Visualizzazione post con etichetta Chiesa. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Chiesa. Mostra tutti i post

martedì 18 giugno 2013

“La Chiesa dovrebbe superare le ipocrisie sulla sessualità”

Breve intervista a Gianni Vattimo, a cura di Marco Neirotti
in La Stampa del 13 giugno 2013

                                                                                         Fonte: godandpoliticsuk.org

Il filosofo Gianni Vattimo, parlamentare europeo eletto con l’Italia dei Valori, guarda con attenzione e su diversi piani la frase di Papa Francesco sulla «lobby gay». Sono in realtà poche parole, dette durante un’udienza privata e appaiono più che altro conferma di una voce diffusa e giunta concretamente fino a lui.

mercoledì 10 aprile 2013

L'Italia laica fa sentire la sua voce



A Reggio Emilia tutto pronto per le “Giornate della Laicità“, la manifestazione d’approfondimento culturale in programma dal 19 al 21 aprile 2013.

Un momento di discussione ed elaborazione del pensiero e dei concetti di democrazia e cittadinanza libera, organizzato da Iniziativa Laica in collaborazione con Arci Reggio Emilia, Politeia – Centro per la ricerca e la formazione in politica ed etica e Fondazione Critica Liberale. Dopo il successo delle precedenti edizioni, il Festival quest’anno sarà incentrato sul tema “Diritti al futuro – Un’Italia laica sarebbe certamente migliore”, e articolato in 16 incontri che vedranno la partecipazione di alcuni tra i più importanti pensatori del nostro paese, esponenti del mondo culturale, filosofico e scientifico, laico e religioso: tra questi, Stefano Rodotà, Enzo Marzo, Chiara Saraceno, Curzio Maltese, Eugenio Lecaldano, Marilisa D’Amico, Silvia Finzi, Carlo Alberto Redi, Simona Argentieri, Patrizia Borsellino, Gianni Vattimo e molti altri ancora.

lunedì 25 marzo 2013

Il futuro della religione

In questi giorni post-conclave, nell'ambito del dibattito sul futuro della religione, vi ripropongo qui di seguito il mio intervento su tale argomento al Festival della Filosofia di Torino del 2007. 


 

Per vedere il video dell'intervista clicca qui (UniNettuno.tv)


Il futuro della religione di R. Rorty, G. Vattimo, S. Zabala (Garzanti, 2005)

domenica 24 marzo 2013

"La teologia del quotidiano è l'unica possibile"


Intervista a Gianni Vattimo, La Nacion

Para la version en español, clique aquì

Jorge Mario Bergoglio, Papa Francesco

Durante la sua visita in Argentina dell’anno scorso ci aveva spiegato che, secondo lei, una speranza di cambiamento andrebbe cercata in America Latina. L’elezione al soglio pontificio dell’Arcivescovo di Buenos Aires, Cardinale Jorge Bergoglio, successore di Benedetto XVI con il nome di Francesco, va in questa direzione?
Penso di sì, anche se la speranza del cambiamento che può venire da Papa Francesco è abbastanza vaga come quella che mi aspettavo e mi aspetto dall’America Latina per l’Europa e il mondo: più un grande esempio che un fatto preciso. Come il fatto che ci siano Lula,Chavez, Morales, non significa un cambio immediato nella nostra politica europea, ma qualcosa che ha da fare con il clima generale. Ora sappiamo che non c’è più solo il potere imperialistico nel mondo. Così Papa Bergoglio: la Chiesa non è più soltanto il luogo del dogma, della repressione sessuale, della ricchezza, e della corruzione bancaria romana; si avvicina un  po’ di più a ciò che abbiamo sperato da Cristo: misericordia, vicinanza, anche tenerezza.

mercoledì 13 marzo 2013

Anche Cristo si dimetterebbe

Intervista a Gianni Vattimo di Gianni Carta, CartaCapital
Para a versão em Português clique aqui


Appassionato lettore di Nietzsche e Gramsci, il filosofo Gianni Vattimo ha scritto diversi libri sulla religione, come Il futuro della religione. Carità, ironia, solidarietà (Garzanti, 2005). Secondo Vattimo, dimettersi “è una delle cose migliori che un papa può fare” perché la Chiesa cattolica deve recuperare senso cristiano.

CartaCapitalHa detto che la rinuncia del papa è stata un affare italiano. Perché italiano?
Gianni Vattimo: Italiano nel senso che, purtroppo, una grandissima parte delle questioni che riguardano il pontefice e che verosimilmente sono entrate in gioco nella sua decisione di rinunciare sono italiane. Tutte le notizie di Vatileaks, incluse quelle sulla banca vaticana, riguardano la Chiesa cattolica in generale ma hanno le loro radici a Roma. Inoltre, l’affare è soprattutto italiano perché tutto è successo in Italia.

sabato 2 marzo 2013

L'atto rivoluzionario del Papa


01/03/2013, L'Indro
Colloquio con Gianni Vattimo di Carlo Baghetti

Con la spettacolare uscita di scena avvenuta l'altro ieri di Benedetto XVI, il vicario di Cristo infrange irrimediabilmente la sua immagine di cocchiere infallibile per assumere tratti molto più fragili e contemporanei. Gianni Vattimo, teorico del pensiero debole che ha avuto il merito di introdurre in Italia il dibattito sul postmoderno - inteso come accettazione dell’errore, del caduco e dell’effimero - ci ha rilasciato alcune dichiarazioni in merito all’uscita di scena di Benedetto XVI, il 'Papa emerito'.



Cosa rappresenta per la sfera politica questa abdicazione senza eredi?

È un atto profondamente rivoluzionario. Non so cosa rappresenta per gli altri, nella sfera pubblica, ma per me è una tentazione ad imitarlo. Ho dubitato che fosse un segno del cielo, che mi invitava a lasciar perdere la politica o comunque fosse un invito a ritirarmi nello studio o nella meditazione, se non proprio nella preghiera.
Si è mai visto il presidente dell’IBM che si dimette? O qualcuno di qualche grande corporation? In questi casi si va in pensione non ci si dimette. Le dimissioni richiamano una differenza a cui non siamo più abituati tra la vita personale, coscienza, impegno, vocazione e la funzione sociale. Molto spesso i cristiani si sono domandati: “Ma il Papa ci crede?”. Molti papi possono aver avuto crisi simili, ma ci sono passati sopra. Per esempio, se Bersani diventasse monarchico si dimetterebbe? Mah...

In che modo può cambiare il rapporto tra coscienza e istituzione avendo stabilito questo precedente?

