Visualizzazione post con etichetta economia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta economia. Mostra tutti i post

mercoledì 5 giugno 2013

La verità al servizio della politica neutralizzata tecnicamente

All'Istituto Italiano di Cultura di New York, il 31 maggio, Gianni Vattimo ha presenziato la conferenza "Il ruolo della verità nelle politiche europee". Secondo il filosofo italiano, ormai “è diventato comune, tra i Paesi europei, il preferire soluzioni ‘tecniche’ per risolvere problemi politici”.



di Valentina Cordero, duerighe.com

“Il problema della verità è diventato urgente in Europa e lo dico non perché sono un filosofo ma perché stiamo vivendo un periodo in cui si ha una politica neutralizzata tecnicamente”. 
Ha esordito così il filosofo Gianni Vattimo all'Istituto Italiano di Cultura di New York dove il 31 maggio si è tenuta la conferenza “Il ruolo della verità nella politica europea”. Un evento che ha visto non solo la partecipazione del direttore, Riccardo Viale, ma anche quella di Natalia Quintavalle, Console Generale d’Italia a New York.

martedì 21 maggio 2013

Respuestas para tiempos convulsos



Las preguntas de la ética invaden todos los campos: de la política a la Red. 
Varios pensadores cuestionan los valores del mundo actual.





mercoledì 15 maggio 2013

Salone del libro di Torino: dove osano le idee


Da domani al via la 26esima edizione della manifestazione, a cui parteciperà anche Gianni Vattimo, ospite in diverse giornate. 
Per il programma e tutte le informazioni: http://www.salonelibro.it/


L'inaugurazione con il ministro Bray giovedì 16 alle 11.30. Annullato l'incontro con Mario Draghi.
Il 26° Salone Internazionale del Libro viene inaugurato giovedì 16 dal ministro per i Beni e le Attività Culturali, Massimo Bray, alle ore 11.30 e non alle 10.00 come precedentemente programmato.
A causa di sopravvenuti impegni il presidente della Bce Mario Draghi non potrà essere a Torino per l'incontro previsto giovedì 16 al Salone Internazionale del Libro, che viene pertanto cancellato.

lunedì 11 giugno 2012

Interrogazione sul Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione

Interrogazioni parlamentari
24 aprile 2012
E-004240/2012
Interrogazione con richiesta di risposta scritta
alla Commissione

Articolo 117 del regolamento
Erminia Mazzoni (PPE) , Elisabetta Gardini (PPE) , Andrea Zanoni (ALDE) , Debora Serracchiani (S&D) , Mara Bizzotto (EFD) , Paolo Bartolozzi (PPE) , Sergio Paolo Frances Silvestris (PPE) , Sonia Alfano (ALDE) , Gabriele Albertini (PPE) , Giuseppe Gargani (PPE) , Gianni Pittella (S&D) , Gianni Vattimo (ALDE) , Marco Scurria (PPE) , Oreste Rossi (EFD) , Carlo Fidanza (PPE) , Lara Comi (PPE) , Iva Zanicchi (PPE) , Gianluca Susta (S&D) , Clemente Mastella (PPE) , Crescenzio Rivellini (PPE) , Raffaele Baldassarre (PPE) , Mario Mauro (PPE) , Roberta Angelilli (PPE) , Antonio Cancian (PPE) , Salvatore Tatarella (PPE) , Cristiana Muscardini (PPE) , Vito Bonsignore (PPE) , Luigi Ciriaco De Mita (PPE) e Vincenzo Iovine (ALDE)

 Oggetto: Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione
Visto il regolamento (CE) n. 1927/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, che istituisce un Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione,
considerando che il citato regolamento già prevede, tra l'altro, che in circostanze eccezionali il FEG può intervenire anche se le condizioni di intervento non sono interamente soddisfatte, qualora i licenziamenti abbiano un'incidenza grave sull'occupazione e sull'economia locale, e che l'importo cumulato dei contributi a titolo di dette circostanze eccezionali non può eccedere il 15 % delle spese massime del FEG in un anno;
prendendo atto:
che quasi mai la Commissione ha dichiarato applicabile tale procedura eccezionale, mostrando un basso grado di flessibilità;
che le condizioni previste dal regolamento, troppo complesse in relazione alle esigenze di urgenza prospettate dai casi cui dovrebbe applicarsi, hanno portato a un utilizzo parziale del Fondo nonostante il dilagare di crisi aziendali e l'aumento del numero di lavoratori che escono dal mercato del lavoro;
che casi come quello degli 800 lavoratori della Servirail (ex Wagon Lits) operanti in tutta Italia, dei 700 lavoratori della Irisbus di Valle Ufita, dei 400 lavoratori della Benefil e della Tessival del polo tessile di Airola, dei 300 lavoratori della Itierre in Molise e dei 300 lavoratori del sito produttivo Fiat di Pomigliano D'Arco non hanno ricevuto il sostegno del FEG;
si chiede alla Commissione:
se intenda anticipare i tempi di revisione del regolamento per migliorare l'efficienza del Fondo a breve termine, semplificandone le procedure, aumentandone la visibilità e favorendo gli scambi di esperienze;
se preveda la possibilità di rafforzare l'impatto del FEG relativamente alla creazione di posti di lavoro e alla formazione di lavoratori europei;
se ritenga che il FEG potrebbe essere utilizzato anche per incoraggiare la mobilità dei lavoratori e per analizzare e prevedere meglio l'evoluzione della congiuntura economica.

