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martedì 5 luglio 2011

L'uguaglianza ai tempi della rete

L'uguaglianza ai tempi della rete
L'Espresso, 7 luglio 2011

Molto più che le tante, troppe, riflessioni sulla morale, e le relative lamentazioni, questo ultimo libro di Antonio Tursi – uno dei più acuti conoscitori e commentatori italiani delle idee di McLuhan – si può considerare un significativo approccio filosofico alla contemporaneità. Intanto, è una chiara esposizione delle trasformazioni che la diffusione dei media elettronici ha già prodotto e sta producendo nella nostra esperienza di vita, a cominciare dal modo di vivere la corporeità. Da Platone a Gutenberg, la cultura occidentale è stata dominata dal modello “alfabetico”, che ha implicato una separazione tra il contenuto vissuto dei nostri pensieri e la loro forma fisica fatta di segni convenzionali privi di qualunque nesso intrinseco con quei contenuti. Di qui anche la perdurante visione platonica della differenza tra anima (che può innalzarsi al mondo delle pure idee) e corpo che viene abbandonato alla contingenza delle pulsioni e della mortalità. Il libro è anzitutto un utile panorama delle conseguenze che la cultura alfabetica ha avuto per la nostra concezione del mondo, di noi stessi, della vita sociale. Ma ciò che sta a cuore a Tursi è il significato che la trasformazione iniziata con i media elettronici può avere per quella che con Habermas chiamiamo la sfera pubblica, il luogo dove si incontrano e competono scelte di vita, opzioni di valore, eccetera. Fino alla modernità, farsi udire nella sfera pubblica era riservato agli alfabetizzati. Oggi i media elettronici, liberatisi dalla tirannia alfabetica, sembrano capaci di dar luogo a un ampliamento senza limiti della accessibilità e dunque dell’uguaglianza. Tursi presenta e discute le varie posizioni che su questo tema si sono delineate nel pensiero massmediologico. E da buon discepolo di Habermas, mette in guardia contro l’eccessivo ottimismo di chi immagina una società elettronica di armonia e illimitati scambi, sia puramente spirituali (noi siamo i nostri codici, cioè pure anime) sia intensamente carnali (i media sono un prolungamento e potenziamento dei nostri corpi: eros a gogo con piattaforme come “you porn”). Nella nuova sfera pubblica che l’elettronica rende possibile, ci deve sempre essere il momento politico, in cui le idee che vi circolano devono diventare precise proposte capaci di trasformazioni istituzionali. (Attualissimo il problema: come i movimenti di opinione, e di piazza, possono diventare risultati elettorali e mutamento di istituzioni).

Antonio Tursi, Politica 2.0, co-prefazione di S. Rodotà, Mimesis, pp. 199, euro 16.

giovedì 29 luglio 2010

La rete senza centro e la censura


Altro post sul blog che tengo su Il Fatto Quotidiano...


La rete senza centro e la censura

Obbligo di rettifica per i blog: che fare? Se davvero la norma passasse, ci ritroveremmo in una situazione difficilmente immaginabile. Tempo fa descrissi internet, ragionando di postmodernità, come una rete senza centro, una pluralità strutturata per l’appunto nella forma di un sistema di rimandi senza centro, e proprio per questo in grado di assicurare la libertà. Parlavo della rete come il contrario dell’impero: una pluralizzazione dei poteri, che associava alla consapevolezza del carattere illusorio del nostro desiderio di privacy la possibilità di controllare noi stessi i tanti centri di potere. Inutile resistere in difesa della privatezza, che i centri sono in grado di violare quando vogliono: tanto vale dar vita a un mondo nel quale anche i potenti, e non solo i deboli e i singoli cittadini stessi, siano controllabili. Come noto, il ddl sulle intercettazioni prevede che i bloggers debbano pubblicare rettifiche, laddove siano state richieste, entro quarantotto ore dalla richiesta stessa. Chi non si adegua rischia una multa fino a 12500 euro. Bavaglio o ulteriore affermazione della rete senza centro? Bavaglio, purtroppo: la rete senza centro prevede la libertà di criticare, non l’obbligo di pentirsi. Prevede che chiunque ritenga di essere stato attaccato ingiustamente possa difendersi utilizzando la rete stessa, e cioè scrivendo a sua volta in difesa della sua persona, su un canale internettiano che potrà al limite essere lo stesso dell’accusatore, ma per libera volontà delle parti in gioco. La norma sui blog non esprime una logica di pluralizzazione dei poteri, in difesa dei presunti deboli, quanto piuttosto il suo contrario – e non è un caso che la norma stessa sia, di per sé, un atto di regolamentazione deciso dal potere centrale (un parlamento eletto democraticamente, certo; ma sappiamo quanti limiti siano stati posti a quel “democraticamente”: conflitto d’interessi, una legge elettorale che priva della libertà di scegliere i propri rappresentanti, ecc.).