Potrebbe rendere l’istituzione un po’ meno solida, quindi meno funzionale rispetto agli obblighi terreni. La vecchia contraddizione per cui il clero predica la povertà e poi sono tutti straricchi, abitano in palazzi magnifici, sono vestiti da satrapi rende il rapporto ancora più complicato. La storia del cristianesimo è questa, come il problema della Donazione di Costantino, come il problema tra Chiesa e Stato: sei lì, eserciti un potere, ma lo fai in nome di una salvezza interiore. Devi predicare agli altri, ma fino a che punto è giustificato che tu hai le guardie svizzere, i gendarmi pontifici, la banca, lo IOR? Non è una cosa indifferente.

mercoledì 18 luglio 2012

Ma non è nella natura che si scopre il divino


Ma non è nella natura che si scopre il divino

La Stampa, 5 luglio 2012
di Gianni Vattimo
 
Sarà pur vero che l’evento - solo cosi lo si può chiamare - che ha rotto la quiete uniforme del «tutto» prima della nascita delle cose ha avuto un peso decisivo nel prodursi di quella differenziazione di particelle da cui e’ cominciato, per ciò che ne sappiamo, il corso dell’evoluzione di cui, bene o male che sia, noi siamo per ora il punto di arrivo. Ma parlare del bosone di Higgs come se fosse Dio è davvero un po’ troppo. Non perché si tratti di una bestemmia («Dio bosone» è sicuramente un’espressione che fino a oggi non era venuta ancora in mente a nessun ateo blasfemo, per quanto dotto e accanito). Semmai, esprime un atteggiamento mentale che non ha più quasi alcun ascolto presso teologi, filosofi, uomini di fede. Riflette infatti la convinzione che Dio si possa in qualche modo scoprire in questo o quell’ aspetto della natura. Ma da quando Gagarin, spedito nel cosmo con la navicella, ovviamente atea, dell’Urss ha potuto esplorare il cielo senza trovare Dio, questa aspettativa «positivista» ha perso ogni senso, se mai ne ha avuto uno. Le cinque vie classiche di San Tommaso - quelle che «dimostravano» l’esistenza di Dio a partire dal mondo, di cui Dio sarebbe la causa prima o il motore ultimo - erano bensì molto più sofisticate dell’ ingenuo ateismo di Krusciov; ma anche loro hanno resistito poco all’affermarsi progressivo del convenzionalismo scientifico moderno. Ormai attribuiamo solo all’uomo primitivo - quello per il quale il tuono o il fulmine sono opera di un qualche soggetto supremo l’idea che il mondo materiale debba essere stato prodotto da una volontà originaria ritenuta onnipotente. San Tommaso stesso osservava che dal punto di vista di Aristotele sarebbe stato molto più razionale pensare al mondo come eterno. Se no come avrebbe potuto, una volontà perfetta e sottratta al divenire, e cioè immutabile, decidere, a un certo punto, di crearlo? Il racconto della creazione è un contenuto della fede, cui si crede (chi ci crede) come a un mito fondatore della nostra esistenza individuale e sociale che accettiamo perché sentiamo che senza di esso perderebbe ogni senso ciò che pensiamo e facciamo. Ma quanto a parlarne in termini di scienza fisica non ci prova ormai più nessuno.



Se anche dobbiamo pensare che il bosone di Higgs non c’entra niente con Dio, è però vero che scoperte come quella di oggi hanno un potente riflesso sulla nostra vita, sulla visione del mondo, dunque anche sulla nostra religiosità. E’ una specie di effetto che possiamo solo chiamare «neutralizzante» rispetto alla nostra storia vissuta. Come confrontare i pochi millenni della storia della specie umana con gli sterminati orizzonti delle ere geologiche, del formarsi del cosmo fisico e, appunto, con i minuti seguiti al big bang. La scienza moderna, del resto, si è formata anche e soprattutto criticando il racconto della Genesi, anzitutto contestando il geocentrismo biblico (ricordate il Galileo di Brecht, che ispira a molti l’idea che tutto ormai sia permesso). E ciò non solo per la sconsiderata volontà delle autorità religiose di difendere una cosmologia «rivelata» che veniva progressivamente dissolvendosi; ma anche e soprattutto perché, effettivamente, non era e non è facile pensare alla nostra storia umana in termini di storia della salvezza o anche solo, in termini laici, come storia della civilizzazione, e insieme alla nostra posizione nel cosmo, un battito d’ali di farfalla destinato a durare un attimo e a essere inghiottito dal silenzio cosmico. L’ostinazione con cui la Chiesa ha sempre tentato di contrastare la cosmologia moderna e il suo spirito illuministico riflette la preoccupazione, non così irragionevole, di conservare un senso alla storia umana - e dunque all’etica, alla politica, alla società - di contro al senso nichilistico, leopardiano, suscitato dal sentimento dell’infinito cosmico. Non c’è un’uscita consolante e pacificante da questo dilemma. Noi siamo - storicamente - quell’umanità che ha anche scoperto, se cosi è, il bosone di Higgs; ma questa scoperta è un momento della nostra storia. Non è una constatazione risolutiva, ma è con questa condizione duplice, librata tra storia e natura che dobbiamo fare i conti. 
 

lunedì 11 giugno 2012

Vattimo: “Soy un cristiano heterodoxo y nostálgico”

Vattimo: “Soy un cristiano heterodoxo y nostálgico”