Interrogazione sulla situazione del credito in Europa

Interrogazioni parlamentari
19 aprile 2012
E-004116/2012
Interrogazione con richiesta di risposta scritta
alla Commissione

Articolo 117 del regolamento
Giommaria Uggias (ALDE) , Gianni Vattimo (ALDE) , Andrea Zanoni (ALDE) e Niccolò Rinaldi (ALDE)

 Oggetto: Situazione del credito in Europa a seguito delle due operazioni LTRO adottate dalla BCE
Lo scorso 29 febbraio la Banca Centrale Europea ha distribuito a 800 banche europee 529,5 miliardi di euro a tre anni con un tasso di interesse dell'1 % nell'ambito del secondo LTRO (Operazione di rifinanziamento a lungo termine). Come per il primo LTRO, grazie al quale lo scorso 22 dicembre 523 banche usufruirono di 489 miliardi di euro, l'erogazione di liquidità di lungo termine ha lo scopo di allentare la tensione sul mercato dei debiti soprattutto per quei paesi caratterizzati da bilanci in rosso. Considerando entrambe le operazioni di rifinanziamento, la BCE ha introdotto nel sistema finanziario oltre 1000 miliardi di euro in poco più di un trimestre.
Nel corso di una conferenza stampa tenutasi lo scorso marzo a Francoforte, il Presidente della Banca centrale europea Mario Draghi ha affermato che, mentre il primo LTRO aveva lo scopo di «garantire liquidità al sistema finanziario, la seconda tranche di LTRO si prefigge di sostenere l'economia reale, e soprattutto le PMI, che costituiscono circa l'80 % del mercato occupazionale».
Considerato che l'afflusso di risorse finanziarie rappresenta un fattore imprescindibile per la crescita dell'economia europea, può la Commissione far sapere:
in che misura le banche beneficiarie del prestito della BCE hanno destinato le risorse ricevute per sostenere l'economia reale, quale settore ne ha usufruito maggiormente e soprattutto se tale prestito ha migliorato le condizioni di cittadini e imprese nell'accesso ai mutui?
qual è l'attuale tasso d'interesse medio applicato dalle banche europee per l'ottenimento di mutui e prestiti, e se esso è diminuito a seguito dei due LTRO?
cosa è in grado di fare per assicurarsi che le risorse erogate raggiungano effettivamente l'economia reale e siano meglio finalizzate ad aiutare cittadini e imprese?

«Più eguaglianza e amore per il prossimo»

L’appello del filosofo torinese Gianni Vattimo al festival letterario “Leggendo Metropolitano” di Cagliari

La Nuova Sardegna - Sassari, 8 giugno 2012. Di Walter Porcedda

CAGLIARI. Attorno al tempo. E alla sua percezione. Mutevole a seconda dell'epoca e del livello di tecnologia. La definizione cambia in base all'evoluzione umana. Del sapere e del benessere. Così ha raccontato ieri sera in via Santa Croce il filosofo Gianni Vattimo a "Leggendo metropolitano" il festival letterario fino a domenica in Castello. Per afferrarne l'intimo significato e trovare una definizione negli anni Duemila, – dice il filosofo – non occorre «risalire ad Aristotele o Sant'Agostino. Ma si può partire da Kant ed Hegel. Nel loro pensiero troviamo la chiave per capire molte cose della nostra epoca. In Kant il tempo è una delle forme con cui apprendiamo il mondo. Hegel usa invece l'espressione "spirito del tempo" per significarne la storicità stessa. Da qui la riflessione su come ci rapportiamo nei confronti di velocità, produttività e persino nell'investimento dei denari. Insomma: la velocizzazione o la perdita del senso della temporalità spingono in direzione di una più astratta regolata da coordinate matematiche e diverse possibilità tecnologiche. Esiste anche una temporalità che riguarda chi lavora alla catena di montaggio. Questa tende a consumare il tempo vissuto riducendolo a quello delle macchine. Quindi: cos'è il tempo? Non ne conosciamo la risposta ma sappiamo come è condizionato e vissuto nella nostra era storica».
–Esiste oggi, un diffuso sentimento di paura proprio per il nostro tempo, causato dalla crisi economica che in Europa investe milioni di persone.
«Ne sono consapevole. Bisognerebbe capire come modificare questo stato. Per metà la crisi è enfatizzata da quei mass media interessati a modificare delle situazioni. A cambiare governi come costringere la Grecia a ridurre il debito. Metà delle ansie dipende dalle decisioni politiche di chi governa le banche e i mass media per ridurci alla ragione riportando la disciplina. Così si aboliscono l'articolo 18 e rendono più facili i licenziamenti, costringendo ad accettare cose che la gente non avrebbe mai sottoscritto in condizioni normali».
– L'appello di molti governi europei è di pagare i debiti e stringere la cinghia. Lavorare di più mentre i salari restano bassi e il potere d'acquisto scompare.
«Sono tanti i patrimoni che potrebbero essere tassati. Inglesi e tedeschi hanno fatto un accordo con la Svizzera perchè i depositi stranieri nelle loro banche paghino il 20%. Qui tornano capitali tassati del 5%, cioè niente. Abbiamo un governo che si finge tecnico ma in realtà è di destra e vuole modificare le leggi a favore della proprietà contro deboli e classi popolari».
– Parlando della lotta No Tav, mesi addietro, ha detto che il governo Monti era paragonabile a quello Tambroni, dei Sessanta. Non le sembra eccessivo come paragone?
«Forse sì. Nel senso che Tambroni era attivamente sostenuto dai fascisti. Ma ora il governo Monti è quello delle destre che con l'arma del terrorismo economico e mediatico ha ottenuto anche l'appoggio del Pd».
– Uno slogan del ’68 parigino recitava "Siamo realisti vogliamo l'impossibile". Essere antirealisti sostiene, è forse l'unico modo di essere rivoluzionari.
«Il governo Monti è composto da realisti che dicono: le cose stanno così: o mangi questa minestra o salti la finestra. Non si domandano perché le cose stanno in questo modo e come si possono cambiare. C'è un ordine capitalistico internazionale del quale siamo totalmente sudditi. Varrebbe la pena di mettersi d'accordo con altri per rivoltarsi un po'… Invece continuiamo ad applicare quelle norme come se fossero la realtà e non scelte precise. Il sociologo Luciano Gallino spiega bene questa logica. E' la stessa della Thatcher che sosteneva come l'unico modo di produrre ricchezza e distribuirla sia il capitalismo. Finora non facciamo altro che produrre per arricchire gli stessi capitalisti».
– Con il pensiero debole negli Ottanta ha contribuito a decretare la fine delle ideologie. In "Della realtà" , il suo ultimo libro, ingaggia un corpo a corpo con il New Realism.
«Se c'è una teoria filosofica amica dell'emancipazione è quella che si propone di ridurre la violenza in tutte le forme. A cominciare da quella di chi, sostenendo di conoscere i principi economici li vuole imporre agli altri. Questi "professori" saranno pure onesti, _ personalmente ho la massima stima per Monti _ ma servono un sistema di cui conoscono bene i meccanismi».
– Perché un giovane dovrebbe studiare filosofia, materia che alcuni vorrebbero eliminare per dare più spazio a matematica e tecnologie.
«Senza le scienze umane si diventa automi. Vogliono fare di noi delle macchine più efficaci? Sapere di più per fregare meglio cinesi e indiani? Dobbiamo invece studiare per vivere meglio. Fortunatamente le scienze umani sono inutili. Ascoltare Beethoven od occuparsi del proprio gatto non serve a nulla ma sono cose che ci rendono felici. Perché mai dovremo rinunciarvi?»
– Ha ancora senso parlare di differenze tra destra e sinistra.
«Certo. Io sono sempre stato di sinistra. La Destra utilizza le differenze naturali per produrre e incrementare il Pil, la Sinistra invece vuole correggerle perchè tutti possano competere come sono. Non per niente la Destra è sempre stata tendenzialmente razzista. Perché deve partire dalle differenze senza negarle ma anzi sfruttandole. Tu sei più intelligente, sarai pagato di più degli altri... Bene, io vorrei correggere tutto questo per ragioni di giustizia, eguaglianza. E per amore del prossimo».

