venerdì 14 dicembre 2012

Gianni Vattimo: “La realidad es una hipótesis todavía no desmentida”

El filósofo italiano brindó una conferencia en el Aula Tanque del Campus Miguelete. Participaron autoridades, profesores y estudiantes de la Universidad Nacional de San Martin (UNSAM), Buenos Aires.

“Los hechos no hablan por sí mismos; la realidad es una operación”. Con frases como estas fue que Gianni Vattimo marcó la dirección de la discusión de la que participaron Enrique Corti, decano de la Escuela de Humanidades; Guillermo Schweinheim, de la Escuela de Política y Gobierno; Ricardo Ibarlucía, del Instituto de Investigaciones sobre el Patrimonio Cultural; y Arnold Spitta, del Programa de Estudios Alemanes y Europeos, entre otros.

Con citas y menciones de Aristóteles, Heidegger, Nietzsche, Kant y Lacan, el profesor italiano habló sobre su postura respecto de la realidad, la política, la crisis europea, el comunismo, la iglesia, los vampiros, las brujas y la moral. 
 

giovedì 6 dicembre 2012

Legge 40: istanza europarlamentari per stop a ricorso governo italiano


Iniziativa di Rinaldi, Vattimo, Zanoni e Albertini

A seguito della presentazione del reclamo presentato dal governo italiano contro la sentenza della Corte europea sul divieto della diagnosi preimpianto contenuto nella legge 40/2004, quattro europarlamentari, Niccolò Rinaldi, Andrea Zanoni, Gianni Vattimo di Alde-Idv e Gabriele Albertini del Ppe-Pdl, in collaborazione con l'associazione Coscioni, hanno inviato un'istanza alla Corte europea dei diritti dell'uomo con l'obiettivo di far dichiarare inammissibile il procedimento del governo italiano.

L’istanza – si legge in una nota congiunta degli europarlamentari - ha lo scopo di porre al centro della tematica il rispetto dei diritti delle coppie ad accedere alla possibilità di effettuare una diagnosi clinica (possibilità che in questo caso è legata anche al tempo che per queste tecnologie gioca un ruolo rilevante) e l'adeguamento della nostra legislazione alla Carta Edu e alle fonti primarie del nostro ordinamento.

L'istanza fa riferimento originario alla decisione dello scorso 28 agosto della Corte europea dei diritti dell’uomo secondo la quale il divieto per le coppie fertili, portatori sani di malattie geneticamente trasmissibili, di accedere alle tecniche di fecondazione in vitro per poter effettuare la diagnosi preimpianto, posto dalla legge 40/2004, viola l'articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo.

mercoledì 5 dicembre 2012

The Neutralization of Politics


Gianni Vattimo will be keynote speaker for the Lolle Nauta Forum, at the University of Groningen, the Netherlands, on December 13th. Co-speaker: Frank Ankersmit

The Neutralization of Politics

Italy’s new government, Europe’s bureaucracy, the rise of the BRICS – according to the Italian philosopher and politician Gianni Vattimo these are just some examples of what he describes as ‘the neutralization of politics’. This neutralization is characterized by the absence of differences between political parties and the reduction of politics to technocratic decision making. The nearly ubiquitous access to information has stimulated this development: mistrust instead of a critical attitude has become the state of mind of citizens, and opposition is almost absent. According to Vattimo, the neutralization of politics has led to a standstill and even to the end of democracy. The way in which the most recent financial crisis was dealt with serves as an example of this standstill: banks have been refinanced, welfare was reduced to lower levels, and social discipline has been intensified.

giovedì 29 novembre 2012

"Sólo un comunismo débil puede salvarnos"


La Vanguardia, 29 novembre 2012
Intervista a Gianni Vattimo
di Vìctor-M. Amela


De verdad es comunista?
¿Qué otra cosa se puede ser, tal como van las cosas?

El comunismo dejó 70 millones de muertos...
No fue el comunismo.

¿Qué, entonces?
El industrialismo. Lenin propuso electrificación más sóviets, es decir, control popular..., ¡pero el control popular se esfumó!

¿Y qué quedó?
El industrialismo: Stalin impuso el desarrollo de la industria pesada contra el agro, y de ahí los desplazamientos de poblaciones, los sacrificios, muertes... ¡Un sueño loco!

Un horror.
Pero... sin aquella fuerza industrial estalinista, ¡los nazis hubiesen ganado!

mercoledì 28 novembre 2012

Il nuovo realismo e la sfida dell'esistenza


Per concessione dell'autore, sempre in merito al dibattito sul realismo, pubblico qui un contributo molto interessante di Giacomo Pisani apparso qualche giorno fa sul sito filosofia.it

 

Il nuovo realismo e la sfida dell'esistenza

di Giacomo Pisani

L’incalzare della riflessione sul “nuovo realismo”, a livello nazionale, ci pone di fronte a questioni in cui è implicato il nostro stesso stare al mondo, costringendoci a rifuggire qualsiasi riduzionismo.

Il nuovo realismo di Ferraris (da qualche mese è uscito il “Manifesto del nuovo realismo”) sembra voler rilanciare la sfida col reale nella semplicità di uno schema che riduce gli oggetti in tre classi: gli oggetti naturali, esistenti nello spazio e nel tempo indipendentemente dai soggetti; gli oggetti sociali, la cui esistenza nello spazio e nel tempo dipende invece dai soggetti stessi; e gli oggetti ideali, che esistono fuori dello spazio e del tempo indipendentemente dai soggetti. Ora, per Ferraris, il disincanto dall’illusione postmodernista, che affermando che “non ci sono fatti, solo interpretazioni”, ci ha esposti al populismo e al negazionismo, passa attraverso il ritorno all’evidenza degli oggetti naturali. La costituzione di questi ultimi costituisce l’ “inemendabile”, che eccede qualsiasi costruzione categoriale. L’indipendenza dell’oggetto rispetto agli schemi del soggetto e, in generale, della epistemologia, costituisce dunque un criterio di oggettività che resiste a qualsiasi tentativo di interpretazione e di falsificazione.

martedì 27 novembre 2012

Nuovo realismo o vecchio marketing?

Pubblico qui di seguito, a puro scopo informativo, la replica di Mario De Caro al mio articolo apparso su La Stampa il 22 novembre scorso, nonchè la mia successiva risposta.
GVattimo 


Caro Vattimo, si può filosofare anche sul semaforo


La Stampa, 23 novembre 2012
di Mario De Caro


«Bruto è uomo d’onore» declama ripetutamente il Marcantonio di Shakespeare, nel suo discorso al rumoreggiante popolo romano, attonito per l’uccisione di Cesare e ancora indeciso sul da farsi. Ma in realtà, si sa, con la sua grande prova di eloquenza Marcantonio sta demolendo tutto quanto Bruto ha detto. Le sue lodi sono solo una captatio benevolentiae per i suoi uditori.


