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giovedì 7 agosto 2014

"Caro Dershowitz, là non c'è una guerra ma una strage"


Si pubblica di seguito la risposta di Gianni Vattimo a Alan Dershowitz, professore di Giurisprudenza all'Università di Harvard, da La Stampa. La lettera di Dershowitz è consultabile qui.



Ringrazio Dershowitz non solo per l’invito ad andare a Gaza (ma come? Dovrei superare il blocco che dura da anni, e poi essere arrestato prima di arrivarci in base alle leggi anti-hamas che Israele condivide con gli Usa...); ringrazio anche perché con la sua lettera sulla Stampa mi permette finalmente – solo in base al diritto di risposta - di accedere a un pubblico più vasto di quello che si è potuto accorgere di me solo attraverso la Zanzara, unica via per cui finora, pur turandomi il naso, sono riuscito a farmi sentire.  

giovedì 13 febbraio 2014

Medio Oriente e anarchia: dal conflitto alla giustizia?


Lunedì, alle 17.30, sarò a Palazzo Nuovo per dialogare con Donatella Di Cesare su "Medio Oriente e anarchia: dal conflitto alla giustizia?"
La serata fa parte dei seminari pubblici di "Trópos. Rivista di ermeneutica e critica filosofica". INGRESSO LIBERO


martedì 17 luglio 2012

Gianni Vattimo (Europarlamentare IDV): “Grillo? Ha ragione su Israele e l'Iran”


"Grillo? Ha perfettamente ragione su Iran e Israele. Io vorrei che Ahmadinejad si facesse finalmente la sua atomica, che sarebbe un elemento di stabilità per il Medio Oriente. Israele ce l'ha, è un problema di equilibrio. Non è un dittatore, è eletto come gli altri. Non è uno schifoso, è una persona perbene che fa una politica diversa da quella degli Stati Uniti sostenuta da Israele. Io lo appoggio totalmente".

Lo dice alla Zanzara su Radio 24 l'europarlamentare dell'Idv Gianni Vattimo, a proposito dell'intervista rilasciata da Beppe Grillo a un quotidiano israeliano. Vattimo va a ruota libera su Israele, Iran e Stati Uniti. "Sull'impiccagione in Iran di cui parla Grillo - dice per esempio Vattimo  - e sulla pena di morte negli States ha ragione lui al cento per cento: fino a 300 anni fa il Vaticano sosteneva la pena di morte, la pena di morte in Iran è solo un altro tipo di legislazione.

Lo stato di diritto? E perché esiste in America dove vince chi ha più soldi? Aprite gli occhi. La più grande democrazia del mondo? Ma di cosa parliamo, mi metto a ridere. In America c'è una schifezza non una democrazia". Grillo ha parlato anche di informazione in Occidente ‘guidata' da un'agenzia israeliana, chiedono i conduttori Giuseppe Cruciani e David Parenzo.

ahmadinejad"E anche qui ha ragione - risponde Vattimo - perché quello che noi sappiamo su Israele e Palestina, Iran e Siria è filtrato da un'agenzia internazionale con dietro un ex agente del Mossad: mi fate vedere per favore la famosa lesbica siriana, che era un signore pagato da qualche servizio segreto? Se intervenissimo in Siria faremmo l'ennesima porcata. Questi ribelli che spuntano così chi cavolo li arma? La Cia, ne avete mai sentito parlare?". Poi Vattimo parla del governo Monti.

"In Egitto i Fratelli Musulmani hanno vinto e sono contento - dice alla Zanzara - se l'alternativa era l'esercito. Meglio i Fratelli Musulmani di Monti? Almeno lì ci sono state le elezioni perchè almeno li c'è stata una votazione, la democrazia. Monti invece è solo un emissario delle banche mondiali. Sono contenti anche gli israeliani che ci sia lui a governare, essendo un governo che più capitalista non si può. Diciamolo chiaramente: fa la stessa politica di Berlusconi ma la fa più seriamente, è meno vergognoso ma molto più pericoloso perchè non si vede come si possa scalzarlo, è sostenuto da tutti".

Dagospia, 26 giugno 2012

martedì 14 giugno 2011

Festa per Israele, via ai lavori. Contro-corteo degli antagonisti

Festa per Israele, via ai lavori. Contro-corteo degli antagonisti

Preoccupa il raduno nazionale del 18 giugno in largo Cairoli. La sinistra incalza il sindaco


Corriere della Sera - Milano

MILANO - Via al conto alla rovescia: piazza Duomo da ieri ha cominciato a prepararsi a Unexpected Israel, la kermesse di dieci giorni finita nel mirino dei movimenti filopalestinesi e che racconterà dal 12 al 23 giugno, attraverso 15 parallelepipedi-vetrine, gli aspetti meno conosciuti dello Stato ebraico. Con qualche ora di ritardo i lavori per l'«Israele inaspettata» sono quindi iniziati. Le prime squadre di operai stanno collocando sul lato della piazza opposto alla cattedrale pali e piattaforme: il primo scheletro del futuro spazio espositivo. Il lavoro degli addetti è tenuto sotto costante osservazione da un buon numero di agenti delle forze dell'ordine che presidiano la piazza e la zona immediatamente a ridosso del recinto dove si svolgerà la manifestazione. Piazza Duomo sotto scorta giorno e notte, mentre i movimenti antagonisti organizzano le contro-manifestazioni. Due gli appuntamenti principali. Il primo è in calendario già per dopodomani, a pochi passi dai futuri padiglioni espositivi. Sabato, a partire dalle quindici, performance-presidio, «dedicata ai bambini di Gaza».

Preoccupa di più però la seconda delle manifestazioni in programma. Quella che il comitato «No all'occupazione israeliana di Milano» sta organizzando per il sabato successivo. Un appuntamento nazionale con concentramento nel centralissimo largo Cairoli. L'autorizzazione dalla questura per il raduno è già arrivata. La richiesta di un corteo per le vie del centro è invece ancora in stand-by. «Noi vorremo comunque arrivare in una piazza del centro», dicono gli organizzatori. Rimangono i malumori, in questa parte della sinistra ultra-radicale, rispetto alla posizione espressa dal neosindaco Giuliano Pisapia di fronte alla kermesse israeliana.

«Ci saremmo aspettati più coraggio», dice Pietro Maestri di Sinistra Critica: «Lui, Pisapia, ha scelto di accettare la legittimità di questa esibizione pensando che si tratti di un semplice battage turistico. E invece si tratta di un'operazione di chiara propaganda politica dello Stato d'Israele». A rincarare la dose Gianni Vattimo, eurodeputato Idv: «Pisapia ha sbagliato a non spostare l'evento per Israele. Andava fatta fuori dalla città, fuori da Milano». Gli «antagonisti» intanto arriveranno oggi al Pirellone bis, per un incontro con il sottosegretario alla presidenza, Paolo Alli. «Un incontro di cortesia. «Tempo fa avevamo chiesto chiarezza. Le istituzioni ci devono spiegare quanti soldi pubblici sono stati concessi alla kermesse israeliana».

