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martedì 15 giugno 2010

Interrogazione alla Commissione sulla Legge bavaglio

Interrogazione con richiesta di risposta orale alla Commissione
Articolo 115 del regolamento
Sonia Alfano, Sophia in 't Veld, Luigi de Magistris, Marietje Schaake, Cecilia Wikström, Leonidas Donskis, Nathalie Griesbeck, Gianni Vattimo, Ramon Tremosa i Balcells, a nome del gruppo ALDE
9 giugno 2010

Oggetto: "Legge bavaglio" in Italia
Il Parlamento italiano sta esaminando una proposta del governo Berlusconi intesa a modificare la legge sulle intercettazioni (in particolare per quanto riguarda i criteri e le procedure per l'autorizzazione, i tipi di reati interessati, la sorveglianza elettronica, la durata dell'autorizzazione per le intercettazioni, l'uso di informazioni provenienti da intercettazioni in relazione ad altri reati e le eccezioni per i deputati e i religiosi) e a limitare la possibilità di pubblicare le trascrizioni delle intercettazioni comminando sanzioni severe ai mezzi di comunicazione – inclusi i nuovi media – che forniscono informazioni sulle inchieste giudiziarie prima della fase delle udienze preliminari, periodo che, in Italia, può andare da tre a sei anni, e in alcuni casi fino a 10 anni.
In Italia il nuovo progetto di legge ha suscitato gravi preoccupazioni: l'Associazione Nazionale Magistrati teme che esso determinerà un indebolimento degli strumenti atti a contrastare la criminalità e a proteggere la sicurezza dei cittadini. La Federazione Italiana Editori Giornali, la Federazione Nazionale della Stampa Italiana e l'Associazione Giornalisti hanno denominato tale progetto "legge bavaglio" e criticano in particolare le elevate sanzioni proposte. Anche le autorità statunitensi, tra cui il sottosegretario del Dipartimento della Giustizia Lanny Breuer, hanno espresso preoccupazioni riguardo alle modifiche proposte.
1. Ritiene la Commissione che le modifiche proposte alla legge sulle intercettazioni in Italia siano proporzionate e in linea con le norme europee sulla libertà di informazione, la libertà dei mezzi di comunicazione e il diritto dei cittadini di ricevere informazioni, così come garantito dall'articolo 11 della Carta di diritti fondamentali dell'Unione europea e dall'articolo 10 della Convezione europea dei diritti dell'uomo e dalla giurisprudenza correlata?
2. Ritiene la Commissione che le modifiche proposte siano compatibili con gli obiettivi dell'UE di lottare contro la criminalità in Europa?
3. Reputa la Commissione che le modifiche proposte – i cui obiettivi dichiarati sono di prevenire le violazioni della segretezza dei processi penali e di proteggere la privacy – siano proporzionate rispetto all'effetto pratico che avranno, ossia di limitare gravemente l'azione dello Stato nel far applicare la legge al fine di garantire la sicurezza dei cittadini mediante la prevenzione e la repressione della criminalità, nonché di limitare la libertà di informazione?
4. Quali misure intende adottare la Commissione per garantire che la libertà di informazione, la libertà di espressione e la libertà di stampa siano garantite in Italia e nell'Unione europea e che la lotta contro la criminalità organizzata in Italia e nell'UE sia efficace?

lunedì 26 ottobre 2009

Risoluzione del Parlamento europeo sulla libertà d'informazione in Italia e nell'Unione europea

Ecco il testo della proposta di risoluzione comune che abbiamo presentato in occasione del dibattito sulla libertà d'informazione in Italia e nell'Unione Europea. Sapete perfettamente come è andata a finire: per soli tre voti, la proposta è caduta. Nelle lapidarie parole di un'agenzia di stampa,
Bruxelles, 21 ott. - (Adnkronos/Aki) - Doppia bocciatura oggi, da parte del Parlamento europeo, nei confronti di due mozioni opposte sulla libertà d'informazione in Italia presentate dal centrodestra e dal centrosinistra (Idv e Pd).
Con uno scarto di soli tre voti l'Europarlamento, riunito in plenaria a Strasburgo, ha bocciato la proposta di risoluzione presentata dall'Italia dei Valori e dal Pd che esprimeva preoccupazione per la situazione della libertà di stampa in Italia. Su un totale di 686 voti, i sì sono stati 335, i no 338, gli astenuti 13. L'esito del voto è stato accolto da esplosioni di giubilo tra i banchi del centrodestra. Il Parlamento europeo ha respinto anche una risoluzione avanzata dai gruppi del centrodestra, anzitutto il Ppe, in cui si afferma che in Italia non vi è alcuna minaccia alla libertà d'informazione. Il testo era stato avanzato in 'risposta' alla risoluzione preparati da Pd e Idv che invece lanciano un allarme sulla situazione della libertà di stampa nel Paese.