Mi dispiace dunque rischiare di apparire un tardo emulatore di Marcantonio se dico che ho sempre ammirato Gianni Vattimo per la chiarezza e la profondità delle sue idee (il suo libro su Heidegger, per esempio, mi è sempre sembrato quanto di meglio mai scritto sul criptico autore di Essere e tempo). Data dunque la mia alta opinione che ho di lui, ho trovato francamente sorprendente l’intervento di Vattimo sulla Stampa di ieri, in cui menzionava la raccolta di saggi Bentornata realtà, che ho appena curato con Maurizio Ferraris per Einaudi.

Chi ha paura dell'interpretazione?

Non serve filosofare davanti a un semaforo rosso

La Stampa, 22 novembre 2012
di Gianni Vattimo

Una affermazione di Richard Rorty che non è mai parsa più attuale suona: «Prendetevi cura della libertà, la verità si difenderà da sé». Ecco, nel gran parlare di realismo, vecchio o nuovo, che si fa in questi tempi (vedi da ultimo il volume di curato da Maurizio Ferraris e Mario De Caro, Bentornata realtà, con scritti di vari autori, Einaudi, 2012, pp. 234, euro 17) c’è forse un eccesso di «cura» della verità, o meglio della «realtà» – una differenza di espressione che forse merita più attenzione. Provate per esempio a sostituire «realtà» a «verità» nella frase evangelica «la verità vi farà liberi». Davvero siamo tanto più liberi quanto più siamo «realisti», o non sarà per caso proprio il contrario, dato che troppo spesso il realista è chi non si fa illusioni, accetta le cose come sono e magari smette di lottare per l’evidente squilibrio delle forze nei confronti del mondo? Si ricorderà che Kant fondava, postulava, addirittura l’esistenza di Dio sulla constatazione che nella realtà del mondo sono in genere i cattivi a vincere e i buoni a perdere; ma se fosse davvero solo così proprio la nostra vita reale e la nostra morale non avrebbero più senso, dunque dobbiamo postulare che ci sia Qualcuno che, alla fine, faccia coincidere virtù e felicità.

lunedì 12 novembre 2012

Il Lavoro perduto e ritrovato


Il Lavoro perduto e ritrovato


A cura di Gianni Vattimo, Pasquale Davide de Palma, Giuseppe Iannantuono


(2012) Mimesis Edizioni




Pubblicato per la Mimesis Edizioni, Il lavoro perduto e ritrovato a cura di Gianni Vattimo, Pasquale Davide de Palma e Giuseppe Iannantuono (all’interno scritti di Alain Ehrenberg, Alessandro Casiccia, Riccardo Del Punta,Gaetano Veneto, Diego Fusaro, Gianfranco Dioguardi, Alessandro Cravera, Franco Debenedetti, Gianfranco Rebora, Amelia Manuti, Maurizio Agnesa, Luca Valerii, Vincenzo Spaltro). (2012) Milano: Mimesis Edizioni

mercoledì 7 novembre 2012

SE DAVVERO!


Se davvero Di Pietro e Landini (e magari, finalmente, anche Vendola, una volta che la morsa Bersani-Renzi l’avrà stritolato alle primarie del Pd) si metteranno insieme imboccando la via di una opposizione franca e senza sconti al governo Monti-Napolitano-Marchionne-Banche, allora forse ci sarà qualcosa da sperare a sinistra.

venerdì 2 novembre 2012

LA MONTAGNA DI NIETZSCHE
Proiezione a Torino

Erion Kadilli
In data lunedì 29 Ottobre alle ore 20.45, presso la sala 3 del Cinema Massimo, in collaborazione con l'Associazione Italo Albanese Vatra e il Centro di Cultura Albanese (CCA), l’Associazione Museo Nazionale del Cinema (AMNC) ha mostrato al suo pubblico l’anteprima torinese del nuovo lavoro del regista italo-albanese Erion Kadilli: "La montagna di Nietzsche. In viaggio con Gianni Vattimo", intimo ritratto del filosofo.

giovedì 1 novembre 2012

Da: LA STAMPA 1 NOVEMBRE 2012

Vattimo: Tonino è onesto, Donadi vuol rifare la Dc

Gianni Vattimo è, prima che filosofo ed europarlamentare dell'Idv, un uomo libero, uno che certo non si fa problemi di ortodossie.

sabato 25 agosto 2012

Firmare a sostegno dei pm anche per dire no al regime

Il Fatto Quotidiano, 23 agosto 2012


Si parla tanto, discutendo dell’articolo (decisivo, inappuntabile) di Gustavo Zagrebelsky, di eterogenesi dei fini. Ma varrebbe la pena anche, e più, di parlare di eterogenesi delle cause. Spieghiamoci: davvero possiamo pensare che le tante migliaia di cittadini – compreso il sottoscritto – che hanno firmato l’appello del Fatto a difesa dei pm di Palermosotto attacco da parte di quasi tutti i grandi media cosiddetti indipendenti, siano stati motivati dalla preoccupazione per la sorte di quei magistrati, per ora almeno non direttamente minacciati né di licenziamento né di carcere; o dalla irresistibile curiosità di sapere che cosa si dicevano Napolitano e Mancino nelle conversazioni illegalmente, criminalmente ascoltate e addirittura trascritte dalla magistratura palermitana? Ma che cosa davvero ci poteva essere di così decisivo in quei nastri, già per giunta dichiarati irrilevanti ai fini del processo? Confessiamo finalmente che del contenuto di quelle intercettazioni non ci potrebbe importare di meno. Figurarsi se il nostro saggissimo presidente (Giulia Bongiorno docet) si sarebbe mai lasciato andare, anche senza sospettare di essere ascoltato, a dire qualcosa di men che prevedibile, istituzionale, neutrale?