A. Se.
09 giugno 2011

giovedì 12 maggio 2011

Vattimo: "Palestina invitata in sordina ma meglio di niente"


Vattimo: "Palestina invitata in sordina ma meglio di niente"

La Repubblica, Torino, 12 maggio 2011. Vera Schiavazzi

TRE anni fa, assieme a un gruppo di intellettuali e giovani, aveva contestato con vigore la scelta di Israele come paese ospite del Salone. Il ricordo è ancora vivo: polizia, cortei, il timore che la manifestazione finisse «blindata» o, peggio, fosse teatro di violenze. Alla fine non successe nulla, ma di quella protesta restano idee che il filosofo e parlamentare europeo Gianni Vattimo (Idv) non ha cambiato. Vattimo, la presenza della Palestina come ospite dell' edizione che si apre oggi è un «risarcimento» per chi nel 2008 aveva contestato Israele? E se lo è, lei lo ritiene sufficiente?
«Intanto, trovo che questa decisione non sia stata granché pubblicizzata, io l'ho appreso dai giornali. Non che il Salone fosse tenuto a dircelo, visto che non eravamo allora e non siamo adesso un gruppo organizzato, ma mi pare che non ci sia paragone possibile tra la visibilità data allora a Israele, ma resta il fatto che se ne è saputo ben poco, mentre l'invito a Israele, forse anche grazie alle nostre contestazioni, è stato in prima pagina per giorni. L'abitudine di oscurare la Palestina e le sue ragioni di nazione occupata, del resto, è radicata un po' ovunque nel mondo. Mentre Israele è dappertutto al pari delle altre nazioni, dai campi di calcio alle Olimpiadi ai vertici internazionali, la Palestina continua a essere una sorta di fantasma. Comunque, meglio questo invito un po' in sordina che un secondo Salone dedicato a Israele. Accontentiamoci, e sosteniamo questa presenza a Torino».
Lei e i suoi compagni di protesta che cosa avete fatto in questi tre anni per proseguire la vostra battaglia?
«Molti di noi fanno parte dell'International Solidarity Mouvement, un'organizzazione attiva in modo permanente che, tra l'altro, sta organizzando la nuova Freedom Flotilla che partirà in giugno per cercare di raggiungere Gaza».
Lei ci sarà?
«Non ho più l'età per una navigazione così lunga. Ma, assieme ad altri, ho intenzione di fare il possibile per raggiungere Gaza in modo da attendere l'arrivo del convoglio, nella speranza che non ci siano né i nove morti dell'ultima volta né incidenti gravi. E naturalmente anche nella speranza che non accada niente di grave a me, anche se non sono così importante».
È mai stato a Gaza?
«No. Ma più volte in Israele, anche se negli ultimi anni ho preferito evitarlo».
Come parlamentare europeo che cosa sta facendo?
«Abbiamo prima scritto al ministro degli Esteri Catherine Ashton affinché chiedesse ufficialmente al governo israeliano di evitare ogni forma di violenza contro il convoglio navale che partirà, sottolineando tra l'altro come a bordo ci saranno alcuni europarlamentari. E proprio martedì, in commissione, abbiamo sottolineato - mi pare nella condivisione generale - l'idea che il Parlamento europeo debba intervenite in questa vicenda, se non altro con compiti di garanzia come, appunto, la presenza sulle navi pacifiste».

lunedì 17 gennaio 2011

Gianni Vattimo interviene a "Freedom Flotilla 2"

http://www.italiadeivalori.it
L'intervento dell'europarlamentare IdV Gianni Vattimo in sostegno della spedizione italiana a "Freedom Flottilla 2", presentata a Roma il 13 gennaio nella sede di Italia dei Valori

domenica 6 giugno 2010

Torino a sostegno della Palestina

Torino a sostegno della Palestina
di Giulia Zanotti per NuovaSocietà

Anche a Torino, come in molte altre città italiane, la giornata di ieri, 31 maggio, è stata all'insegna della solidarietà per il popolo palestinese, dopo l'attacco israeliano a Freedom Flotilla, la flotta internazionale di attivisti pacifisti che è stata assalita nella notte tra domenica e lunedì mentre tentava di portare aiuti umanitari nella striscia di Gaza.
Sin dal mattino, infatti, gli studenti universitari hanno organizzato attività di volantinaggio per informare sull'accaduto e sensibilizzare intorno alla questione del conflitto israelo-palestinese. Due i punti della città prescelti: piazza della Repubblica con l'affollatissimo mercato di Porta Palazzo e cuore multietnico della città, e Palazzo Nuovo, la sede delle facoltà umanistiche dove banchetti, musica e bandiere palestinesi hanno invaso l'atrio per tutta la giornata.
Secondo gli organizzatori, infatti, è necessario evitare di far passare sotto silenzio quello che è accaduto in quanto si tratta "dell'ennesima dimostrazione che Israele non è quel modello di democrazia mediorientale che si tende a pensare. La situazione della Palestina è davvero grave, i territori occupati sono grandi prigioni per la popolazione". Ed il timore è che anche questa volta non ci sarà nessuna sanzione significativa da parte della comunità internazionale.
Inoltre, proprio a Palazzo Nuovo nel pomeriggio si è tenuto un presidio trasformatosi poi in corteo che ha attraversato il centro cittadino coinvolgendo anche molti passanti che hanno sfilato dietro un carro allegorico raffigurante un mostro con elmetto militare ed uno striscione dalla scritta "Boicotta Israele. Sostieni la Palestina".
Tra i manifestanti del corteo c'era anche Gianni Vattimo, filosofo ed europarlamentare che di fronte al municipio ha preso la parola per commentare quanto accaduto in medioriente. Parole molto forti le sue, non solo nei confronti di Israele, ma anche della comunità europea e del governo italiano giudicati colpevoli di finanziare e giustificare una politica di guerra e violenza.
Proprio davanti alla sede del comune, inoltre, non sono mancati momenti di tensione dovuti all'incontro con l'onorevole Agostino Ghiglia che avvistato dai manifestanti è stato insultato ed inseguito da alcuni di loro.
Il corteo è poi proseguito fino a Porta Palazzo cercando di coinvolgere anche la numerosa popolazione araba che vi risiede. Per i prossimi giorni sono previste ulteriori manifestazioni per ribadire la ferma opposizione all'atto di violenza compiuto da Israele.

Centri sociali e sinistra in corteo contro Israele

Centri sociali e sinistra in corteo contro Israele
«Assassini»: l’urlo di Vattimo davanti al municipio. Ghiglia colpito con un calcio: «Estremisti violenti»
LUCIANO BORGHESAN
TORINO

Davanti a Palazzo Nuovo è una studentessa di origine ebraica a dar voce alla protesta contro l’attacco israeliano alla «nave della pace» che portava aiuti ai palestinesi. «Hanno ucciso 19 pacifisti, decine di feriti, per un carico di medicine, di casa prefabbricate, di cibo», grida al microfono Dana Lauriola, 28 anni, studentessa-lavoratrice iscritta a Psicologia. Si ripete accompagnando il camioncino che guida il corteo verso via Po e piazza Castello: «Proprio perché sono ebrea - spiega - ho seguito e seguo con apprensione la questione israelo-palestinese, ci sono stati 1414 moti negli ultimi dieci anni tra i palestinesi, e quello che è capitato ora è gravissimo, non porta certo alla convivenza dei popoli».