Dunque, che fare? Prendere meno sul serio la norma, contando sulle infinite possibilità di internet? In fondo, anche la Cina riesce a far poco per censurare la rete. Oppure, costringerci a immaginare davvero la rete (quella senza centro) come uno strumento di libertà, e trarne le dovute conseguenze. Ribadire la democrazia – quella sostanziale, non quella formale – utilizzando la rete stessa. Immaginare forme di resistenza – qui i bloggers, che sono certo più competenti di me in materia (vero che anch’io tengo due blog…), devono impegnarsi a fondo – che rivelino il carattere creativo della rete stessa. Ho notato la proposta, giunta proprio qui sul Fatto Quotidiano, di scrivere articoli utilizzando file di immagini, che sfuggirebbero così alla rete (quella con un centro) tesa da coloro che, immaginiamo, scandaglieranno domani i fondali di internet per cercare notizie da censurare. Istituire (ma ci vogliono benefattori…) una “cassa di solidarietà” per finanziare le multe che dovessero arrivare a chi è finito nella rete con un centro? Usare le stesse armi in funzione ostruzionistica, pur correndo il rischio di darla vinta ai censori? Utilizzare un codice cifrato? O ancora, istituire una “due giorni” di notizie anti-bavaglio, impegnandoci tutti in una sorta di monitoraggio a tempo che impedisca quantomeno al centro di coglierci alla sprovvista? O magari innescare una spirale senza fine, pubblicando ulteriori commenti sulle rettifiche insieme alle rettifiche stesse, in attesa di una nuova richiesta? Prima o poi si stancheranno… e di fatto, non violeremmo lo spirito della legge, che istituisce un vero atto di tortura, costringendo i bloggers a non dormire per 48 ore.

E così via. L’unico effetto positivo di questo decreto è che in fondo potrebbe contribuire a edificare davvero, sia pure come forma di resistenza alla censura, quella “comunità virtuale” insita nella rete senza centro (ne parlano Aime e Cossetta in un recente saggio pubblicato da Einaudi) dalle potenzialità ancora sconosciute. Chissà che il centro non riesca, contro il suo stesso volere, a partorire una rete pronta davvero a ribellarsi.

giovedì 26 novembre 2009

Libero web senza fili

Libero web senza fili
di Alessandro Gilioli
Imprenditori, giuristi e politici chiedono al governo di abolire la legge che soffoca il Wi-Fi in Italia
L'espresso, 26 novembre 2009