E allora? Perché in tanti avremmo dovuto sentirci così impellentemente spinti a firmare il documento pro pm? Le ragioni, le cause “eterogenee” di cui generalmente si tace nella discussione sullo scritto di Zagrebelsky, sono, appunto, altre. La diffusa e motivatissima insofferenza per il vero e proprio regime che è calato sul Paese per gli sforzi congiunti di Napolitano e Monti, è la ragione principale che spiega la popolarità dell’appello – anche se sia delle sorti dei magistrati palermitani, sia della trattativa Stato-mafia nessuno dei firmatari si era dimenticato. Ciò che si è voluto respingere con la valanga di firme è stato principalmente la progressiva instaurazione del regime, che del resto anche dalla vicenda delle intercettazioni palermitane ha ricevuto una intensificazione senza precedenti. Se qualcuno aveva ancora dei dubbi, dopo le esternazioni mediatiche degli ultimi giorni, anche e soprattutto da parte di padri della patria come Scalfari, questi dubbi non dovrebbero più esserci. Siamo di fronte non a una campagna di delegittimazione del Capo dello Stato, come vanno predicando ex esponenti della ex-ex-ex sinistra; ma a un generale sforzo di consolidamento del regime; temiamo, in vista di autunni e inverni caldi e caldissimi.

Le poche voci dissonanti, anzitutto quella di Antonio Di Pietro, accanto a quella di Grillo e all’altra - un po’ arrochita dal vecchio e nuovo berlusconismo - della Lega, sono ormai tacitate e demonizzate in tutti i modi, fino a dire esplicitamente che chi non sta con Napolitano o si permette di criticarlo non potrà appartenere al centrosinistra Bersanian-Casinista verso cui Quirinale e establishment ci stanno spingendo. Non solo c’è la luce in fondo al tunnel, ne siamo ormai fuori per merito di questo governo. Domandare conferma di tutto ciò agli esodati senza pensione, ai licenziati di tutte le fabbriche che hanno chiuso i battenti, ai tarantini presi in giro dalla compagnia di giro dei ministri inviati prontamente sul luogo da Monti. Quasi tutti i giorni la stampa “indipendente” ci informa che Monti ci è invidiato da tutti i paesi d’Europa e forse anche da Obama. Sarà anche vero che lo spread è un poco sceso, e che le borse hanno guadagnato qualche punto: già, le borse e le banche, pupilla degli occhi del premier. Ma per il resto, i costi della vita per le famiglie, ci sarà forse da aspettare un po’ di più, e così per avere un qualche recupero dell’occupazione. Ma intanto noi vediamo la luce in fondo al tunnel con gli occhi dei media; che del resto, insieme a Napolitano sono i creatori delle fortune politico-tecniche di Monti. Nessuno si è accorto che qualcosa sia migliorato in Italia negli ultimi mesi, anzi il contrario è sotto gli occhi di tutti. È anche questo clima di untuosa accettazione della menzogna ufficiale, quirinalizia o no che sia, ciò che (correggetemi se sbaglio) i firmatari dell’appello pro pm di Palermo vogliono combattere. Forse sarebbe ora di smettere di giocare tutti ai costituzionalisti dibattendo sulle prerogative del Presidente. Ne usasse finalmente una, decisiva: sciogliere le inutili Camere e mandarci finalmente a votare e restaurando quel poco di democrazia che ancora ci resta.

mercoledì 18 luglio 2012

El filósofo italiano Gianni Vattimo participa en congreso en Medellín

El filósofo italiano Gianni Vattimo participa en congreso en Medellín

 17/07/2012 22:53. Teleantioquia Noticias 

Il video dell'intervista

The Academy of Latinity: For a new humanism

(photo: Wang Jing)
Ceasefire magazine, 16 July 2012

Santiago Zabala reports from the Beijing conference of the Academy of Latinity. In a global era when humanity seems to have lost its self-esteem, Zabala writes, the call for a new humanism capable of facing existential annihilation is not only necessary but also urgent.  


Beijing, China— For over a decade the Academy of Latinity has been making a unique contribution against philosophical, political, and religious uniformity that no other institution or establishment can match.
The latest conference took place at Beijing Tsinghua University at the end of May to discuss “Humanity and Difference in the Global Age.” The theme and location of the conference were chosen once again by the distinguished Brazilian intellectual Candido Mendes, the creator and promoter of the meeting series.
The conference was attended by academics and students from all over Asia interested in the profound contributions its participants offered in this twenty-fifth iteration. The program included talks by Susan Buck-Morss, Yang Huilin, and many other prominent intellectuals.
Before exploring the conference’s main highlights, we should recall how this academy was created in 1999 and why it’s so important also for the dialogue with Islam. The Academy’s aim is to promote conferences and publications in favour of a new humanism to overcome the cultural, economical, and linguistic imbalances that result from globalisation’s unjust distribution of knowledge and information.
Balance, according to the founding members (among others, Carlos Fuentes, Gabriel García Marquez, Candido Mendes, Edgar Morin, Jose Saramago, and Gianni Vattimo) can be reestablished through Latinity’s common unita multiplex, that is, the different interpretations that constitute the participants’ background.
When the members met for the first time in 1999 they established that the Academy, in order to function independently, had to become a sui generis institution without governmental support, that is, free of political constraints. The resources of the Academy come from donations and subventions granted by international and national institutions interested in the Academy’s intellectual focus on human dignity as the basis of freedom and democracy.
In a global era when humanity seems to have lost its self-esteem, the call for a new humanism capable of facing existential annihilation is not only necessary but also urgent. For this reason the Academy is represented by the sign of the pomegranate: a fruit that indicates the possibility of renovation through its incorporated seeds and also multiplicity, universality, and, most of all, diversity. As the executive secretary of the Academy, François L’Yvonnet, points out,
“We are actors of a form of diplomacy of thought, a diplomacy of open seas that goes to meet the other who is at the other shore, in a shared refusal of the fatality of an announced world, that of the exclusive kingdom of the fortunate and the powerful. The colloquia of the Academy of Latinity are proportionate to this requirement of the spirit, they give body and life to a true challenge: that of the difference.”
Such diversity is not only thought at the academy but also practised. Its meetings (every six months) take place in different cities and with new participants who share the Academy’s aversion to all sort of cultural discrimination.
This is why after the unjustifiable terrorist attacks of 9/11 and the West’s violent response, the Academy decided to meet in Alexandria (2004), Amman  (2007), and Rabat (2008) in order to intensify its exchange with Islamic culture. These conferences (in which Jean Baudrillard, Boutros Boutros-Ghali, and Alain Touraine also participated) demonstrated how the intellectual exchange between Latinity and Islam creates the basis for a better understanding of Islamic heritage and of the  opposition common to both Islam and the West to the imperial politics of fear that always considers the other or the different an enemy.
At the Beijing conference, the Academy’s “diplomacy of thought,” that is, the thought and practice of difference, was fully realized. Among the many themes discussed particular attention was devoted to the way Chinese intellectuals ought to react to Western cultural imperialism now that we have entered the so-called Dragon Century.
In order to respond to this question it is first necessary to acknowledge, as Wang Ning explained, that even though there has been a strong “Europeanization” or “Westernization” of Chinese culture since the beginning of the twentieth century through a “large-scale translation” of foreign texts, China’s is not a culture that can be “colonized.”
We are dealing here with two completely “different differences.” This is probably why He Xirong emphasised that we ought to remember the ontological distinction between Chinese and Western modes of thinking: while the first emphasises synthesis, induction, and circles, the second uses analysis, clarity, and linearity.
The Chinese civilisation is made of not only different logics, ethnics, and languages but also many “multicentric modernities” within its own boundaries. The geographical differences between Shanghai and Beijing must also include the profound cultural differences between them.
In sum, that today there “is an unbalance in China’s cultural and literary translations” is attributable to the “fact that Chinese people know much more about the West than Westerners know about China” and also arises because “Chinese culture is still in a position of marginality.”
At the conference we all agreed that this position must be restored not because of China’s new economic supremacy but rather in favour of the new humanism the Academy is committed to constructing.
While some participants, in particular Walter Mignolo, consider decolonization a fundamental stage of this new humanism, others, such as Gianni Vattimo, prefer to focus on the hermeneutic nature of (Western) philosophy in order to better understand the Chinese mode of thinking, a mode of thinking, as our Chinese colleagues explained, that seeks “common grounds while keeping differences.”
It is in this spirit of difference that the Academy’s next conference will take place in Oman, where its pomegranate symbol will once again seek to renovate humanism once again through its own incorporated seeds.

