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lunedì 28 gennaio 2013

Ingroia, Di Pietro e la rivoluzione che non può più attendere





Dal mio blog sul Fatto Quotidiano: www.ilfattoquotidiano.it


Inutile dire che voterò per la lista Ingroia, soprattutto perché è lì che ritrovo Di Pietro e quel che resta di IdV; giustamente purificata dagli elementi di destra che ci stavano dentro fino ad ora: persone per lo più rispettabili e solo di opinioni più conservatrici delle mie; a parte ovviamente quelli che hanno ceduto alle lusinghe berlusconiane in vari momenti, o quelli che hanno deciso di scappare con la cassa.

Di Pietro ha ragione: dobbiamo usare di questa emorragia di finti o scontenti militanti per rendere IdV più autenticamente quello che deve, voleva, essere: un partito di rinnovamento radicale della politica e della società italiana; non per niente, a parte l’innominabile Lega, è rimasto l’unico gruppo di opposizione al governo eurobancario Bersani-Monti-Napolitano.


martedì 9 agosto 2011

Comunità Montana nella zona rossa, sfida alla Torino-Lione

Comunità Montana nella zona rossa, sfida alla Torino-Lione
www.libreidee.org, 8 agosto 2011

Una riunione speciale della giunta della Comunità Montana, nel cuore della “zona rossa” protetta dalla polizia schierata per sigillare l’area di Chiomonte destinata all’avvio della Torino-Lione. «Non ci sembra molto regolare la procedura con cui l’area è stata occupata, e inoltre chiederemo il risarcimento per i danni subiti dai viticoltori dei vini Valsusa Doc, che non possono operare liberamente nei vigneti», annuncia il presidente Sandro Plano, che il 9 agosto terrà un “consiglio di guerra”, in rappresentanza dei sindaci, al di là delle recinzioni. E’ l’ennesima prova della resistenza civile della valle di Susa, dopo la clamorosa protesta solitaria di Turi Vaccaro, pacifista rimasto per tre giorni e due notti in cima a un albero e poi convinto a scendere soltanto da don Luigi Ciotti, accorso per risolvere la situazione.
L’iniziativa di Vaccaro, che è riuscito a violare la zona off-limits eludendo la sorveglianza fino a raggiungere la vetta del monumentale cedro che sovrasta il checkpoint della centrale idroelettrica di Chiomonte, anticipa di poche ore l’altra “violazione” – simbolica, istituzionale – della Comunità Montana, l’organismo rappresentativo dei Comuni valsusini, schierati quasi all’unanimità contro la Torino-Lione e per questo snobbati in modo sistematico dall’establishment torinese e piemontese, in prima fila il Pd che pretende la cacciata di alcuni iscritti “eretici”, come lo stesso Plano. Gli amministratori della valle ritengono inammissibili le modalità con le quali è stata occupata dalla polizia l’area di Chiomonte, e hanno già fatto ricorso al Tar. Analoghe contestazioni anche dal pool legale del movimento No-Tav: la ex tendopoli della Maddalena era installata su terreni regolarmente affittati dal Comune di Chiomonte, mentre l’area sottostante – quella del futuro cantiere – appartiene a 1500 militanti No-Tav che hanno acquistato altrettanti mini-lotti ma non hanno ancora ricevuto nessuna comunicazione di esproprio.
«Tutta l’operazione è stata condotta in modo clamorosamente illegale», ha denunciato il filosofo Gianni Vattimo, europarlamentare dell’Idv, schierato coi No-Tav insieme al sindaco napoletano Luigi De Magistris (anche lui parlamentare europeo, da sempre vicino al movimento valsusino). Oltre a Beppe Grillo, paladino della causa No-Tav giunto a far dislocare a Chiomonte un ufficio distaccato del gruppo regionale piemontese del “Movimento Cinque Stelle” guidato da Davide Bono, coi valsusini si sono schierati il sociologo Marco Revelli, giornalisti critici come Giulietto Chiesa, scrittori come Erri De Luca, Massimo Carlotto e Maurizio Maggiani, e persino il caposcuola dei cantautori italiani, Francesco Guccini. Obiettivo: contrastare la “congiura del silenzio” che ha cercato di isolare la valle di Susa, presentata dai grandi media come un territorio provinciale e riluttante di fronte al “progresso”.
Lentamente, ampi strati dell’opinione pubblica hanno messo a fuoco il problema: la valle di Susa non contesta soltanto l’inevitabile devastazione territoriale che la Torino-Lione comporterebbe, ma anche il folle onere finanziario (20 miliardi di euro, a carico delle future generazioni italiane) e la comprovata inutilità della maxi-ferrovia, come dimostrano le lucide analisi di trasportisti come Marco Ponti del Politecnico di Milano, riprese dai 150 docenti universitari di tutta Italia nella lettera recentemente indirizzata al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Voci sempre più insistenti, che si sono aggiunte a quelle dell’ex ministro Paolo Ferrero, di Rifondazione comunista, da sempre accanto ai No-Tav. E persino l’ex collega Nichi Vendola, leader di Sel preoccupato dell’alleanza col Pd, dopo la violenta repressione delle proteste in valle di Susa si è deciso a mettere in discussione la Torino-Lione e il metodo col quale si cerca di imporla.
Una grande opera sempre più surreale, nel momento in cui il governo Berlusconi viene sostanzialmente commissariato dall’Europa che impone l’anticipo sui tagli alla spesa pubblica, senza che l’opposizione di Bersani abbia osato avanzare una sola proposta alternativa al “massacro sociale” che incendierà l’autunno 2011. Nonostante ciò, la lobby della Torino-Lione – in testa il sindaco torinese Piero Fassino e il suo predecessore, Sergio Chiamparino – non arretra di un millimetro: lungi dal fornire spiegazioni sulla reale utilità strategica dell’arteria ferroviaria Italia-Francia (tutti gli studi spiegano che l’asse del futuro sarà l’attuale, Genova-Rotterdam), i dirigenti del Pd tentano semplicemente di criminalizzare i valsusini. I quali però non arretrano di un millimetro, come dimostra il coraggioso attivismo del movimento popolare, tra cortei e sfilate di penne nere in congedo, decise a contestare gli alpini della Taurinense schierati accanto agli agenti antisommossa.
Obiettivo finale: spiegare agli italiani che anche la valle di Susa è un bene comune, come dice il professor Ugo Mattei del comitato referendario per l’acqua pubblica. E’ la stessa linea della Fiom, il sindacato dei metalmeccanici della Cgil, da sempre al fianco dei No-Tav con leader come Giorgio Cremaschi e Giorgio Airaudo, che ora propongono di spostare a Torino l’asse della protesta, riempiendo le piazze di “indignados” per far capire ai torinesi – e al resto dell’Italia – che la lotta popolare contro la Tav non è un riflesso “Nimby”, localistico, ma il risveglio civile di chi ha capito – sperimentandolo sulla propria pelle – che non è di queste grandi opere che abbiamo bisogno, perché è proprio questo “sviluppo” promosso da lobby e banche che oggi mette in croce l’Italia, l’Europa e persino l’America. Se qualcuno sperava di sfinire i valsusini costringendoli alla resa, ha sbagliato tutto: la battaglia contro la Torino-Lione non accenna a spegnersi. E se la crisi, come pare, presenterà a breve il conto peggiore, proprio i No-Tav potranno meglio spiegare il senso della loro lunghissima, tenace resistenza democratica.