PROPOSTA DI RISOLUZIONE COMUNE
PE 428.696/01

RC-B7-0090/2009
19 ottobre 2009

presentata a norma dell'articolo 110, paragrafo 4, del regolamento
in sostituzione della proposta di risoluzione presentata dai gruppi:
Verts/ALE (B7‑0090/2009)
GUE/NGL (B7‑0092/2009)
S&D (B7‑0093/2009)
ALDE (B7‑0094/2009)
sulla libertà d'informazione in Italia e nell'Unione europea

Monika Flašíková Beňová, Claude Moraes, David-Maria Sassoli a nome del gruppo S&D
Niccolò Rinaldi, Sonia Alfano, Luigi de Magistris, Sophia in 't Veld, Jeanine Hennis-Plasschaert, Sarah Ludford, Sylvie Goulard, Renate Weber, Ivo Vajgl, Louis Michel, Olle Schmidt, Johannes Cornelis van Baalen, Giommaria Uggias, Gianni Vattimo, Vincenzo Iovine, Pino Arlacchi a nome del gruppo ALDE
Daniel Cohn-Bendit, Judith Sargentini, Raül Romeva i Rueda, Rebecca Harms a nome del gruppo Verts/ALE
Lothar Bisky, Rui Tavares, Patrick Le Hyaric, Willy Meyer, Cornelis de Jong, Alf Svensson, Nikolaos Chountis a nome del gruppo GUE/NGL

Risoluzione del Parlamento europeo sulla libertà d'informazione in Italia e nell'Unione europea

Il Parlamento europeo,
– visto il trattato sull'Unione europea, in particolare gli articoli relativi al rispetto, alla promozione e alla protezione dei diritti fondamentali, e visti gli articoli 6, 22, 43, 49, 83, 87, 95 e 151 del trattato CE,
– visti l'articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e l'articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, concernenti la libertà di espressione e d'informazione e il diritto al pluralismo dei media,
– vista la direttiva 2007/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2007, che modifica la direttiva 89/552/CEE del Consiglio relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive,
– visto il documento di lavoro della Commissione europea sul pluralismo dei mezzi d'informazione negli Stati membri dell'Unione europea (SEC(2007)0032),
– visti l'approccio in tre tappe in tema di pluralismo dei media definito dalla Commissione e lo studio indipendente realizzato per conto di essa dall'Università Cattolica di Lovanio – ICRI, dalla Central European University – CMCS e dalla International Business School di Jönköping – MMTC, in collaborazione con la società di consulenza Ernst & Young Belgium, ultimato nel 2009,
– vista la sua risoluzione del 25 settembre 2008 sulla concentrazione e il pluralismo dei mezzi d'informazione nell'Unione europea[1],
– vista la sua risoluzione del 22 aprile 2004 sui rischi di violazione, nell'UE e particolarmente in Italia, della libertà di espressione e di informazione[2],
– viste le dichiarazioni della Commissione e la discussione svoltasi in Aula l'8 ottobre 2009,
– visto l'articolo 110, paragrafo 4, del suo regolamento,

