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giovedì 3 settembre 2009

Libertà d'informazione in Italia: Sul sito dell'IDV

Ecco il post che compare a mia firma sul sito dell'IDV. Lo riporto semplicemente perché possiate leggere i commenti anche laggiù, se volete.
La difesa dell’informazione come difesa della libertà in quanto tale. E’ ormai evidente che il regime di Berlusconi, come ogni regime che si rispetti, sta procedendo ad una aggressione della stampa e dei media che travalica le Alpi.
Dopo la crociata interna, ora lo sguardo del premier, politicamente barcollante, si rivolge all’estero, e la crociata diventa transnazionale. Così oltre a La Repubblica e L’Unità, i nemici si chiamano anche The Times, Le Figaro, The Guardian ma soprattutto, stando alle dichiarazioni del suo fido avvocato Ghedini, Le Nouvel Observateur ed El Pais. Una virulenza tale da interessare ormai tutto il Vecchio Continente.
Non a caso proprio il portavoce della Commissione Ue, Leitenberger, in riferimento alle denunce del presidente del Consiglio verso la stampa estera, ha ricordato (e ammonito) che l’Europa tutela la libertà di espressione. In un clima di guerra ormai aperta a tutta l’informazione, le istituzioni comunitarie non possono non reagire restando in silenzio.
Per questo ho informato la Commissione Cultura e Istruzione, per mezzo di una lettera (leggi) indirizzata alla sua presidente, l’On. Doris Pack, dell’appello pubblicato su La Repubblica e promosso dai tre giuristi Cordero, Rodotà e Zagrebelsky, già sottoscritto da migliaia di cittadini e cittadine, esponenti politici, uomini e donne della cultura e dello spettacolo, personalità pubbliche.
Nel mio intervento odierno alla Commissione Cultura, nel quadro della presentazione del programma della presidenza svedese, ho fatto riferimento alle famose 10 domande che il quotidiano diretto da Mauro ha avanzato al presidente del Consiglio, pagando per questo il prezzo della denuncia da parte di Sua remittenza, e ho suscitato l’interesse della presidenza svedese stessa, che per tramite dei suoi ministri ha definito l’anomalia italiana un problema che merita di essere discusso e del quale si discuterà.
La minaccia alla libertà, quella primaria di sapere ed essere informati, è ormai un’emergenza non solo italiana. Per questo il Parlamento europeo deve essere pienamente a conoscenza di quanto sta accadendo per poter intervenire. Si è celebrato nelle scorse ore l’anniversario della II Guerra mondiale, che chiama in causa anche quella politica dell’appeasement che l’Europa adottò verso l’allora nascituro nazismo.Oggi l’Europa è in dovere di non ripetere la debolezza passata e di non sottovalutare i semi che, in Italia, potrebbero far germogliare l’insana pianta del regime. Sotto altre vesti, forse, ma non meno dannosa e tragica.

mercoledì 2 settembre 2009

Lettera di Gianni Vattimo alla Presidente della Commissione Cultura e Istruzione del Parlamento europeo


Ecco il testo della lettera che ho presentato oggi alla Presidente della Commissione Cultura e Istruzione del Parlamento europeo, e della quale ho parlato nel mio intervento odierno alla Commissione. La presidenza svedese, che oggi presentava il suo programma alla Commissione, ha sottolineato che il caso italiano è un problema che merita di essere discusso e sarà discusso nei prossimi mesi.


