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martedì 16 agosto 2011

Mercati in guerra

L'Espresso, 18 agosto 2011


Mercati in guerra
Anche e soprattutto la democrazia è fondamentalmente competizione: partiti e movimenti competono per ottenere l’approvazione dell’elettorato e così accedere al governo. Il modello è quello della concorrenza tra produttori di beni e servizi, insomma il modello del mercato. La convinzione generale è che quanto più si libera la competizione, tanto più vantaggi ne deriveranno per esempio nella qualità dei prodotti, nell’abbassamento dei prezzi, nella più generale disponibilità di beni. Il paradosso di questo generale liberismo è, come mostra Alessandro Casiccia nel suo ultimo libro, e come molti di noi ormai hanno sperimentato nel corso delle ondate di liberalizzazione (per esempio dei sevizi telefonici, per non parlare della TV) è che la libertà del mercato tende ad autodistruggersi (più o meno come il capitalismo nella profezia di Marx) con la creazione di oligopoli e monopoli. I competitori non hanno interesse a che l’avversario sopravviva, e cioè che la libera competizione prosegua e si sviluppi. L’ideologia della competizione, con la sua contraddizione di base, permea ormai tutta la nostra cultura e l’esistenza quotidiana. Anche i lavoratori sono coinvolti in questa spirale, che Casiccia riassume nell’espressione molto efficace di "Intimidazione e assillo". Le vicende recenti di contratti come quello della Fiat di Pomigliano ne sono esempi eloquenti. Se sia possibile una uscita dalla società competitiva verso un recupero di qualità umana della convivenza, è una domanda che il libro lascia aperta, e non solo per la nostra riflessione teorica.
Gianni Vattimo

Alessandro Casiccia,
I paradossi della società competitiva, con introduzione di L. Gallino, Mimesis, pp. 116, euro 14.

venerdì 11 febbraio 2011

Da Marchionne ad Aristotele, la lezione di Gianni Vattimo


Da Marchionne ad Aristotele la lezione di Gianni Vattimo

Se un filosofo pretende di dirvi come stanno le cose mandatelo al diavolo.

La Repubblica - Parma, 11 febbraio 2011 (di Alessandro Trentadue)

Fotografie

“Un filosofo pretende di dirvi come stanno le cose? Mandatelo al diavolo”. L’invito – diretto e garbatamente irriverente – arriva da Gianni Vattimo. Lui, tra i più illustri e originali filosofi contemporanei, non risparmia quei colleghi e rivali di pensiero che si affidano a un’oggettività stabilita, e credono che le cose siano così come siamo abituati a vederle. Per Vattimo invece la filosofia non deve avere rispetto per l’Essere – cio che è – e la realtà che ci circonda. Anzi, il vero filosofo deve protestare contro l’oggettività stabilita: deve cambiare l’ordine delle cose, progettarne uno diverso. Da buon rivoluzionario del pensiero, con toni pacati e l’aria sorniona di chi argomenta sempre con ironia, Vattimo continua a difendere il suo amato esistenzialismo, dove esistere significa rivoltarsi all’ordine costituito delle cose, che non devono per forza essere – come invece sostengono quelli da mandare al diavolo – così come noi le vediamo.
Questo il tema portante di “Filosofia ed esistenza”, la lezione che Vattimo ha tenuto ieri alla Casa della Musica, inaugurando il ciclo di incontri filosofici “Pensare la vita”, progetto nato con la scommessa di stimolare in tutti – indipendentemente dal livello culturale di ciascuno – il gusto per la riflessione filosofica. Una scommessa che parte bene, vista l’affluenza al seminario di Vattimo: sala piena, più di 150 persone dentro e altrettante rimaste fuori perché sono finiti i posti a disposizione. Arrabbiate se ne vanno senza prenderla con filosofia. Dovrebbero, in realtà, perché la filosofia è un modo per non prendere troppo sul serio quello che accade sempre. Lo dice il filosofo dietro le quinte, e dopo un attimo sale in cattedra.