martedì 5 giugno 2012

Una recensione di Hermeneutic Communism (Bradley Kaye per Marx&Philosophy)

Review of Books
 
Gianni Vattimo, and Santiago Zabala
Hermeneutic Communism: From Heidegger to Marx

Columbia University Press, New York, 2011. 264pp., $27.50 / £19.00 hb
ISBN 9780231158022

Reviewed by Bradley Kaye
Dr Bradley Kaye is an independent scholar working as an editor at Edwin Mellen Press. He has a Doctorate from Binghamton University’s Philosophy, Interpretation, and Culture Program, and has taught philosophy and sociology at Boston University and Broome Community College.

Review

By attempting a fusion of post-metaphysical thought with the interpretive capabilities of communist criticism, Vattimo and Zabala have accomplished something unique and prescient. Hermeneutic Communism, while being a remarkable accomplishment in the field of Marxist theory, also contains several years’ worth of what one might call observations directed towards contemporary political events. At first, they offer a new approach to the hermeneutical approach to Marx’s famous line, ‘philosophers have only interpreted the world in various ways, the point is to change it’ by claiming this was not a classical refusal of the critical power to interpret. Rather, they hold that Marx meant that the only way actually to change the world is to alter its interpretations.

In this sense, hermeneutics and communism dovetail nicely with one another, by offering philosophies for the weak and the marginal. They maintain that, often in philosophical discourse, there is an illusory antagonism between pursuing the truth and one’s responsibility toward the wider community. To be committed to the truth takes an inquiring mind that does not lose sight of the subject’s engagement with the world as a being among beings involved in it.
This is why they say, “The world of hermeneutics is not an `object’ that can be observed from different points of view and that offers various interpretations; it is a world in continuous revolution” (87). The first thinker to make this radical claim was someone who is often cast as being at odds with communist thinking, viz. Nietzsche. In turning to Heidegger, the conversation becomes subtle in the sense that if there can be a communist hermeneutics, one must start from the presupposition that there is no unified vision of reality. In a purely postmodern move, Vattimo and Zabala offer a heterogeneous anti-essentialist view of what the concept of communism is, not only in theory, but also in practice.

Interestingly, this book was written during the last few years of George W. Bush’s Presidency and the initial phase of Barack Obama’s term in office. The Iraq War had yet to be fully completed, and President Obama had yet to live up to his Nobel Peace Prize. The last section is entitled, “Chavez: A Model for Obama?” with the implication being that true socialism is not necessarily being implemented in America, but rather in Latin America. The chapter which I found to be the most concrete of the book centered around the promise of a new, anti-neoliberal communism emerging that has a hermeneutical inspiration. In this sense, hermeneutical communism runs contrary to the old Stalinist or Maoist universalisms that have “shed blood throughout the world” (138).
In fusing the power of hermeneutical discursive disagreement via a multitude of interpretations playing out differentially, one can surmise that the end result will enhance democratic processes by allowing ‘weak’ voices to be heard. Questioning the social relations of production constitutes the end result of this opening up of democratic discussion, but as the authors point out this does not happen automatically. Anti-foundationalist philosophies must be allowed to flourish in order for this discursive open-mindedness to materialize and gain acceptance. Because of this, there is a lengthy discussion of this process by becoming “unaccustomed to living according to legitimations and grounding values”. Only thus can thought become “post-metaphysical” (100).

By doing this, philosophy becomes conversational rather than tied to meta-narratives which seek to present subjects with timeless, universal, and essentialist Truths. More importantly, the point the authors do not make, but I feel they should, is to think about this hermeneutical discursive process as creating spaces for atomized individuals to form relations of solidarity through singularity, rather than conformity. While they talk extensively about Slavoj Zizek, I believe this work would have benefited immensely from a greater engagement with Alain Badiou. In my opinion, this omission loses sight of some important discussions dealing with the conception of the Event and Singularity that could open up new avenues for a hermeneutical approach to communism on a micro-political, perhaps even inter-subjective level. Vattimo and Zabala do an excellent job discussing macro-politics, and this is an amazing book in dealing with “History” (with an upper-case H) – but it almost never discusses what Gilles Deleuze calls “the fascism of daily life”; and perhaps that was never an important point for them.

It also strikes me as interesting that this book adds to a growing list of recent Marxist texts that turn away from economistic interpretations of revolutionary change. Merely re-appropriating wealth through re-distribution is not enough truly to change the way the Subject’s total immersion in repressive discourses can put a vice-like grip on his or her political imagination. However, there are fundamental flaws in some Marxist rhetoric – rhetoric that amounts to economic vulgarism – which this book addresses.
For instance, the suicide rate among wealthy, unmarried, Protestant (or atheist) white males living in rural environments in America is double the next closest demographic. In fact, black women in America, who constitute the poorest economic class, also constitute the lowest percentage of suicides per capita. So, while most Marxists will continue to bombard us with economistic interpretations of consciousness and subjectivity, the basic unspoken truth that needs to be addressed by all Marxists is a Durkheimian one. Anomic personalities are alienated personalities. This has little to do with economic deprivation, but is due rather to the modern (and postmodern) tendency to wards social normality (anomie) that is exacerbated when a person lives in solitude and has access to a high disposable income without any traditional mores to provide a sense of moral continuity. And in this book there is no discussion of the turn to Liberation Theology in Latin America to fill this long-standing theological and ethical void in Marxist theory.