Bruxelles, 2 settembre 2009

Signora Presidente, Onorevoli colleghi,

Intendo richiamare l’attenzione della Commissione Cultura e Istruzione del Parlamento europeo sui gravi fatti che coinvolgono il Presidente del Consiglio italiano.
Dino Boffo, direttore del quotidiano cattolico “L’Avvenire”, è stato oggetto di un attacco da parte del direttore de “Il Giornale”, quotidiano posseduto, con ben poco rispetto delle disposizioni legislative in materia di conflitto di interessi di cui un grande paese che si vorrebbe democratico quale l’Italia dovrebbe dotarsi, dalla famiglia del premier italiano. In un editoriale in prima pagina del giornale del Premier, il direttore Feltri condannava le critiche rivolte a Berlusconi dal direttore de “L’Avvenire” Boffo, diffidandolo, cito testualmente, dal voler "lanciare anatemi e tirare le orecchie a Berlusconi" per una vita privata, quella del Premier, che le intercettazioni della magistratura negli ultimi mesi hanno rivelato essere, per usare un eufemismo, del tutto inadeguata rispetto agli incarichi pubblici che Berlusconi ricopre. Feltri riferisce inoltre, senza alcun imbarazzo per i toni omofobici utilizzati nell’articolo, di una vicenda giudiziaria che vedrebbe Boffo coinvolto in un presunto scandali a natura sessuale (Dino Boffo viene definito, cito testualmente, un “noto omosessuale attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni”; “alla guida del giornale dei vescovi e impegnato nell'accesa campagna di stampa contro i peccati del premier, intimidiva la moglie dell'uomo con il quale aveva una relazione”). La presunta “informativa” utilizzata da Feltri per sostanziare il suo attacco si è rivelata, a seguito della sua pubblicazione su “L’Avvenire”, una lettera anonima, e – nelle parole di Boffo – “uno sconclusionato e sgrammaticato distillato di falsità e di puro veleno costruito a tavolino per diffamare”. Il consiglio di redazione del quotidiano “L’Avvenire” definisce quello di Feltri, cito anche qui testualmente, un “plateale e ripugnante attacco”, e una “chiara intimidazione al direttore di Avvenire e a tutta la redazione del quotidiano”, che nasconde “un attacco alla libertà di pensiero e di stampa”.
Si noti che alla polemica, tuttora in corso, e dunque al tentativo, come riferiscono in Segreteria di Stato, di creare fonti di tensione tra la Santa Sede e i vertici della Conferenza episcopale italiana (cui il Pontefice ha ieri ribadito la sua solidarietà), editore de “L’Avvenire”, è dovuta la decisione di far saltare l'incontro previsto per il 28 agosto a l'Aquila tra il cardinale Tarcisio Bertone (il più stretto collaboratore del pontefice), che avrebbe presieduto la Perdonanza celestiniana, e il premier Silvio Berlusconi, anch’egli a l’Aquila per seguire i lavori di ricostruzione. L’unico risultato tangibile della vicenda è di aver creato seri e ulteriori motivi d’imbarazzo tra lo stato italiano e il Vaticano, al punto che Berlusconi è oggi impegnato nel difendere il “dialogo quotidiano”, nelle sue parole, che intercorrerebbe tra la Santa Sede e l’esecutivo italiano. Il premier ha ritenuto di dover dichiarare che “il Governo non ha alcuna responsabilità per quello che è successo nelle diatribe giornalistiche che si sono verificate”. Ciò è di per sé un sintomo del cattivo stato della democrazia italiana: come tutti sapete, quando è stato nominato per la prima volta presidente del Consiglio italiano, Berlusconi era addirittura ineleggibile, a causa dell’enorme conflitto d’interessi che gravava e grava tuttora, nonostante l’abbozzo di rimedio legislativo che una maggioranza parlamentare incline all’obbedienza ha approvato, sulla sua persona. L’Avvenire è reo, secondo il direttore del giornale (appena nominato) della famiglia Berlusconi, non certo nuovo ad attacchi giornalistici infondati come quello di cui sopra, di aver criticato la condotta privata, ma con ampi risvolti pubblici, del premier stesso. Lo scandalo delle escort che coinvolge il premier era stato definito “situazione desolante”, e si condannava la risposta “non sono un santo” che lo stesso Berlusconi aveva fornito ai media, evidenziando l’inadeguatezza del riferimento costantemente fatto dal premier a sondaggi a lui favorevoli, che dunque ridurrebbero la portata dello scandalo stesso.