Revista Criterio, n. 2382, Jnio 2012; por Poirier, José María - Ryan, Romina

El filósofo italiano Gianni Vattimo afirma que no existen los hechos sino las interpretaciones y que los conceptos absolutos no son viables en la Posmodernidad. Como en años anteriores, Gianni Vattimo visitó Buenos Aires y la Feria del Libro, donde además de dictar una divertida conferencia presentó su libro Della realtà. Fini della filosofia, una compilación de los últimos 15 años de trabajo universitario. Profesor emérito, en la actualidad es representante en el Parlamento Europeo del partido Italia de los Valores, cuyo líder es Antonio Di Pietro, “el único partido de oposición auténtica a Berlusconi y ahora a Monti”, explicó en diálogo con CRITERIO.
–Algunos dicen que hay un Vattimo anterior a la obra Creer que se cree y uno posterior; otros dicen que hay varios. ¿Cuántos Vattimo hay?
–Me gusta muchísimo que se diga que hay diferentes Vattimo, porque eso sucede sólo con algunos grandes filósofos como Heiddeger, Wittgenstein oNiezschte… Yo, sin embargo, creo que hay una continuidad en mi historia intelectual. Cuando terminé mis estudios en la escuela superior decidí inscribirme en la carrera de Filosofía por intereses teológicos y políticos. Más tarde comprendí que como inquietud religiosabuscaba lo que más tarde se llamó Posmodernidad, la idea de poder construir un pensamiento filosófico no tomista, no demasiado tradicionalista, pero sí cristiano. Siempre digo que soy un “cato-comunista”, un católico de izquierda. Si tenemos que hablar de rupturas, en mi historia la primera fue en 1968. Si bien no participé en el movimiento estudiantil, tenía muchos amigos allí. En ese momentoya era catedrático en Turín, gracias al apoyo de una mayoría de católicos de derecha y debido a la influencia del profesor que dirigía mis estudios. Pero después de tres meses alejado de la universidad e internado en un hospital por un problema de salud, al regresar me di cuenta de que había devenido maoísta. Cuando hablé con mi profesor y amigo me dijo: “¿Cómo? ¿Y ahora me lo dices? ¡Qué problema! ¿Qué hago?”. “¡Es que ha sucedido ayer!”, le expliqué. En ese período de enfermedad había leído a Herbert Marcuse, al griego KostasAxelos que había escrito Marx, pensador de la técnica, es decir que se empezaba a reconocer una conexión entre al antitecnicismo de Heidegger y el anticapitalismo de Marx, y aún sigo creyendo que se puede ser marxista o comunista siendo hegeliano. El último libro mío traducido al inglés, HermeneuticCommunism, tiene como subtítulo “De Heidegger a Marx”.
Una primera ruptura entonces sucedió en 1968, cuando se convierte en maoísta. ¿Y después?
–En 1974 se publicó mi libro sobre Nietzsche, escrito entre 1968 y 1972, que era absolutamente revolucionario en tanto el asunto principal eraunir la aspiración revolucionaria de la burguesía –la liberación del sujeto, la liberación sexual, el divorcio– con la revolución proletaria, que era básicamente económica. Obviamente Nietzsche no fue revolucionario en lo personal, pero muchas de sus ideas pueden ser utilizadas en ese sentido. Ese año fue también muy interesante porque empecé a trabajar en estos pensamientos de transformación socio-cultural inspirados por Nietzsche y Heidegger juntos y, finalmente, todo el desarrollo sucesivo fue la elaboración de la conexión entre ambos, algo que ellos nunca hubieran pensado. Cuando algo se combina es difícil distinguirlo de lo que viene después. En este sentido, el conocimiento personal con los estudiantes más radicales se convirtió para mí en una manera de tomar distancia del terrorismo italiano, muy presente en aquellos años. Un día, por ejemplo, uno de mis discípulos me dijo que habían arrestado a un estudiante en Bolonia sólo porque tenía mi número telefónico en su agenda. En 1978 fui amenazado por las Brigadas Rojas porque el discurso era que si había alguien en la izquierda que no estaba con ellos, era un enemigo. Y yo era decano de la Facultad, pertenecía al Partido Radical, que era contestatario pero pacifista, y había aceptado formar parte del primer juicio popular a las Brigadas Rojas. En ese momento empecé a pensar que una revolución no podía ser leninista y violenta porque tendríamos 20 años de guerrilla y otros 20 años de stalinismo. En ese tiempo de reflexión sobre la experiencia del terrorismo escribí un ensayo que para mí es fundamental, Dialéctica y diferencia del pensamiento débil; la dialéctica era el marxismo, a diferencia del pensamiento de nombres como Jacques Derrida o GillesDeleuze, que no terminaban de gustarme porque eran un poco anarquistas pero se abstraían de la lucha política efectiva. El pensamiento débil guardaba relación con la idea de hacer uso de Nietzsche y Heidegger para imaginar una filosofía de la historia que adquiere sentido en la reducción de la violencia y no en la realización, incluso violenta, de un modo pensado antes. Esto era importante política y éticamente. En esos años, además, me pidieron una introducción a la edición de El mundocomo voluntad y representación de Arthur Schopenhauer. En ese momento dejé de ser maoísta ingenuo para convertirme en izquierdista no violento, pero menos ilusionado con la idea de revolución total.
–¿Hubo un tercer quiebre?
–Sí, vinculado a la lectura de RenéGirard: la idea de una interpretación de la religión no en el sentido victimario, sacrificial, sino viendoal cristianismo como superador del carácter violento de las religiones naturales. Cuando uno se pregunta por qué Jesús fue asesinado,es porque precisamente reveló esa visión, algo muy escandaloso.
–¿Qué relación establece entre el pensamiento débil y la teología del anonadamiento, la kénosis?
Tengo que volver a un momento importante, incluso a unrencuentro conmi religiosidad personal.Paradójicamente, cuando estuve viviendo en Alemania a comienzos de los años ’60, donde no leía los diarios italianos porque llegaban demasiado tarde, cuando dejéde tener el problema de discutir con la jerarquía católica italiana y con los católicos de derecha, no fui más a misa. Pero repensando a Girard creo que volví a ser cristiano, y también por mérito de Nietzsche, de Heidegger y hasta de Mao.
–Algunos escribieron que a partir de Creer que se cree usted volvía a la religión pero también que la religión volvía al pensamiento y al debate.
–Esasí en cuantouno intenta relacionar siempre en el discurso la historia personal con la historia de la época. En 1968 era típico: los estudiantes pedían la liberación sexual porque era lo que a ellos les interesaba, pero pensaban que debía ser mundial. Eso refleja la idea de vocación histórica, es decir que no siento la filosofía como una vocación para ocuparme de los absolutos sino para leer los signos de los tiempos, que es una expresión evangélica. Cuando empecé a escribir Creer que se cree, un verano en la montaña, me parecía que ya no había razones filosóficas “objetivas” para no ser cristiano en tiempos de la Posmodernidad. Cuando se disuelven los meta-relatos (materialista, positivista, etc.) que intentan explicarlo todo, uno puede releer escrituras sagradas como el Evangelio –no tengo mucha simpatía con el Antiguo Testamento, sobre todo por la violencia, es demasiado antiguo–. Fue un esfuerzo por interpretar la situación filosófico-cultural desde el punto de vista de un retorno posible a la religiosidad a través de la disolución de los meta-relatos metafísicos.
–Su lectura de la Posmodernidad siempre se da en términos positivos, como por ejemplo la desaparición de los dogmas.
–Y como no existe más “la verdad”, se necesita la caridad.
–El concepto de kénosis, pero también la interpretación…En eso usted parece luterano.
–Sí, porque la interpretación tiene que ver con el hecho de que no hay una verdad objetiva. Tal vez en el siglo XX la noción misma de verdad se transformó en una noción de caridad, porque si uno retoma incluso a Habermas, siempre habla de una racionalidad comunicativa, lo cual implica que es racional lo que puedo decir sin vergüenza frente a los otros. Sobre todo porque todo el discurso epistemológico del siglo XX tiene mucho de convencionalismo, es decir que la verdad científica se pronuncia dentro de un paradigma compartido, no es un encuentro directo de mí mismo con el objeto, es un encuentro con maneras de interpretar el objeto conforme a una historia de la ciencia, de la matemática, etcétera.
–Desde su perspectiva filosófica, ¿la metafísica preserva algo o absolutamente nada?
–Tengo el defecto de que cuando hablo de metafísica la nombro desde Heidegger, que es enemigo de la metafísica porque es enemigo del concepto de una verdad objetiva; para él ni siquiera y Dios puede ser un objeto. Desde una perspectiva metafísica puede decirse que Dios es un objeto supremo, pero llamarlo objeto no es un gran elogio. La metafísica en tanto concepción de la vida, fe existencial puede considerarse, pero en la historia siempre ha tenido una pretensión de universalidad que no logro visualizar sin violencia.
–Quisiéramos preguntarle sobre la construcción de la verdad en la política.
–No puedo pensar en una verdad para todos; yo pienso algo y puedo dar razones, pero no puedo demostrarlo. En cuanto a la verdad política, se trata de preguntar quién lo dice. Esto es lo básico, hermenéutico: como no hay verdades, sólo hay interpretaciones. Cuando me confronto con problemas, por ejemplo, con lo que pasó durante el gobierno militar en la Argentina, hay un problema de interpretaciones que se confrontan y se construyen sobre la base de documentos y testimonios, que son intérpretes en un proceso penal. Todo es un juego de relación intersubjetiva más que de toma de acto de lo que está. Lo mismo sucede con la verdad política; yo no tengo confianza en lo que diga Videla. ¿Por qué? No porque sé que ha matado, sino porque tengo otros testimonios de gente que tiene parientes desaparecidos, y por lo tanto no es una opinión sino que está documentado. En Italia se me reprocha esta idea, pero sé que no tengo confianza en Berlusconi. Hay hechos que se llaman así porque tenemos suficientes luces que nos indican que lo son, así como un dato de la física cuántica puede considerarse de tal forma porque lo atestiguan ciertos científicos.
¿Qué le suscita Raztinger como intelectual? Insiste en el relativismo pero por otro lado la dimensión del diálogo entre fe y cultura le interesa mucho.
Yo abrigaba muchas esperanzas cuando fue elegido Papa porque había sido profesor en Tübingen, pero ahora tengo una versión un poco descolorida sobre lo que el catecismo llama “la gracia de estado”: cuando uno llega a ser ingeniero, tendría una asistencia especial para ingenieros, y cuando uno es elegido Papa, se torna reaccionario. Por ejemplo, en la encíclica Deus caritas estdecía, por ejemplo, que las primeras comunidades cristianas eran comunistas pero que naturalmente esto después se quebró. ¿Por qué “naturalmente”? Es como aceptar la afirmación de Margaret Thatchercon respecto al capitalismo. Creo que Benedicto XVI es menos reaccionario que Juan Pablo II, que era más simpático; pero este Papa tiene menor decisión que su antecesor, que no era un teólogo sino un pastor de almas. Tiene toda la incertidumbre del intelectual, y como hombre de estudio, creo que tiene dificultades para tratar con la Curia. Yo esperaba mucho más de él.
¿Cómo ve el futuro de la Iglesia como institución?
–Me gustaría salvar a la Iglesia del suicidio, por ejemplo, ante ciertas actitudes un poco dogmáticas en torno del sacerdocio femenino, el problema del celibato eclesiástico, que ahora es anacrónico; todo esto le da un rostro reaccionario que no es exigido por ningún cristianismo. Básicamente no creo que ni siquiera la Escritura Sagrada sea una descripción adecuada de Dios, es una educación para el pueblo de Dios, por lo tanto, la teología como tal me parece absolutamente insignificante. Cuando era chico mi director espiritual me obligaba a leer libros del dominico francésGarrigou-Lagrange.Hay ciertas cosas que me gusta deciraunque sean arriesgadas porque creo que son religiosas, por ejemplo hay una frase de san Pablo que dice que la fe y la esperanza son transitorias, pero que la caridad va a durar. Un día discutía con un obispo en Toscana y le sugerí que esa frase no se refiere solamente a la vida eterna sino también a la vida histórica, es decir que hoy cada vez parece menos urgente que la gente crea que Dios es uno y trino. Los misioneros, cuando llegan a un destino como el Amazonas, abren un hospital o fundan una escuela, no obligan a la gente a creer en un Dios trino. Sería bueno pensar la historia del cristianismo como articulada con una reducción de la importancia de los dogmas e incluso una reducción de la pura esperanza en el más allá. Yo no tengo ninguna actitud polémica ni siquiera en contra de mis educadores católicos, estoy muy agradecido de la educación cristiana recibida. Soy básicamente un cristiano un poco heterodoxo pero nostálgico, incluso soy uno de los pocos que podría seguir la misa en latín. Si no fuera cristiano, no sería comunista.
Le había molestado en la polémica con Umberto Eco sureivindicación de la realidad al estilo un poco aristotélico.
–Sí, porque siempre fue un señor básicamente neo-tomista. Así como santo Tomás tenía como base la cosmología tolemaica, Eco toma la semiótica; siempre quiere como base para sus afirmaciones una ciencia positiva, como fundamentación científica.
¿Qué opina de su colega Massimo Cacciari?
–Lo conozco bien pero no lo comprendo mucho; siempre le digo que lo quiero muchísimo pero no lo entiendo. Estámuy comprometido, es una gran persona, pero no llego a entender a dónde quiere llegar; y también hay otros filósofos italianos que son demasiado erráticos para mi gusto. Cuando les pregunto a los universitarios por qué leen ese tipo de autores tan complicados, me dicen: “si los comprendiéramos no tendría sentido leerlos”. Hay una cierta vitalidad, de todas maneras, que resiste al pensamiento único, que rechazo sobre todo por razones políticas. En Italia tenemos el gobierno de Monti, que no fue elegido por nadie, y es aceptado por los partidos más opuestos ya que los libera de responsabilidades; Monti hace lo que dice el Banco Mundial.
–En el ámbito político de su país, ¿qué opina de Beppe Grillo, actor líder de la anti-política?
Es un fenómeno interesante, de populismo, pero no comparto que tome un carácter de anti-política. Empezó hace algunos años, pero en las últimas elecciones se volvió fuerte. Obviamente estoy más cerca de Grillo que de Berlusconi, incluso que de los comunistas, que respaldan a Monti, pero quiero ver qué pasa. Con Di Pietro me encuentro bien, aunque me critican que yo siempre haya sido de izquierda y él sea un representante del centro. Si bien está en la oposición absoluta a Berlusconi, no se identifica con ideales socialistas o marxistas. Estoy con él porque es la forma de lograr que un italiano comunista vaya al Parlamento Europeo, porque los partidos de extrema izquierda en Italia se han dividido y no tienen ni un solo diputado.

