sezioni erano intitolate a ragazzi fucilati dai fascisti». Non solo di gioventù ma anche più recenti le avventure di Chiamparino in montagna, raccontate anche con una ricca sezione fotografica. «In questo libro ci ho messo anche un po' di politica - ha detto Chiamparino - nel dialogo con Giuliano affronto il tema della montagna per una grande città, c' è anche qualche idea, ad esempio sulla Val Maira».
Al tavolo con Vattimo e Chiamparino c'erano anche il professor Gianluigi Montresor e Valter Giuliano della Vivalda. «L'idea di questa nuova collana e anche il suo nome ci è venuta ispirandoci al famoso spot di Mike Bongiorno: con la sua réclame della grappa ha fatto lui più pubblicità all' alpinismo di molti altri - ha spiegato Giuliano- così abbiamo pensato di far parlare di montagna chi non è professionista ma ha comunque un forte rapporto con le cime, e parla a un pubblico più ampio del nostro di specialisti. Il prossimo protagonista sarà don Ciotti; sono previsti anche il sindaco di Roma Alemanno e Evelina Christillin». Tante le espressioni dialettali usate e spiegate da Chiamparino e Vattimo (da «fafiochè» a «alpinista dël pento») e molti anche gli aneddoti rievocati dai due. Il filosofo ha ricordato gli amici di cordata, le avventure nei rifugi («Una notte ho dormito al Boccalatte con il terrore dei topi»), il rapporto con la religione, il progetto di andare sul Cervino con Reinhold Messner (collega al Parlamento Europeo, che ha curato la prefazione del suo volume); Chiamparino ha commentato qualche foto delle sue scalate, come quella che lo ritrae con quattro ragazze incontrate mentre prendevano il sole. Tante, poi, le strette di mano per il sindaco, che siè anche un po' sbilanciato a dare consigli («Ilda Curti, assessore» ha detto a un signore che chiedeva un nome per le preferenze). «Mi ha fatto piacere questo libro, mi ha permesso di ripensare al passato - ha commentato - la montagna è stata un fil rouge, e raccontandola ho raccontato la mia vita». Condorde il filosofo del pensiero debole: «I ricordi che mi legano alla montagna sono per me bellissimi».