The biggest problem I see with the assumption that fusing Marxism with postmodernism will provide the magic bullet that will somehow necessitate communism, is this point about anomie. If we open up heterogeneous discourses and democratize all aspects of life, then not only do we lower the bar for creating solidarity movements with some pretty awful people (think: Occupy Wall Street cavorting with heroin addicts and rapists); but also, we fail to conceive of a society based on social stability, and by extension sustainable subjectivities, which produce happy people. Perplexingly enough, I believe talking about happiness and love may actually cause a sense of revulsion among most academic Marxists.

27 February 2012

Integración y modernización: un nuevo marco conceptual para entender la Unión Europea y el Mercosur

Qui di seguito il programma del seminario "Integración y modernización: un nuevo marco conceptual para entender la Unión Europea y el Mercosur"

 

 SEMINARIO CENTRO DE EXCELENCIA JEAN MONNET

Integración y modernización: un nuevo marco conceptual para entender la Unión Europea y el Mercosur 
¿Viejas ideas para nuevos desafíos?
PRESENTACIÓN:

Este encuentro se enmarca en el proyecto europeo “Integración y modernización: un nuevo marco conceptual para entender la Unión Europea y el Mercosur” que el Centro de Excelencia Jean Monnet está llevando a cabo con el apoyo de la Acción Jean Monnet de la Comisión Europea y en colaboración con instituciones académicas argentinas y el Istituto Italiano di Cultura.
        
7 DE MAYO
Facultad de Derecho, Universidad de Buenos Aires - Salón Azul
        
En el primer día se discutirá el potencial modernizador de los sistemas supra-nacionales y su relación con los estados nacionales clásicos. En particular, se hará referencia a las instituciones jurídicas como elementos cruciales del desarrollo de una modalidad de gobierno basada en el estado de derecho y en la limitación del uso de la fuerza a todos los niveles. Se analizarán también los éxitos contradictorios de sus actividades en lo que se refiere el fomento o la disminución de las desigualdades a nivel interno e internacional. Se hará hincapié, finalmente, al desempeño de las instituciones regionales en este nuevo marco internacional.

18.00-19.30 hs.
EL POTENCIAL MODERNIZADOR DE LOS SISTEMAS SUPRANACIONALES

Mónica Pinto, Decana de la Facultad de Derecho, Universidad de Buenos Aires
Nuevos desafíos de la modernización y derecho internacional

María del Carmen Squeff, Subsecretaria de Política Exterior del Ministerio de Relaciones Exteriores y Culto
¿Problemas globales, respuestas globales? El caso del hambre

Gianni Vattimo, Diputado del Parlamento Europeo
La Unión Europea entre la tiranía de los mercados y "fantasmagoría de las mercancías"

20.00-21.00 hs.
EVOLUCIONES INSTITUCIONALES EN EL CONTEXTO REGIONAL LATINOAMERICANO

Sandra Negro, Facultad de Derecho, Universidad de Buenos Aires
El carácter minimalista del Tratado de Asunción: proliferación de los órganos "especializados"

Beatriz Larrain Martínez, Universidad de Concepción, Chile
Diálogos judiciales transcontinentales: la Corte Interamericana de Derechos Humanos y la Corte Europea de Derechos Humanos

Comentaristas:
Marina García del Río, Ministerio de Economía
Lucas Barreiros, Facultad de Derecho-UBA

8 DE MAYO
Istituto Italiano di Cultura, Marcelo T. De Alvear 1119

En la segunda jornada se discutirá el papel de la integración regional en el marco de procesos modernizadores más circunscriptos, movilizados por las transiciones democrática y económica llevadas a cabo por los países de América Latina y Europa Central y del Este desde la segunda mitad de los años ’80.
        
9.30-13.00 hs.
LA INTEGRACION REGIONAL COMO INSTRUMENTO DE MODERNIZACIÓN ECONÓMICA

Palabras de bienvenida: Marco Marica, Director Ad Interim del Istituto Italiano di Cultura

Renato Baumann, Instituto de Pesquisa Económica Aplicada (IPEA), Brasil
La inserción del Mercosur en cadenas globales de valor y las perspectivas de modernización de sus estados miembros

Fernando Porta, Universidad Nacional de Quilmes - Centro REDES
Los límites de la integración latinoamericana como instrumento para el cambio estructural. Aspectos conceptuales, marco normativo y el rol de los agentes económicos

Martín Obaya, Monash University, Australia
Empresas multinacionales en el Mercosur: ¿articulación de estrategias y desarticulación de la integración?

Pausa

Comentaristas:
Enrique Arceo, Facultad Latinoamericana de Ciencias Sociales (FLACSO)
Félix Peña, Universidad Nacional Tres de Febrero

15.00- 18.30 hs.

LA INTEGRACIÓN REGIONAL COMO INSTRUMENTO DE MODERNIZACIÓN POLITICA

Liborio Mattina, Universidad de Trieste, Italia
¿Imposición o convergencia? Integración y reformas democráticas en América Latina y Europa Central y del Este: un marco para el análisis

László Nyusztay, Budapesti Gazdasági Foiskola, Budapesti Gazdasági Foiskola, Hungría
Desde la modernización comunista hacia la modernización liberal: el caso de Hungría

Pausa

Luciana Gil, Universidad de Buenos Aires – CONICET
Las dinámicas de la política comercial como obstáculo para el proceso de integración

Juan Pablo Milanese, Universidad ICESI, Colombia
Suceso diplomático y fracaso industrial. El caso de la cooperación entre Argentina y Brasil en el ámbito de la energía nuclear para uso civil

Comentaristas:
Mercedes Botto, Facultad Latinoamericana de Ciencias Sociales (FLACSO)
Mariano Aguas, Universidad de Palermo, y Universidad de La Matanza

9 DE MAYO 17.00 hs.
En ocasión del día de Europa
Palabras de bienvenida por parte de las autoridades académicas de UNTREF

Introduce: Alfonso Díez Torres, Jefe de la Delegación de la Unión Europea en Argentina

Miguel Ángel Ciuro Caldani, filósofo del derecho y profesor emérito en las universidades de Rosario y Buenos Aires

Gianni Vattimo, filósofo y euro-diputado

reflexionan sobre: Europa en la encrucijada: certezas y desafíos

Coordina: Lorenza Sebesta, directora del Centro de Excelencia Jean Monnet, UniBo-BA.