giovedì 11 agosto 2011

Gianni Vattimo: “Europe has to defend the European model of public education”


dal sito di Nadja Hirsch, collega dell'Alde al Parlamento europeo.

Gianni Vattimo: “Europe has to defend the European model of public education”

Next to being a member of the European Parliament, Gianni Vattimo is a renowned philosopher and author of numerous publications. He was a professor at the University of Turin, as well as visiting professor at a number of American universities. Within the European Parliament, he is amongst others a member of the committee on culture and education, the delegations for relations with the countries of Central America, as well the vice-chair of the Euro-Latin American Parliamentary Assembly.

Let’s see what Mr Vattimo had to say:

1. You have criticised the police violence used in order to put down peaceful demonstrators – as we have witnessed most recently in Spain. What concrete measures, if any, should the EU take in order to protect the right to peaceful assembly?

What the European Union can do in order to protect the right to peaceful demonstrations everywhere on the Continent is strongly conditioned by the till now very poor powers of the Union on the policies of the different member countries. Not only in terms of rights to demonstrate, bur in many other aspects of the social life, such as bioethics (the example of Italy depending on the Vatican approval on these themes is so eclatant) the laws and rules of the Union deserve to be more clearly enforced.

2. As member of the culture and education committee, you have been dealing extensively with the Bologna Process. In your opinion, what is the greatest challenge that the European Higher Education Area still faces today?

In the field of education, research and university, Europe has to defend the European model of public education, against the persistent temptation of “americanizing” it, namely of leaving education and scientific research in the hands of private capital which is fatally interested in short-term and commercial results, without any, or with very poor, attention to the basic research and to the civil implications of education.

3. You are an internationally recognised philosopher and political thinker: how has this theoretical approach helped – or hindered – you in the political (and thus perhaps more pragmatic) arena?

I don’t feel “exiled” from philosophy, being engaged in my activity as MEP. Probably, I have to confess that the experience of the European Parliament (and of the electoral campaigns, the relationships with my constituency etc.) have marked my recent philosophical activity pushing me towards a more and more intense consideration of the ontological meaning of the praxis. Following Heidegger, Being is Ereignis, Event. Also the results of an election are something of the kind.

4. As a Member of the European Parliament representing Italy and its citizens, what major challenge or opportunity does the EU provide for your country or region?

When I came for the first time to the European Parliament I was persuaded that the problem of Italy was to reach the civil level of the other European countries, especially in the field of civil rights, secularity of politics, etc. Now I still believe that, but I realize that Italy has also a specific original contribution to offer to the rest of Europe, namely the importance of the humanistic tradition in the school and the heritage of the social struggles for better labour rights and social welfare.