martedì 14 giugno 2011

Tav, Vattimo: "Un'invenzione delle mafie per guadagnare"

Tav, Vattimo: "Un'invenzione delle mafie per guadagnare"

Fonte: TorinoToday

i sono anche firme prestigiose tra le tante a margine dell'appello per la democrazia ed il rispetto della legalità in Val di Susa, promosso dai No Tav. Quella del filosofo Gianni Vattimo, ieri a Torino, per esempio. "Sono qui anche i rappresentanza di Sonia Alfano e Luigi de Magistris – ha spiegato Vattimo –. Per me la Tav è una cosa inventata dalle mafie per guadagnare”.

“Oggi rappresenta anche un problema di legalità – ha poi invitato a riflettere il filosofo –: la decisione di realizzare l'opera è stata presa in modo scorretto, mettendo in piedi una maggioranza favorevole e allontanando chi era contrario. Perché i cittadini di un territorio non possono far sentire la loro voce ed esprimersi, magari attraverso un referendum?".

Presenti all’appuntamento anche Federico Bellono, segretario torinese della Fiom, e Michele Curto, neo consigliere comunale di Sinistra Ecologia e Libertà. "Sono qui – ha spiegato quest’ultimo – per sostenere le ragioni dell'appello e perché credo sia il posto dove devo essere in quanto consigliere comunale".


Torino-Lione: Vattimo, Tav inventata da mafia per guadagnare

(ANSA) - TORINO, 11 GIU - ''Vedo la Tav come una cosa inventata dalla mafia per guadagnare'': lo ha affermato il filosofo Gianni Vattimo, europarlamentare dell'Idv, intervenuto a una manifestazione di protesta organizzata dal Movimento No Tav oggi a Torino contro l'alta velocità in Valle di Susa.

''E' chiaro - ha aggiunto - che intorno alla Tav c'è la mafia che vuole mangiare. Si sta facendo scempio della democrazia e della legalità per pigliarsi i soldi europei, spartirseli con le cosche, e poi lasciare l'opera a metà, perché sappiamo che l'Italia non ha i soldi per realizzarla''. (ANSA).

lunedì 6 giugno 2011

No Tav: "L'Unione europea sia coerente e ritiri i finanziamenti"

No Tav: "L'Unione europea sia coerente e ritiri i finanziamenti"

Per ottenere l'erogazione dei fondi comunitari i cantieri a Chiomonte sarebbero già dovuti partire. Il prefetto di Torino Alberto Di Pace: "Che l'opera si debba fare è fuori discussione"

Fonte: TorinoToday

Considerato non al 31 maggio non è stato avviato alcun cantiere della Tav, l'Unione Europea sia coerente e ritiri i finanziamenti". Lo chiede il popolo del "no", forte del fatto che la scadenza è stata superata. Negli scorsi giorni si è svolta a la Maddalena di Chiomonte, in val Susa, una riunione alla presenza del deputato europeo Gianni Vattimo, venuto in simbolica rappresentanza di altri sei eurodeputati (Luigi de Magistris, Sonia Alfano, Eva Lichtenberger, Catherine Gréze, Sabine Wils e Paul Murphy). "E' stato certificato alle ore 24 del 31 maggio - osservano i no-Tav - che il cantiere per la perforazione del tunnel de la Maddalena non è stato installato, così come richiesto dalla Commissione Europea e dalla Francia per confermare l'erogazione del finanziamento al Progetto Prioritario TEN-T n.6". "Ricordiamo - aggiungono - che la Francia ha dichiarato di non voler discutere con l'Italia il rinnovo del Trattato del 2001 e del Memorandum del 2004 se non è evidente la capacità del nostro Paese di rispettare i suoi impegni con l'apertura del cantiere de La Maddalena". I no-Tav che continuano il presidio, ribadiscono che si tratta di "un'opera inutile" e che "la cocciutaggine della classe politica non può che aumentare i danni per l'Italia e per l'Europa".
Continua a piovere al presidio della Maddalena di Chiomonte. Centinaia di persone anche il 2 giugno sono arrivate a Chiomonte per discutere, preparare e lavorare al presidio no tav. La scadenza del 31 maggio è passata ma l’allerta rimane alta. "Con tranquillità - scrivono dal presidio - si inizia a discutere delle prossime scadenze e a ragionare su un presidio permanente che ormai si dà dei tempi di lungo periodo. Un’organizzazione di movimento che sempre più deve riuscire a lavorare sul risparmio delle energie. Il confronto con un possibile blitz delle forze dell’ordine rimane imminente, ma viste le difficoltà che una massiccia e costante presenza di attivisti pone i tempi diventano sempre di più imprevedibili. Così giorno dopo giorno, ora dopo ora il presidio cresce, in strutture di accoglienza, presenze e non ultimo di peso politico".
"E' un problema tecnico di ordine pubblico e di sicurezza. Sarà il questore a decidere i tempi e i modi". Così il prefetto di Torino Alberto Di Pace, sull'avvio del cantiere della Torino-Lione, alla Maddalena di Chiomonte, in Valle di Susa. Interpellato da alcuni cronisti a margine della consegna delle onorificenze dell'Ordine al merito, Di Pace ha aggiunto: "Che l'opera si debba fare è fuori discussione, così come è fuori discussione che ci sia una finestra che consente l'inizio nel mese di giugno". Dal 23 maggio, quando è stato fatto il primo tentativo di recintare l'area di cantiere, a Chiomonte non si sono più visti né gli operai delle ditte incaricate dei lavori né le forze dell'ordine. Quella volta la protesta di centinaia di manifestanti No Tav rese impossibile l'apertura del cantiere.
"Serve solo una grande intesa bipartisan": lo dice, a proposito della Tav, il deputato del Pd e vicepresidente della commissione di vigilanza Rai, Giorgio Merlo che accoglie favorevolmente le sollecitazioni del sottosegretario Mino Giachino sulla realizzazione dell'opera. "E' pertinente e di grande valenza politica l'invito del sottosegretario Mino Giachino a ritrovare la convergenza bipartisan attorno ai grandi progetti che possono far crescere la nostra Repubblica - commenta Merlo - e, almeno per Torino e il Piemonte, la realizzazione della Torino-Lione è uno di quei progetti cruciali attorno ai quali, verrebbe da dire, il "treno passa una sola volta". "Chi si oppone per motivi pregiudiziali, politici e ideologici - conclude il deputato - lavora inconsapevolmente per far regredire lo sviluppo economico e produttivo dell'intero Piemonte".
L'opposizione di centrodestra a Torino attacca Fassino, che ieri ha presentato la nuova Giunta. "I nodi vengono sempre al pettine. Fassino sia coerente sulla Tav e chiarisca immediatamente la posizione dell' Italia dei valori": lo chiede l'assessore regionale e consigliere comunale Michele Coppola che annuncia battaglia in consiglio comunale sulla Torino-Lione. "Il sindaco di Torino - afferma Coppola -non può attendere, deve convocare subito il capogruppo IDV, il segretario cittadino e il neo assessore per chiarire la posizione in merito al cantiere di Chiomonte e alla realizzazione dell'opera". "Fassino deve essere franco e rispettoso degli impegni presi con tutti i Torinesi - aggiunge Coppola - e se necessario escludere dalla sua maggioranza i partiti contrari alla Tav. Avevo chiesto una conferenza stampa ufficiale con tutti i capolista dei partiti delle nostre rispettive coalizioni proprio per impedire, una volta concluse le elezioni, azioni come quella accaduta martedì. Nel primo consiglio comunale, tra pochi giorni, sottoscriva e voti la mia mozione a sostegno del tavolo di Palazzo Chigi e del documento di Confidustria Piemonte e Comitato Transpadana". A mettere in allarme Coppola è, infatti, la presa di posizione dell'Idv di due giorni fa: "E' passata in sordina - osserva Coppola - ma la presenza dell'europarlamentare dell' IDV Vattimo, supportato nell'iniziativa - denuncia dal neo Sindaco di Napoli, è davvero il segno di una contraddizione insanabile all'interno della maggioranza che governa Torino. Evidentemente hanno aspettato la definizione della Giunta comunale per esplicitare per l'ennesima volta il proprio no all'alta velocità-capacità. Chiedere all'UE che il finanziamento venga revocato è l'ultimo espediente per impedire l'apertura del cantiere".