NATURALMENTE NO - Innanzitutto, cosa vuol dire esistere? Quesito filosofico per eccellenza. “Esistere – sostiene Vattimo – non significa affatto stare lì naturalmente”. L’esistenza è tutt’altro che adagiarsi in ciò che è dato. Sostenitore dell’esistenzialismo, Vattimo si oppone al principio fondante del naturalismo filosofico per cui, invece, noi dobbiamo accettare che le cose stanno così naturalmente, e comportarci di conseguenza.
In realtà, secondo il filosofo, molte delle cose che crediamo “naturali” per noi, non lo sono affatto per un’altra cultura o un altro paese. Ancora, più radicalmente, non lo sono nemmeno per noi in alcune circostanze. Se diciamo per esempio: “È naturale che se ho una pistola in mano io non sparo per tutte le implicazioni giuridiche e morali che il mio gesto può generare”, in una situazione in cui invece ci ritroviamo minacciati o in pericolo di vita, arriveremmo anche a usarla quella pistola.
Quindi non esiste nulla di naturale, di dato per ciò che è. L’esistenza è cambiamento, continuo progettarsi che l’individuo mette in atto a seconda delle condizioni in cui si trova. “Esistere è proprio l’opposto di stare lì naturalmente – insiste il filosofo – è piuttosto cambiare le realtà. Il vero filosofo deve protestare contro ciò che è: deve modificare l’ordine delle cose, progettarlo diversamente”.

ARISTOTELE E MARCHIONNE - Non è un caso, infatti, che l’esistenzialismo filosofico si sviluppi nei primi del ‘900, pari passo con l’impronta del sistema capitalistico-industriale marchiato Ford e Fiat (“ora meglio chiamarla Chrysler”, ammicca Vattimo). Due poteri forti che hanno stabilito un ordine oggettivo attraverso il modello del mondo basato sulla catena di montaggio. Un ordine costituito delle cose contro cui si è rivoltata l’intera intellighenzia umanistica. Dalla letteratura alla miriade di avanguardie artistiche – dadaismo, surrealismo, espressionismo, futurismo – nate proprio per opporsi all’oggettività costruita dai poteri forti, e ricercare altre forme per esprimersi e rappresentare il mondo senza limitarsi a guardarlo.

Perché, secondo la visione del filosofo, l’oggettività non è data dai fatti ma dall’interpretazione. La realtà non è ciò che appare davanti a noi, bensì la costruzione attiva del mondo che noi facciamo attraverso l’interpretazione. Ecco allora che Vattimo mette da parte il pensiero statico di Aristotele basato sulla distinzione tra fisica (il sapere di ciò che cambia) e metafisica (il sapere di ciò che non cambia), e prende invece come modello le tre domande fondamentali della filosofia poste da Kant: “cosa posso sapere?”, “cosa devo fare?”, e “cosa posso sperare?”. Sono quesiti più attinenti a quello che ci interessa come esseri esistenti capaci di provare sensazioni quali paura, rabbia e amore. “Se invece ci basassimo solo sulla distinzione aristotelica – sostiene il filosofo – l’esperienza di ciascuno di noi sarebbe insensata, e ci porterebbe a far parte del sistema oggettivo già determinato, senza possibilità di cambiarlo”. Insomma, saremmo tanti esseri “marchionnici”.

“IO STO CON I DEBOLI” - Il non accettare che l’Essere – ciò che è – sia un ordine di cose oggettivo e unico dato una volta per tutte, ma venga invece determinato dall’esperienza e dall’interpretazione di ognuno di noi prende il nome di “pensiero debole”, concetto introdotto in filosofia dallo stesso Vattimo. All’opposto, la metafisica di Aristotele – ovvero la conoscenza dell’Essere che non cambia – rappresenta il principio perfetto per chi vuole dominare: è la filosofia dei vincitori, dei forti. Mentre il pensiero dei deboli è quello della rivolta, dell’antitesi, di chi cerca di modificare l’ordine costituito delle cose. “Per questo io sto con i deboli – conclude Vattimo – perché li sento più vicini. E non perché detengono la Ragione o la Verità, ma perché sono come me: mi commuovono e mi entusiasmano più dei forti. Sto con i perdenti, insomma, e non con quel ‘Cavalier gaudente’ che ormai ha le orge contate”.

venerdì 14 gennaio 2011

Torino, la Fiat, gli operai... Se gli intellettuali escono dal sonno

Un articolo apparso oggi su L'Unità, a commento delle prese di posizione di alcuni intellettuali contro l'accordo proposto da Marchionne; ne riporto qui unicamente la prima parte, con intervista al sottoscritto.

