lunedì 11 marzo 2013
Zigaina e Pasolini. Quando l'arte non può diventare moda
domenica 26 giugno 2011
"Anche in Italia ci vorrebbe una svolta ma i politici hanno paura del Vaticano"
La Repubblica, 26 giugno 2011. Intervista di Diego Longhin
TORINO - «Il problema dell'Europa si chiama Italia, non per colpa degli italiani, ma per la colonizzazione portata avanti dal Vaticano e per la codardia dei politici». Il professor Gianni Vattimo, filosofo ed eurodeputato dell'Italia dei Valori, nutre dubbi sul fatto che ci possa essere una svolta in Italia nel riconoscimento delle coppie gay.
Si continuerà a far polemiche su una pubblicità Ikea e sullo slogan "siamo aperti a tutti i tipi di famiglia"?
«Il problema è l'intreccio tra l'arretratezza politica e una Chiesa che considera i suoi princip
i come principi di diritto naturale. Non solo sulle unioni omosessuali, ma sulla bioetica, sul finevita, sul divorzio. Principi non negoziabili, anche se la Chiesa si dichiara democratica. Il politico, pur di non perdere un voto del vescovo o del parroco, preferisce evitare di affrontare la questione, anche se nel Paese la posizione è diversa».
La maggioranza è a favore delle unioni gay?
«Basta guardare i sondaggi. Non vogliamo usare la parola matrimonio perché infastidisce. Va bene. Sarebbe importante un riconoscimento legale. Anche i cattolici sono d'accordo. Anche io mi considero un cristiano, non tanto praticante perché la Chiesa pensa che sia un bandito...».
La maggioranza politica non corrisponde a quella reale?
«No, ma è una cosa che accade sempre più spesso. Si vincono i referendum, ma poi si perde in parlamento».
Tra i politici italiani vede un Cuomo o un Obama che possa infrangere la codardia?
«Difficile, non vedo nessuno».
L'ex primo cittadino di Torino, Chiamparino, aveva partecipato alle nozze tra due lesbiche per riportare l´attenzione sul tema. Una spinta da parte dei sindaci avrebbe un effetto?
«Chiamparino ha fatto bene e si è dimostrato aperto. Ma quanti sindaci sono disposti a seguire il suo esempio? Pochi».
L'oncologo Veronesi ha esaltato l'amore gay come scelta consapevole, più evoluta del rapporto etero. È d'accordo?
«Alcune argomentazioni hanno un loro senso. Veronesi dice che nell'amore gay si cerca la vicinanza di pensiero e sensibilità con l'altro, mentre l'amore etero è strumentale alla procreazione. In una battuta sfido a trovare un maschio normale che voglia assomigliare alla sua signora. Poi si possono avere figli con tecniche diverse, senza ricorrere a strumenti biologici. Attenzione però a non esagerare. E lo dico come gay. Non c'è una superiorità nell´amore gay rispetto all'amore etero».
Lei si sposerebbe?
«Sono per una legalizzazione. Non è un problema di matrimonio nel senso classico. Pasolini oggi sarebbe a favore delle nozze? Ho dei dubbi perché tra i gay prevale la difesa della propria diversità. Altra cosa è un riconoscimento legale dell´unione, che varrebbe per le coppie omosessuali come per quelle etero».
lunedì 10 maggio 2010
VATTIMO: CI MANCA IL PASOLINI CORSARO E PROFETICO
a sala gremitissima – è stato aperto con due pagine inedite friulane che Pier Paolo scrisse nei 1942 (Dialogo tra un maniscalco e la sera) e nel 1945 (Dialogo tra una vecchia e l’alba), ben interpretate da Gianni Cianchi e Chiara Donada. Vattimo, confessando di commuoversi puntualmente di fronte alle pagine in marilenghe ma di non riuscire ancora oggi a leggere Le ceneri di Gramsci, ha voluto precisare che la sua lettura dell’opera pasoliniana non è completa: «In me che dovrei avere particolare simpatia per lui a causa della sua diversità, c’è invece sempre stato qualcosa di irrisolto che non so spiegarmi». Senza dare giudizi categorici, ma in qualche modo esprimendoli, il filosofo torinese ha salvato l’attualità di un Pasolini corsaro e polemista, visionario e non omologato. «Forse non andrebbe ai gay pride né avrebbe mai aderito ai movimenti di liberazione gli omosessuali» ha chiosato Vattimo, che ha aggiunto: «Salvo l’intellettuale esemplare, non lo ritengo un artista classico. L’inattualità sta forse in romanzi che oggi non riesco più a leggere perché certe cose sono cambiate (ma la romanità linguistica di Gadda è molto superiore); i film li ho visti (amo Le mille e una notte), però certe tensioni drammatiche e profetiche oggi mi lasciano perplesso: il percorso stilistico di Fellini mi pare più coerente e lineare. Diciamo allora che il maggior interesse del lascito di Pasolini è costituito dalle tematiche affrontate, non nel modo, non nei linguaggi (scrittura e immagine) con cui li ha presentati».VATTIMO: «CI MANCA PASOLINI AVEVA CAPITO IL MALE ITALIANO»
Domani mattina a Udine dialogherà con Pier Aldo Rovatti su ”Pensiero debole ed etica minima”
sabato 08 maggio 2010, Il Piccolo di Trieste
- dice Gianni Vattimo -. Guardando un suo film o leggendo una sua poesia, si può avere l’impressione che appartengono al passato. Certo, ci sono film di Pasolini e sue poesie che mi piacciono ancora molto, come quelle scritte in friulano. Come intellettuale, invece, è stato una figura determinante, che ha sentito il male italiano. Penso che in ciò non sia stata indifferente la sua personale condizione di omosessuale in un’Italia rurale che si stava affacciando alla modernità».