Santiago Zabala is ICREA Research Professor of Philosophy at the University of Barcelona. He is the author of The Hermeneutic Nature of Analytic Philosophy (2008), The Remains of Being (2009), Hermeneutic Communism (2011, coauthored with G. Vattimo), editor of Weakening Philosophy (2007), The Future of Religion (2005), Nihilism and Emancipation (2004), Art's Claim to Truth (2009), and co-editor with Jeff Malpas of Consequences of Hermeneutics (2010). Zabala also writes opinion articles and reviews for the New York Times, Al Jazeera, El Pais and other international journals.

Ma non è nella natura che si scopre il divino


Ma non è nella natura che si scopre il divino

La Stampa, 5 luglio 2012
di Gianni Vattimo
 
Sarà pur vero che l’evento - solo cosi lo si può chiamare - che ha rotto la quiete uniforme del «tutto» prima della nascita delle cose ha avuto un peso decisivo nel prodursi di quella differenziazione di particelle da cui e’ cominciato, per ciò che ne sappiamo, il corso dell’evoluzione di cui, bene o male che sia, noi siamo per ora il punto di arrivo. Ma parlare del bosone di Higgs come se fosse Dio è davvero un po’ troppo. Non perché si tratti di una bestemmia («Dio bosone» è sicuramente un’espressione che fino a oggi non era venuta ancora in mente a nessun ateo blasfemo, per quanto dotto e accanito). Semmai, esprime un atteggiamento mentale che non ha più quasi alcun ascolto presso teologi, filosofi, uomini di fede. Riflette infatti la convinzione che Dio si possa in qualche modo scoprire in questo o quell’ aspetto della natura. Ma da quando Gagarin, spedito nel cosmo con la navicella, ovviamente atea, dell’Urss ha potuto esplorare il cielo senza trovare Dio, questa aspettativa «positivista» ha perso ogni senso, se mai ne ha avuto uno. Le cinque vie classiche di San Tommaso - quelle che «dimostravano» l’esistenza di Dio a partire dal mondo, di cui Dio sarebbe la causa prima o il motore ultimo - erano bensì molto più sofisticate dell’ ingenuo ateismo di Krusciov; ma anche loro hanno resistito poco all’affermarsi progressivo del convenzionalismo scientifico moderno. Ormai attribuiamo solo all’uomo primitivo - quello per il quale il tuono o il fulmine sono opera di un qualche soggetto supremo l’idea che il mondo materiale debba essere stato prodotto da una volontà originaria ritenuta onnipotente. San Tommaso stesso osservava che dal punto di vista di Aristotele sarebbe stato molto più razionale pensare al mondo come eterno. Se no come avrebbe potuto, una volontà perfetta e sottratta al divenire, e cioè immutabile, decidere, a un certo punto, di crearlo? Il racconto della creazione è un contenuto della fede, cui si crede (chi ci crede) come a un mito fondatore della nostra esistenza individuale e sociale che accettiamo perché sentiamo che senza di esso perderebbe ogni senso ciò che pensiamo e facciamo. Ma quanto a parlarne in termini di scienza fisica non ci prova ormai più nessuno.



Se anche dobbiamo pensare che il bosone di Higgs non c’entra niente con Dio, è però vero che scoperte come quella di oggi hanno un potente riflesso sulla nostra vita, sulla visione del mondo, dunque anche sulla nostra religiosità. E’ una specie di effetto che possiamo solo chiamare «neutralizzante» rispetto alla nostra storia vissuta. Come confrontare i pochi millenni della storia della specie umana con gli sterminati orizzonti delle ere geologiche, del formarsi del cosmo fisico e, appunto, con i minuti seguiti al big bang. La scienza moderna, del resto, si è formata anche e soprattutto criticando il racconto della Genesi, anzitutto contestando il geocentrismo biblico (ricordate il Galileo di Brecht, che ispira a molti l’idea che tutto ormai sia permesso). E ciò non solo per la sconsiderata volontà delle autorità religiose di difendere una cosmologia «rivelata» che veniva progressivamente dissolvendosi; ma anche e soprattutto perché, effettivamente, non era e non è facile pensare alla nostra storia umana in termini di storia della salvezza o anche solo, in termini laici, come storia della civilizzazione, e insieme alla nostra posizione nel cosmo, un battito d’ali di farfalla destinato a durare un attimo e a essere inghiottito dal silenzio cosmico. L’ostinazione con cui la Chiesa ha sempre tentato di contrastare la cosmologia moderna e il suo spirito illuministico riflette la preoccupazione, non così irragionevole, di conservare un senso alla storia umana - e dunque all’etica, alla politica, alla società - di contro al senso nichilistico, leopardiano, suscitato dal sentimento dell’infinito cosmico. Non c’è un’uscita consolante e pacificante da questo dilemma. Noi siamo - storicamente - quell’umanità che ha anche scoperto, se cosi è, il bosone di Higgs; ma questa scoperta è un momento della nostra storia. Non è una constatazione risolutiva, ma è con questa condizione duplice, librata tra storia e natura che dobbiamo fare i conti. 
 

martedì 17 luglio 2012

Tre petizioni per la Biblioteca Pisa, l'appello contro la chiusura

Sottoscritte oltre tremila firme per chiedere di riportare all'interno del palazzo della Sapienza la sede della storica biblioteca universitaria. 