domenica 22 maggio 2011

No Tav, "siamo ancora qua"

No Tav, "siamo ancora qua"
Carta, 22 maggio 2011.
Chiara Sasso

Uno dei tanti balconi che si affacciano sulla strada dove sta partendo la manifestazione Notav, Rivalta-Rivoli, è addobbato con bandiere. Qualcuno da sotto in su grida: «Cosa fate, non venite?». «Abbiamo la cresima oggi, non si può». Basterebbe questo come carta di presentazione del popolo Notav che ha di nuovo riempito le strade questa volta fuori dalla valle di Susa. Tracciato che interessa la Collina morenica di Rivoli, alle porte di Torino.

Sabato 21 maggio, per la questura quattromila, per l’Ansa quindicimila. Tanti. Come i trattori che hanno aperto la strada: oltre sessanta. Bambini saliti a grappoli, qualcuno è impegnato ad asciugare il sudore al padre impegnato al volante, dentro la cabina si muore di caldo. I cartelli sui musi dei trattori riportano frasi del tipo: La Coldiretti c’è: «Fermiamo il consumo del territorio». «In marcia per difendere l’ambiente, la nostra vita, l’agricoltura». Il segretario provinciale al termine della manifestazione ricorderà: «Oggi tutti hanno lasciato i lavori in cascina, il fieno lo imballeranno domani». Molti commentano l’accaduto di pochi giorni fa al termine di un consiglio comunale aperto, proprio a Rivoli. Un funzionario della Provincia, Paolo Foietta, con il compito di spiegare il tracciato del Tav è stato messo alle strette dal fuoco di domande di un pubblico sempre più esigente e incazzato, alla fine non ha avuto altri argomenti se non quello di appioppare un ceffone all’ex presidente provinciale della Coldiretti, Carlo Gottero. Finimondo. Il giorno dopo Stefano Esposito e Gianfraco Morgando, sottoscrivevano un comunicato Pd nel quale si esprimeva la più totale solidarietà a Foietta, il quale era stato costretto a subire un clima pesante, esasperato, tanto da fargli saltare i nervi e costringerlo a dare un «buffetto» al provocatore Gottero.

Certo non è da tutti poter vantare, come il movimento Notav, una professionalità nonviolenta acquisita in vent’anni, lotta pacifica, precisa come una goccia d’acqua, solo tante domande. Insopportabile.

Apre la manifestazione lo striscione: «In valle in pianura come a Chiomonte». «Hanno provato a Convincerci, a Costringersi a Comprarci», dirà al termine della manifestazione Sandro Plano presidente Comunità Montana, «ma noi siamo ancora qui perché quest’opera è una grandissima bufala. Lo dimostra l’ultima sparata, dicono che l’opera verrà fatta per fasi: prima il tunnel di Chiomonte, poi il nodo di Torino, il pezzo in mezzo, la bassa Valle di Susa, secondo loro se ne parlerà nel 2023. Che senso ha?». Tutto questo deciso nel vertice istituzionale del 3 maggio a Palazzo Chigi con il sottosegretario Gianni Letta, il ministro dei trasporti e delle Infrastrutture, Altero Matteoli, il presidente dell’Osservatorio Tav Mario Virano, il presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota, e della Provincia, Antonio Saitta, il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, e solo alcuni dei sindaci della valle fra questi Antonio Ferrentino. Fuori a protestare con tanto di fascia i sindaci valsusini esclusi dall’incontro.

Chiamparino spiega: «E’ una questione di mancanza di soldi ma anche di ordine pubblico, proseguendo per fasi consentirà che, per almeno un decennio, sarà risparmiata quella parte della Val di Susa che oggi è più contraria alla sua realizzazione». Entro dieci anni saranno sfiancati? Distrutti? tutti morti?

«Sono cresciuto a pane e Notav»
, diceva un cartello. Una storia lunga vent’anni ha visto crescere generazioni. E sfilano anche oggi, carrozzine e bambini di tutte le età. Passano uno dopo l’altro i comitati dei paesi della valle di Susa: Meana, Sant’Antonino, Sant’Ambrogio, Vaie…e via di seguito. Tutti con il suo carico di storie, gente che litiga e si vuol bene, qualcuno passa a miglior vita, qualcuno nasce e fra una sepoltura, un battesimo una cresima si cementa un’unione fra persone che vuole metterci il naso e capire. Fuori non si capisce.

Madonne del Rocciamelone e alpini. Irrompe nel corteo perfino una grandissima bandiera italiana, alzata con un orgoglio tutto nuovo, ricorda: «Anche noi rappresentiamo l’Italia». Scarponi sotto il letto [passerà il giro d’Italia e poi il ballottaggio delle elezioni].
Una di queste sere correremo a Chiomonte. L’ottobre scorso l’Unione europea aveva concesso l’ultima proroga, per non perdere i soldi i cantieri della galleria alla Maddalena devono essere aperti entro il 31 maggio. Per intanto proprio lì è stato costruito un pilone votivo, con santi: San Francesco e la Madonna. Sabato è stato benedetto da don Michele, sotto una pioggerella sottile in una atmosfera che «da tanto non sento in chiesa».