La seguono in 300, molti giovani e alcune decine di torinesi più datati. Centri sociali, Radio Black Out, la manifestazione si tinge di rosso con le bandiere della Fgci, dei Comunisti italiani, del Partito Comunista dei lavoratori, di Sinistra Critica, del Collettivo Comunista, di Socialismo rivoluzionario. Tra i politici si distinguono l’ex senatore Franco Turigliatto (quello che fece mancare l’appoggio al governo Prodi 2), l’ex assessore comunale Dario Ortolano, portano un’adesione simbolica anche il presidente del consiglio comunale Giuseppe Castronovo e la consigliera Monica Cerutti, i quali informano i manifestanti che «non si potrà votare un ordine del giorno di condanna in quanto alla conferenza dei capigruppo si sono opposti i Pdl Daniele Cantore e Agostino Ghiglia».


Il corteo fila via liscio fino a metà via Pietro Micca quando davanti alla sede della Defonseca e dell’associazione Italia-Israele i manifestanti si fermano e gridano «Assassini. Pagherete caro, pagherete tutto». Altro stop di fronte a Palazzo Civico: prende il microfono Gianni Vattimo: «Assassini, bastardi. Continuano a sparare su gente inerme, io avrei potuto essere su quella nave. E gli intellettuali italiani del c... sono contro il boicottaggio delle merci israeliane: fuori dalle palle!».

In Sala Rossa si è appena osservato un minuto di silenzio, ma poi il consiglio comunale viene sciolto per mancanza del numero legale, e Ghiglia esce dal municipio mentre il corteo sta lasciando piazza Palazzo di Città e si indirizza verso Porta Palazzo, qualcuno lo riconosce e gli urla «Vergognati criminale», l’ex missino prosegue lesto, monta sul motorino poi si ferma come per chiedere spiegazioni, cinque-sei lo inseguono, uno gli tira un calcio, Ghiglia accelera e via, più tardi commenta: «E’ la dimostrazione che gli estremisti di sinistra e gli esponenti dei centri sociali strumentalizzano episodi delicati e lo stesso pacifismo al fine di colpire violentemente gli avversari politici e chi è distante dalle loro posizioni».


Intanto si moltiplicano i comunicati e le iniziative di condanna dell’aggressione israeliana. Ieri sera, in vai Fiochetto, si sono riunite la comunità palestinese in Piemonte Al Baiader, l’Unione Araba di Torino e il Centro colturale Dar Alhekma, chiedono, tra l’altro, «il rilascio immediato di tutte le persone sotto sequestro, la consegna degli aiuti alla popolazione di Gaza, l’eliminazione dell’embargo e l’apertura dei varchi a Gaza in modo definitivo, la costituzione di un tribunale internazionale». Ferma condanna dalle Acli e da altri movimenti. Interviene anche l’on. Gianni Vernetti che l’altro ieri aveva promosso una protesta davanti alla Coop «contro il boicottaggio delle merci made in Israele»: il deputato di Alleanza per l’Italia, esprimendo «rammarico per i morti e i feriti», auspica che si eviti «che i fatti di oggi compromettano il dialogo fra il Governo di Israele e l’Autorità Nazionale Palestinese».

domenica 16 maggio 2010

Sul boicottaggio di Israele

Rassegna stampa sul tema.

Salone libro: polemiche per premio a Oz
Parte da Torino nuova campagna boicottaggio culturale a Israele (ANSA) - TORINO, 7 MAG - Ancora una volta il Salone del Libro è al centro delle polemiche mosse dagli intellettuali universitari, come il filosofo Vattimo. Nel 2008 le polemiche scoppiarono quando Israele fu il paese ospite. Ora è la nomina, tra i 3 finalisti del nuovo Premio Salone Internazionale del Libro, dello scrittore israeliano Amos Oz. Scrittore, secondo l'associazione pacifista ISM, vicino al potere e mirato ad avvallarne le politiche violente e razziste nei riguardi di tutto ciò che non è ebreo.

Salone del Libro: boicottare Israele
Vattimo ci riprova
Il Giornale, 8 maggio 2010
Ancora una volta il Salone del Libro, dopo le polemiche del 2008, quando Israele fu il paese ospite, è al centro degli attacchi di intellettuali, come il filosofo Gianni Vattimo, che si riconoscono nell’Ism (International Solidarity Movement Palestinese) e nella sua campagna di boicottaggio culturale di Israele. In particolare è nel mirino dell’Ism la nomina, tra i tre finalisti del nuovo Premio Salone Internazionale del Libro, dello scrittore israeliano Amos Oz. Scrittore, secondo gli organizzatori della protesta, «vicino al potere e mirato ad avvallarne le politiche violente e razziste nei confronti di tutto ciò che non è ebreo». «Certo non vogliamo la distruzione di Israele, ma della struttura del suo governo», dice Vattimo. Nessuno all’Ism sembra però ricordare che Amos Oz è stato tra i primi in Israele a schierarsi a favore della creazione di uno stato palestinese.