Tra i firmatari anche Salvatore Settis, Gianni Vattimo e Adriano Prosperi

La Repubblica - Firenze, 24 giugno 2012
 
Tre petizioni per salvare la Biblioteca universitaria di Pisa, dopo la chiusura per problemi di staticità dello storico edificio della Sapienza, sottoscritte da oltre tremila persone che chiedono di riportare all'interno del palazzo, una volta restaurato, la sede della storica biblioteca che ospita circa 600 mila volumi. Tra i firmatari vi sono anche esponenti di spicco del mondo della cultura, da Adriano Prosperi, a Salvatore Settis a Gianni Vattimo.

"Nessuna presa di posizione ufficiale in merito si registra da Rettorato e Comune - denuncia in una nota la neocostituita associazione Amici della Biblioteca universitaria - ed è disarmante il confronto con la biblioteca padovana di palazzo Maldura, chiusa per il terremoto ma che ha ripreso già da dieci giorni diversi servizi al pubblico. A Pisa invece, ogni attività è congelata e l'accesso è vietato, almeno nominalmente, perfino agli addetti".

Vivisezione, gli eurodeputati IdV scrivono a Monti, Fini e Schifani

Sassari Notizie, 27 giugno 2012
BRUXELLES. “L'Italia dica No alla vivisezione”. Lo chiedono gli eurodeputati IdV Niccolò Rinaldi, Giommaria Uggias, Gianni Vattimo e Andrea Zanoni con una lettera indirizzata al presidente del Senato Renato Schifani, al Premier Mario Monti, al presidente della Camera Gianfranco Fini e ai presidenti della XIV e XII commissione del Senato, alla vigilia del voto dell’art. 14 della legge comunitaria 2011 riguardo i criteri e i vincoli di recepimento della direttiva 2010/63/UE sulla sperimentazione animale. “L’Italia ha l’occasione di rimediare agli errori commessi in sede europea e di interpretare il sentimento della stragrande maggioranza degli italiani”, si legge nella lettera. La Direttiva Ue 2010/63/UE, osteggiata in sede di votazione al Parlamento europeo dai deputati IdV, fissa le regole per la sperimentazione animale ma non la vieta. “Riteniamo che vi siano concreti margini per migliorare questo testo e inserire importanti restrizioni al recepimento della direttiva – scrivono gli Eurodeputati IdV - quali il divieto di allevamento, esportazione, movimentazione, detenzione, commercio e vendita di animali in via di estinzione, primati non umani, cani e gatti destinati alla sperimentazione e l’obbligo di ricorrere a metodi o strategie di sperimentazione che non comportino l’uso di animali”.

L'effetto immediato sarebbe la chiusura del canile lager di Green Hill (Montichiari, Brescia) già oggetto di un'interrogazione alla Commissione europea da parte di Zanoni. “La Direttiva Ue fissa degli standard ma ogni Stato membro può andare ben oltre – spiegano i deputati –. Per questo chiediamo all'Italia di inserire nel testo di legge tutta una serie di provvedimenti che vadano nella direzione del superamento di questa barbara e desueta pratica e dello sviluppo di metodi alternativi che non prevedano il sacrificio di poveri animali”. “L’Italia oggi ha l’occasione di lanciare all’Europa una sfida etica e di civiltà. È un’occasione importante che abbiamo il dovere di non sprecare”.

È Topolino il filosofo del relativismo

I limiti delle posizioni contrapposte di Ferraris e Vattimo sul pensiero postmoderno
Modellare il reale in forme diverse non è un peccato bensì un dovere della ragione
 
Giulio Giorello, Il Corriere della Sera, 24 giugno 2012
 
Giulio Giorello
Come è morto Ramsete II? Di tubercolosi, dicono gli esperti delle varie discipline che scandagliano il pozzo del passato. Niente affatto, ribatteva il «sociologo della conoscenza» Bruno Latour circa una decina di anni fa: il bacillo responsabile di quella malattia (Mycobacterium tubercolosis) è stato scoperto solo nel 1882 da Robert Koch. Maurizio Ferraris, nel recentissimo Manifesto del nuovo realismo (Laterza), commenta sarcasticamente che «se la nascita della malattia coincidesse con la sua scoperta, si dovrebbero sospendere immediatamente tutte le ricerche mediche, perché di malattie ne abbiamo più che a sufficienza». Ma il bacillo di Koch uccideva prima e può continuare a uccidere anche dopo che è stato individuato, proprio come, indipendentemente dalla consapevolezza dei chimici che l’acqua è un composto di idrogeno e di ossigeno, questa sostanza comunque bagna «e io non potrò asciugarmi — ci dice ancora Ferraris — con il solo pensiero che l’idrogeno e l’ossigeno in quanto tali non sono bagnati».
 
Questa è la tesi del Manifesto: «Non si può fare a meno del reale, del suo starci di fronte. Se c’è il sole, la sua luce è accecante; se la lasciamo troppo sul fuoco, la caffettiera scotta. Non c’è alcuna interpretazione da opporre a questi fatti: le uniche alternative sono gli occhiali da sole e le presine». Insomma, la realtà con cui facciamo i conti, sia nell’impresa tecnico-scientifica sia nell’esistenza quotidiana, è una sorta di «reale che non ha voglia di svaporare in reality».
 
Un grido di dolore non meno accorato si leva da un altro odierno manifesto, Democrazia! (con tanto di punto esclamativo), per la penna di Paolo Flores d’Arcais (Add editore). Solo se manteniamo lo scarto tra cose e parole, possiamo smascherare l’«alchimia» creata dalla propaganda: «La lotta politica per la democrazia e la lotta filologica per il significato della parola sono terreni diversi dello stesso scontro», dichiara Flores, che teme l’arroganza di qualsiasi Grande Fratello. Né vale ribattere che «non ci sono fatti, ma solo interpretazioni», almeno quando si ha a che fare con l’acqua che bagna o con i bacilli che minacciano la nostra salute… Ma che dire quando in gioco sono espressioni come buon governo, virtù politica o democrazia?
 