Fra manifestazioni, consigli comunali, iniziative e polentate un aggancio anche con l’Unione europea. Sette eurodeputati [Luigi De Magistris, Sonia Alfano, Gianno Vattimo, Catherine Grèze, Eva Lichtenberger, Sabine Wils, Paul Murphy] di cinque paesi [Italia, Francia, Austria, Germania e Irlanda] e tre gruppi politici hanno chiesto al presidente della Commissione europea e commissione ai Trasporti, perché in contrasto con i principi espressi dalla Convenzione di Arhus alle riunioni del Governo italiano sono esclusi i sindaci di diciassette comuni e il presidente della Comunità Montana, mentre sono stati ammessi sindaci di comuni non interessati all’opera.

Perché vista la massiccia e persistente opposizione popolare a quest’opera è stato chiesto che l’installazione dei cantieri venga fatta con la militarizzazione dell’intera zona. Perché si è deciso di buttare via tutti questi soldi pubblici?

lunedì 16 maggio 2011

Tav: interrogazione parlamentare sulla modifica del progetto e il mancato rispetto italiano delle condizioni poste dalla Commissione

Interrogazione con richiesta di risposta scritta alla Commissione
Articolo 117 del regolamento
Luigi de Magistris (ALDE) , Sonia Alfano (ALDE) , Catherine Grèze (Verts/ALE) , Eva Lichtenberger (Verts/ALE) , Paul Murphy (GUE/NGL) , Gianni Vattimo (ALDE) e Sabine Wils (GUE/NGL)
16 maggio 2011

Oggetto: Progetto prioritario RTE-T n. 6 Lione — Torino: modifica del progetto e mancato rispetto, da parte dell'Italia, delle condizioni poste dalla Commissione europea per la concessione del finanziamento UE

Secondo quanto pubblicato sui siti Web del ministero italiano delle Infrastrutture e della regione Piemonte e riportato anche da autorevoli quotidiani nazionali (La Stampa, La Repubblica, Il Sole 24 Ore, ecc.), il 3 maggio 2011 si è svolta a Roma una riunione del Tavolo istituzionale della Torino-Lione, alla presenza del ministro Matteoli, del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Letta, del commissario straordinario Virano, del presidente della delegazione italiana presso la CIG Masera, del presidente della regione Piemonte Cota, del presidente della Provincia di Torino Saitta, del sindaco di Torino Chiamparino e di alcuni sindaci della Valle Susa.

In tale riunione il governo italiano avrebbe dovuto comunicare la decisione di ridurre il costo del Progetto Prioritario RTE-T n. 6 mediante l'eliminazione di una delle due canne della galleria di base e della galleria dell'Orsiera per mancanza di fondi da parte dello Stato italiano; tale parte del progetto era già stata respinta al momento della richiesta del finanziamento all'Unione europea da parte di Italia e Francia nel 2007.

In manifesto contrasto con i principi espressi dalla Convenzione di Århus del 25 giugno 1998 (direttiva 2003/4/CE), i sindaci dei 17 comuni e il presidente della Comunità Montana Valle Susa e Val Sangone, contrari alla realizzazione delle nuova linea ferroviaria, sono stati esclusi dalla riunione, mentre sono stati invitati i sindaci di due comuni non interessati geograficamente dall'opera, ma politicamente vicini al governo italiano.

È la Commissione al corrente dei fatti esposti?

È la Commissione consapevole che la rielaborazione di nuovi progetti preliminari comporterà nuovi ritardi sulla tabella di marcia stabilita dalla Commissione durante la revisione intermedia di ottobre 2010 e che, visti la massiccia e persistente opposizione della popolazione della valle a quest'opera e il mancato accordo tra la maggioranza dei comuni dei territori interessati, l'apertura del cantiere per la realizzazione della galleria geognostica de La Maddalena potrebbe essere realizzata solo militarizzando l'intera zona?

venerdì 29 aprile 2011

Appello della società civile per Luigi de Magistris sindaco di Napoli

“Contro la destra, per una politica nuova”. Appello della società civile per Luigi de Magistris sindaco di Napoli

La battaglia per affermare una nuova politica e una nuova cultura amministrativa a Napoli ha un assoluto rilievo nazionale. Sotto gli occhi dell’opinione pubblica italiana e internazionale, infatti, Napoli sta vivendo in questi anni una gravissima emergenza politica, sociale, economica, ambientale e culturale.

Ma Napoli non è soltanto la terza città d’Italia, è anche la capitale del Mezzogiorno, di quella parte d’Italia abbandonata a sé stessa e cancellata dalle priorità nazionali nell’ultimo quindicennio di confuse riforme istituzionali e di falso federalismo. I tagli dei trasferimenti e la compressione degli investimenti per il Mezzogiorno, le tante promesse tradite, come la soluzione dell’emergenza rifiuti, svelano l’abisso in cui è caduto il governo Berlusconi, caratterizzato dalla propaganda leghista sulla “questione settentrionale”.

È urgente battersi contro questa politica. Non solo per ribadire i fondamentali principi di uguaglianza nei diritti di cittadinanza sull’intero territorio nazionale stabiliti dalla Costituzione, ma anche perché non potrà esserci un reale sviluppo del Paese senza un rilancio del Mezzogiorno. Questa battaglia non può che partire da Napoli. Il Paese ha bisogno di una nuova politica nazionale per Napoli e la Città ha bisogno di una nuova stagione amministrativa per ispirare quella politica. Per questo è necessario impedire che la destra conquisti il governo della Città.

Tuttavia, battere la destra è necessario ma non sufficiente. Nell’ultimo decennio, infatti, le forze del governo locale hanno raccolto istanze che nulla hanno a che vedere con una prospettiva riformistica. Da visione pragmatica, il riformismo si è trasformato in una mera copertura ideologica per nascondere la reale impotenza nell’interpretare i cambiamenti della società e proporre risposte adeguate. Ora occorre che le forze progressiste e democratiche napoletane mettano in campo una profonda innovazione nei programmi, nei metodi di governo e nella cultura amministrativa.

Serve una svolta nella direzione del rigore e della efficienza, della lotta alle clientele, della difesa degli assets pubblici contro le privatizzazioni selvagge, per il rispetto del piano regolatore e il rilancio di una programmazione industriale finalizzata allo sviluppo sostenibile e alla difesa della buona occupazione, per l’energia pulita e contro il ricorso al nucleare, contro gli inceneritori, per la dignità delle periferie, per l’acqua pubblica e la difesa dei ceti deboli minacciati dalla crisi.

Ebbene, noi riteniamo che la candidatura di Luigi de Magistris sia quella maggiormente in grado di ridare voce autorevole ai napoletani nel Paese e impedire la vittoria delle destre in Città. Per queste ragioni, invitiamo tutte e tutti a sostenere la candidatura di Luigi de Magistris sindaco per Napoli.