Torino, la Fiat, gli operai...
Se gli intellettuali escono dal sonno


All’ingresso della Sala Valdese di corso Vittorio Emanuele avanza solitaria ed elegante la figura di Gianni Vattimo, filosofo temerario capace di studiare con Hans-Georg Gadamer e Luigi Pareyson e di attraversare con leggerezza ma senza rinunciare allo scontro e alla polemica la politica italiana, dai radicali al pd, fermandosi, per ora, ad Antonio Di Pietro.

Caro professore, come la mettiamo con gli intellettuali, Torino e la Fiat? Cosa avete combinato? «Non va così male, come si potrebbe pensare perchè quelli che hanno ancora la forza di parlare qualche cosa giusta l’hanno detta, si sono schierati per il no all’accordo di Mirafiori, hanno difeso i diritti degli operai. Il mio rammarico è la politica, quella dei partiti e degli amministratori, e anche il sindacato. Dopo la vittoria del sì cosa facciamo, che lotte pensa di mettere in campo la Cgil? Il diritto di sciopero è un diritto individuale sancito dalla Costituzione, possiamo iniziare da qui, ma dobbiamo pensare ad autorganizzarci, a trovare nuovi sbocchi». Ci sono i partiti per questo? «Ma quali partiti vuol trovare... Il sindaco Chiamparino e il suo possibile successore Fassino si sono schierati apertamente con Marchionne, comprende il disastro in cui viviamo? Non siamo qui per divertirci».

Annozero, un resoconto


Interessante (e di parte) resoconto della puntata di Annozero di ieri apparso oggi su Il sussidiario.net. Riporto fedelmente dall'articolo di Gianluigi Da Rold:

ANNOZERO - Legittimo impedimento, ridimensionato dalla Corte Costituzionale, e referendum alla Fiat vengono mescolati insieme nella trasmissione, confusa e tumultuosa, di "Annozero" sotto la consueta regia di Michele Santoro. Sembrano, ma in effetti lo sono, due fatti determinanti per l'agenda politica italiana, quasi epocali per il futuro del Paese.

Sul palco televisivo ci sono protagonisti della politica e dei media che battibeccano in politichese e sindacalese. Il protagonista della contestazione è il filosofo Gianni Vattimo, che parte con un secco "analfabeta" al vicedirettore de "Il Giornale" Nicola Porro.

Vattimo sventola un foglio dove c'è la proposta di accordo che prevederebbe, a suo parere, una grave lesione del diritto di sciopero. Persino il giusvalorista Ichino si era schierato con la tesi di Porro, ma subito il filosofo Vattimo, il teorico del "pensiero debole", lo aveva interrotto dicendo: "Ma lei l'ha letto l'accordo?". In collegamento da Torino, il segretario della Fiom, Landini, ovviamente fa un coro forte alle tesi di Vattimo.

Difficile stabilire un dialogo o solamente un dibattito pacato e comprensibile, partendo dalle condizioni di fatto del nuovo mercato globale dell'auto. L'obiettivo, nemmeno tanto celato di Santoro, è quello di mettere sullo stesse piano sia Marchionne, l'orco della Fiat, sia Berlusconi, l'orco per antonomasia della cosiddetta "transizione italiana" , cioè dei nemici da battere e da sconfiggere. Nella linea editoriale di "Annozero" non si risparmiano neppure i dissidenti del Partito democratico, come Fassino ("Voterei sì") e come il sindaco di Torino, Chiamparino.

Al proposito diventa quasi edificante il consueto editoriale di Marco Travaglio. Il sedicente allievo di Indro Montanelli attacca quasi più Marchionne di Berlusconi, naturalmente mettendoli però sullo stesso piano e dalla stessa parte, due antidemocratici che sono "bravissimi a parlare d'altro". Non c'è alcun dubbio che la redazione di "Annozero", con le sua star in testa voterebbero volentieri per il "no".

La trasmissione è quasi uno "spottone" per il "no" propagandato dalla Fiom.

L'inviato di "Annozero" a Torino mette in dubbio anche la validità del piano industriale della Fiat, mentre Travaglio, dallo studio romano, fa i conti in tasca a Marchione, i suoi guadagni e le sue stock-option azionarie.