5. If you were to convince the citizens of Bavaria in two sentences about why they should come and visit your constituency, what would be your answer?

The reasons mentioned above may help also in relation to the Bavarian citizens. With a special accent on the secularity of the civil power. It’s not a matter of being less “christian” because in Italy (and may be in Bavaria) we have too much Church-power. Rather, it’s a matter of interpreting Christianity, also in virtue of our historical experience, in more spiritual terms (I think of Joachim de Flore…): Less Vatican, more Christianity.



domenica 31 luglio 2011

Ipotesi su Gesù

Ipotesi su Gesù
L'Espresso
, 4 agosto 2011


Il direttore di Micromega, e militante di tante battaglie politico-culturali, diventa storico del Cristianesimo? Il denso libretto su Gesù che ha pubblicato di recente (Paolo Flores d’Arcais, “Gesù. L’invenzione del Dio cistiano”, Add editore, pp. 127, € 5,00) attesta un interesse per le origini del cristianesimo, che qualche apologeta potrebbe interpretare come l’inizio di un cammino di conversione. Flores, tuttavia, arriva a studiare la figura di Gesù partendo dalla Chiesa cattolica e dal Papa, temi a cui si dedica da tempo con chiaro spirito polemico. Ha ragione almeno in questo, che non si può dedicarsi allo studio di Gesù se non parlando della Chiesa. I due temi – Gesù di Nazareth e il cristianesimo con la sua storia – non sono separabili. Il che ha molte implicazioni: per esempio, e non è il caso di Flores, non si può decidere che si guarda al messaggio originale di Gesù prescindendo dalla Chiesa (e dalle tante sue magagne) – come spesso hanno voluto fare gli uomini di Chiesa. Ma d’altra parte, come viene in mente a chi cerca ancora di credere a quel messaggio, non si può ritenere che, dimostrata la spesso evidente contraddittorietà delle testimonianze storiche su Gesù, sia liquidata anche la storia del cristianesimo o, come dice Flores, dei cristianesimi. Che si mostrano ancora ben vivi, fortunatamente non solo in termini di proprietà e privilegi ecclesiastici, e che giustificano l’idea secondo cui “non possiamo non dirci cristiani”.

Gianni Vattimo

Paolo Flores d’Arcais, “Gesù. L’invenzione del Dio cistiano”, Add editore, pp. 127, € 5,00

martedì 28 giugno 2011

“Questo è il terreno su cui la Chiesa esercita il suo potere”


Il governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo, cattolico, ha firmato la legge che riconosce i matrimoni omosessuali
“Questo è il terreno su cui la Chiesa esercita il suo potere”
di Maurizio Assalto

La Stampa, 26.6.11

Professor Vattimo, ha saputo? Il governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo, cattolico, ha firmato la legge che riconosce i matrimoni omosessuali. Invece noi... «Appunto, è la prima cosa che mi viene in mente: e noi? Noi per un bel po’ non avremo non solo i matrimoni gay, ma nemmeno i Dico».
È l’America che si conferma più avanti del Vecchio Continente?
«La differenza è soprattutto tra America e Italia. In Europa esistono tanti istituti simili al matrimonio omosessuale, mentre da noi non se ne può neppure parlare. Mi sembra la dimostrazione del fatto che in Italia c’è una separazione tra politica politichese e opinione pubblica corrente, basti pensare a tanti sondaggi dove anche i cattolici praticanti sono largamente favorevoli al riconoscimento delle unioni civili gay. E mi fa rabbia che la politica ufficiale abbia così paura di dispiacere al Papa da fregarsene di dispiacere ai cattolici. Purtroppo l’etica familiare e sessuale resta il terreno principale su cui la Chiesa esercita il suo potere, e su questo non cede».
Forse però adesso qualche cosa potrebbe cambiare. Noi siamo sempre stati americanofili, in particolare vicini a New York. «Ma nooo! Non ci credo. Credo che quello di New York sia un buon esempio, ma non avrà nessuna influenza. Noi, in quanto filoamericani, continuiamo a bombardare la Libia con la Nato, ma quanto al resto... Piuttosto, l’Italia dovrebbe guardare non a New York si sa, New York è la città del peccato -, ma ad altri Stati americani più arretrati come lo Iowa, che pure ha approvato i matrimoni gay: se li ammette anche uno Stato così poco glamour , allora potremmo ricavarne un buon esempio».
Pensa di fare qualcosa come parlamentare europeo?
«Non ci avevo ancora pensato. Appena tornerò a Strasburgo, a inizio luglio, cercherò di farmi sentire con i colleghi della commissione Libertà, di cui sono membro supplente. Ma ho l’impressione che il Parlamento europeo sia poco sensibile, a dimostrazione che la lobby gay non è così forte come dice Buttiglione».
Sembra sfiduciato. Non sarà che a questa legge non tiene poi troppo neppure lei?
«Sull’importanza della legge non ho dubbi, sul fatto che molti gay la attendano con ansia invece sì. Immagina cosa direbbe Pasolini? Probabilmente non ne sarebbe entusiasta, lui che era così geloso della sua diversità. E tutto sommato io stesso non so che cosa farei. Anche perché ormai non trovo più, posso solo adottare dei bambini remotamente...».

Italy: Vatican Colonialism and Cowardice of Politicians

Interviewed by Repubblica, commenting on New York’s legalization of same-sex marriage, philosopher Gianni Vattimo, MEP, believer, gay activist, was very clear: “Italy is the problem for Europe. It’s not the fault of the Italians, but it’s because of Vatican colonialism and the cowardice of politicians.”

Vattimo attacked the Catholic Church also for its claim that its doctrine is “natural law”, not only about same-sex unions, but also about bioethics, end of life, divorce.

According to the Italian philosopher, despite the majority of Italians support human rights, politicians prefer not to lose the vote and influence of bishops and parish priests.

UAAR | Stefano Marullo | 27th June 2011

Nozze gay: Vattimo, i politici italiani temono il Vaticano

Nozze gay: Vattimo, i politici italiani temono il Vaticano

'Il problema dell'Europa si chiama Italia, non per colpa degli italiani, ma per la colonizzazione portata avanti dal Vaticano e per la codardia dei politici'. Intervistato dalla Repubblica e dalla Stampa il filosofo Gianni Vattimo, eurodeputato dell'Idv, esprime dubbi sul fatto che ci possa essere una svolta in Italia nel riconoscimento delle coppie gay. 'Il problema è l'intreccio tra l'arretratezza politica e una Chiesa che considera i suoi principi come principi di diritto naturale, non solo sulle unioni omosessuali, ma sulla bioetica, sul fine vita, sul divorzio. Principi non negoziabili, anche se la Chiesa si dichiara democratica', spiega Vattimo. In questo contesto 'il politico, pur di non perdere un voto del vescovo o del parroco, preferisce evitare di affrontare la questione, anche se nel Paese la posizione è diversa. In Italia c'è una separazione tra politica politichese e opinione pubblica corrente, basti pensare a tanti sondaggi dove anche i cattolici praticanti sono largamente favorevoli al riconoscimento delle unioni civili gay', prosegue Vattimo. 'Mi fa rabbia che la politica ufficiale abbia così paura di dispiacere al papa da fregarsene di dispiacere ai cattolici. Purtroppo - conclude - l'etica familiare e sessuale resta il terreno principale su cui la Chiesa esercita il suo potere, e su questo non cede'.

http://www.imgpress.com/notizia.asp?idnotizia=61416&idSezione=1

domenica 26 giugno 2011

"Anche in Italia ci vorrebbe una svolta ma i politici hanno paura del Vaticano"

"Anche in Italia ci vorrebbe una svolta ma i politici hanno paura del Vaticano"

La Repubblica, 26 giugno 2011. Intervista di Diego Longhin

TORINO - «Il problema dell'Europa si chiama Italia, non per colpa degli italiani, ma per la colonizzazione portata avanti dal Vaticano e per la codardia dei politici». Il professor Gianni Vattimo, filosofo ed eurodeputato dell'Italia dei Valori, nutre dubbi sul fatto che ci possa essere una svolta in Italia nel riconoscimento delle coppie gay.