Primi firmatari:

Dario Fo (premio Nobel per la letteratura) Daniel Cohn-Bendit (ecologista leader del maggio francese) Giorgio Cremaschi (presidente della Fiom) Paolo Flores D'Arcais (filosofo direttore di Micromega) Luciano Gallino (sociologo Università di Torino) don Andrea Gallo (sacerdote) Ferdinando Imposimato (magistrato) Gerardo Marotta (presidente dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici) Citto Maselli (regista) Giorgio Parisi (fisico National Academy of Sciences) Franca Rame (attrice e drammaturga) Ermanno Rea (scrittore) Riccardo Realfonzo (economista Università del Sannio) Paolo Rossi (attore e regista) Gianni Vattimo (filosofo Università di Torino) Dario Vergassola (attore) Enzo Albano (presidente del Tribunale di Torre Annunziata) Nerino Allocati (avvocato lavorista) Andrea Amendola (segretario generale Fiom Napoli-Campania) Vincenzo Argentato (Fiom Napoli) Gianluca Attanasio (campione italiano di nuoto paralimpico) Enzo Avitabile (cantante e compositore) Davide Barba (giurista Università del Molise) Oliviero Beha (giornalista) Rosario Boenzi (architetto) Gianfranco Borrelli (filosofo Università di Napoli "Federico II") Salvatore Borsellino (Movimento delle Agende Rosse) Massimo Brancato (coordinatore nazionale Fiom Mezzogiorno) Alberto Burgio (filosofo Università di Bologna) Antonio Casagrande (attore regista) Sergio Caserta (Associazione per il Rinnovamento della Sinistra) Dario Castaldi (Rsu Fiom Alenia Capodichino) Salvatore Cavallo (Rsu Fiom Ansaldo Trasporti) Domenico Ciruzzi (avvocato penalista) Giancarlo Cosenza (urbanista) Ciro Costabile (produttore artistico) Lilia Costabile (economista Università "Federico II" di Napoli) Ettore Cucari (presidente della Federazione Imprese Viaggi e Turismo) Wanda d'Alessio (giurista Università "Federico II" di Napoli) Riccardo Dalisi (architetto artista) Rosaria De Cicco (attrice) Michele Della Morte (costituzionalista Università del Molise) Giancarlo de Vivo (economista, Università "Federico II" di Napoli) Antonio Di Luca (operaio FIAT Pomigliano) don Vitaliano Della Sala (parroco della Chiesa madre di Mercogliano) Marinella de Nigris (avvocato) Francesco De Notaris (Assise della città di Napoli e del Mezzogiorno d'Italia) Antonella Di Nocera (produttice presidenza nazionale Arci-Ucca) Luciano Ferrara (fotografo) Gigi De Falco (presidente Italia Nostra Campania) Lucia di Pace (linguista Università di Napoli "l'Orientale") Guido Donatone (presidente Italia Nostra sez. "A. Iannello") Eugenio Donise (Associazione per il Rinnovamento della Sinistra) Nino Ferraiuolo (Associazione per il Rinnovamento della Sinistra) Paola Giros (Presidente direttivo Fiom Napoli) Enzo Gragnaniello (cantante e compositore) Giovanni Impastato (Centro Documentazione Antimafia Peppino Impastato) Bruno Jossa (economista Università di Napoli "Federico II") Peppe Lanzetta (attore e scrittore) Lucio Leombruno (avvocato) Ugo Marani (economista presidente Ires-Cgil Campania) Sergio Marotta (giurista Università Suor Orsola Benincasa di Napoli) Maurizio Mascoli (Fiom Campania) Claudio Massari (ispettore editoriale) Loris Mazzetti (giornalista scrittore) Emilio Molinari (Contratto mondiale sull'acqua) Andrea Morniroli (operatore sociale) Salvatore Morra (Rsu Fiom Whirlpool) Enzo Morreale (Comitato Civico di San Giovanni a Teduccio) Walter Palmieri (storico CNR-Istituto di Studi sulle Società del Mediterraneo) Rosario Patalano (economista Università "Federico II" di Napoli) Francesco Percuoco (Rsu Fiom FIAT Pomigliano) Ciro Pesacane (forum ambientalista) Marco Pezzella (filosofo Scuola Normale Superiore di Pisa) Raffaele Porta (biochimico Università "Federico II" di Napoli) Giuliana Quattromini (avvocato lavorista) Giulio Raio (filosofo Università di Napoli l'Orientale) Carla Ravaioli (saggista ambientalista) Diego Risi (Rsu Fiom IBM Napoli) Giorgio Salerno (direttore Istituti di Cultura italiani all'estero) Tommaso Sinigallia (direttore libreria Ubik) Massimo Squillante (matematico Università del Sannio) Carlo Starace (imprenditore) Salvatore Vitagliano (artista).

mercoledì 29 settembre 2010

De Magistris e Vattimo a "Un giorno da pecora"

In diretta da Bruxelles:
Luigi De Magistris dice che Calderoli è un porco, Gianni Vattimo racconta barzellette, Mario Mauro ed Erminia Mazzoni cantano "tanti auguri a te" a Bersani e Berlusconi, Alfredo Pallone non ci svela se è rotondo.

Per riascoltare la puntata: http://ungiornodapecora.blogspot.com/2010/09/seconda-puntata-de-magistris-vattimo.html