L'inviato di "Annozero" si mette anche a contestare il rappresentante dei metalmeccanici della Cisl. In soccorso di "Annozero" e della Fiom arriva ovviamente il vicedirettore di "laRepubblica" Massimo Giannini, che attacca Berlusconi perché non si sarebbe mai occupato della Fiat, quindi di fatto proponendo un intervento statale o comunque governativo su un'azienda privata.

In realtà il segretario della Fiom, Landini, è più coerente e obiettivo invocando un intervento pubblico, smascherando di fatto i liberali di maniera e quindi di convenienza occasionale.

Gioco facile a questo punto per un rappresentante della maggioranza di governo come Gasparri, che spiega: "ma come ci siamo lamentati per anni che lo Stato dava soldi alla Fiat e adesso ci lamentiamo che non li dà?".

Ma non potevano mancare, dopo l'intervento di Gasparri, le testimonianze, scelte a caso, di due studenti de "La Sapienza", che hanno aderito, non si sa bene a quale titolo, all'iniziativa della Fiom e saranno presenti allo stabilimento Fiat di Cassino.

La coda della trasmissione è rappresentata da due altri interventi politici, un'intervista a Casini e una a Bersani sul futuro del governo. Scontate e noiose.

giovedì 13 gennaio 2011

Stasera, ad Annozero


Tutti uguali? In onda giovedì 13 gennaio



Giovedì 13 Gennaio il Paese affronta due questioni cruciali per il suo futuro politico e sociale: il referendum sull’accordo Fiat-Mirafiori e la sentenza sul legittimo impedimento. Cosa accadrà quando saranno resi noti i risultati del referendum e la decisione della Corte Costituzionale?

Ospiti in studio: Maurizio Gasparri del PdL, Pietro Ichino del PD, Gianni Vattimo dell’IdV e i giornalisti Massimo Giannini, vicedirettore di Repubblica, e Nicola Porro, vicedirettore del Giornale

Vattimo: "Non potrà che aumentare la conflittualità sociale"


Riprendo qui un articolo appena pubblicato sul convegno odierno del sindacato di base Usb.

Vattimo: “Non potrà che aumentare la conflittualità sociale”


Al convegno organizzato oggi dal sindacato di base Usb, per discutere dei punti fondamentali dell’accordo proposto da Sergio Marchionne, ha partecipato come relatore anche Gianni Vattimo, parlamentare europeo, docente presso l’Università di Torino e filosofo. Domani, intanto, è confermato l’inizio delle votazioni fino alle 22 di venerdì. A margine del proprio intervento ha spiegato: «Temo che il sì vincerà nel referendum, perché i lavoratori sono ricattati e in questo caso chi “ha famiglia” penserà giustamente alla sopravvivenza».

Per Vattimo però si pone un problema successivo, perché dopo il referendum bisognerà decidere che cosa fare, stando anche all’accordo che impone ai sindacati di mantenere l’ordine evitando contrasti con le regole aziendali. «Di questo passo non potrà che aumentare la conflittualità sociale ed è bene che la Cgil si dia una mossa e faccia scioperi selvaggi. Non c’è più tempo, già lo sciopero del 28, in caso di vittoria del sì, sarà in contrasto con l’accordo. Che succederà? Gli operai che sciopereranno verranno puniti o licenziati? Sarà già in vigore il nuovo contratto?». Il professore parla di un problema istituzionale, dovuto anche all’assordante silenzio del Governo e degli altri enti pubblici. «Non ho nessun rispetto per le istituzioni che non funzionano e non fanno gli interessi dei cittadini – attacca – e nemmeno il Parlamento europeo ci prende in considerazione. L’Italia sta diventando una colonia marginale del capitalismo occidentale. Si fanno andar bene Berlusconi perché manda a morire i militari in Afghanistan al posto degli altri. Gli Usa, ad esempio, stanno sostituendo le loro truppe coi mercenari».