Israele divide gli ebrei d'Europa
L'intervento di Wiesel su Gerusalemme, la polemica tra gli intellettuali. Schieramenti: Gad Lerner sostiene il documento di Bernard-Henri Lévy. Paolo Mieli e Giuliano Ferrara con Fiamma Nirenstein
Posizioni contrastanti sulla politica di Netanyahu: appelli e raccolte di firme anche in Italia
Corriere della sera, 7 maggio 2010; di Antonio Carioti
Dal suo incontro alla Casa Bianca con il presidente Barack Obama, martedì scorso, il premio Nobel Elie Wiesel è uscito con la convinzione che le tensioni fra Stati Uniti e Israele siano in via di superamento. Ma certo sono tutt'altro che superati i contrasti sulla questione mediorientale tra intellettuali ebrei (ma non soltanto) innescati proprio da un appello di Wiesel uscito a metà aprile su alcuni tra i più prestigiosi quotidiani degli Usa. L'anziano premio Nobel era intervenuto su Gerusalemme e sul vincolo «al di sopra della politica» che lega la città al popolo ebraico, affermando che oggi, sotto la sovranità d' Israele, a tutta la popolazione urbana, di qualsiasi fede religiosa, è garantita non solo la libertà di culto, ma anche una condizione di pari opportunità in fatto di licenze edilizie. Parole cui hanno reagito alcuni intellettuali israeliani di sinistra, come l' ex presidente del Parlamento Avraham Burg e lo storico Zeev Sternhell, che vi hanno letto un appoggio alla politica dell'attuale premier Benjamin Netanyahu, leader della destra sionista. È nata così una lettera a Wiesel, sottoscritta da 99 studiosi, in cui si accusa il Nobel di sovrapporre un ideale astratto alla Gerusalemme reale, con «errori fattuali e false rappresentazioni», senza tener conto delle discriminazioni cui è sottoposta la popolazione araba della città.
Poco dopo veniva diffuso in Europa un altro documento molto critico verso il governo israeliano, su iniziativa del gruppo di intellettuali ebrei progressisti JCall (da European Jewish Call for Reason, «Appello alla ragione ebraico europeo»). I firmatari (tra cui Bernard-Henri Lévy, Alain Finkielkraut, Gad Lerner, il leader ecologista Daniel Cohn Bendit, il regista Elie Chouraqui) riaffermano «il legame con Israele» come «parte costitutiva» della loro identità, ma sostengono che l'occupazione e l'espansione delle colonie in Cisgiordania e nei quartieri arabi di Gerusalemme è «un errore politico e morale». Quindi dichiarano che il principio «due popoli, due Stati» è l'unica possibile via d'uscita dal conflitto, chiedono all'Unione Europea e agli Usa di esercitare «una pressione forte sulle parti in lotta», esortano la diaspora ebraica a impegnarsi nella stessa direzione. «Allinearsi in modo acritico alla politica del governo israeliano - si legge nel documento - è pericoloso perché va contro i veri interessi dello Stato d'Israele», in quanto la sua sopravvivenza «come Stato ebraico e democratico» risulta «strettamente legata alla creazione di uno Stato palestinese sovrano e autosufficiente». L'appello di JCall, che ha raccolto ad oggi circa 5.000 firme, fa emergere con chiarezza il nucleo della contesa che divide il mondo ebraico circa il conflitto mediorientale. C'è chi, come i firmatari del documento, ritiene che Israele non faccia abbastanza per creare le condizioni di un accordo con i palestinesi e c'è chi invece indica nel rifiuto arabo e musulmano (corroborato dalle minacce atomiche dell' Iran) verso lo Stato ebraico il vero nodo da sciogliere, che rende impraticabile la soluzione «due popoli, due Stati».
Su questa linea si collocano infatti due appelli stilati in esplicita polemica con la linea di JCall. Il primo è stato diffuso in Francia da personalità come lo studioso del razzismo Pierre-André Taguieff e il direttore della rivista «Controverses», Shmuel Trigano. Il secondo, benché lanciato in Italia dalla giornalista Fiamma Nirenstein, deputata del Pdl, ha un carattere internazionale. Lo hanno sottoscritto, tra gli altri, Paolo Mieli, Giuliano Ferrara, Giorgio Israel, Riccardo Pacifici, ma anche il padre nobile dei neocon americani Norman Podhoretz, lo storico Michael Ledeen, l'editorialista del «Jerusalem Post» Caroline Glick. Il documento francese afferma che JCall «va contro i suoi obiettivi dichiarati», perché «contribuisce ai tentativi di boicottaggio e di delegittimazione che minano lo Stato d' Israele», ignorando completamente che ogni segnale di buona volontà proveniente dallo Stato ebraico (come il ritiro dal Sud del Libano e quello dalla striscia di Gaza) non ha fatto altro che imbaldanzire la parte più fanatica ed estremista della controparte araba. Ancor più duro l'appello di Fiamma Nirenstein, che attacca anche gli intellettuali scesi in campo contro Wiesel, critica la linea di Obama e difende Netanyahu. «Voler spingere Israele a concessioni territoriali senza contraccambio - dichiarano i firmatari - significa semplicemente consegnarsi nelle mani del nemico senza nessuna garanzia». Le tesi di JCall vengono qui presentate come parte di «una triste epidemia perbenista, con la quale probabilmente si pensa di fornire un po' di ossigeno ai movimenti pacifisti», mentre non si fa altro che favorire i nemici d'Israele, consentendo loro di dire: «Anche molti ebrei sono dalla nostra parte».
Accuse alle quali Lèvy, su «Le Monde» di ieri, risponde ricordando il suo lungo impegno a favore di Israele. Il filosofo francese denuncia la furia «islamofascista» di Hamas e avanza qualche riserva sul testo dell' appello di JCall, ma ribadisce che si tratta di «una buona iniziativa», poiché a suo avviso amare lo Stato ebraico significa anche distinguerlo dalla politica del suo governo, al quale addebita errori molto gravi. Su una linea analoga, in Italia, l'assessore alla cultura dell' Unione delle comunità ebraiche Victor Magiar, secondo cui l'appello contro JCall contiene «una distorsione delle tesi altrui». Certo è che, se i sostenitori di Israele appaiono divisi, i suoi avversari non demordono anche dalle iniziative più oltranziste. Basti pensare che oggi a Torino Gianni Vattimo e altri docenti universitari lanciano un «appello per il boicottaggio accademico e culturale» dello Stato ebraico, che tacciano di «politica genocidaria» assimilandolo al Sudafrica razzista dell'apartheid.
Boicottiamo i latinisti israeliani?
L'espresso, 14 maggio 2010. Di Umberto Eco
Non sono d'accordo con il mio amico Gianni Vattimo che ha firmato l'appello secondo cui "gli accademici e intellettuali israeliani hanno svolto e svolgono un ruolo di sostegno dei loro governi"
Nel gennaio 2003 in una Bustina mi rammaricavo che la rivista inglese "The Translator", diretta da Mona Baker, stimata curatrice di una Encyclopedia of Translation Studies avesse deciso (per protestare contro la politica di Sharon) di boicottare le istituzioni universitarie israeliane, e pertanto aveva chiesto a due studiosi israeliani, che facevano parte del comitato direttivo della rivista, di dare le dimissioni. Per inciso i due studiosi erano notoriamente in polemica con la politica del loro governo, ma la cosa a Mona Frank non faceva né caldo né freddo.Osservavo che occorre distinguere tra la politica di un governo (o addirittura tra la costituzione di uno Stato) e i fermenti culturali che agitano un certo paese. Implicitamente rilevavo che considerare tutti i cittadini di un paese responsabili della politica del loro governo era una forma di razzismo. Tra chi si comporta così e chi afferma che, siccome alcuni palestinesi commettono attentati terroristici, bisogna bombardare tutti i palestinesi, non c'è alcuna differenza. Ora è stato presentato a Torino un manifesto della Italian Campaign for the Academic & Cultural Boycott of Israel in cui, sempre per censurare la politica del governo israeliano, si sostiene che "le università, gli accademici e gli intellettuali israeliani, nella quasi totalità, hanno svolto e svolgono un ruolo di sostegno dei loro governi e sono complici delle loro politiche. Le università israeliane sono anche i luoghi dove si realizzano alcuni dei più importanti progetti di ricerca, a fini militari, su nuove armi basate sulle nanotecnologie e su sistemi tecnologici e psicologici di controllo e oppressione della popolazione civile". Pertanto si chiede di astenersi dalla partecipazione in ogni forma di cooperazione accademica e culturale, di collaborazione o di progetti congiunti con le istituzioni israeliane; di sostenere un boicottaggio globale delle istituzioni israeliane a livello nazionale e internazionale, inclusa la sospensione di tutte le forme di finanziamento e di sussidi a queste istituzioni.
Non condivido affatto la politica del governo israeliano e ho visto con molto interesse il manifesto di moltissimi ebrei europei (JCall) contro l'espansione degli insediamenti israeliani (manifesto che, con le polemiche che ha suscitato, mostra come ci sia una accesa dialettica su questi problemi nel mondo ebraico, dentro e fuori Israele). Ma trovo mendace l'affermazione per cui "gli accademici e gli intellettuali israeliani, nella quasi totalità, hanno svolto e svolgono un ruolo di sostegno dei loro governi", perché tutti sappiamo di quanti intellettuali israeliani abbiano polemizzato e polemizzino su questi temi.Dobbiamo astenerci di ospitare in un congresso di filosofia ogni filosofo cinese per il fatto che il governo di Pechino censura Google? Posso capire che (per uscire dall'imbarazzante argomento israeliano) se si apprende che i dipartimenti di fisica dell'università di Teheran o di Pyongyang collaborano attivamente alla costruzione della bomba atomica di quei paesi, i dipartimenti di fisica di Roma o di Oxford preferiscano interrompere ogni rapporto istituzionale con quei luoghi di ricerca. Ma non capisco perché debbano interrompersi i rapporti coi dipartimenti di storia dell'arte coreana o di letteratura persiana antica. Vedo che ha partecipato al lancio del nuovo appello al boicottaggio il mio amico Gianni Vattimo. Ora facciamo (per assurdo!) l'ipotesi che in alcuni paesi stranieri si diffonda la voce che il governo Berlusconi attenta al sacro principio democratico della divisione dei poteri delegittimando la magistratura, e si avvale del sostegno di un partito decisamente razzista e xenofobo. Piacerebbe a Vattimo che, in polemica con questo governo, le università americane non lo invitassero più come visiting professor, e speciali comitati per la difesa del diritto provvedessero a eliminare tutte le sue pubblicazioni dalle biblioteche Usa? Io credo che griderebbe all'ingiustizia e affermerebbe che fare così è come giudicare tutti gli ebrei responsabili di deicidio solo perché il Sinedrio quel venerdì santo era di malumore. Non è vero che tutti i rumeni sono stupratori, tutti i preti pedofili e tutti gli studiosi di Heidegger nazisti. E quindi qualsiasi posizione politica, qualsiasi polemica nei confronti di un governo, non deve coinvolgere un intero popolo e una intera cultura. E questo vale in particolare per la repubblica del sapere, dove la solidarietà tra studiosi, artisti e scrittori di tutto il mondo è sempre stato un modo per difendere, al di là di ogni frontiera, i diritti umani.