lunedì 21 giugno 2010

Bruxelles mette sotto processo il ddl sulle intercettazioni


La Stampa, giovedì 17 giugno 2010
Bruxelles mette sotto processo il ddl
I liberali chiedono alla Ue di prendere posizione: «Indebolita la lotta alla criminalità»
Marco Zatterin
«Dear Presidents, dear Prime Ministers». Comincia con la più classica delle formule di protocollo l'appello del gruppo Liberaldemocratico del Parlamento europeo ai capi di stato e di governo dell`Ue perché accendano un faro sul ddl intercettazioni. Primo firmatario è il capogruppo Guy Verhofstadt, ex premier belga. E' una cartella e mezzo di accuse infiocchettate da garbata retorica. Il senso è che il provvedimento «è sproporzionato, corre il rischio di non essere conforme con gli standard Ue per la libertà di informazione, indebolisce seriamente l'obiettivo della lotta alla criminalità in Italia e in Europa». Fate qualcosa, è il messaggio per tutti i Merkel e Sarkozy d`Europa.
E «fatelo subito!» La protesta scatta alla vigilia del vertice dei leader a dodici stelle che si apre oggi a Bruxelles e scatena una ridda di dichiarazioni fra gli italiani di Strasburgo. Il gruppo liberaldemocratico (Alde, terza forza dell`assemblea), è la componente che accoglie l'Italia dei Valori, da giorni impegnata a studiare un modo per attirare l'attenzione sul processo e convinta che «imbavagliare l`informazione è come armare ancora di più la criminalità che tentiamo di sradicare». «Attaccare un provvedimento ancora all`esame del Parlamento italiano è un tentativo di pesante condizionamento perpetrato ai danni delle istituzioni», risponde piccato il capogruppo Pdl, Mario Mauro.
In realtà i dipietristi avevano in mente qualcosa di più rumoroso. La pasionaria Sonia Alfano e il leader ombra dell'Idv, Luigi De Magistris, risultano aver sondato il terreno per inserire un punto legato alle intercettazioni all'ordine del giorno della sessione europarlamentare iniziatasi lunedì. All'ultimo, hanno frenato. «Potevamo anche farcela - racconta un parlamentare -, ma c'era un rischio alto che la questione non fosse capita, una elevato probabilità di sconfitta. Così sui giornali sarebbero usciti titoloni sul tema "l'Europa dà ragione a Berlusconi"».
L'intenzione, aggiunge la fonte, è ora quella di «lavorarci meglio e attendere la plenaria di luglio, così da coinvolgere anche quella parte dello schieramento popolare che potrebbe accettare di sostenere una proposta di ampio respiro». Cauto sul comportamento da tenere in sede europea anche il capogruppo della delegazione Pd, David Sassoli: «Siamo impegnati dentro e fuori il parlamento italiano in una dura opposizione alla legge e faremo ogni sforzo perchè sia cambiata. Finito l'iter valuteremo la compatibilità con la normativa europea».
Nell'attesa, c'è la lettera dell'Alde (firmata anche da Arlacchi, Rinaldi e Vattimo) e il cantiere di un sito web battente bandiera belga che i dipietristi metteranno a disposizione per pubblicare le intercettazioni fuori dall'Italia. Il testo siglato da Verhofstadt sottolinea che la cosiddetta «legge bavaglio» ha sollevato «forte preoccupazione in Italia e fuori», attirando la problematica attenzione dell'Osce - l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, La quale, a ancora ieri, ha bollato il ddl come «non in ottemperanza ai nostri standard». E chiude con l'invito «ad avviare un'azione europea che assicuri la libertà di informazione e una efficace lotta al crimine organizzato».
Detto che la Commissione Ue si barcamena come il solito («sosteniamo il pluralismo dei media»), resta la protesta degli azzurri Mauro e Iacolino che etichettano l'uscita di Verhofstadt & Co. come «paradossale». Il ddl, affermano, «non contiene alcuna limitazione dei reati per i quali possono essere disposte le intercettazioni; si vuole invece evitare che chiunque possa essere intercettato e finire poi alla gogna mediatica». Lo scontro continua. Appuntamento probabile per luglio a Strasburgo.

venerdì 12 marzo 2010

Fermare l’emigrazione, riprendiamoci la Calabria: incontro a San Giovanni in Fiore

"Fermare l’emigrazione, riprendiamoci la Calabria", incontro pubblico il 13 marzo a San Giovanni in Fiore (Cs) con De Magistris, Callipo, Vattimo ed Emiliano Morrone
I giovani di "Il coraggio della parola" sostengono il progetto politico, dal basso, del giornalista antimafia Emiliano Morrone

"La Voce di Fiore", sabato 13 marzo 2010.

Il prossimo 13 Marzo, nella sala convegni dell’Hotel Dino’s di San Giovanni in Fiore (Cs), si terrà l’incontro pubblico “Fermare l’emigrazione, riprendiamoci la Calabria”, promosso dai giovani del movimento “Il coraggio della parola”, i quali sostengono, autonomamente dai partiti, il giornalista antimafia Emiliano Morrone come candidato indipendente in IdV al consiglio regionale della Calabria, nella circoscrizione elettorale di Cosenza. Interverranno all’iniziativa l’imprenditore Pippo Callipo, candidato alla presidenza della Regione Calabria, il deputato europeo Luigi De Magistris, presidente della Commissione per il controllo dei bilanci in seno al Parlamento UE, il filosofo ed eurodeputato Gianni Vattimo e lo stesso Morrone.
In merito a questo appuntamento, Morrone anticipa: “Con i giovani di ’Il coraggio della parola’, abbiamo voluto dare un segnale forte alla comunità di San Giovanni in Fiore, probabilmente il comune con il più alto tasso di emigrazione e disoccupazione a livello europeo, e all’intera Calabria”.
Morrone aggiunge: ”E’ proprio dalle urgenze dei territori che dobbiamo partire, riconoscendo collettivamente l’esistenza di un rovinoso sistema generale e trasversale di clientele, favori e condizionamento del voto, per cambiare la politica, alimentando il coraggio dell’azione e della svolta radicale”.
Ancora, Morrone dichiara: “La determinazione dei giovani, che comprendono l’importanza di lottare per il futuro della Calabria, la fermezza delle scelte politiche di Callipo, Vattimo e De Magistris e il bisogno diffuso di giustizia, trasparenza e concretezza costituiscono la base fondamentale del nostro progetto politico, che ha l’obiettivo di arginare l’emigrazione, responsabilizzare la società civile, combattere culturalmente la ’ndrangheta, sconfiggere la politica del malaffare che ha devastato e paralizzato la nostra terra”.
Morrone conclude: “Ringrazio profondamente i tanti ragazzi, che, attraverso la rete, mi hanno chiesto d’impegnarmi politicamente ed è soprattutto con loro e per loro che mi spenderò, mai per mio utile, affinché ci siano le condizioni effettive per il lavoro, l’autonomia degl’individui e la possibilità, quindi, di scegliere liberamente da chi farci amministrare, sulla base del curriculum dei singoli, della loro onestà, della loro passione civile, della loro competenza. L’affrancamento dal bisogno e la libertà individuale sono le condizioni essenziali per una legalità reale ed un futuro senza mafie, armate o bianche”.

domenica 21 febbraio 2010

Non voto Bresso nemmeno sotto tortura

Non voto Bresso nemmeno sotto tortura
Il Giornale, 20 febbraio 2010
di Paolo Bracalini