Si continuerà a far polemiche su una pubblicità Ikea e sullo slogan "siamo aperti a tutti i tipi di famiglia"?
«Il problema è l'intreccio tra l'arretratezza politica e una Chiesa che considera i suoi principi come principi di diritto naturale. Non solo sulle unioni omosessuali, ma sulla bioetica, sul finevita, sul divorzio. Principi non negoziabili, anche se la Chiesa si dichiara democratica. Il politico, pur di non perdere un voto del vescovo o del parroco, preferisce evitare di affrontare la questione, anche se nel Paese la posizione è diversa».
La maggioranza è a favore delle unioni gay?
«Basta guardare i sondaggi. Non vogliamo usare la parola matrimonio perché infastidisce. Va bene. Sarebbe importante un riconoscimento legale. Anche i cattolici sono d'accordo. Anche io mi considero un cristiano, non tanto praticante perché la Chiesa pensa che sia un bandito...».
La maggioranza politica non corrisponde a quella reale?
«No, ma è una cosa che accade sempre più spesso. Si vincono i referendum, ma poi si perde in parlamento».
Tra i politici italiani vede un Cuomo o un Obama che possa infrangere la codardia?
«Difficile, non vedo nessuno».
L'ex primo cittadino di Torino, Chiamparino, aveva partecipato alle nozze tra due lesbiche per riportare l´attenzione sul tema. Una spinta da parte dei sindaci avrebbe un effetto?
«Chiamparino ha fatto bene e si è dimostrato aperto. Ma quanti sindaci sono disposti a seguire il suo esempio? Pochi».
L'oncologo Veronesi ha esaltato l'amore gay come scelta consapevole, più evoluta del rapporto etero. È d'accordo?
«Alcune argomentazioni hanno un loro senso. Veronesi dice che nell'amore gay si cerca la vicinanza di pensiero e sensibilità con l'altro, mentre l'amore etero è strumentale alla procreazione. In una battuta sfido a trovare un maschio normale che voglia assomigliare alla sua signora. Poi si possono avere figli con tecniche diverse, senza ricorrere a strumenti biologici. Attenzione però a non esagerare. E lo dico come gay. Non c'è una superiorità nell´amore gay rispetto all'amore etero».
Lei si sposerebbe?
«Sono per una legalizzazione. Non è un problema di matrimonio nel senso classico. Pasolini oggi sarebbe a favore delle nozze? Ho dei dubbi perché tra i gay prevale la difesa della propria diversità. Altra cosa è un riconoscimento legale dell´unione, che varrebbe per le coppie omosessuali come per quelle etero».

mercoledì 27 aprile 2011

Santíssima Páscoa e beata TV. Entrevista com Gianni Vattimo

Santíssima Páscoa e beata TV. Entrevista com Gianni Vattimo

Istituto Humanitas Unisinos

Do ecumenismo um pouco reacionário do Papa Wojtyla ao pós-modernismo de Joseph Ratzinger, o Papa teólogo que aparece ao vivo no canal italiano Rai Uno e que fala com os astronautas em órbita na astronave Shuttle. Conversamos a respeito com Gianni Vattimo, antes da transmissão do programa com Bento XVI.

A reportagem é de Iaia Vantaggiato, publicada no jornal Il Manifesto, 22-04-2011. A tradução é de Moisés Sbardelotto.

Filósofo e político italiano, Vattimo é conhecido como o mentor da filosofia do "pensamento fraco". Escreveu inúmeras obras, das quais destacamos Acreditar em acreditar (Lisboa: Relógio D’Água, 1998) e Depois da cristandade. Por um cristianismo não religioso (São Paulo: Record, 2004).

Eis a entrevista.

Está pronto para a transmissão ao vivo? O Papa vai ao ar às 14h10, mas não sabemos se antes ou depois das propagandas.

Ao vivo até certo ponto. Porém, eu estou prevenido, porque não arrisco a levar a sério esse Papa. Ou melhor, dizendo a verdade, o levo muito a sério. Não gosto do modo que ele tem para gerir a sua "papalidade", a sua "papagem". Além disso, não sei nem se conseguiria opor-lhe um outro.

João XXIII, essa é fácil.

Certo. Se penso a respeito, o único que me agradava verdadeiramente era justamente João XXIII.

Wojtyla não?

Humanamente simpático, mas também um grande reacionário. Desmontou o Concílio Vaticano II e destruiu a teologia da libertação. E Ratzinger sempre foi a sua alma obscura.

E a alma obscura hoje aporta na TV. Nem um pouco de emoção ou pelo menos de estupor?

Poderia estar contente se o Papa respondesse às perguntas dos fiéis diretamente. Mas isso não acontece e, então, que não se finja. É como quando ele queria ir à Universidade de Roma para falar com os acadêmicos. Uma pena que ele chegava em liteira e não permitia que ninguém falasse. Dizia as suas coisas, isso sim, coisas também razoáveis, mas não "discutíveis". Era a mesma coisa que dizê-las no Vaticano, sem se incomodar indo até a universidade.

A questão é que hoje o pontífice não vai à universidade, mas à televisão. É diferente, não?

Certamente. Aqui há o espetáculo, a utilização de tecnologias e também o fato de que, em maio, ele irá falar com os astronautas. Mas há algum outro chefe de religião, sei lá, algum pároco que faça isso?

Digamos assim: há um Papa teólogo que abre à ciências as cancelas do Vaticano e se põe em contato com a Shuttle.

Eu acredito que o que mais chama a atenção não é que o Papa fale com os astronautas, senão, sempre é possível evocar Khrushchev quando dizia que Gagarin havia ido ao céu, não havia encontrado deus e, portanto, deus não existia.

Khrushchev à parte, já vimos muitas vezes pontífices na televisão, mas um Papa que vai até "ao vivo" chama um pouco mais a atenção.

Certamente chama a atenção, porque o uso desses instrumentos implica em uma aceitação do sistema de poder que está por trás da ciência e da tecnologia. Jamais imaginaria Jesus Cristo assim, "ao vivo" na Rai Uno.

No fundo, se poderia ler isso como uma missão evangélica.

Não definiria como evangélica a missão de quem vai por aí convertendo as pessoas. Preferiria deixar cada um na sua fé. Mas depois utilizar até os instrumentos que os poderosos da terra usam... A meu ver, isso não cabe nem ao Dalai Lama. Muitos pontífices viajaram nas últimas décadas e o fizeram sempre com espírito "missionário". Aquele mesmo espírito missionário que guiava as obras dos Conquistadores.