Ciò su cui intendo richiamare l’attenzione della Commissione Cultura e Istruzione è l’inadeguatezza generale di Silvio Berlusconi a ricoprire la carica di presidente del Consiglio italiano, e i pericoli che da ciò discendono sia per la democrazia italiana, sia per l’Unione Europea, di cui l’Italia è membro fondatore. E mi rivolgo al Parlamento europeo poiché, nonostante ciò possa sembrarvi assurdo, sono solo quelli che Berlusconi definisce i “giornali della sinistra” a indagare, suscitando la curiosità e lo sdegno, per quanto sta accadendo in Italia, dei media esteri, sugli scandali del premier. Il servizio pubblico televisivo, letteralmente appaltato, per gran parte, allo stesso Berlusconi, la cui famiglia possiede tre reti nazionali (come l’azienda di stato), non dà infatti alcuna notizia non solo degli scandali che coinvolgono il premier, ma neanche delle domande giornalistiche rivolte al premier, nel pieno rispetto del gioco democratico (e di un gioco democratico da paese avanzato) da uno dei principali quotidiani italiani, “La Repubblica”, fortunatamente non di proprietà del presidente. Da mesi, infatti, “La Repubblica” ha pubblicato dieci domande, ancora evase, scaturite dallo scandalo delle escort, invitando il premier a rispondere pubblicamente per chiarire la sua posizione. Si tratta di domande urgenti, oltre che legittime, suscitate dall’appuramento, tramite intercettazioni, di circostanze che ritraggono il premier in rapporti ambigui con giovani escort e starlettes della televisione, invitate a partecipare, per tramite talvolta di mediatori coinvolti in traffici illeciti, a feste private nelle dimore del presidente. Ad alcune di esse è stata offerta, prima che fosse ritirata in seguito allo scoppio dello scandalo, una candidatura a ricoprire incarichi pubblici di rilievo (non ultimo quello di parlamentare europeo!). “La Repubblica” ha dunque rivolto al premier domande in merito alle “accurate” frequentazioni del premier di prostitute, di ragazze minorenni, all’uso di velivoli di stato per condurle alle dimore del presidente stesso, ai possibili ricatti e azioni di spionaggio cui il premier necessariamente si esporrebbe, all’incoerenza tra le politiche portate avanti a livello pubblico, spesso ispirate a una morale fortemente repressiva, e la condotta privata.
Il premier, suscitando lo sdegno dell’opinione pubblica internazionale e dei principali media esteri, ha recentemente querelato La Repubblica e alcuni giornali esteri, tra i quali “Le Nouvel Observateur” e “El Pais” (quest’ultimo colpevole di aver pubblicato alcune fotografie scattate a una festa in una residenza del premier), per diffamazione (“ho avviato una causa civile”, ha dichiarato). Tre giuristi del calibro di Franco Corsero, Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelski hanno scritto un appello, firmato per ora da oltre 180mila persone in Italia, e tra questi i principali intellettuali del paese, che definisce quello a La Repubblica un “tentativo di ridurre al silenzio la libera stampa, di anestetizzare l’opinione pubblica, di isolarci dalla circolazione internazionale delle informazioni, in definitiva di fare del nostro Paese un’eccezione della democrazia”. Le domande poste al Presidente del Consiglio, si precisa in polemica con la reazione del premier, “sono domande vere, che hanno suscitato interesse non solo in Italia ma nella stampa di tutto il mondo. Se le si considera "retoriche", perché suggerirebbero risposte non gradite a colui al quale sono rivolte, c’è un solo, facile, modo per smontarle: non tacitare chi le fa, ma rispondere”. “La libertà d'espressione è un valore fondamentale dell'Unione Europea”, ha commentato ieri da Bruxelles il portavoce della Commissione Ue Johannes Laitenberger, ammettendo di non essere a conoscenza della querela sporta da Berlusconi contro “La Repubblica” e i principali quotidiani stranieri. Condannando le parole del portavoce della Commissione Dennis Abbott, autore di un comunicato nel quale spiegava che la Commissione avrebbe chiesto informazioni all’Italia circa il respingimento di un gommone con 75 migranti respinto verso la Libia (Berlusconi ha dichiarato che d’ora in poi dovrà parlare solo il Presidente Barroso, altrimenti “non daremo più il nostro voto, bloccando di fatto il funzionamento della Ue, e chiederemo il dimissionamento dei commissari”), Berlusconi ha rivelato una volta ancora lo stile autoritario di governo che caratterizza il suo operato. Sono ormai quindici anni che l’Italia sopporta continui attacchi alla magistratura, alla libertà di espressione, alla libertà di stampa, condotti da un premier sul quale gravano conflitti d’interessi di tale portata da suscitare dubbi sulla tenuta democratica del paese. L’Europa stessa, e i suoi parlamentari, quei “turisti della democrazia”, come li ha definiti Berlusconi nel giorno di apertura del semestre italiano del 2003, ne hanno già fatto le spese. L’Europa è un esempio di democrazia compiuta, che tuttavia tollera al suo interno derive autoritarie difficilmente gestibili a livello nazionale. Mi auguro che i Deputati di questo Parlamento vigilino costantemente sull’operato di un personaggio pubblico che dimostra ogni giorno la propria inadeguatezza democratica.