Professor Vattimo, già stufo di Di Pietro?
«Io stimo Di Pietro perché è l’unico di sinistra in Italia, però non posso stare con la banda di trafficanti della Tav che l’Idv sostiene».
Traduco: in Piemonte voterà contro il suo partito, che sostiene la Bresso, famosa pro-Tav.
«Esattamente, farò il voto disgiunto e invito anche gli elettori piemontesi dell’Italia dei valori a fare altrettanto. Ho individuato una candidata al consiglio regionale dell’Idv che mi piace e che voterò, ma non voterò mai la Bresso, nemmeno se mi torturano».
E chi vota?
«Ma, vediamo, il candidato presidente di una lista di sinistra minoritaria per esempio...».
Ci risiamo, non è che ritorna a sinistra?
«Per adesso sono un indipendente dell’Idv e quindi ho anche posizioni divergenti da Di Pietro».
Se fosse in Campania farebbe lo stesso, non voterebbe l’indagato De Luca candidato presidente anche dall’Idv?
«Sì, anche se mi dicono che i reati che gli contestano sono reati, diciamo così, di assistenza politica per gruppi di disoccupati. Insomma c'è reato e reato, bisogna distinguere. Anche Tartaglia, che è indagato per aver tirato la statuetta del Duomo in faccia a Berlusconi...».
Poco grave.
«Se Tartaglia avesse delle altre buone ragioni per essere candidato, se per esempio fosse esperto di acque potabili o di infrastrutture, io non baderei assolutamente al fatto che è indagato».
Fosse per lei lo candiderebbe.
«Ripeto, lo farei se avesse altri titoli oltre ad aver tirato il Duomo in testa al Cavaliere, anche se tutto sommato...».
Anche quello...
«Anche quello mi sembra un merito».
Suvvia, non dirà sul serio.
«Non dico che è un merito politico sufficiente per farne un candidato, ma ecco non potrei dire di essere profondamente addolorato per l’aggressione a Berlusconi...».
Allora sarà anche d’accordo con Genchi che al congresso Idv ha sostenuto che l’aggressione era tutta una montatura organizzata dal premier. Teorie del complotto da siti internet, ma lei è europarlamentare...
«Intanto io mi fido più di Genchi che di altre forme di informazioni. Poi sul caso Tartaglia ho la stessa posizione che ho sempre avuto sull’11 settembre. Cioè come Bush ha sfruttato l’11 settembre a suo favore, anche Berlusconi ha utilizzato straordinariamente bene la vicenda Tartaglia, talmente bene che, conoscendo i miei polli, posso sospettare che lo abbiano organizzato».
Parla come un grillino.
«Non sono grillino, sono un marxista che sta con Di Pietro. Ecco, semmai lui deve stare attento a non diventare troppo amico del Pd, chi lo vota potrebbe cambiare idea. Il test saranno le regionali, se sarà negativo vorrà dire che Di Pietro deve cambiare rotta rispetto ai De Luca».
Non è che sosterrà anche lei la corrente di De Magistris?
«Ma per ora c’è Di Pietro e va bene così, De Magistris mi piace, è anche un bell’uomo, anche se non è il mio tipo e quindi non lo dico per fargli la corte».
Ma non le piacerebbe uno più a sinistra?
«Mi piacerebbe ma non c’è».
C’è Vendola, è anche difensore dei diritti omosessuali.
«Per carità, questi come Vendola e Ferrero si sono suicidati con le loro mani per difendere i poteri delle loro piccole burocrazie. Se qualcuno mi spiega una differenza di visione politica tra Vendola e Ferrero gliene sarò grato, ma non ne vedo nessuna».
Lei si dice marxista, Di Pietro però no, almeno per ora.
«Io sono marxista, leninista e non mi è nemmeno antipatico Stalin, che ci ha salvato da Hitler, più degli Stati Uniti. Di Pietro non lo è? Peccato, però mi fido lo stesso. Gli darei anche le chiavi di casa».

giovedì 18 febbraio 2010

Tav, comunicato stampa di Alfano, De Magistris e Vattimo

Alla luce di quanto accaduto ieri sera in Val di Susa, cioè il ferimento di diversi manifestanti, con conseguenze anche gravi, esprimiamo la nostra vicinanza e solidarietà ai presidianti no-tav”. E’ quanto dichiarano in una nota congiunta i deputati europei dell’IdV Sonia Alfano, Luigi de Magistris e Gianni Vattimo. "I comitati no-tavnon hanno certo l’aspetto delle organizzazioni terroristiche, sonocomposti da persone civili che manifestano in modo sicuramente forte le proprie idee, ma che non hanno mai ecceduto. Non si capisce perquale motivo si continui a far crescere la tensione, con le gravi conseguenze che abbiamo visto ieri. Questi eventi dimostrano una volta di più che lo stato di diritto, nel nostro Paese, è sotto assedio. Berlusconi l’aveva detto nel novembre del 2008, che avrebbero utilizzato la forza per realizzare la TAV, e sta mantenendo la promessa”.

mercoledì 10 febbraio 2010

Vattimo: «Serve un Cln per liberarci di Berlusconi»


Vattimo: «Serve un Cln per liberarci di Berlusconi»
il Piccolo — 10 febbraio 2010
di ROBERTA GIANI
Antonio Di Pietro? «Un leader carismatico ma senza ducismo».
Luigi De Magistris? «Sono un suo adepto».
Gioacchino Genchi? «È un mio amico, e non solo per paura».
I candidati inquisiti? «Non sono tutti uguali. Se sono inquisiti per aver lanciato una statuetta, a mio avviso possono correre».
Gianni Vattimo provoca, disarma, irride. E alla fine, dal suo ufficio di Strasburgo, invoca clemenza: «Non mi faccia querelare, mi raccomando». Ma il grande filosofo, "fiore all’occhiello" della pattuglia di eurodeputati indipendenti dell’Italia dei valori, non scherza sul suo Paese. E nemmeno sul suo futuro: «Ci vuole un Cln per liberarci da Silvio Berlusconi. Sono pronto ad allearmi persino con Pierferdinando Casini».
Professore, ora che l’Italia dei valori si riorganizza, prenderà la tessera?
Non saprei. Sono stato eletto come indipendente ma, facendo parte del comitato nazionale del partito, mi sono sentito di chiedere a Di Pietro se voleva che mi iscrivessi.
Risposta?
«Aspetta».
E lei?
Sono un obbediente.
Tutti parlano della svolta di Di Pietro. Lei avverte: la democratizzazione del partito va bene, ma non deve mettere a rischio il carisma del capo. Che significa?
Di Pietro vuole realizzare la più ampia democrazia interna, e lo capisco. Ma deve evitare di imitare i partiti tradizionali di oggi - una desolazione - perché l’Italia dei valori non può perdere né le sue aperture anarchiche né il carisma del suo capo.
Come si fa a essere partito leaderistico e democratico?
Difficile. È un po’ la quadratura del cerchio ma è una questione cruciale: attiene alla democrazia.
Addirittura?
Ci sono diverse esperienze che ci fanno pensare che la democrazia tende a soffocarsi a causa dei suoi meccanismi eccessivamente complessi.
Il leader ha una sorta di potere salvifico?
Me lo faccia dire con la dovuta cautela, siamo nell’Italia di Berlusconi, ma è abbastanza vero. Molti si precipitano nelle sezioni dell’Italia dei valori perché c’è Di Pietro, mica perché ci sono tessere, correnti, apparati.
Di Pietro, quindi, è un vero leader carismatico?
Lo è fortemente. Ma senza nessun ducismo.
Sicuro?
Un esempio. Si presenta come il contadino di Montenero di Bisaccia non per stupida umiltà, ma perché non pretende di essere il faro della civiltà, come invece Mussolini e Berlusconi.
Il tratto più forte di Di Pietro?
La testardaggine. Non vorrei mai averlo come nemico: dice quello che fa, fa quello che dice, e va sempre sino in fondo.
Nessun dubbio? L’ultimo episodio ”strano” sono le foto con Bruno Contrada...
Le hanno pubblicate per screditarlo, ovvio, è l’ennesima porcata. Ma le spiegazioni di Di Pietro sono state adamantine.
Meglio Di Pietro o De Magistris?
Mi sento vicino a tutti e due. E non saprei chi scegliere se fossero in contrasto.
Sembrano esserlo, in verità.
Non lo sono. Ho persino il sospetto di un gioco delle parti: De Magistris fa il rivoluzionario-movimentista e Di Pietro, in questa fase, il più istituzionale.
Non è che si sta ammorbidendo?
Il giustizialismo e l’antiberlusconismo sono nel suo carattere. La svolta, se vogliamo chiamarla così, è legata al suo senso di responsabilità: non vuole continuare a chiedere ai suoi un impegno per la sola opposizione. E quindi tenta nuove vie politiche. Io stesso, seppur senza entusiasmo, voterò in Piemonte Mercedes Bresso.
In Campania, però, c’è l’inquisito Vincenzo De Luca.
Non conosco bene la sua vicenda e do credito a De Magistris. Ma, al contempo, do atto a Di Pietro di aver sterilizzato la questione: De Luca dovrà dimettersi, se verrà condannato. Io aggiungo: già in primo grado.
Molti, da Travaglio al popolo della rete, protestano. Non è impresa ardua tenere insieme la piazza e il palazzo?
Se non si riesce a farlo, è un guaio. Se si accetta l’impossibilità di tenere insieme piazza e palazzo, ci si deve ritirare dalle istituzioni.
Come si costruisce un’alternativa di governo credibile?
Serve un Comitato di liberazione nazionale. Dobbiamo liberarci da Berlusconi.
Porte aperte all’Udc?
Sono pronto persino a votare Casini, e io so quanto mi è indigesto, purché gli accordi preventivi siano inequivocabili e impediscano ogni possibile azione corruttiva e clientelare.
L’Italia dei valori deve aprire alla sinistra?
Sicuramente. Ben venga Nichi Vendola, tanto per cominciare.
In prospettiva, con il Pd, che rapporti ci devono essere?
Il Pd dovrebbe confluire nell’Italia dei valori, più che l’opposto.
Genchi al congresso. Presenza opportuna?
Lo trovo simpatico e divertente. Sono diventato suo amico, e non solo per paura.
Intercettava anche lei?
Gliel’ho chiesto, mi ha detto di no. Non sono così importante.