"Nessun Paese occidentale, neppure dove sono più rigorose le misure contro il terrorismo, è prevista una normativa tanto restringente in materia di identificazione di chi accede a Internet da postazioni pubbliche". E "costringere chi vuole accedere a Internet a sottoporsi alla procedura oggi prevista è un enorme disincentivo all'utilizzo della Rete". Quindi questa legge va cambiata, anche perché "la crescita economica, sociale e culturale dell'Italia non può prescindere da una piena diffusione delle moderne tecnologie di comunicazione". Chi ha scritto queste dure parole contro il cosiddetto decreto Pisanu del 2005, quello che sta soffocando il Web senza fili in Italia? Né un pirata informatico né un estremista di sinistra, ma un pacioso deputato del Popolo delle Libertà, Roberto Cassinelli. Il quale, da ex liberale, si è accorto che così com'è stata varata nel 2005 la legge ha effetti disastrosi sulla comunicazione on line in Italia. Infatti se si obbliga un fornitore pubblico di Internet a identificare con la carta d'identità chiunque usi la sua connessione, di fatto si uccide il Wi-Fi. Chiunque sia stato negli ultimi anni in una metropoli americana o europea lo sa bene: in ogni parco pubblico, panchina o coffee shop basta accendere il pc (o lo smart phone) e si trovano subito due o tre reti disponibili, gratis o a pagamento, attraverso le quali connettersi on line. In Italia, niente o quasi: e quei pochi che mettono a disposizione il proprio hot-spot devono prendersi la briga di chiedere un documento di ogni utente e di inviare i dati alla questura, un po' come a Cuba o in Birmania.Il decreto Pisanu era stato approvato in tutta fretta sull'onda emotiva delle stragi di Al Qaeda a Londra e Madrid: si era pensato che i terroristi islamisti potessero utilizzare Internet (e in particolare i cyber point gestiti da extracomunitari) per preparare eventuali attentati sul nostro territorio. Peccato che niente del genere sia stato mai imposto da nessuno dei Paesi che veramente hanno pagato la follia omicida di Al Qaeda: nemmeno gli Stati Uniti, che dopo l'11 settembre hanno passato il Patriot Act con diverse inedite limitazioni alle libertà personali (comprese le intercettazioni del traffico dati sul Web) ma nessun obbligo di registrazione per chi si connette.
Un unicum italiano, insomma. Che tra l'altro doveva essere provvisorio (con scadenza alla fine del 2007) ed è invece stato prorogato due volte, prima dal governo Prodi e poi da quello attuale. E l'aria che tira non è buona nemmeno quest'anno, con gli allarmi antiterrorismo che vengono lanciati dal ministro Maroni. Ma nonostante ciò, questa volta alcune fette di società civile e di politica hanno deciso di muoversi per tempo e di provare a sensibilizzare l'opinione pubblica prima che a dicembre il consueto decreto Milleproroghe ammazzi la Rete senza fili per un altro anno. È nata così la Carta dei Cento per il libero Wi-Fi (vedere riquadro) in cui per la prima volta si chiede al governo e al Parlamento di emancipare Internet da quella norma antistorica, che penalizza ulteriormente il nostro Paese già molto indietro nella connessione al Web rispetto al resto d'Europa. Un'iniziativa, quella dei Cento, non di parte e voluta soprattutto da imprenditori del Web (tra gli altri, il fondatore di Vitaminic Gianluca Dettori, il patron di Magnolia Giorgio Gori, il proprietario di Banzai Paolo Ainio, il creatore di Blogosfere Marco Montemagno), manager e consulenti legati all'innovazione (come Marco Pancini di Google, Alberto Fedel di Newton e Mafe de Baggis di Youplus), docenti universitari (come Abruzzese, Revelli, Vattimo, De Kerkhove, Bonaga e Marramao), direttori di fondazioni come quella creata da Montezemolo, ItaliaFutura (Andrea Romano) o quella finiana FareFuturo (Alessandro Campi), giuristi (Stefano Rodotà, Guido Scorza ed Elvira Berlingieri), ovviamente blogger (come Luca Sofri e Massimo Mantellini) e direttori di nuove testate (Tommaso Tessarolo di Current tv e Riccardo Luna di 'Wired'). Ci sono anche scrittori (Elena Stancanelli, Piergiorgio Paterlini e il recente vincitore dello Strega, Tiziano Scarpa), mentre non sono moltissimi i politici, tra i quali tuttavia si segnalano Ignazio Marino, Mercedes Bresso, Ivan Scalfarotto, Marco Cappato e Giuseppe Civati. Particolarmente interessanti sono due firme vicine al mondo militare, come quella del generale (ed ex vicecomandante della Nato) Fabio Mini e dell'esperto di questioni belliche del 'Giornale' Andrea Nativi: convinti anche loro che le norme in questione non abbiano alcuna efficacia nella prevenzione del terrorismo, e che quindi il decreto Pisanu, almeno nella parte che riguarda il Web, non abbia ragione di esistere.
La Carta dei Cento, che verrà inviata a Berlusconi e ai capigruppo, si accompagna alla proposta di legge bipartisan di Cassinelli (è stata firmata insieme a Paola Concia, del Pd) che non liberalizzerebbe totalmente l'accesso all'WiFi ma migliorerebbe comunque l'attuale normativa: si lascerebbe ad esempio al ministro la possibilità di valutare se sopprimere integralmente la necessità di identificazione, delegandolo a stabilire "le ipotesi in cui si renda necessaria la preventiva identificazione" e in ogni caso prevede strumenti d'identificazione diversi dall'esibizione di un documento d'identità, come ad esempio un modulo on line nel quale l'utente digiterà il proprio numero di cellulare, al quale poi arriverà un sms con un codice per accedere alla Rete.Niente di rivoluzionario, e il passaggio obbligatorio del messaggino inibirebbe comunque una delle caratteristiche migliori del Web (l'immediatezza della connessione), ma un piccolo passo in avanti rispetto alle attuali misure questurine. Il che, nell'Italia di oggi, non sarebbe comunque disprezzabile. http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/