Campagna per il Boicottaggio Accademico & Culturale di Israele

ICACBI
Italian Campaign for the Academic & Cultural Boycott of Israel
Comunicato stampa 2010/04/08/01

Conferenza stampa per il lancio della Campagna per il Boicottaggio Accademico & Culturale di Israele.
Venerdì 7 maggio 2010 alle ore 11.30 presso la Sala dell’Antico Macello di Po in via Matteo Pescatore 7 a Torino, si è tenuta una Conferenza stampa per il lancio della Campagna per il Boicottaggio Accademico & Culturale di Israele.
Alfredo Tradardi ha presentato gli obiettivi e le motivazioni della Campagna. Sono intervenuti Gianni Vattimo e Diana Carminati.
Enrico Contenti ha ricordato l’adesione all’appello di Antonino Salerno, segretario del SIAM, Sindacato Italiano Artisti della Musica.
Erano presenti, tra gli altri, Franca Balsamo e Amedeo Cottino già dell’Università di Torino, Ugo Barbero, Marilla Boffito, Claudio Lombardi e Grazia Raffaelli.
Ai presenti è stata distribuita una cartellina di documentazione contenente:
1. ICACBI L'appello italiano per il boicottaggio accademico e culturale
2. Free Palestine! Boycott Israel! L'appello BDS
3. PABCI 01 10 09 Linee guida per il boicottaggio accademico
4. PACBI 20 09 09 Linee guida per il boicottaggio culturale
5. 30 Elenchi adesioni al 7 maggio 2010
6. Che cosa è ISM-Italia con alcuni libri consigliati sulla questione palestinese
7. Elenco delle iniziative internazionali 2009 – 2010.
8. BRICUP Newsletter n. 28 – May 2010 70 BRICUP Newsletter
Tutti i documenti indicati sono sul sito http://sites.google.com/site/icacbi/05-news

Tra le adesioni segnaliamo quelle di Wasim Dahmash dell’Università di Cagliari, Angelo Baracca dell’Università di Firenze, Gilda Della Ragione e Paola Manduca dell’Università di Genova, Francesca Biancani della London School of Economics, Nella Ginatempo dell’Università di Messina, Milli Martinelli già dell’Università di Milano, Paolo Valerio e Vito Coppola dell’Università di Napoli Federico II, Iain Chambers e Tiziana Terranova dell’Università di Napoli l’Orientale, Vincenzo Tradardi già dell’Università di Parma, Maria d'Erme e Pina Rosas Piras dell’Università di Roma, Alessandra Algostino dell’Università di Torino, Diana Carminati, Amedeo Cottino, Franca Balsamo e Gianni Vattimo (Europarlamentare) già dell’Università di Torino, Giorgio Faraggiana del Politecnico di Torino, Federico Della Valle dell’Università di Trieste, Domenico Losurdo dell’Università di Urbino, Eros Baldissera dell’Università di Venezia, Enrica Calmieri del CNAM-MIUR e dei ricercatori Vincenzo Brandi (ENEA), Raffaele Capoano, Monica Lanzillotta e Riccardo Zanini.
Degli esponenti politici Vincenzo Chieppa, segretario regionale PdCI Piemonte e Franco Turigliatto di Sinistra Critica.
Di Vittorio Arrigoni, di nuovo a Gaza.
Di Piero Gilardi, artista visivo e non solo, Simone Capula, regista teatrale, Federico Castelli, artista (Parigi), Fausto Giudice, scrittore, Jörg Grünert, scultore, Cam Lecce, attrice, Myriam Marino, scrittrice, Karim Metref, scrittore, Agnese Molinario, regista, Beppe Rosso, autore, regista e attore teatrale, Antonino Salerno, musicista e seg.naz. SIAM, Diego Siracusa, scrittore, Giulio Stocchi, poeta.
In sintesi:
Docenti e ricercatori 29, Studenti universitari 35, Associazioni 1, Esponenti politici 2, Giornalisti 6,
Artisti – Intellettuali- Operatori culturali 27, Attivisti 178.
Per un totale all’8 maggio 2010 di 278 adesioni.
L’elenco completo delle adesioni all’indirizzo
http://sites.google.com/site/icacbi/05-elenchi-adesioni.
ICACBI
Italian Campaign for the Academic & Cultural Boycott of Israel
icacbi.pacbi@gmail.com
adesioneicacbi@gmail.com
http://sites.google.com/site/icacbi/

venerdì 12 marzo 2010

Appello - Fermare l'aggressione all'Iran!

Pubblichiamo di seguito questo importante appello che vuole chiamare alla mobilitazione contro l'aggressione all'Iran. E' possibile inviare la propria adesione scrivendo a
giulemanidalliran@alice.it