Poi è tornato sulla situazione interna del nostro paese: «Aprire un nuovo fronte di scontro sociale, come ad esempio la questione Fiat e del lavoro in generale, è una strategia. Mi chiedo se Marchionne possa prendere soldi pubblici e investire all’estero se gli va, ma può davvero disporre di questi capitali come gli pare e piace? Stando così le cose, siamo un paese senza futuro. O ci svegliamo adesso, o restiamo ai comodi del sistema capitalistico. Non facciamoci abbindolare come i partiti di sinistra, con l’illusione di una globalizzazione che non è altro che una presa per i fondelli per lo sfruttamento dei poveri».

Paolo Morelli – paolo.morelli@piemonteinformato.it

http://www.piemonteinformato.it/2011/01/12/gianni-vattimo-%E2%80%9Cnon-potra-che-aumentare-la-conflittualita-sociale%E2%80%9D/

venerdì 7 gennaio 2011

Vattimo: «Una sinistra vera non difenderebbe Marchionne»

Vattimo: «Una sinistra vera non difenderebbe Marchionne»
Il secolo XIX.it, 7 gennaio
di Ilario Lombardo

L’intellighenzia italiana, come si diceva una volta, “scende in carta” accanto agli operai Fiom. Era da tempo che non si vedeva un così alto numero di teste con la t maiuscola (letterati, sociologi, filosofi…) scaricare tutta la propria indignazione in appelli, manifesti, raccolta firme. Usciti uno dopo l’altro contro il diktat di Marchionne e per non lasciare soli i metalmeccanici della Cgil. Gli ultimi due sono opera di Micromega e di un gruppo di 19 intellettuali torinesi. In entrambi in coda all’elenco alfabetico si trova la firma di Gianni Vattimo, filosofo ed europarlamentare.

Professor Vattimo, un pensatore come lei, torinese tra l’altro, ci deve spiegare le ragioni del no a Marchionne…

«A Torino sentiamo molto quello che sta accadendo a Mirafiori. Non è solo la questione Fiat, è come se percepissimo che si tratta del primo passo nella graduale imposizione di una diversa disciplina del lavoro. Noi, democraticamente, non ce lo auguriamo».

Ma scusi, il referendum tra gli operai non è uno strumento democratico adeguato?

«Ma no, ma come si fa a pensarlo? L’idea che questi poveretti siano chiamati a votare sotto ricatto è una mostruosità. O votano come e quanto vuole Marchionne o perdono il lavoro. È un paradosso».

A Pomigliano non ha stravinto il sì, eppure i 700 milioni promessi ci saranno…

«Qui è diverso, anche perché non chiariscono cosa faranno a Mirafiori. Parlano di gipponi in stile americano che in Italia non riusciamo a vendere. Costruiranno i motori e li rispediranno negli Stati Uniti? Mah. A me viene il sospetto che il proposito sia di andarsene via. L’essenziale ora è capire perché si deve fare un referendum se deve finire come vuole il padrone. E poi, l’altra questione assurda è sulla mancata rappresentatività di Fiom, perché non ha firmato gli accordi».

Non lo prevede lo Statuto dei lavoratori?

«Lo si applicasse integralmente allora. Molto norme sono state violate. Si andrà al referendum senza una campagna precedente adeguata. Con le fabbriche chiuse e gli operai in cassa integrazione».

Marchionne vuole rendere più competitive e governabili le fabbriche. Dal suo punto di vista non ha ragione?

«Io credo che Marchionne sia il giusto manager per questo sistema capitalistico predatorio. Solo che non capisco perché non si parla anche dei salari italiani. Nonostante siano i più bassi in Europa la Fiat perde quote di mercato. Allora, penso, non sarà solo la disciplina del lavoro il problema della produttività. Servono investimenti, innovazione, tecnologia. Invece Fiat vuole spendere meno tagliando i diritti e le pause ai lavoratori».

Cosa pensa del comportamento del Pd? I suoi concittadini Chiamparino e Fassino hanno detto che voterebbero sì al referendum…

«Il problema della sinistra italiana c’è da quando si è messa in testa che solo il capitalismo ci avrebbe potuto salvare. È diventata una specie di sindacato americano, che deve garantire disciplina al capitale sociale. Il Pd è allo sfacelo. I dirigenti sentono di voler essere sinistra di governo e devono identificarsi con quel mondo. Ma, mi chiedo, perché votare l’imitazione se c’è l’originale? Una sinistra seria dovrebbe intensificare il conflitto sociale a tutti i livelli, per mettere un freno a questa logica della competitività e per spiegare a Marchionne che in Italia ci sono delle leggi e bisognerebbe rispettarle».

giovedì 6 gennaio 2011

Vattimo a "La Zanzara", Radio 24

Arrivano nel pomeriggio le anticipazioni di un nuovo show del premier Berlusconi contro i comunisti che vorrebbero eliminarlo. Il professore Gianni Vattimo, europarlamentare, dice di essere orgogliosamente comunista, anti Marchionne e pro Lula.