A. considerando che l'Unione europea garantisce e promuove la libertà di espressione e d'informazione quale sancita dall'articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dall'articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, per le quali la libertà dei mezzi d'informazione il pluralismo rappresentano un requisito essenziale, e considerando che tali diritti comprendono la libertà di opinione e la libertà di ricevere e di comunicare informazioni senza ingerenza né pressioni da parte delle autorità pubbliche,
B. considerando che, nonostante i ripetuti inviti del Parlamento europeo a varare una direttiva sul pluralismo dell'informazione e la concentrazione dei media, la Commissione non ha inserito tali tematiche nella revisione della direttiva "Televisione senza frontiere", impegnandosi invece a definire un piano specifico in tre tappe sulla questione, consistente nell'elaborazione di un documento di lavoro (presentato nel 2007), nella definizione di indicatori del grado di pluralismo (contenuti in uno studio indipendente pubblicato nel luglio 2009) e in una proposta di comunicazione su tali indicatori (prevista solo per il 2010),
C. considerando che il Parlamento europeo ha più volte invitato la Commissione, con varie risoluzioni, a promuovere azioni per garantire il pluralismo e ovviare al problema della concentrazione dei mezzi d'informazione, a presentare con urgenza una comunicazione sulla salvaguardia del pluralismo dei media e sulla loro concentrazione negli Stati membri e a completare con urgenza il quadro regolamentare con una proposta di direttiva su tali temi, fondata sulla base giuridica chiaramente prevista dai trattati,
D. considerando che vi sono segnali indicanti che in vari Stati membri il pluralismo dei media è sotto attacco; considerando che, nella sua relazione annuale sulla libertà di stampa, l'organizzazione Freedom House ha collocato l'Italia al 73esimo posto della classifica e menzionato anche la situazione critica di Romania e Bulgaria; considerando che anche l'Alto rappresentante dell'OSCE per la libertà dei mezzi d'informazione ha espresso preoccupazione per la situazione in Italia in una lettera inviata il 20 settembre alle autorità italiane e alla Federazione nazionale della stampa italiana,
E. considerando che, negli ultimi mesi, in Italia i motivi di preoccupazione sono aumentati a causa del perdurante conflitto di interessi relativo alla proprietà di mezzi d'informazione da parte del Presidente del Consiglio e al controllo politico esercitato da quest'ultimo sui principali media, sia pubblici che privati, incluso il controllo della ripartizione delle risorse pubblicitarie; considerando che il governo interferisce pesantemente nel servizio televisivo pubblico, in particolare in relazione alla definizione dei programmi e alle nomine di direttori, redattori e giornalisti, il che si ripercuote sul pluralismo dei mezzi d'informazione, come indicato dal principale istituto di monitoraggio dei media in Italia, l'Osservatorio di Pavia; considerando che il Presidente del Consiglio italiano ha avviato azioni legali contro alcuni quotidiani italiani ed europei ed ha chiesto recentemente che i portavoce della Commissione europea si astengano dal fornire qualsiasi informazione,
1. è convinto che la libertà di ricevere e comunicare informazioni senza ingerenza da parte delle autorità pubbliche nonché il pluralismo dei media, principi sanciti entrambi dall'articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali, siano tra i fondamenti su cui poggia l'Unione europea e costituiscano elementi essenziali della democrazia; ribadisce che l'Unione ha l'obbligo politico e giuridico di garantire ai suoi cittadini – nei settori di sua competenza – il rispetto di tali diritti;
2. reputa necessario correggere qualsiasi anomalia rappresentata da conflitti d'interessi tra potere politico, potere economico e potere dei mezzi d'informazione e dalla concentrazione del controllo, diretto o indiretto, sui media pubblici e privati; sottolinea la necessità di garantire, in tutti gli Stati membri, che gli operatori pubblici siano indipendenti e non siano soggetti a ingerenze da parte delle autorità governative;
3. è particolarmente preoccupato per la situazione in Italia e ritiene che ciò potrebbe avere conseguenze per l'Europa intera e che l'inerzia dell'UE indebolirebbe la sua credibilità quanto alla fissazione di parametri in materia di diritti fondamentali nell'ambito delle sue relazioni esterne nonché nel processo di adesione;
4. deplora la pressione e le intimidazioni esercitate dalle autorità governative italiane nei confronti di testate italiane ed europee, appoggia la richiesta rivolta dal Rappresentante dell'OSCE alle autorità italiane di porre immediatamente fine a tali pressioni e giudica indebita qualsiasi ingerenza delle autorità pubbliche nella libertà d'informazione allo scopo di controllare il servizio pubblico televisivo;
5. ribadisce, a questo proposito, che il quadro legislativo dell'UE in materia di pluralismo e concentrazione dei media resta inadeguato e che è dunque urgente che l'Unione si avvalga delle proprie competenze nei settori del mercato interno, della politica audiovisiva, della concorrenza, delle telecomunicazioni, degli aiuti di Stato, dell'obbligo di servizio pubblico e dei diritti fondamentali dei cittadini per definire quanto meno le condizioni minime essenziali che tutti gli Stati membri devono rispettare per assicurare, garantire e promuovere la libertà d'informazione e un livello adeguato di pluralismo dei media; chiede in tale contesto alla Commissione di investigare sul rischio di trust e concentrazioni nel settore dei mezzi d'informazione nell'Unione europea;
6. sollecita la Commissione a presentare con urgenza una proposta di direttiva sulla concentrazione dei mezzi d'informazione e la protezione del pluralismo, coinvolgendo pienamente il futuro Commissario responsabile per i diritti fondamentali, avendo prima definito, in una comunicazione sulla questione, una serie di indicatori adeguati per determinare il livello di pluralismo dell'informazione e di indipendenza dei media del servizio pubblico, in linea con quanto più volte richiesto dal Parlamento e annunciato dalla Commissione stessa;
7. incarica le sue commissioni competenti e l'Agenzia per i diritti fondamentali di seguire la questione e di riferire in Aula in merito alla libertà d'informazione e alla concentrazione e al pluralismo dei media nell'UE;
8. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al Consiglio d'Europa, ai governi e ai parlamenti nazionali degli Stati membri, all'Agenzia per i diritti fondamentali e all'OSCE.