Fermare l’aggressione all’Iran! Denuclearizzare l’intero Medio Oriente! Porre fine all’assedio di Gaza e al martirio del popolo palestinese!
Sin da quando G.W. Bush definì l’Iran uno “Stato canaglia” è in corso contro questo paese dalla storia plurimillenaria e il suo governo una brutale campagna di demonizzazione; una campagna fondata sulla menzogna che con tutta evidenza serve a spianare la strada all’aggressione militare.
Tutti ricordiamo come fu preparata la guerra all’Iraq. Mentre le sanzioni e l’embargo provocavano mezzo milione di morti (anzitutto bambini, a causa dell’assenza di medicinali, latte e beni di prima necessità), l’Iraq era accusato di accumulare “armi di distruzione di massa”. Come dimenticare la grande messa in scena con cui Colin Powell, per giustificare quella che sarà la più grande carneficina dopo il Vietnam, giunse a ingannare l’assemblea dell’ONU mostrando la famigerata “pistola fumante”? Gli Stati Uniti, che difendono la loro supremazia mondiale con migliaia e migliaia di testate nucleari e la più imponente macchina bellica di tutti i tempi, giustificano le terribili sanzioni da imporre all’Iran e l’eventuale attacco militare con l’argomento secondo cui la Repubblica islamica cercherebbe di dotarsi della bomba atomica per poter attaccare Israele. L’accusa è sdegnosamente respinta da Tehran, e comunque ancora una volta la Casa Bianca usa due pesi e due misure. E’ infatti noto che Israele possiede centinaia di testate nucleari, buona parte delle quali puntate sull’Iran e ognuna delle quali potrebbe radere al suolo Tehran.
I nemici dichiarati dell’Iran (anzitutto Israele e Stati Uniti, a cui si accoda l’Unione Europea), nel tentativo di ingannare l’opinione pubblica e compattare il loro fronte interno, indossano la solita maschera, quella di paladini della libertà, della democrazia e della non-violenza. In particolare, essi contestano al governo di Tehran la dura repressione delle proteste. I sottoscritti non amano né le dittature, né la sospensione dei diritti di libertà, ovunque questo avvenga, ma prima di dare lezioni di democrazia i nemici dell’Iran dovrebbero porre fine allo Stato d’assedio e alla minaccia militare a cui sottopongono questo paese, visto che la guerra, come la storia insegna, è il più grave ostacolo alla libertà. In ogni caso, non possono ergersi a campioni dei diritti dell’uomo quegli stessi paesi, le cui truppe compiono massacri in Afghanistan o in Palestina, che sostengono colpi di stato per rovesciare governi ostili (Honduras), che non esitano a ricorrere agli attentati terroristici o all’«eliminazione mirata» di esponenti politici o scienziati considerati pericolosi.
Mentre si aggravano i pericoli di guerra esprimiamo il nostro sdegno per le affermazioni rilasciate da Berlusconi nel corso del suo viaggio in Israele. Non solo egli ha giustificato i massacri indiscriminati contro i palestinesi di Gaza, non solo ha difeso l’idea razzista e segregazionista di Israele quale stato puramente ebraico (con la sostanziale esclusione della popolazione araba dal godimento dei diritti politici). Calpestando i sentimenti di pace del popolo italiano e danneggiando gli stessi interessi nazionali, Berlusconi ha assicurato agli israeliani che l’Italia interromperà le relazioni economiche con l’Iran e sosterrà in ogni sede la richiesta di durissime sanzioni. In altre parole Berlusconi ha dato man forte ai falchi israeliani, i quali sono pronti, una volta ottenuto il semaforo verde da Obama, a rovesciare sull’Iran un devastante bombardamento, senza escludere il ricorso all’arma atomica.
Occorre fermare l’escalation anti-iraniana e smantellare l’arsenale atomico israeliano per denuclearizzare il Medio oriente. L’assedio israeliano di Gaza deve finire ed il popolo palestinese deve vedere finalmente riconosciuti i suoi diritti.

PRIMI FIRMATARI
Domenico Losurdo – Università di Urbino
Gianni Vattimo – Filosofo e parlamentare europeo
Danilo Zolo – Università di Firenze
Margherita Hack – Astrofisica
Lucio Manisco – Giornalista, già parlamentare europeo

lunedì 30 novembre 2009

A quem interessa isolar o Irã?


A quem interessa isolar o Irã?
Explicações na entrevista de um pensador que radicaliza o discurso ao defender a tolerância
Christian Carvalho Cruz - O Estado de S.Paulo
Estadao.com.br Suplementos Aliàs

Não se deixe enganar pela voz pequena e rouca do filósofo italiano Gianni Vattimo. Ouvi-lo ao telefone é como ler a Tabacaria, de Álvaro de Campos/Fernando Pessoa. Um soco por linha. Nascido em Turim, onde ainda ensina na universidade local, especialista em Nietzsche e Heidegger, eurodeputado em segundo mandato, mais de 20 livros publicados (entre eles O Fim da Modernidade e Depois da Cristandade), católico, comunista e homossexual, às vezes Vattimo parece querer cantar que não é nada, nunca será nada, não pode querer ser nada neste mundo que "nada aprendeu com a crise dos mercados mundiais".

Aos 73 anos, está profundamente desiludido com sua Europa ("uma colônia americana") e com sua Itália ("uma colônia vaticana"). Mas tem em si todos os sonhos do mundo quando se volta para a América Latina. Acredita que, com Lula à frente, o continente pode finalmente se unir em torno de algo que não sejam "idiotices do passado como a Operação Condor". O Brasil em particular, ele avalia, já se tornou um fator de equilíbrio internacional, uma nação a ser ouvida quando se dispõe a ajudar no processo de paz do Oriente Médio. Não por outra razão, viu como acertada a decisão do governo brasileiro de receber - e não isolar - o presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad essa semana. Além disso pede liberdade para o ex-ativista Cesare Battisti, encarcerado em Brasília, e, num grito engasgado contra o papa Bento XVI, dispara: "Eu gostaria de ir à igreja sem ser considerado um monstro porque sou gay".

Em resumo, Vattimo é um radical, como se verá nesta entrevista que concedeu de seu gabinete no Parlamento Europeu, em Estrasburgo (França). Por trás das tintas aparentemente maniqueístas de suas palavras o que há é um radical pela tolerância, pelo pluralismo de ideias, comportamentos e religiões - para ele, as únicas forças capazes de emancipar o ser humano, reduzir a violência e a injustiça social.

Essa semana o presidente Luiz Inácio Lula da Silva foi criticado no Brasil e no exterior por receber em Brasília o presidente do Irã, Mahmoud Ahmadinejad, que também esteve na Bolívia e na Venezuela. Quem é Ahmadinejad para o sr.?
Tenho reservas sobre certos comportamentos de Ahmadinejad , que não são novos em relação a outros presidentes que o precederam. Não podemos colocar tudo na conta dele. A questão das eleições supostamente fraudadas é complexa. Os resultados foram refutados pela oposição, e oposição está aí para isso. Não estou convencido de que seja verdade que Ahmadinejad tenha vencido com irregularidades. Ele é, sim, o expoente de uma maioria popular pouco liberal aos olhos europeus. Mas daí a exigir que ele seja diferente vai uma grande distância. Portanto, não acho absurdo que Lula o tenha recebido. Ao contrário, acho fundamental que haja oportunidades de encontros com Ahmadinejad que não sejam só ocasiões de maldizê-lo por ser inimigo de Israel e dos Estados Unidos.

O sr. gostaria de viver no Irã de Ahmadinejad?
Obviamente que não, por motivos homossexuais. Porém, politicamente, o importante é não fazer dele um diabo.

O Brasil acredita ser capaz de desempenhar algum papel no processo de paz no Oriente Médio. O sr. acha que o País tem esse peso internacional?
Estou convencido de que Lula pode liderar uma força mundial empenhada em aproximar Ahmadinejad de países liberais. É melhor levar Ahmadinejad a sério do que isolá-lo, porque as razões pelas quais o isolam são pouco razoáveis. Ahmadinejad quer fazer a sua bomba atômica? Eu duvido, porque é justo pensar - como pensa Lula - que ele pretenda usar a energia nuclear para fins pacíficos. Mas digamos que seja verdade, que Ahmadinejad queira ter uma bomba atômica. Isso não me escandaliza. Todos os países do clube ocidental a tem. Israel, seu vizinho, a tem. E Ahmadinejad não pode querer tê-la? Baseado em quais princípios?