martedì 9 febbraio 2010

Meglio il carisma di un capo

Meglio il carisma di un capo

La Stampa, 9 febbraio 2010

Vista dall’interno, o comunque da vicino (io sono un indipendente eletto in Italia dei Valori, non iscritto, almeno per ora), l’alternativa Di Pietro-De Magistris è molto meno marcata di quanto venga fatta apparire sui media. Il partito di Di Pietro è sempre stato più un movimento che un partito; la leadership carismatica del suo presidente lo ha condotto alle affermazioni recenti (fino all’8 per cento alle elezioni europee) e non avrebbe senso rinunciarvi completamente in nome di una “democratizzazione” – tessere, congressi locali e nazionali, mozioni e contro mozioni – tendente a omologarne la struttura a quella – fallimentare – dei partiti tradizionali. Con tutto ciò, sia il nuovo statuto sia la celebrazione del primo congresso nei giorni scorsi erano passi da fare, e Di Pietro ha fatto bene a portarli a termine con caparbia decisione. I tratti del movimento e i “vantaggi” in termini politici che essi assicurano – apertura alla società civile, stretto contatto con le tante aree di cittadini “anti-partito” (Grillo, per esempio), presenza costante nelle piazze – non vanno assolutamente buttati a mare. De Magistris si sente ed è – anche per i suoi risultati elettorali – il rappresentante-custode di questo aspetto movimentista essenziale al partito. Che è anche il suo spirito di sinistra, quello per il quale io, per esempio, mi dichiaro un suo adepto.
La questione della candidatura di De Luca, su cui si è manifestato il dissenso di De Magistris, non è però tale da dar ragione a chi parla di una spaccatura tra i due leader dell’IdV. Non voglio chiamarla un gioco delle parti, perché entrambe le posizioni sono assolutamente sincere; ma dal punto di vista tattico è qualcosa di molto simile.
Il punto però è un altro: accettando anche al prezzo di De Luca l’accordo con il PD alle regionali, Di Pietro sta portando il partito verso le rive desolate e sterili della “cultura di governo” che ha distrutto ogni prospettiva del centro-sinistra? Sia Di Pietro sia, per quanto ne sappiamo, Vendola, sia lo stesso De Magistris sono d’accordo sul fatto che è un rischio da correre. Soprattutto, non aveva senso, alla vigilia delle elezioni regionali, tentare una operazione come quella proposta per la Campania da De Magistris: una formazione che raccogliesse la società civile, movimenti, e i resti di chi ancora guarda a una sinistra vera. Per rimediare ai danni dell’Arcobaleno, non minori di quelli prodotti dalla tattica suicida del PD, ci vuole più tempo; ci si può pensare per il 2013 e proprio facendo perno su una IdV capace di rafforzarsi sia sul fronte della protesta sia su quello della partecipazione costruttiva al lavoro istituzionale, mantenendo cioè la sua fisionomia di movimento e di partito. Decisivi per capire come muoversi, saranno per Di Pietro i risultati delle elezioni regionali, ai quali dipenderà anche il rinnovamento delle dirigenze locali, oggi ancora talvolta infette dal “familismo” che non preoccupa solo Pancho Pardi. Ma in ogni caso, il carisma del “capo” è assai meglio che i finti carismi dei piccoli signori delle tessere di questa o quella periferia. Su questo, alla fin fine, si fonda il carattere esemplare e rinnovatore che Italia dei Valori giustamente rivendica.

Gianni Vattimo

giovedì 21 gennaio 2010

Tav, Europarlamentari Idv: Preoccupa militarizzazione territorio


Tav, Europarlamentari Idv: Preoccupa militarizzazione territorio

Roma, 20 gennaio
"Esprimiamo profonda preoccupazione per la situazione creatasi sul territorio che dovrebbe essere attraversato dalla nuova linea ferroviaria Lione-Torino. E' in atto una militarizzazione che si estende dalla periferia di Torino (Collegno, Grugliasco, Orbassano) verso la Val Sangone e la Valle Susa e dovrebbe consentire a LTF (società incaricata di realizzare l'opera) di realizzare 91 sondaggi geognostici". Lo dichiarano in una nota congiunta gli europarlamentari dell'Italia dei Valori Sonia Alfano, Luigi de Magistris e Gianni Vattimo. "Per l'ennesima volta il governo cerca di imporre le proprie decisioni non tenendo conto della volontà dei cittadini e perpetrando nei loro confronti una sorta di truffa. Difatti - proseguono gli europarlamentari - i finanziamenti dell'UE erano vincolati alla condivisione del progetto da parte delle popolazioni locali. Le comunità del Piemonte, che da anni si oppongono a quest'opera, rischiano in queste ore di essere obbligate al silenzio".