"Carla Bruni è una bugiarda spudorata, adesso basta, mi sono stufato". Così Bruno Berardi, presidente del'associazione Domus Civitas, interviene dopo la smentita della Bruni di oggi all'Ansa in merito al suo presunto intervento su Lula in favore di Cesare Battisti. Berardi ci regala anche un'esilarante racconto del suo incontro con la Première Dame all'Eliseo.

mercoledì 5 gennaio 2011

"Ostentata prepotenza Fiat". L'appello di 19 intellettuali


"Ostentata prepotenza Fiat"
l'appello di 19 intellettuali

Un gruppo di docenti universitari denuncia in un appello pro Fiom "il carattere ricattatorio di Marchionne". Tra i firmatari: Revelli, D'Orsi, Vattimo e Cottino

Di fronte all’ostentata dimostrazione di prepotenza offerta in questi giorni dalla Fiat e di fronte ai contenuti dell’accordo da essa imposto per lo stabilimento di Mirafiori, riteniamo di non poter tacere.

Non può essere taciuto il carattere esplicitamente ricattatorio, da vero e proprio Diktat, che pone i lavoratori, già duramente provati dalla crisi e dalla cassa integrazione, con salari tra i più bassi d’Europa, nella condizione di dover scegliere tra la messa a rischio del proprio posto e la rinuncia a una parte significativa dei propri diritti; tra la sopravvivenza e la difesa di condizioni umane di lavoro; tra il mantenimento del proprio reddito e la conservazione della propria dignità. E’ un’alternativa inaccettabile in una società che pretenda di rimanere civile e in un Paese che voglia continuare a definirsi democratico.

Non può essere taciuto, d’altra parte, lo strappo – un vero e proprio scardinamento – che tale accordo introdurrebbe nell’intero sistema delle relazioni industriali in Italia, la sua aperta contraddizione con ampia parte del dettato costituzionale, a cominciare da quell’articolo 1 che proclama la nostra democrazia repubblicana “fondata sul lavoro” – cioè sul ruolo centrale del lavoro e della persona del lavoratore.

Non può essere taciuta, infine, l’assoluta gravità della scelta FIAT di risolvere il proprio rapporto con la Confindustria, al fine di liberarsi dai vincoli stabiliti in sede di contrattazione nazionale, e di porre in essere un’odiosa forma di discriminazione sindacale in quella delicata e cruciale sfera che è costituita dalla rappresentanza nei luoghi di lavoro. L’esclusione della FIOM, l’organizzazione sindacale maggioritaria tra i lavoratori metalmeccanici torinesi, dagli organismi rappresentativi di fabbrica costituirebbe un’inaccettabile discriminazione, una prova di pesante arroganza aziendale e di preoccupante cecità imprenditoriale, a nostro parere intollerabili.

Pur consapevoli della drammaticità delle scelte individuali, di chi è posto dinanzi a un brutale aut aut, e rispettosi di esse, esprimiamo il nostro sostegno e solidarietà a chi non ha rinunciato a difendere i diritti e le libertà conquistate a prezzo di duri sacrifici.

Maria Vittoria Ballestrero
Michelangelo Bovero
Piera Campanella
Alessandro Casiccia
Amedeo Cottino
Gastone Cottino
Bruno Contini
Giovanni De Luna
Lucia Delogu
Mario Dogliani
Angelo D’Orsi
Angela Fedi
Riccardo Guastini
Ugo Mattei
Ernesto Muggia
Marco Revelli
Marcella Sarale
Giuseppe Sergi
Gianni Vattimo

lunedì 3 gennaio 2011

La campagna di Micromega a sostegno della Fiom

Riporto qui il post di Carmine Saviano sul suo blog (Repubblica) "Movimenti", che dà notizia della campagna di Micromega a sostegno della Fiom e del suo rifiuto di firmare l'accordo marchionnesco.