Per difendere il nostro patrimonio di significati c’è davvero bisogno di un’idea «forte» di verità? Per esempio, occorreva già qualcosa del genere per opporsi ai totalitarismi del Novecento o ce n’è urgenza oggi contro i vari dittatorelli del Medio Oriente, o contro l’ancor più subdolo dispotismo di democrazie in via di avanzata decomposizione? Non basterebbe la tenace volontà di non cedere mai, ovvero la decisione di resistere a qualunque potere che si spaccia per irresistibile?

La questione non è puramente accademica. Un conto sono le verità di «puro buon senso», come direbbe il Kit Carson amico di Tex Willer, o le stesse affermazioni della scienza, un conto la Verità (con la maiuscola), quella invocata, per esempio, da tutti coloro che si sentono assolutamente convinti del «fatto» che Dio starebbe dalla loro parte. Non potrebbero emergere così forme di dominio ancor peggiori di quelle che in nome della fede si vorrebbero abbattere?
Proprio per questo Gianni Vattimo non risparmia le varie manifestazioni di «nevrosi fondamentalista che percorre la società tardo-industriale», tra le quali include il realismo filosofico, che per lui è solo una «possibile ideologia della maggioranza silenziosa», come scrive nel suo Della realtà (Garzanti).
 
 La disputa, non solo italiana, finisce con l’investire i territori elusivi della politica e dell’etica. Per questo essa non si riduce a mere contrapposizioni personali. Il «nuovo realista — precisa Ferraris — non si limita a dire che la realtà esiste», ma insiste sulla tesi che «non è vero che essere e sapere si equivalgono». Il suo avversario potrebbe ricorrere, a questo punto, a Paul Feyerabend (un pensatore che Vattimo ben conosce), piuttosto che ai soliti numi del postmoderno, come Lyotard o Baudrillard, per i quali il reale si sarebbe ormai dissipato come fumo virtuale. Invece, è proprio il realismo che porta acqua alla tesi per cui nell’avventura umana — e non solo nella dinamica della conoscenza scientifica — emergono schemi di pensiero «incommensurabili», in cui cose e parole variano radicalmente di significato. Noi definiamo, infatti, il valore di qualsiasi oggetto dal suo uso, e la portata di un concetto o di un nome dall’impiego linguistico che ne facciamo. Feyerabend l’ha mostrato trattando di come la nuova scienza della natura di Galileo spazzò via l’opposizione degli aristotelici o di come la «sovversiva» fisica quantistica mandò in pezzi la costellazione dei pregiudizi dei fisici più legati alla tradizione. Ma è anche stato estremamente abile nello sfruttare il patrimonio di esperienze e informazioni che ci vengono dal lavoro degli antropologi.
 
Qui in poche righe non possiamo addentrarci nei dettagli. Ci limitiamo allora all’apologo narrato da Merrill de Maris (sceneggiatura) e Floyd Gottfredson (soggetto e matite) per la Walt Disney, Il selvaggio Giovedì (1940) — che il lettore del «Corriere» ha avuto modo di apprezzare negli allegati «Gli anni d’oro di Topolino» (2010). In breve, i nervi del nostro Topo sono messi a dura prova da Giovedì, capitatogli in casa per sconvolgere l’uso abituale di cose e termini. Così, il preteso «selvaggio» scambia la pelliccia leopardata di una superba dama per l’animale vero e proprio e non esita a colpire con la sua lancia le prosperose natiche della signora. Per non dire che impiega vetri, penne, matite, ciabatte, eccetera in modi nuovi ma a lui perfettamente funzionali.
 
 In questo modo, la lancia di pietra del selvaggio Giovedì non solo mostra quanto convenzionali e fragili siano alcuni dei nostri più consolidati valori, ma manda in pezzi… anche le tesi opposte dei due miei cari amici, Vattimo e Ferraris. Se è vero che essere e sapere non coincidono, che questo scarto è una delle più forti molle per l’innovazione nella scienza e nell’arte e che tutto lascia aperta una via di scampo nel mondo stesso della politica, cercare schemi concettuali «incommensurabili», escogitare usi e dunque significati nuovi, modellare in maniere differenti il reale che pure così ostinatamente ci resiste, non è un peccato bensì un dovere della ragione, una genuina esperienza di libertà, che vale più di qualsiasi imbalsamata «verità».

Gianni Vattimo (Europarlamentare IDV): “Grillo? Ha ragione su Israele e l'Iran”


"Grillo? Ha perfettamente ragione su Iran e Israele. Io vorrei che Ahmadinejad si facesse finalmente la sua atomica, che sarebbe un elemento di stabilità per il Medio Oriente. Israele ce l'ha, è un problema di equilibrio. Non è un dittatore, è eletto come gli altri. Non è uno schifoso, è una persona perbene che fa una politica diversa da quella degli Stati Uniti sostenuta da Israele. Io lo appoggio totalmente".

Lo dice alla Zanzara su Radio 24 l'europarlamentare dell'Idv Gianni Vattimo, a proposito dell'intervista rilasciata da Beppe Grillo a un quotidiano israeliano. Vattimo va a ruota libera su Israele, Iran e Stati Uniti. "Sull'impiccagione in Iran di cui parla Grillo - dice per esempio Vattimo  - e sulla pena di morte negli States ha ragione lui al cento per cento: fino a 300 anni fa il Vaticano sosteneva la pena di morte, la pena di morte in Iran è solo un altro tipo di legislazione.

Lo stato di diritto? E perché esiste in America dove vince chi ha più soldi? Aprite gli occhi. La più grande democrazia del mondo? Ma di cosa parliamo, mi metto a ridere. In America c'è una schifezza non una democrazia". Grillo ha parlato anche di informazione in Occidente ‘guidata' da un'agenzia israeliana, chiedono i conduttori Giuseppe Cruciani e David Parenzo.

ahmadinejad"E anche qui ha ragione - risponde Vattimo - perché quello che noi sappiamo su Israele e Palestina, Iran e Siria è filtrato da un'agenzia internazionale con dietro un ex agente del Mossad: mi fate vedere per favore la famosa lesbica siriana, che era un signore pagato da qualche servizio segreto? Se intervenissimo in Siria faremmo l'ennesima porcata. Questi ribelli che spuntano così chi cavolo li arma? La Cia, ne avete mai sentito parlare?". Poi Vattimo parla del governo Monti.