Enfim, o senhor aboliria as "missões" ao exterior e, nesse caso específico, também ao espaço.

Os pontífices não viajam a pé, viajam com a Alitalia. E por que não a pé? Por quê? O Papa quem é? É um soberano terreno. É um poderoso. Como faria para falar com os astronautas, por outro lado, se fosse um pobre evangélico?

Uma semana de paixão. Também para os palimpsestos televisivos.

Sim, e na Itália tudo acaba se tornando um pouco entediante. Até a Semana Santa que, nos telejornais, é dada como segundo ou até primeira notícia. Mas quem pode acreditar em uma religião tão envolvida nos sistemas de poder?

O senhor pensa em uma transmissão blindada?

A transmissão é blindada, e o Papa está embedded [embutido].

Como Berlusconi quando vai de Vespa? Comparação pesada e blasfema.

Se Ratzinger usa os mesmos meios de Berlusconi, ele é atingido pela mesma suspeita de mentira.

Os meios podem ser os mesmos, mas os fins não.

Desde quando as pessoas participam pouco das greves? Desde quando elas são anunciadas pela televisão. Se a televisão o diz, já basta. Faz parte da ritualidade social.

Mas também uma modalidade de participação diferente.

Até que ponto pode se falar de religião senão tu-a-tu ou em pequenas comunidades?

Chegamos ao Papa na época de sua reprodutibilidade técnica?

O Papa na época da sua reprodutibilidade técnica e a Igreja na época da comunicação generalizada ainda têm sentido. McLuhan havia dito que o meio é a mensagem, o meio condiciona muito profundamente a mensagem. O Papa que dá a benção urbi et orbi, a missa na televisão no domingo não tem o mesmo valor de cumprir um preceito. Certamente, a benção é um espetáculo, mas não posso me sentir abençoado pelo Papa porque falta algum sentido de proximidade.

Ama o teu "próximo"?

Amar o próximo é amar o próximo. Se depois tu amas todos, praticamente não amas ninguém.

O sofrimento será o tema da transmissão.

Quando o Papa fala do sofrimento como valor, é como se falasse das indulgências, aquelas que os Papas do Renascimento colocavam à venda. O sofrimento jamais foi um mérito para ninguém, no máximo é uma prova moral. E esse discurso sobre o sofrimento também é uma pretensão de autoridade. Porque nós não dispomos desse patrimônio de méritos sobrenaturais – o sofrimento, justamente. É o Papa que dele dispõe.

martedì 26 aprile 2011

Risposta a Giovanardi su Ikea, famiglia e costituzione

Giovanardi: Su Ikea contro di me manganellatori verbali

Roma, 24 apr. (TMNews) – “Ai vari Merlo che usano l'insulto come arma polemica nella migliore tradizione dei manganellatori verbali fascisti, osservo che ho giurato fedeltà alla Repubblica e di osservare lealmente la Costituzione, come ho spiegato dieci giorni fa a Klaus Davi che mi ha chiesto una opinione sui manifesti dell'Ikea”. Carlo Giovanardi, sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri, torna con una nota sulle polemiche nate dalle sue critiche alle pubblicità che recano l'immagine di una coppia gay ('Siamo aperti a tutte le famiglie').

“Il rispetto per ogni forma di orientamento sessuale e di solidarietà per tutti coloro che sono oggetto di violenza fisica o verbale – si legge nella nota – è cosa ben diversa dalla difesa di un principio cardine del nostro ordinamento che lobby potenti vogliono azzerare parificando la famiglia della Costituzione a qualsiasi forma di convivenza, come Gianni Vattimo onestamente rivendica su Repubblica”.

La risposta di Vattimo

Grazie all'on. Giovanardi per avermi riconosciuto l’onestà: effettivamente mi sembra ovvio (e confermato anche da gente più esperta di me) che i padri costituenti pensassero alla famiglia nei termini del lessico dell'epoca (lo stesso per il quale, come si leggeva nei riti religiosi e civili del matrimonio, il marito è il capo della famiglia...). Ciò non esclude che la Costituzione possa essere letta anche alla luce di costumi che nel frattempo si sono evoluti: chiamare famiglia anche le unioni omosessuali sarebbe solo un modo di tener conto di come questi costumi si sono trasformati. Perché non farlo? Giovanardi è partigiano del cosiddetto “diritto naturale” in cui crede, o finge di credere, ormai solo la Chiesa Cattolica, che in tal modo ritiene di poter obbligare tutti, anche i non credenti, alle proprie norme (se sei umano, devi pensare come il papa sul matrimonio, la contraccezione, ecc.). Chiamare famiglie anche quelle non fondate sul matrimonio come la Chiesa non vuole, non viola nessun diritto sancito dalla Costituzione; non è vero che così facendo si reca danno alle famiglie “vere”, come sempre la Chiesa vuol far credere. Gli operai dell’ultima ora, caro cattolico Giovanardi, ricevono legittimamente lo stesso salario degli altri..

Ma ciò che, “onestamente”, non avevo detto a La Repubblica, e avrei dovuto dire, è che una difesa della famiglia che viene da un esponente della maggioranza di governo, dunque da un difensore della mignottocrazia berlusconiana, farebbe ridere se non fosse un sintomo della tragicità della situazione italiana. E non dica Giovanardi che la mania puttanesca di uno come Berlusconi è un puro accidente, un affare privato del medesimo, che non mette in discussione la sacralità della famiglia eterosessuale e monogamica. Prostituzione, ipocrisia, prossenetismo, giù giù fino alla pedofilia (di parte) del clero (ma non era pedofilia anche quella di cui è stata vittima, più o meno innocente, Ruby?) sono chiaramente collegate alla repressione sessuale, e sociale (per i ricchi le puttane si chiamano escort), che impera ancora nell'Italia ufficiale, di Giovanardi appunto. E infine, una bella legge contro l'omofobia sarebbe davvero contro la Costituzione che Giovanardi dice di voler difendere? Ma sostenerla sarebbe per lui una questione di chiaro conflitto di interessi…

Gianni Vattimo, 26 aprile 2011

domenica 24 aprile 2011

“Governo asservito al Vaticano e l'Europa è sempre più lontana”

“Governo asservito al Vaticano e l'Europa è sempre più lontana”

di Paola Coppola, La Repubblica, 24 aprile 2011

Gianni Vattimo: a caccia di una manciata di voti. Il problema è che in Italia manca una legge anti omofobia, che punisca severamente questi atteggiamenti odiosi. Andrebbe approvata urgentemente

ROMA - «È una polemica pretestuosa, che punta a guadagnare una manciata di voti nel mondo cattolico. L’ennesimo affondo di un governo che pretende di definire le cose come meglio crede e che sul fronte dei diritti civili è rimasto indietro rispetto all’Europa».

Il filosofo Gianni Vattimo, dichiaratamente omosessuale, non ci sta all’intemerata contro lo spot Ikea che ritrae una coppia gay da parte del sottosegretario alla Famiglia, Carlo Giovanardi.

«È un attacco che fa appello a un’antropologia biblica - replica - che non rispecchia il concetto reale di famiglia nelle sue diverse accezioni e che è più arretrato anche di certe posizioni di parte del mondo cattolico».

Giovanardi legge lo spot che recita “Siamo aperti a tutte le famiglie” come un attacco alla Costituzione: che ne pensa?