Una civile indignazione. Restituire centralità politica al lavoro. Riportarlo in cima all’agenda politica. Si moltiplicano gli appelli per sostenere la battaglia della Fiom contro “i diktat di Marchionne”. Da domani parte la campagna di Micromega “Si ai diritti, no ai ricatti. La società civile con la Fiom”. Tre le prime adesioni: Camilleri, Flores D’Arcais, Margherita Hack. Ed è già in rete il manifesto di “Lavoro e Libertà”, la nuova associazione costituita, tra gli altri, da Stefano Rodotà, Luciano Gallino, Fausto Bertinotti, Sergio Cofferati, Rossana Rossanda e Aldo Tortorella. Il punto di partenza e gli obiettivi sono comuni: una civile indignazione per sostenere il sindacato dei metalmeccanici.

L’appello di Micromega. L’accordo proposto dalla Fiat “contiene una clausola inaudita, che nemmeno negli anni dei reparti-confino di Valletta era stata mai immaginata: la cancellazione dei sindacati che non firmano l’accordo, l’impossibilità che abbiano una rappresentanza aziendale, la loro abrogazione di fatto”. Una clausola che presuppone “l’annientamento di un diritto costituzionale inalienabile”. E l’appello di Micromega ha già raccolto tante adesioni. Tra queste: don Andrea Gallo, Antonio Tabucchi, Dario Fo, Gino Strada, Franca Rame, Luciano Gallino, Fiorella Mannoia, Ascanio Celestini, Moni Ovadia, Lorenza Carlassarre, Sergio Staino, Gianni Vattimo, Furio Colombo, Marco Revelli, Piergiorgio Odifreddi, Massimo Carlotto, Valerio Magrelli, Valeria Parrella, Lidia Ravera e Alberto Asor Rosa.

Lavoro e Libertà. E’ possibile sottoscrivere l’appello di Lavoro e Libertà sul sito di Articolo 21. Tra le critiche espresse al sistema Marchionne: la riduzione del grado di democraticità del mondo del lavoro, il mancato rafforzamento di meccanismi pubblici in grado di fare da contrappeso alle scelte operate nel campo economico, il prevalere di interessi di parte – quelli delle aziende – sui diritti dei lavoratori. “Siamo stupefatti, ancor prima che indignati, dal fatto che non si eserciti, con rilevanti eccezioni quali la manifestazione del 16 ottobre, una assunzione di responsabilità che coinvolga il numero più alto possibile di forze sociali, politiche e culturali per combattere, fermare e rovesciare questa deriva autoritaria”. Poi la domanda: “Come è possibile che di fronte alla distruzione sistematica di un secolo di conquiste di civiltà sui temi del lavoro non vi sia una risposta all’altezza della sfida?”.

martedì 19 maggio 2009

A Mirafiori Di Pietro scopre la lotta di classe

(da La Stampa, 19 maggio 2009; di Jacopo Iacoboni)

«Sempre coi deboli». Vattimo: mi ha dato retta

TORINO. Più che un sobillatore, col megafono in mano sembra il poliziotto che fu. Eppure. Dal microfono al megafono, dal ceto medio riflessivo agli operai, dal Salone del libro a Mirafiori: Di Pietro prova a papparseli uno a uno, i luoghi della sinistra. Sul semaforo davanti alla leggendaria porta 2 sta un manifesto titolato «Rivoluzione comunista. Ogni proletariato che avanza indica la strada agli operai degli altri paesi». Non è andata esattamente così, finora. E i muri sono tappezzati di santini elettorali. Dell’Italia dei Valori. Alle 13,59, quando Tonino avvista i primi operai che escono dalle carrozzerie Mirafiori - dov’è arrivato in moto - si toglie la giacca, resta con un bizzarro camiciotto a maniche corte, imbraccia il megafono e inneggia alla lotta di classe: «Operaie, operai, sono un ex magistrato che nella sua vita è sempre stato dalla parte dei più deboli. Per questo sono venuto qui, tra i lavoratori della Fiat. Siamo orgogliosi di quello che la Fiat sta facendo nel mondo, ma non sposti altrove il lavoro, non chiuda le fabbriche, apra una trattativa con i lavoratori italiani.