"In Egitto i Fratelli Musulmani hanno vinto e sono contento - dice alla Zanzara - se l'alternativa era l'esercito. Meglio i Fratelli Musulmani di Monti? Almeno lì ci sono state le elezioni perchè almeno li c'è stata una votazione, la democrazia. Monti invece è solo un emissario delle banche mondiali. Sono contenti anche gli israeliani che ci sia lui a governare, essendo un governo che più capitalista non si può. Diciamolo chiaramente: fa la stessa politica di Berlusconi ma la fa più seriamente, è meno vergognoso ma molto più pericoloso perchè non si vede come si possa scalzarlo, è sostenuto da tutti".

Dagospia, 26 giugno 2012

Giornate della laicità 2012, relativismo/assolutismo

Iniziativa laica
Dialogo tra Gianni Vattimo e Nuccio Ordine
RELATIVISMO / ASSOLUTISMO

martedì 26 giugno 2012

Summer School Italia dei Valori 2012

SUMMER SCHOOL IDV 2012
GENERAZIONE EUROPA - IL NOSTRO FUTURO

Gli Europarlamentari dell'Italia dei Valori, Niccolò Rinaldi, Giommaria Uggias, Gianni Vattimo e Andrea Zanoni, sono orgogliosi di annunciare la quarta edizione della Scuola di formazione europea dell'IDV, che si terrà presso il Parlamento europeo, a Bruxelles, il 27,28 e 29 giugno 2012.
 150 giovani da tutta Italia e non solo, si ritroveranno la prossima settimana presso il Parlamento europeo, a Bruxelles, per prendere parte alla 3 giorni di formazione, dal titolo "Generazione Europa: il nostro futuro".
L'incontro con le istituzioni europee sarà l'occasione per un importante momento di formazione per i giovani partecipanti, che ascolteranno e prenderanno parte a varie discussioni e tavole rotonde, con gli interventi di numerosi ospiti, tra cui il Presidente dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro, il Presidente dell'ALDE GUy Verohfstadt, il Coordinatore Nazionale Giovani IDV Rudi Russo, il Sostituto Procuratore presso la Procura di Caltanisetta Nicolò Marino, il Direttore Generale dell'OLAF Giovanni Kessler, il Sindaco di Napoli Luigi de Magistris, il Sindaco di Palermo Leoluca Orlando, l'On. Ignazio Messina, l'on. Ivan Rota, l'On. Ramon Tremosa I Balcells, l'On. Ivo Vajgl, il Responsabile del CABS Andrea Rutigliano, la Dott.ssa Carla Poli del Centro Riciclo Vedelago, Emanuele Giordano di Rete Afgana, la fotoreporter Monika Bulaj, i giornalisti Riccardo Mascia e Emiliano Morrone.
Potrete seguire in diretta streaming l'evento sul sito dell'Italia dei Valori, http://www.italiadeivalori.it/
Per maggiori informazioni, visitate la pagina Facebook dell'evento: http://www.facebook.com/#!/events/349140651823753/ 


150 giovani IdV a scuola di Europa dal 27 giugno a Bruxelles

Si rinnova l'appuntamento con la Scuola di Formazione Europea dell'Italia dei Valori, una tre giorni che, dal 27 al 29 giugno, riunirà al Parlamento europeo circa 150 giovani italiani e catalani per affrontare temi cruciali dell'agenda europea. L'evento, dal titolo "Generazione europa: il nostro futuro", è promosso dagli eurodeputati dell'Italia dei Valori -  gli Onorevoli Niccolò Rinaldi, Giommaria Uggias, Gianni Vattimo e Andrea Zanoni - in collaborazione con il partito catalano CDS (Convergenza Democratica della Cataluna) e sotto l'egida del Gruppo dei Liberali e Democratici (ALDE).
Ad aprire i lavori, il giorno 27 giugno a partire dalle ore 16,30, saranno gli stessi europarlamentari dell'IDV, insieme al deputato della delegazione catalana, Ramon Tremosa I Bacells, con la partecipazione del Presidente dell'ALDE, l'Onorevole Guy Verhofstadt, del presidente dell'Eldr (partito dei liberal-democratici europei) l'Onorevole Sir Graham Watson, e del Coordinatore Nazionale Giovani IDV Rudi Russo.
Ospite immancabile dell'evento, il Presidente dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro, che discuterà dei valori dell'Europa presso la sede dell'Istituto Italiano di Cultura a Bruxelles il giovedì 28 giugno dalle ore 20 insieme a l'IdV Belgio, al Sindaco di Napoli, Luigi de Magistris e al Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando.
"Siamo orgogliosi di ospitare per il quarto anno consecutivo la scuola di formazione europea dell'IDV" - commentano gli eurodeputati. "E' fondamentale che i giovani incontrino le istituzioni europee e vengano formati ad esse, poiché l'Europa rappresenta il nostro presente, ma soprattutto il nostro futuro, proprio come i 150 ragazzi provenienti da tutta Italia ed Europa che prenderanno parte alla scuola".
La mattinata del giovedì 28 giugno si aprirà con  la tavola rotonda sulla legalità con gli interventi dell'On. Ignazio Messina, del Sostituto Procuratore presso la procura di Caltanisetta Nicolò Marino, del Direttore Generale dell'OLAF Giovanni Kessler. Nel pomeriggio dello stesso giorno si discuterà di ambiente, economia, fondi europei e di politica internazionale, con gli interventi  del responsabile del CABS Andrea Rutigliano, di Carla Poli, del Centro Riciclo di Vedelago, dell'On. Ramon Tremosa i Bacells, di Emanuele Giordana di Rete Afgana e di Monika Bulaj, fotoreporter.
Il 29 giugno, giornata conclusiva della scuola, si parlerà di nuovi media e di partecipazione democratica con il giornalista e blogger Riccardo Mascia, il giornalista Emiliano Morrone e il blogger dell'Espresso Alessandro Giglioli. A chiudere la 4ª edizione di questa Summer School sarà lo stesso Presidente dell'Italia dei Valori, l'On. Antonio di Pietro, insieme a l'On. Ivan Rota, responsabile nazionale organizzazione IDV e al Sindaco di Palermo Leoluca Orlando.



sabato 23 giugno 2012

In risposta a qualche commento sullo Heidegger di Faye

In risposta ai commenti giunti al post "Heidegger, nazismo e filosofia"