Organiza: Universidad de Bologna, Representación en Buenos Aires y la Universidad Nacional Tres de Febrero con el auspicio de la Delegación de la Unión Europea en Buenos Aires

El encuentro tendrá lugar el miércoles 9 de mayo en Sala II - Alberto Williamns, Centro Cultural Borges, Viamonte 525, desde las 17.30 hs. – 19.30 hs.

-
Informaciones
Fecha: lunes, 07 de mayo de 2012 - miércoles, 09 de mayo de 2012
Horario: Informes: 52902482 / 52902497
Lugar: Informes: 52902482 / 52902497
Organizado por:
En colaboración con:
Asistencia libre y gratuita, con inscripción previa a: 52902482 / 52902497

UE-Mercosur, a Buenos Aires dibattito sull'integrazione

(VELINO) Roma, 3 mag. - Ricollocare la prospettiva d'integrazione tra l'Unione europea e i Paesi del Mercosur in un nuovo ambito concettuale nuovo. Questa la sfida che si propone un seminario in programma a Buenos Aires il 7 e l'8, organizzato dall'Istituto italiano di cultura, dal Centro Jean Monnet, dall'ateneo della capitale argentina e dall'Universidad Nacional Tres de Febrero. Numerosi gli esperti e gli studiosi che parteciperanno alla due giorni di dibattiti e riflessioni sulla necessità di giungere ad una vera integrazione tra i Ventisette e i Paesi che costituiscono il Mercosur (Argentina, Brasile Paraguay e Uruguay). Il workshop si articola in quattro tavole rotonde, attraverso le quali delineare contesti, prospettive e opportunità per la creazione di mercati comuni.

Alla prima sessione, dal titolo "il potenziale modernizzatore dei sistemi sovranazionali", interverranno, tra gli altri, Maria del Carmen Squeff, sottosegretario agli Esteri del governo argentino, e Gianni Vattimo, filosofo ed europarlamentare. A seguire una sessione con esperti provenienti da atenei e istituti di ricerca di Cile e Argentina. La seconda giornata di lavori, ospitata nei locali dell'Istituto di cultura, sarà aperta dal direttore ad interim Marco Marica. Due le tavole rotonde, dedicate al tema dell'integrazione regionale come "strumento di modernizzazione economica e politica". L'indomani, sempre a Buenos Aires, si terrà un incontro in occasione della festa dell'Europa, che si celebra il prossimo 9 maggio. Al seminario, dal titolo "L'Europa al crocevia: sfide e certezze", interverranno, tra gli altri, l'ambasciatore Alfonso Diez Torres, a capo della delegazione Ue in Argentina, e ancora Vattimo. 

venerdì 20 aprile 2012

Da europarlamentari IdV interrogazione su accesso a credito in Europa

Gli europarlamentari dell'Italia dei Valori, Giommaria Uggias, Niccolò Rinaldi, Gianni Vattimo e Andrea Zanoni hanno presentato un'interrogazione sulla situazione del credito in Europa a seguito delle due operazioni di rifinanziamento delle banche messe in atto dalla BCE, per sostenere l'economia reale attraverso il finanziamento a tassi agevolati alle imprese e alle famiglia. "L'intenzione - spiegano i deputati dipietristi - è quella di verificare se la massiccia immissione di denaro, gli oltre 1000 miliardi di euro, che la BCE ha introdotto nel sistema finanziario al tasso fisso dell'1 % i per tre anni abbia avuto un ritorno positivo sull'economia reale affinché le imprese possano ritrovare slancio e superare questo momento di crisi, oppure se sia stata un'occasione solo per la speculazione bancaria". 
"La situazione davanti ai nostri occhi è paradossale: le banche sono state "salvate" dall'intervento della BCE, ma, invece di contribuire al rilancio dell'economia dell'Ue, continuano a speculare ingiustamente sul mercato del credito, rifiutando l'erogazione o applicando su mutui e prestiti tassi inaccessibili". Nell'interrogazione i deputati IDV incalzano la Commissione europea e la stessa BCE per rendere noto "in quale misura le banche beneficiarie del prestito della BCE hanno destinato le risorse ricevute per sostenere l'economia reale, quale settore ne ha usufruito maggiormente e soprattutto se tale prestito ha migliorato le condizioni di cittadini e imprese nell'accesso ai mutui; qual è l'attuale tasso d'interesse medio applicato dalle banche europee per l'ottenimento di mutui e prestiti, se esso è diminuito a seguito delle due Operazioni di Rifinanziamento a Lungo Termine, e inoltre quali sono le azioni previste o messe in atto al fine di assicurare che le risorse erogate raggiungano effettivamente l'economia reale e siano meglio finalizzate ad aiutare cittadini e imprese".
"Nel momento di grave crisi a cui devono far fronte i cittadini europei, è necessario consentire una facilità d'accesso ai finanziamenti destinati alle imprese, in modo da far ripartire l'economia. E' quindi impensabile - concludono i deputati IDV - che le banche strozzino il circuito del credito, utilizzando le risorse messe a disposizione dell'UE per investire nel mercato finanziario".

Scarica l'interrogazione

giovedì 5 aprile 2012

«Sono suicidi di Stato»

Vattimo e Bonomi sui gesti disperati di operai e imprenditori
Lettera43 29 marzo 2012
di Antonietta Demurtas