Talvez baseado no fato de ele negar a existência do Holocausto.
Existem muitos judeus, israelenses inclusive, que são críticos da política de Estado de Israel. Descobri em minha história familiar que meu sobrenome, Vattimo, vem de judeus convertidos à força no passado. Isso me dá o direito de ser mais crítico. Parece-me excessivamente americano dizer "você não deve receber Ahmadinejad".

De que maneira o Brasil pode contribuir para a paz no Oriente Médio?
Fazendo contraponto aos Estados Unidos. A força econômica crescente e o respeito político conquistado fazem do Brasil um elemento de equilíbrio internacional. Até agora foram os Estados Unidos que deram as cartas, dizendo o que Israel devia fazer. Só que Israel sempre fez o que quis. E esse é um dos grandes entraves para a paz.

Se os EUA não conseguem, por que Lula vai conseguir?
O fato de Lula falar com Ahmadinejad elimina o hábito que domina toda a imprensa ocidental de observar a vontade americana, que é: "Com Ahmadinejad não se fala". Isso é o que fortalece a direita israelense, a agressividade israelense. Então, se Lula se aproxima de Ahmadinejad simplesmente o retira de sua condição de pária. Isso deve ajudar a limitar a agressividade israelense contra os palestinos.

O sr. vê solução para o conflito israelense-palestino?
Israel ajudaria se interrompesse sua política de expansão imperialista e racista. Por que Israel deve ser um Estado onde os palestinos têm menos direitos que os judeus? Talvez a única solução seja ter um Estado único que comporte Palestina e Israel sob administração da ONU. Todos os programas de dois Estados separados avançaram apenas com ofertas ridículas feitas por Israel aos palestinos. Não acredito mais na solução de dois Estados separados. Estão tentando faz 40 anos...

A Europa de Churchill, De Gaulle e tantos líderes não tem mais peso nos processos internacionais?
A Europa é um continente que permanece importante por razões econômicas, tecnológicas, etc. Mas, para mim, se não nos salvarem vocês, latino-americanos, nós nos dissolveremos. Conto sempre o seguinte episódio: eu era já parlamentar europeu quando Lula se elegeu presidente pela primeira vez. Na manhã em que soubemos da eleição dele entrei no Parlamento e senti um grande clima de excitação, até nos setores de direita. A Europa se sentia, e se sente ainda, uma colônia americana. A ideia de que Lula finalmente tinha se tornado presidente do Brasil com um programa que não consistia em seguir às cegas a cartilha de Washington, mas previa uma polícia autônoma, reconfortou a Europa. E eu continuo dizendo que só a América Latina pode salvar a Europa.

O sr. não está exagerando?
Veja, a União Europeia acabou de nomear uma ministra de Relações Exteriores que é uma baronesa que jamais foi eleita em nenhuma eleição na vida (a inglesa Catherine Margaret Ashton). Ela está lá porque herdou um título de lady e, como tal, uma cadeira na Câmara dos Lordes da Inglaterra. O que podemos esperar de uma Europa assim? A dimensão desse personagem mostra que a Europa não quer jogar a sério. Estamos fazendo a Europa dos governos, não a Europa dos cidadãos. Na América Latina hoje se desenvolvem regimes mais democráticos do que aqueles patrocinados pelos Estados Unidos no passado. Lula e a América Latina podem limitar o poder americano, intolerável em questões de guerra. No dia em que o Brasil criticar duramente a política dos Estados Unidos no Iraque e no Afeganistão os americanos pensarão duas vezes antes de continuar essas guerras. Nós europeus, ao contrário, estamos sempre ligados a isso. Sobretudo os italianos, que engrossamos as chamadas forças de paz encabeçadas que nada mais são do que forças de guerra travestidas.

Nessa Europa que o sr. diz estar à beira do precipício, qual tem sido o papel da Igreja Católica comandada pelo papa Bento XVI?
Na Itália a Igreja Católica sofre de um delírio de onipotência que pode levá-la ao derretimento. Quero que ela sobreviva, porque sou cristão. Mas a Igreja precisa ser salva dos papas. O papa Ratzinger, com seu frenesi de sufocar a vida, a família, a sexualidade, com base na ordem da natureza... Isso não faz sentido. Ele fala sempre em lei natural porque quer impor suas convicções também a quem não crê. A Itália é uma colônia vaticana, não se pode fazer nada. Não se pode falar de eutanásia, de união civil entre homossexuais. Pra mim, o cristianismo deve se desenvolver como caridade e humanismo. Todo o resto, os cultos, os milagres, as superstições me embaraçam. Eu gostaria de poder ir à igreja sem ser considerado um monstro porque sou gay.

Que avaliação o sr. faz da crise financeira mundial? Ela pode vir a construir um mundo mais justo na medida em que golpeou o capitalismo?
Ma che... Era uma grande ocasião para rever algumas coisas, algumas crenças. Mas como reagiram os governos europeus? Tomaram medidas simplesmente para restaurar o capitalismo exatamente como ele era. Não pensaram nem por um segundo que em dez anos estaremos na mesma situação. Os jornais já dizem que recomeçou a especulação imobiliária nos Estados Unidos. É exatamente o mesmo ciclo. Nada mudou. Não houve nenhuma novidade na regulação da economia, novos acordos. Apenas financiaram as dívidas dos bancos para que os danos não fossem maiores.

Podemos falar agora do ex-ativista italiano Cesare Battisti, que está preso no Brasil?
Era justamente o assunto que eu queria evitar. Um caso espinhosíssimo. Acompanho bem o assunto. Primeiro, não é verdade que não exista justiça na Itália. Podemos confiar nos tribunais italianos, afinal (o primeiro-ministro Silvio) Berlusconi tem pavor deles (risos). Também não é verdade que Battisti corre risco de vida na Itália. É verdade, porém, que ele foi julgado à revelia. E esse não é um exemplo de processo judicial que se possa dar ao mundo. Além disso, depois de ter escapado da Itália, Battisti sempre levou uma vida de cidadão exemplar. Sou favorável à permanência dele no Brasil, a um ato de clemência. Deem a ele a possibilidade de morar no exterior e encerremos o assunto. Já se passaram dezenas de anos. Sou contra uma justiça feita com contornos de vingança. A extradição para a Itália seria, objetivamente, uma vitória da direita. E isso não me agrada.