«Sulla definizione di famiglia il dibattito è aperto. E la stessa Costituzione la definisce come “società naturale fondata sul matrimonio” ma non specifica che si tratta di quello tra uomo e donna. Se i padri costituenti pensavano alla famiglia tradizionale, oggi quel concetto andrebbe rivisto».

A due giorni dall’aggressione alla deputata Pd, Paola Concia e alla sua compagna, a due passi da Montecitorio, finisce nel mirino lo spot di una coppia mano nella mano...

«Il problema è che in Italia manca una legge contro l’omofobia che punisca severamente questi reati odiosi. Esiste una legge che punisce le offese razziste, ma non un provvedimento in grado di fermare la deriva di insulti contro i gay, che andrebbe urgentemente approvato».

Giusto dunque inserire nella pubblicità del colosso svedese anche la famiglia formata da due persone dello stesso sesso?

«Sì, lo spot intercetta una fetta di mercato feconda, perché disposta a spendere: così “l’antropologia ikeica” dimostra di essere più avanti di un paese asservito al Vaticano».

venerdì 22 aprile 2011

Santissima Pasqua e benedetta tv

Santissima Pasqua e benedetta tv
Il Manifesto, 14 aprile 2011. Di Iaia Vantaggiato

Per la prima volta nella storia della Chiesa e del piccolo schermo, il papa risponderà ai fedeli in un programma televisivo. Un’inedita strategia comunicativa ma anche di potere. Gianni Vattimo: «È un potente come gli altri. Io Gesù Cristo in tv non me lo immaginerei mai. Ma il papa è un sovrano, non un missionario» Il pontefice postmoderno abbandona la teologia e sfonda gli schermi. In attesa di approdare nello spazio

Dall’ecumenismo un po’ reazionario di papa Wojtyla al postmodernismo di Joseph Ratzinger, il papa teologo che va in diretta su Rai Uno e parla con gli astronauti in orbita sullo Shuttle. Ne parliamo con Gianni Vattimo.
E’ pronto per la diretta? Il papa va in onda alle 14,10 ma non sappiamo se prima o dopo lo stacco pubblicitario.
Diretta sino a un certo punto. E comunque io sono prevenuto perché non riesco a prendere sul serio questo papa. Anzi, a dir la verità, lo prendo troppo sul serio. Non mi piace il modo che ha di gestire la sua «papalità», il suo «papaggio». Del resto non so nemmeno se riuscirei a opporgliene un altro.
Giovanni XXIII, questa è facile.
Certo, se ci penso l’unico che mi piaceva davvero era proprio Giovanni XXIII.
Wojtyla no?
Umanamente simpatico ma anche un grande reazionario. Ha smontato il Concilio Vaticano II e distrutto la teologia della Liberazione. E Ratzinger è sempre stato la sua anima nera.
E l’anima nera oggi approda in tv. Neanche un po’ di emozione o almeno di stupore?
Potrei essere contento se il papa rispondesse alle domeande dei fedeli direttamente. Ma questo non succede e allora non faccia finta. E’ come quando voleva andare all’università di Roma a parlare con gli accademici. Peccato che arrivava in sedia gestatoria e non permetteva a nessuno di parlare. Diceva le sue cose, questo sì, cose anche ragionevoli ma non «discutibili». Tanto valeva dirle in Vaticano senza scomodarsi andando all’università.
Il punto è che oggi il pontefice non va all’università ma in televisione. E’ diverso, no?
Certo, qui c’è lo spettacolo, il dispiego di tecnologie e pure il fatto che a maggio parlerà con gli astronauti. Ma c’è qualche altro capo di religione, che so, qualche parroco che fa questo?
Mettiamola così. C’è un papa teologo che apre alla scienza i cancelli del Vaticano e si mette in contatto con lo Shuttle.
Io credo che quello che colpisce di più non è che il papa parli con gli astronauti se no si può sempre evocare Krusciov quando diceva che Gagarin era andato in cielo, non aveva trovato dio e dunque dio non esisteva.
Krusciov a parte, pontefici in televisione ne abbiamo visti spesso ma un papa che va addirittura «in onda» colpisce un po’.
Certo che colpisce perché l’uso di questi strumenti implica un’accettazione del sistema di potere che sta dietro alla scienza e alla tecnologia. Gesù Cristo non me lo immaginerei mai così, «in diretta» su Rai Uno.
In fondo la si potrebbe leggere come una mission evangelica.
Non definirei evangelica la missione di chi va in giro a convertire la gente. Preferirei lasciare ciascuno nelle sua fede. Ma poi utilizzare addirittura gli strumenti che usano i potenti della terra. Secondo me non capita nemmeno al Dalai Lama. Molti pontefici hanno viaggiato negli ultimi decenni. E lo hanno fatto sempre con spirito «missionario». Quello stesso spirito missionario che guidava le imprese dei Conquistadores.
Insomma, lei abolirebbe le «missioni» all’estero e nel caso specifico anche nello spazio.
I pontefici non viaggiano a piedi, viaggiano con l’Alitalia. E perché non a piedi? Perché, il papa chi è? E’ un sovrano terreno. E’ un potente. Come farebbe a parlare con gli astronauti, del resto, se fosse un povero evangelico?
Una settimana di passione. Anche per i palinsensti televisivi.
Sì, e in Italia tutto finisce per diventare un po’ stucchevole. Anche la settimana santa che nei telegiornali viene data come seconda o addirittura prima notizia. Ma chi può credere a una religione cosi avviluppata ai sistemi di potere?
Lei pensa a una trasmissione blindata?
La trasmissione è blindata e il papa è embedded.
Come Berlusconi quando va da Vespa?Paragone pesante e blasfemo.
Se Ratzinger usa gli stessi mezzi di Berlusconi viene colpito dallo stesso sospetto di menzogna.
I mezzi saranno gli stessi ma i fini no.
Da quando la gente partecipa poco agli scioperi? Da quando li annuncia la televisione. Se lo dice la televisione, basta. Fa parte della ritualità sociale.
Ma anche una diversa modalità di partecipazione.
Fino a che punto si può parlare di religione se non a tu per tu o in piccole comunità?
Siamo arrivati al papa nell’epoca della sua riproducibilità tecnica?
Il papa nell’epoca della sua riproducibilità tecnica e la Chiesa nell’epoca della comunicazione generalizzata. Ha ancora senso. Mc Luhan aveva detto che il mezzo è il messaggio, il mezzo condiziona molto profondamente il messaggio. Il papa che dà la benedizione urbi et orbi la messa in televisione la domenica non hanno lo stesso valore dell’adempiere a un precetto. Certo la benedizione è uno spettacolo ma non posso sentirmi benedetto dal papa perché manca qualsiasi senso di vicinanza.
Ama il tuo «prossimo»?
Amare il prossimo è amare il prossimo, se poi tu ami tutti praticamente non ami nessuno.
La sofferenza sarà il tema della trasmissione.
Quando il papa parla della sofferenza come valore è come se parlasse delle indulgenze, quelle che i papi del rinascimento mettevano in vendita. La sofferenza non è mai stata un merito per nessuno, al limite è una prova morale. E anche questo discorso sulla sofferenza è una pretesa di autorità. Perché di quel patrimonio di meriti soprannaturali – la sofferenza, appunto – noi non disponiamo, ne dispone il papa.