Come una Cassandra, il sociologo Aldo Bonomi lo va dicendo da mesi: «State attenti che i lavoratori, soprattutto i piccoli imprenditori che non riescono ad attraversare questa crisi, vedono rotta la simbiosi con l'impresa, che per loro è un progetto di vita». Una rottura davanti alla quale non resta più nulla se non «la paura, la vergogna del fallimento, la disperazione», dice a Lettera43.it.
SOS INASCOLTATO DEI LAVORATORI. Ma a quell'Sos nessuno sembra aver prestato troppa attenzione. E così davanti all'ennesimo gesto disperato di un operaio edile di origine marocchina che il 29 marzo si è dato fuoco davanti al municipio di Verona perché senza stipendio da mesi, l'ottimismo manifestato solo il giorno prima dal presidente della Repubblica grida vendetta.
IL GESTO DISPERATO DI BOLOGNA. Proprio mentre Giorgio Napolitano diceva: «Credo ci sia una straordinaria consapevolezza tra gli italiani, non vedo esasperazione cieca e ho molta fiducia sulla capacità di comprensione di un momento difficile», un artigiano bolognese si dava fuoco all'interno della sua macchina davanti alla sede dell'Agenzia delle Entrate. «Pago le tasse, ora non ce la faccio più...», ha scritto in una delle lettere d'addio.
«NAPOLITANO SI AFFACCI ALLA FINESTRA». Parole davanti alle quali il filosofo Gianni Vattimo si chiede: «Se non sono suicidi di Stato questi cosa sono?». E invita Napolitano «ad affacciarsi alla finestra del Quirinale per vedere se davvero non ci sono italiani esasperati».
«C'è una differenza tra esasperati e disperati», continua il filosofo torinese. «Forse Napolitano e Monti non considerano i disperati perché tanto quelli si tolgono di mezzo da soli, invece gli esasperati possono protestare e ribellarsi».

Vattimo: «Indignato dall'indifferenza di questa classe dirigente»

Gianni Vattimo.
(© La Presse) Gianni Vattimo.

Vattimo è esasperato, e questa volta non ci sta ad accettare che i problemi vengano sottovalutati. «Sono indignato dall'indifferenza di questa classe dirigente», spiega, «stanno facendo di tutto per stimolare ogni genere di rivolta».
Ma per ora le forze sembrano mancare. E così non resta che l'autolesionismo: «Queste persone hanno perso la fiducia, non vedono nessuno che possa portare la bandiera per loro, hanno perso tutto». E basta guardare le cause che hanno portato a gesti così estremi «per capire di chi sono le responsabilità».
«STRETTI TRA TASSE E STIPENDI RIDICOLI». «Tasse, stipendi ridicoli, stretta creditizia, tutto scaricato sulle spalle degli operai e dei piccoli imprenditori», denuncia Vattimo.
«Su cui si aggiungono le ganasce di Equitalia, l'impossibilità di pagare i propri dipendenti e l'imposizione fiscale», osserva Bonomi. «Per questo spero che questi problemi entrino nell'agenda della politica, delle istituzioni, dell'Agenzia delle Entrate. Ma ne dubito».
LO SPETTRO DEGLI ANNI 70. In fondo, ricorda il sociologo, «già negli Anni 70 avevamo conosciuto questo fenomeno dei suicidi tra i cassintegrati della Fiat che avevano perso il lavoro e con esso il loro luogo di appartenenza». Ma ovviamente anche allora «tutto fu nascosto come la polvere sotto il tappeto».
DAGLI OPERAI AI PICCOLI IMPRENDITORI. Da allora i cambiamenti sono stati pochi. Prima i protagonisti di questa strage silenziosa «erano soprattutto gli operai. Poi è emerso il capitalismo molecolare e il fenomeno ha iniziato a riguardare anche i piccoli imprenditori», spiega Bonomi.
«L'ASSENZA DELLA POLITICA». Una situazione talmente drammatica, «che mi stupisce che ne muoiono ancora così pochi. Forse gli altri moriranno di fame», dice Vattimo, «ma anche allora la politica farà finta di nulla, per paura di esasperare un clima già asfissiante. Per non riconoscere questi suicidi di Stato».
«Non dimentichiamo», ricorda Bonomi, «che spesso sono proprio le istituzioni a non pagare le fatture e a mettere in difficoltà i piccoli imprenditori e i loro dipendenti». Lo dimostrano i dati della Cgia di Mestre, secondo cui gli imprenditori italiani sono creditori dello Stato per oltre 70 miliardi di euro.

Bonomi: «Non collegare direttamente il Noi e i traumi dell'Io»

Un tema delicato che Bonomi rimanda a quel complesso intreccio «tra i fenomeni che riguardano il Noi e i traumi dell'Io». E su cui, avverte, è sempre «problematico fare un link automatico».  Non c'è però dubbio che «tra i drammi collettivi come la crisi economica e il dramma personale di chi sceglie di compiere un gesto estremo esiste un collegamento».
LE RESPONSABILITÀ DELLA STAMPA. E, secondo Vattimo, la responsabilità è anche di «quella stampa “indipendente” che ha pompato Mario Monti come il salvatore e invece ora anziché ricredersi continua a non collegare i fatti».
E i fatti raccontano di «piccoli imprenditori abbandonati dallo Stato che vedono come unica soluzione ai loro problemi il suicidio». Un gesto che «di certo non sta meditando di compiere Sergio Marchionne», aggiunge Vattimo.
LA MORIA DI AZIENDE. Perché ancora una volta i più deboli cadono sotto i colpi dei grandi. «In Piemonte», fa notare il filosofo, «vedo ogni giorno centinaia di piccole aziende che chiudono nel silenzio generale».
E così un pensiero assilla Vattimo: «Chissà quando inizieremo a contare anche i suicidi degli esodati. E chissà se anche allora chi sta al potere non sentirà sulle proprie spalle il peso di quelle morti».

domenica 18 marzo 2012

Intervista sulle dichiarazioni di Caselli sul movimento "No Tav"


Intervista a Gianni Vattimo sulle dichiarazioni del Procuratore di Torino Giancarlo Caselli sul Movimento "No Tav"

Radio Radicale, Strasburgo: 14 marzo 2012.
Intervista di David Carretta



lunedì 12 marzo 2012

No tav, digiuno per discussione pubblica

Tav: Torino, digiuno a staffetta per chiedere discussione pubblica su opera
Torino, 10 mar. - (Adnkronos) - Avrà inizio sabato prossimo in piazza Castello a Torino un digiuno pubblico a staffetta per chiede di aprire una discussione pubblica sul progetto per la linea ad alta velocità in Val di Susa. 'Ascoltateli!' è la parola d'ordine dell'iniziativa promossa in collaborazione con il Centro Studi Sereno Regis. ''Abbiamo scelto il digiuno - spiegano in una nota i promotori che per l'occasione allestiranno una tenda in piazza - perché è una forma forte di lotta nonviolenta, un'esperienza di approfondimento individuale e collettiva, di apertura verso tutti e tutte coloro che sono disponibili a un dialogo non solo formale''. Tra i primi firmatari dell'appello, Vittorio Bertola, Fabrizio Biolé, Juri Bossuto, Giulietto Chiesa, Turi Cordaro (Salvatore Vaccaro), Michele Curto, Paolo Hutter, Ugo Mattei, Luca Mercalli, Gianni Vattimo.
La Repubblica, Torino, 10 marzo 2012

domenica 4 marzo 2012

No Tav, ancora battaglia. Vattimo in diretta: “Buttare a mare Monti, serve moratoria, la soluzione è politica”