venerdì 2 ottobre 2009

Libertà di informazione in rete


Lo scarso impegno della politica nella diffusione della banda larga sul territorio e nell’alfabetizzazione informatica della popolazione e l’inarrestabile susseguirsi di iniziative legislative volte a scoraggiare l’utilizzo della Rete come veicolo di diffusione ed accesso all’informazione costituiscono indici sintomatici della ferma volontà di non consentire che la Rete giochi il ruolo che le è proprio: primo vero mezzo di comunicazione di massa ed esercizio della libertà di manifestazione del pensiero nella storia dell’umanità.

L’emendamento D’Alia sui filtraggi governativi dei contenuti, il DDL Carlucci contro ogni forma di anonimato, il DDL Lussana finalizzato ad accorciare la memoria della Rete, il DDL Alfano attraverso il quale si vorrebbero applicare all’intera blogosfera le disposizioni in tema di obbligo di rettifica nate per la sola carta stampata e, infine, il DDL Pecorella – Costa, con il quale ci si prefigge l’obiettivo di trasformare ex lege l’intera Rete in un immenso quotidiano e trattare tutti i suoi utenti da giornalisti, direttori o editori di giornali non possono lasciare indifferenti.Esiste il rischio, ed è elevato, che ci si risvegli un giorno non troppo lontano e ci si accorga che la Rete è spenta e che la prima e l’ultima speranza di uno spazio per l’informazione libera è naufragata.

Muovendo da tali premesse riteniamo importante che la blogosfera e la Rete italiana partecipino alla manifestazione del 3 ottobre per la libertà di informazione, sottolineando che esiste una “questione informazione in Rete” che non può e non deve passare inosservata perché se la libertà della stampa concerne il presente quella della blogosfera riguarda, oltre il presente, il futuro prossimo di ciascuno di noi.

L’auspicio è pertanto che quanti hanno a cuore le sorti dell’informazione in Rete, il 3 ottobre aderiscano alla manifestazione chiedendo alla politica che, in futuro, ogni iniziativa governativa o legislativa si ispiri a questi elementari principi di libertà e democrazia che costituiscono la versione moderna dell’art. 11 della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino. La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi per l'uomo: quindi ogni cittadino può parlare, scrivere, pubblicare in Rete liberamente, salvo a rispondere dell'abuso di questa libertà nei casi determinati dalla legge.

Nessun sito internet può formare oggetto di sequestro o di altro provvedimento che ne limiti o impedisca l’acceso se non in forza di un provvedimento emesso dall’Autorità giudiziaria nell’ambito di un giusto processo.

L’attività di informazione on-line di tipo non professionistico e non gestita in forma imprenditoriale è libera ed il suo svolgimento non può essere soggetto ad alcun genere di registrazione o altro adempimento burocratico.

La disciplina sulla stampa e quella sull’editoria non si applicano alle attività di informazione on-line svolte in forma non professionistica ed imprenditoriale. Nessuno deve venir molestato per le sue opinioni, fossero anche sediziose, purché la loro manifestazione non turbi l'ordine pubblico stabilito dalla legge.

PRIMI FIRMATARI

Guido Scorza – Istituto per le politiche dell’innovazione (guidoscorza.it)
Enzo Di Frenna - enzodifrennablog.it (giornalista)
Vittorio Zambardino – Scene digitali (La Repubblica)
Alessandro Gilioli – Piovono rane (L’Espresso)

Ci siamo anche noi. Per aderire, clicca su http://www.firmiamo.it/lalibertadiinformazioneinrete