Gianni Vattimo

Vattimo:"L'appello dei giuristi a Strasburgo. Il Parlamento deve sapere delle 10 domande"

Ecco l'intervista che ho rilasciato a Repubblica, pubblicata oggi, mercoledì 2 settembre 2009, pagina 2. Tra poco porterò il caso italiano al Parlamento europeo, intervenendo alla Commissione
Cultura e Istruzione.

Vattimo: "L'appello dei giuristi a Strasburgo. Il Parlamento deve sapere delle 10 domande"
L'eurodeputato: minacciata la libertà di espressione, accadono cose aldilà del bene e del male

ROMA «Porterò l'appello dei giuristi per la libertà di stampa al Parlamento europeo assieme alle dieci domande contro le quali Berlusconi ha fatto causa». Il filosofo Gianni Vattimo, eurodeputato eletto nelle liste dell'Italia dei Valori, ha preso la decisione dopo aver ascoltato a Radio Radicale la registrazione del dibattito a Genova con il direttore di Repubblica, Ezio Mauro.

Perché questa iniziativa, professore?
«Voglio che il Parlamento sia informato. In Italia stanno accadendo cose al di là del bene e del male. Perciò presenterò l'appello di Cordero, Rodotà e Zagrebelsky in Commissione Cultura domani stesso (oggi per chi legge - ndr)».

Che cosa si aspetta?
«Francamente non lo so perché i poteri del Parlamento europeo e delle commissioni sono molto limitati. Ma ormai libertà e informazione coincidono totalmente. Nessuno oggi ti minaccia di arresto per le tue idee, semmai ti priva di notizie, manipola l'informazione, ti fa credere di essere libero di pensarla come vuoi, ma decide l'ammissibilità di cose che si possono sapere e cose che non si devono sapere, pretende persino di stabilire la liceità delle domande da porre, e infine arriva ad intimorire e intimidire chi esce dallo schema».

Vuole lanciare l'allarme sul caso italiano?
«La minaccia, in Italia è particolarmente acuta. Ma il problema ma non è soltanto nostro. Riguarda l'Europa e il mondo, per questo trovo giusto far conoscere l'appello dei tre giuristi».

E della minaccia di bloccare l'EU se i portavoce non smettono di criticare l'Italia, cosa pensa?
«Mi sembra la conferma che Berlusconi si sente alle corde e diventa imprudente e violento. Cercherà di usare i servizi segreti e qualunque cosa. Si sente minacciato, evidentemente, dietro una compattezza della maggioranza che è tutta apparenza, e se ne esce con sciocchezze incommentabili».

(intervista di l.n.)