Perché Faye e non altri più attendibili? Credo sia perché fa più scandalo, sembra una "scoperta" (dell'acqua calda) che smove una certa ortodossia che - giustamente - considera Heidegger un classico da cui non si può prescindere; e poi corrisponde di più all'ondata di "nuovo realismo" che alcuni filosofi o pseudo tali cavalcano aiutati dalla stampa "indipendente", la stessa che crea il mito di Monti e poi lo ritrova nei sondaggi... Insomma si tratta di assecondare un ritorno all'ordine "atlantico", che si giova anche della caccia al nazista per riaffermare il buon diritto del mainstream "occidentale", spacciandolo per il solo punto di vista "umano". Quanto all'errore di Heidegger troppo "greco", la mia tesi è che Heidegger, scegliendo Hitler nel 1933, ha ceduto a un vecchio mito della cltura tedesca tra Sette e Ottocento, che vedeva nella Germania la vera erede della grande tradizione europea proveniente dalla Grecia pre-classica. Ma nella stessa filosofia di Heidegger, che ha sempre sostenuto che l'essere stesso non si dà mai in presenza, ma sempre solo come altro dall'ente, ci sono i principi per evitare di identificare una determinata civiltà - quella greca preclassica o quella tedesca nazista che pretendeva di riprodurla - con la vera civiltà umana. Quello di Heidegger nazista è dunque anzitutto un autofraintedimento, che proprio in nome dei suoi principi va rifiutato e gli va rimproverato.

Che poi la filosofia per essere valida debba sapermi indicare le ragioni per cui il nazismo è disumano è un discorso più complesso: dovrei supporre che una filosofia possa e debba essere "vera" in modo definitivo. Questo lo pensavano i vincitori della Seconda guerra mondiale, lo pensa Bush quando bombarda l'Iraq per affermare il "vero" diritto degli iracheni alla democrazia, lo pensa l'occidente che si crede legittimato a colonizzare e dominare il mondo in nome della propria verità. Io so che - viste le mie esperienze e ciò che condivido con i miei "prossimi", concittadini, amici, compagni politico-culturali e religiosi di cui  mi fido - non devo essere nazista. Sarà la verità assoluta? Se lo credessi, diventerei un pericolo pubblico per tutti quelli che non la pensano come me, un fanatico, appunto un nazista, sia pure di colore diverso. Heidegger scelse male i propri compagni di strada. Condizionato, anche se non giustificato, dalla situazione disperata della Germania della sua epoca. Noi lo sappiamo e abbiamo il dovere di tenerne conto; ma non come se fossimo Dio...

Gianni Vattimo

venerdì 22 giugno 2012

Gianni Vattimo, ''Il rilancio dell'Italia non passa dai tecnici, ma dalla mobilitazione della gente comune''

Il filosofo e parlamentare europeo attraverso il suo libro “Della realtà” analizza e commenta la situazione storica attuale 
Libreriamo, 22 giugno 2012

 MILANO - Basta realismo rassicurante, i problemi della società di oggi si possono superare solo attraverso la mobilitazione comune. E’ quanto ha dichiarato il filosofo Gianni Vattimo in un incontro tenutosi ieri sera presso la Fnac a Milano. Il filosofo noto a livello internazionale ha inoltre parlato del suo ultimo libro “Della realtà”, edito da Garzanti, un saggio filosofico che documenta un percorso di conoscenza e che alla riflessione sul pensiero di Heidegger unisce una costante attenzione alle trasformazioni della società contemporanea. Al richiamo alla realtà, Vattimo contrappone l’ermeneutica, ovvero la costante pratica dell’interpretazione, lo straordinario strumento conoscitivo che secondo il filosofo ci consente di superare la dittatura del presente.
 
DECOSTRUZIONE DELLA VERITA’ - Gianni Vattimo spiega al pubblico come, a suo parere, il discorso sulla pura negatività dell’ontologia sia molto fondato. “Numerosi pensatori del ‘900 hanno concepito una funzione più negativa della filosofia. Essa si presentava molto critica, pensando che l’essere non è, ma diviene, accade.” Nel suo libro, Vattimo decostruisce, contesta, ma non si oppone ad una falsità in nome di una verità assoluta. “Quello che io, come anche Heidegger, pensiamo è che sia impossibile definire l’essere. Questo discorso non è soltanto negativo, ma permette di non identificare gli esseri con gli enti, un errore che Heidegger rimproverava alla metafisica. L’autore di “Essere e tempo”  è vissuto all’inizio del ‘900, un momento di gran positivismo grazie anche allo sviluppo industriale, e la sua insofferenza nei confronti del positivismo è legata al fatto di vederla come la filosofia del mondo dell’organizzazione totale.”
 
BISOGNO DELLA REALTA’ – Secondo Gianni Vattimo, il realismo di oggi nasce dalla necessità di essere rassicurati, e la frenesia ed il bisogno di realtà si manifestano soprattutto all’interno dei quotidiani cosiddetti indipendenti, in realtà a suo avviso reggicoda di Monti e di tutte le banche mondiali. “Il neorealismo che tiene banco sui quotidiani negli ultimi mesi, è l’ideologia del tardo capitalismo cadente, che tenta di salvare le banche tecnicamente.” Il filosofo italiano si rifà a Nietzsche, il quale affermava che i fatti sono interpretazioni, che dipendono dal punto di vista dell’osservatore. “Anche l’economia non è una scienza naturale, ma interpretativa, fatta da un soggetto concreto, portatore di interessi, legittimi ma parziali. Una volta preso atto che non ci sono fatti ma interpretazioni, uno che si propone di avere la verità assoluta è molto pericoloso se non gli si da retta. In realtà si tratta di una realtà convenuta, che quando non va bene può mettere il dubbio in chi lo ascolta. Questa è l’essenza del Marxismo e di Nietzsche, e in parte di Freud.”
 
VERITA’ ATTRAVERSO LO SCONTRO – Gianni Vattimo ritiene che sia più ragionevole pensare alla storia come successione di illuminazioni. “C’è una certa continuità nella storia, ma non vuol dire che ci sia una linea ontologicamente garantita alla Hegel.” Il filosofo italiano illustra quindi la sua visione dialettica della storia. “Non sono d’accordo sul fatto che si possa arrivare alla verità solo attraverso l’accordo tra maggioranza e minoranza. Credo che la verità si costruisca soprattutto attraverso lo scontro, la sostituzione, il cambiamento, la rivoluzione.” Secondo Vattimo la nostra democrazia oggi è purtroppo questa, e la naturale conseguenza è la mancanza di convinzione nell’andare a votare pensando di poter cambiare le cose. “Occorre un po’ più di conflitto: anche il governo tecnico attuale è figlio dell’accordo tra maggioranza e minoranza di governo. Addirittura in passato la destra e la sinistra si rimproveravano di essersi copiati i programmi dell’altro. Una situazione diffusa anche nel resto del mondo.”