Vogliamo sapere che piano industriale c’è, sennò rischiamo una fregatura. Voi tenete duro». E sull’aggressione a Gianni Rinaldini, il capo della Fiom: «Certo siamo contro ogni violenza, ma adesso sta’ a vedere che la colpa è della povera gente che è arrabbiata?!». Più defilato, poco prima, aveva ripetuto «questo governo fascista! razzista! piduista! sta creando nuove fratture sociali, si apre una nuova lotta di classe». C’è chi lo guarda basito, alcuni lo sfuggono, uno solo gli impreca contro («vi fate vedere solo per pescare voti...»); ma dei millecinquecento operai delle carrozzerie che escono dal turno cominciato alle 5,40 del mattino sono numerosi quelli che gli vanno a stringere la mano. Soprattutto le operaie di mezza età. Spunta Biagio Zinni, quarant’anni in verniciatura, di Vasto, «Tonino, siamo quasi compaesani, ti voto di sicuro».

Arriva l’operaia di secondo livello Paola Fedele, lo bacia, «ma che bell’uomo neh!», e assieme a tre amiche giura «sì, la sinistra ci ha dimenticato, lui però deve promettere di venire qui anche dopo le elezioni». Si avvicina al nuovo kompagno Barbara Tibaldi, delegata Fiom a Mirafiori, e fa: «Mi chiede come andrà qui? Glielo dico io, a Mirafiori l’Italia dei valori fa cappotto». Accanto, Maurizio Zipponi, che Di Pietro ha anche candidato, annuisce. Esagerano, naturalmente. Ma voti ne prende, l’Italia dei valori, anche qui, perché nella cattedrale della classe operaia, mai andata in paradiso ma mai definitivamente persuasa dall’opzione antipolitica dell’astensione, non andare alle urne è considerato ancora un crimine, una scelta piccolo borghese. Deiana, 35 anni, operaia di terzo livello, si ferma per dieci minuti e spiega a Tonino per filo e per segno cosa dovrà dire a Porta a porta in serata.

«Guarda, il problema è che chiudono una linea su tre, aumentano la produttività delle altre due, così pagando poco di più di straordinari risparmiano i soldi della cassa integrazione, sborsati dallo Stato». Tonino ascolta, fa cenno di sì con la testa. Lei: «Mia madre, che ha sempre votato Pd, oggi vota lui. Mio padre credo resti, a fatica, su Rifondazione. Io... non so. Un pensierino ce lo faccio. Almeno ha i toni di uno che protesta». Il punto è chi gli ha ficcato in testa quest’idea - e i toni - della lotta di classe? La risposta ha la cravatta rossa. Accaldato, affaticato, divertito, però, s’aggira il professor Gianni Vattimo, camicia a quadrettini e giacchino annodato in vita; sta facendo campagna elettorale con la medesima acribia destinata, bei tempi, a Martin Heidegger.

«Eh eh eh - se la ghigna - diciamo che gli ho suggerito di dire qualcosina sul conflitto sociale... Ma io... e non solo io». Il fatto è che Tonino l’ha ascoltato. Gli scappa persino un «salario garantito» (formula d’altri tempi); parla di «tenere duro»; teorizza sulla città operaia: «Torino è la città che per prima rende evidente una differenza di classe e una questione operaia». Avrà mica letto «Classe operaia», la vecchia rivista di Mario Tronti? No, a tanto non si spinge. Ma qui ormai può succedere di tutto.

sabato 16 maggio 2009

FIAT: VATTIMO (IDV), NON PUÒ FAR PAGARE SUA ESPANSIONE A ITALIA


Roma, 16 mag. (Adnkronos) - "La crisi c'è. Gli operai, i lavoratori impiegati, i commercianti la sentono e questo governo fa orecchie da mercante. Non bastano le battute di spirito di Berlusconi sulle veline per fare scomparire la crisi. Serve maggiore attenzione e sensibilità. A maggior ragione ora che la Fiat ha un ruolo di primo piano negli Usa non può far pagare il conto della propria espansione di utili proprio all'Italia". Lo afferma Gianni Vattimo, candidato alle europee per l'Italia dei Valori, che ha partecipato al corteo di Torino.
(foto: La Stampa)