Infiltrato.it, domenica 4 marzo 2012. Di Emiliano Morrone

Gianni Vattimo è a Bussoleno (Torino).  È sabato sera, 3 marzo. In corso una manifestazione dei No Tav. Il filosofo e parlamentare europeo sta nel corteo, però prende la chiamata: «Tu chiedi, io provo a risponderti al telefono». L'intervista è impedita dai rumori della folla: agitazione, urla, rabbia civile. La tensione resta alta per la Val di Susa. Vattimo precisa: «La polizia non c’entra, non va mai criminalizzata». «Io sono figlio di un poliziotto, non mi stancherò di ripeterlo», aggiunge; quasi evocando la difesa di Pasolini delle forze dell’ordine ai tempi di Valle Giulia.

Il politico si allontana un attimo, ma il coro dei No Tav ha una potenza assordante. «I ragazzi in divisa sono persone per bene, bisogna buttare a mare Monti, perché una ferrovia utilizzata al 20% non serve più, vorrei sapere che cazzo ce ne facciamo». Ruggisce il maestro del pensiero debole, nonostante i suoi 75 anni. Piemontese, sente la battaglia civile, sa quanto contino le ragioni del territorio, «abbandonato dal Pd». «Questa è sinistra?», si domanda silurando Fassino e «consociati», a cui augura di «finire distrutti alle prossime elezioni».
Vattimo commenta l’atteggiamento di Bersani, che per le divergenze sul Tav ha minacciato la rottura dell’alleanza di Vasto (Pd, IdV, Sel), sancita nel settembre 2011. «È chiaro che non sta a sinistra – ci dice il filosofo – se non capisce che urge più che mai un’alternativa progressista, in questo momento di crisi».
Il segretario del Pd vuole la linea ferroviaria ad alta velocità. A ogni costo, così come pensata. Di Pietro ha proposto una moratoria, per valutare «con responsabilità, al di fuori dell’ideologia, se è utile realizzare un progetto vecchio di 40 anni». Il leader dell’Italia dei Valori ha ribadito che è doveroso l'ascolto e il rispetto delle popolazioni coinvolte; che in sede europea vanno considerati tutti gli aspetti del problema Tav. Vendola, intanto, ha firmato una lettera di don Luigi Ciotti e del giurista Livio Pepino pubblicata su il manifesto. Nel documento è scritto che «dalle forme di violenza occorre prendere le distanze senza ambiguità». Ma i promotori, tra cui il sindaco di Napoli Luigi de Magistris, respingono la riduzione «della protesta della valle a questione di ordine pubblico», da delegare alla polizia. Soprattutto, sottolineano: «La contrapposizione e il conflitto possono essere superati solo da una politica intelligente, lungimirante e coraggiosa». Poi sintetizzano: «La costruzione della linea ferroviaria è una questione non solo locale e riguarda il nostro modello di sviluppo e la partecipazione democratica ai processi decisionali».
Vattimo sostiene che i Democratici sono ormai «asserviti al potere», «difensori degli interessi forti», «amici dei padroni», «collegati a un governo delle banche che va dritto per la sua strada e se ne strafotte della gente». Quando gli ricordiamo che per Monti il Tav è «una porta d’accesso all’Europa», replica: «Il presidente del Consiglio ha per caso prodotto degli studi ambientali o trasuda di retorica?».
Interrompiamo per capire che cosa si può fare, secondo uno fra i pensatori più conosciuti nel mondo. «Intanto, se diminuisce la partecipazione ho l’impressione che si perda. Poi, ritengo molto seria, concreta e importante la posizione espressa ieri dall’esecutivo nazionale dell’Italia dei Valori, in cui milito e in cui mi pare che non ci siano tanti rivoluzionari selvaggi alla Vattimo. Una moratoria è saggia e strategica per il bene comune, non si può spacciare l’idea che la soluzione possa non essere politica, come qualcuno fa strumentalmente via Internet». Vattimo continua: «Io non prendo mica solo la “Freccia rossa”. Viaggio spesso su regionali che ti raccomando, con bagni “spaventevoli”, peggio che nei Balcani. Bisogna interrogarsi, il punto è guardare ai trasporti in Italia, a come investire le risorse pubbliche. Lì da te, in Calabria, è una rovina con i treni. Eppure, la stampa sponsorizza questo Tav come la salvezza. Si capisce, i media sono in mano ai capitalisti e quelli locali dipendono dal potere politico. Allora, falsano la storia».
L’Infiltrato ha raccontato un’altra storia, forse. «Della realtà», parafrasando l’ultimo libro di Vattimo, con specificazione «Fini della» ferrovia.

sabato 3 marzo 2012

Lettera agli amici NoTav

Dal mio blog sul sito de Il Fatto Quotidiano, 3 marzo 2012


Tav, quando le forze dell’ordine fanno paura

Cari amici NoTav,

Se nei prossimi giorni mi capiterà di non venire alle manifestazioni in Valle non sarà (solo) a causa di altri impegni, sarà principalmente perché ho paura. Lo confesso senza pudore, e tanto più esplicitamente quanto più mi sembra un sentimento nuovo, che non avevo più provato da tanti anni, almeno dai fatti di piazza Statuto (governo Tambroni, un millennio fa), anche perché ai tempi del G8 di Genova ero, fortunatamente per me, all’estero per lavoro. Dagli anni di Tambroni porto sempre con me il ricordo di un suggerimento a cui penso con un certo umorismo: quando stai per andare alla manifestazione non mangiare o mangia poco, perché se ti sparano nello stomaco vuoto è più facile che la ferita si rimargini. Non ho mai avuto modo di verificare se è vero.