lunedì 23 novembre 2009

Gaza Freedom March

A Gaza a fine dicembre saremo migliaia per dire basta con l'assedio
La Gaza Freedom March non si limiterà a deplorare la brutalità israeliana, ma agirà per fermarla.
(22 novembre 2009)
Tra il 28 e il 29 dicembre, migliaia di volontari provenienti da tutto il mondo si sono dati appuntamento al valico di Rafah, il confine della Striscia di Gaza con l’Egitto, in quella che si annuncia come la più grande operazione di solidarietà internazionale della storia recente. Con la Gaza Freedom March, In tutto il mondo ci si sta mobilitando per porre fine alla tortura del popolo palestinese di Gaza, rispondendo all’esortazione contenuta nell’appello dell’associazione statunitense Code Pink: “Con la Gaza Freedom March, l’umanità non si limiterà a deplorare la brutalità israeliana, ma agirà per fermarla”. Ad oggi, la Gaza Freedom March vede l’adesione e la partecipazione di associazioni, comitati e forze sociali dalla Francia, dalla Gran Bretagna, dall'Italia, dall’Irlanda, dal Belgio, dalla Svizzera, dalla Spagna, dalla Grecia, dalla Germania, dalla Svezia, dalla Danimarca, dalla Finlandia, insomma da tutta l’Europa, oltre che dagli Stati Uniti, dal Canada, dal Messico, dalla Nuova Zelanda e dall’Australia. Non mancherà, inoltre, la presenza di volontari dal mondo arabo e quella di attivisti israeliani contro l’occupazione. La partecipazione italiana sarà all’altezza della situazione. Ancora una volta senza alcun sostegno da parte di partiti o istituzioni decine di volontari hanno risposto all’appello del Forum Palestina e si sono organizzati autonomamente, come autonomamente sono state organizzate tutte le iniziative di solidarietà con il popolo palestinese di questi anni, comprese le grandi manifestazioni durante l’operazione Piombo Fuso. Alla Gaza Freedom March hanno aderito molte personalità autorevoli della cultura e della politica. Jimmy Carter e Nelson Mandela sono fra quelli di cui è stata annunciata la presenza alla Marcia, ma l’elenco delle adesioni comprende Omar Barghouti (fondatore della Campagna Palestinese per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni - BDS), Mustafa Barghouti (deputato del Consiglio Legislativo Palestinese), Noam Chomsky, il deputato inglese George Galloway, Arun Gandhi, i registi Aki Kaurismak, Ken Loach e Oliver Stone, gli scrittori Naomi Klein e Gore Vidal, il Premio Nobel per la Pace Mairead Maguire, Jeff Halper (fondatore del Comitato Israeliano Contro la demolizione delle Case) e moltissimi altri. Fra i sostenitori italiani della Marcia, gli eurodeputati Luigi De Magistris e Gianni Vattimo, l’ex vicepresidente del Parlamento Europeo Luisa Morgantini, gli ex europarlamentari Vittorio Agnoletto e Marco Rizzo, oltre ad esponenti della cultura, dell’associazionismo e del sindacalismo di base. Dobbiamo lavorare ancora affinché il sostegno alla Gaza Freedom March cresca e per non permettere che su questa iniziativa cali la solita censura del silenzio, perché portare il nostro messaggio di solidarietà direttamente al popolo palestinese è importante, ma è fondamentale la battaglia politica qui, in un Paese dove la quasi totalità del mondo politico e dell’informazione è letteralmente schiacciata sul sostegno all'oocupazione sionista e alla sua terroristica concezione della sicurezza. Cominciamo a liberare Gaza dall'assedio. Con la Palestina nel cuore, fino alla vittoria!
tutte le informazioni sulla partecipazione alla Gaza Freedom March dall'Italia le trovate su www.forumpalestina.org

lunedì 26 ottobre 2009

Sostegno in crescita alla Gaza Freedom March di fine anno

Sostegno in crescita alla Gaza Freedom March di fine anno
(26 ottobre 2009; http://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o16098:f0)

Sta assumendo dimensioni imponenti il sostegno alla Gaza Freedom March di fine anno, promossa dall’associazione statunitense Code Pink ed alla quale aumentano di giorno in giorno le adesioni di singole personalità e di realtà associative. In un momento in cui il popolo palestinese vive una situazione drammatica, privo di una direzione politica adeguata e ostaggio di interessi e speculazioni di ogni genere, il sostegno della società civile internazionale e dei politici e degli intellettuali più sensibili è di importanza fondamentale. Fra le organizzazioni che sostengono la Gaza freedom March, vogliamo segnalare l’Associazione Americana dei Giuristi, gli Ebrei Americani per una Pace Giusta, gli Australiani per la Palestina, la Federazione Autonoma dei Lavoratori di Haiti, l’Alleanza canadese per la Pace, il Movimento Gaza Libera di Cipro, l’International Solidarity Movement, il Comitato Israeliano contro la Demolizione delle Case di Israele, Gran Bretagna e Stati Uniti, gli Ebrei contro l’Occupazione di Sydney (Australia), la Voce Ebraica per una Pace Giusta (Austria), la Fondazione Rachel Corrie, l’associazione statunitense dei Veterani per la Pace, l’organizzazione israeliana Yesh G’vul, l’associazione francese Europalestine.
Si tratta di un elenco assolutamente parziale, come parziale è l’elenco delle personalità che sostengono la Gaza Freedom March, che qui riportiamo: Ali Abunimah, scrittore e cofondatore di Electronic Intifada; il Dr. Patch Adams (a cui è ispirato il celebre film interpretato da Robin Williams); il poeta siriano Adonis; lo scrittore inglese Tariq Ali; Mustafa Barghouti, deputato del Consiglio Legislativo Palestinese; Omar Barghouti, fondatore della Campagna Palestinese per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS); Tony Benn, ex parlamentare inglese e presidente della UK Stop the War Coalition; Medea Benjamin, cofondatrice di Global Exchange e di CODEPINK; Sergio Cararo, giornalista italiano e cofondatore del Forum Palestina; Noam Chomsky, linguista e scrittore; Ramsey Clark, ex Ministro della Giustizaia U.S.A.; Jonathan Cook, giornalista (Gran Bretagna); Cindy e Craig Corrie, genitori di Rachel Corrie e fondatori dell’omonima Fondazione; Luigi De Magistris, Deputato Europeo; John Dugard, professore di diritto Internazionale ed ex giudice della Corte Internazionale di Giustiza, relatore speciale per la Commissione Diritti Umani delle Nazioni Unite; George Galloway, deputato del parlamento britannico; Arun Gandhi, fondatore del Gandhi Institute for Nonviolence; Jeff Halper, fondatore del Comitato Israeliano Contro la demolizione delle Case; Aki Kaurismaki, regista; Dina Kennedy, coordinatore U.S.A. del Free Gaza Movement e membro dell’Associazione Donne Americane e Palestinesi; Naomi Klein, scrittrice; Ken Loach, regista; Mairead Maguire, premio Nobel per la Pace; Germano Monti, cofondatore del Forum Palestina (Italia); Luisa Morgantini, ex vicepresidente del Parlamento Europeo; Ralph Nader, avvocato, scrittore ed ex candidato alla Presidenza degli Stati Uniti; Gianni Vattimo, filosofo e Deputato Europeo; Gore Vidal, scrittore; padre Louis Vitale, frate Francescano, di Pace e Bene Nonviolence Service; Howard Zinn, storico e scrittore.
L’obiettivo della Gaza Freedom March è quello di spezzare l’assedio che soffoca da anni la Striscia di Gaza, denunciando al mondo i crimini dell’occupazione israeliana e la complicità dei governi occidentali, che evitano di applicare sia le Risoluzioni dell’ONU che le sentenze della Corte Internazionale di Giustizia. Il Forum Palestina (una cui delegazione è riuscita ad entrare a Gaza lo scorso marzo) si è impegnato a contribuire alla partecipazione italiana alla Gaza Freedom March, sia organizzando la presenza italiana alla stessa, sia lanciando una campagna nazionale di sostegno e informazione.