Comunque, non si sa mai, dato il clima che il governo sta deliberatamente creando per costruire il TAV. Rifletto su questa faccenda della paura fisica pensando all’immagine di Perino trascinato via e con il gomito rotto a manganellate; pensando ai dimostranti inseguiti nelle strade del paese e fin nel bar, quando ormai la manifestazione era dispersa e si trattava solo di “punirli” a botte. Che cosa posso aspettarmi da un governo che dice di voler “andare avanti a tutti i costi”? E comunque: è normale una situazione in cui un cittadino decide di restare a casa per paura? Non paura dei violenti black bloc – credo ce ne fossero anche sabato passato che marciavano in Valle del tutto inermi, allegri e amichevoli. No, ho paura delle “forze dell’ordine”, non dei singoli carabinieri e poliziotti, che, lo penso anch’io, “fanno solo il loro dovere”. Ma paura di chi questo dovere glielo impone in forme e modi fuori da ogni legalità. Difficile pensare che la caccia all’uomo di lunedì sera a Chianocco e Bussoleno, come la carica di sabato a Porta Nuova, sia stata una iniziativa di singoli agenti scatenati e assetati di vendetta.

Paura, dico. Certo può capitare di trovarsi in un tafferuglio dove si prendono anche manganellate. E la prudenza consiglia sempre di non fermarsi sul luogo in casi come questi: “circolare”… Ma qui si tratta davvero di tafferuglio casuale, di ristabilimento dell’ordine? In Valle la faccenda dura da più di vent’anni, il dialogo è stato sempre rifiutato: mente Virano sapendo di mentire, da quando ha deciso – con il pieno favore di tutte le autorità, PD in testa – che al tavolo dell’osservatorio sedessero solo i sindaci preliminarmente favorevoli alla TAV, cioè la minoranza, mentre tutti gli altri non avevano voce in capitolo.
 
Se nel futuro vicino la resistenza della Valle dovesse attenuarsi, se altri, come me, vi dicessero “non contare più su di me, ho paura, mia madre, mia moglie, i miei figli, ci stanno troppo male”; oppure: “io sono troppo vecchio e debole per sdraiarmi per terra, farmi trascinare via a calci e pugni” – non sarà certo perché ha vinto la sana ragione di chi vuole lo sviluppo, isolare i violenti, tenere l’Italia agganciata all’Europa, promuovere il lavoro e i commerci… Sarà solo perché un governo sempre più esplicitamente fascista (organizzazione armata delle classi dirigenti) avrà vinto la battaglia per la sua pretesa legalità (Berlusconi prescritto docet!), costringendo i cittadini a una più o meno rassegnata clandestinità. Purtroppo ce n’est qu’un debut!

Gianni Vattimo

martedì 28 febbraio 2012

Intervista sulla Tav

No Tav, Vattimo (Idv): Uno spreco per dare lavoro a una cooperativa del Pd  
L'Avanti, 28 febbraio 2012. Di Raffaele Ettore

Val di Susa in stato d’allarme. Ieri mattina le proteste a Chiomonte contro gli espropri per l’ampliamento del cantiere della linea Tav Torino-Lione, il blitz anticipato delle forze dell’ordine e un ferito grave per un incidente. I residenti sono preoccupati e spaventati, e gli esponenti del movimento No Tav si definiscono sconcertati. Uno sconcerto che traspare anche dalle parole di Gianni Vattimo, parlamentare europeo con Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, filosofo e uno tra i più importanti sostenitori della causa No Tav.

Com’è la situazione al cantiere adesso?
Dopo l’incidente di ieri mattina, non si muove più foglia. L’esproprio è cominciato, è pieno di militari. Intanto i manifestanti si sono spostati a Torino.
I No Tav hanno definito tutta la manovra uno sperpero di soldi pubblici, oltre che una vera e propria violenza rispetto alla Val di Susa.
Solo il mantenimento delle truppe occupanti sta costando allo Stato diverse centinaia di migliaia di euro. Lo scavo non comincerà mai. Come fu a Messina con il ponte, che oggi non è più una priorità, così sarà anche in Val di Susa. Tutti soldi buttati al vento.
Allora perché costruiscono?
Evidentemente qualcuno ha un forte interesse a farlo.
Chi?
Le aziende che si occupano dei cantieri ma soprattutto i partiti che “ciucciano” dai costruttori. Sembra che a capo del progetto di costruzione ci sia una cooperativa reggioemiliana, finanziata (guarda un po’) dal Pd. E basta prestare attenzione alle recenti polemiche per capire che il Pd, almeno economicamente, non è proprio il massimo della trasparenza.
A Chiomonte le forze dell’Ordine erano “attese” per martedì. Perché questo blitz anticipato?
I ladri vengono di notte, e i banditi arrivano sempre all’alba. Vogliono espropriare dei terreni che non sono loro, creando così una fattispecie tutta nuova: la legge che è fuorilegge. Siamo di fronte ad una situazione che definire di estrema illegalità ancora non rende pienamente il concetto. La parte occupata militarmente è solo parzialmente riconducibile al progetto già approvato, il resto è occupato in maniera del tutto arbitraria. Siamo davvero all’assurdo: uno Stato che non rispetta più la proprietà privata può essere definito ancora Stato? I terreni possono essere espropriati così, manu militari? Famiglie buttate per strada, e per cosa poi? È come se avessero creato una dimensione parallela, un pezzo d’Italia sottratto ad ogni legge al di fuori di quella militare. Sembra davvero di essere in Palestina, e ha pienamente ragione chi definisce questa una situazione di emergenza democratica.
Lei è stato lì?
Sono andato circa dieci giorni fa: non stavano facendo niente. C’era una grande occupazione militare, un grande fermento.
Pare che in zona stesse “pattugliando” anche un mezzo blindato.
Personalmente non l’ho visto, ma ne ho avuto notizia. Forse era lì perché non sapevano dove parcheggiarlo. Parlando seriamente: sono lì senza alcun titolo. Si barricano istituzionalmente dietro quest’etichetta della “Zona d’interesse strategico” affibbiata dal Cipe (Comitato Interministeriale per la programmazione economica, ndr): ma che diavolo vuol dire? La verità è che c’è una guerra ed è una situazione che, glielo dico senza mezzi termini, mi fa veramente vomitare.
Almeno le ordinanze di esproprio sono arrivate?
Ci hanno avvisato il 3 luglio scorso, dicendo che sarebbero partite le lettere di esproprio. Non si capisce queste famose lettere che fine hanno fatto, perché non sono mai arrivate. Personalmente credo che non siano neanche mai partite.