[1] Testi approvati, P6_TA(2008)0459.
[2] GU C 104 E del 30.4.2004, pag. 1026.

lunedì 12 ottobre 2009

L'Observer sul caso italiano e l'Unione Europea

Ecco l'articolo prontamente segnalato da Repubblica sul suo sito quest'oggi. Un'opinione controcorrente sull'interesse europeo per il caso italiano.
Europe's response to Berlusconi has been cowardly
After the war, the Continent united in defiance of bullying leaders. Alas, this is no longer the case

Clement Attlee enjoyed the superiority of a postwar Englishman when he dismissed European unity in 1967 with a contemptuous sniff. "The Common Market. The so-called Common Market of six nations. Know them all well. Very recently, this country spent a great deal of blood and treasure rescuing four of 'em from attacks by the other two." For Germany and Italy, which had suffered under fascist dictatorships, and for France, Holland, Belgium and Luxembourg, which had suffered under fascist occupation, there was nothing in the war years to be superior about. The Common Market promised liberation from a terrible past. And continued to promise it.
Greece, Portugal and Spain confirmed their break with dictatorship and reaction when they joined. After the fall of the Berlin Wall, Europe expanded its borders by offering the once subject peoples of the communist empire a better life in a democratic haven. Nazis and communists never occupied Britain. Our leaders sold us Europe as a smart investment opportunity rather than a democratic advance and we never felt the idealism behind European dream. Lech Walesa knew better. On the eve of Poland's accession, he said: "I fought for our country to recover everything it lost under communism and the Soviets… and now my struggle is over. My ship has come to port."
Europe replaced the terrors of totalitarianism with human rights conventions and peace treaties. It is easy to become exasperated by the monotony of its composite resolutions and interminable meetings. But tens of millions accepted the chance of trading national sovereignty for freedom from the dictatorships of their day.
That deal is no longer on offer. The dictatorships of our day come in many types, but the dominant form is a state capitalism or oligarchy in which the boss or ruling clique control public assets and the sinecures that go with them. Strictly speaking, they are not full dictatorships. Rulers tolerate elections as long as their results can be manipulated and allow criticism as long as it does not reach the masses.
The campaign group European Alternatives defined modern crony states thus: "In a country where television channels represent the only source of information for over 80% of the population, control over the media must not of necessity assume the draconian and totalitarian methods its 20th-century precedent. Manipulation of the principal, mass media of a country can today perfectly coexist with the maintenance of dedicated 'Indian reserves' of opposition, flag bearers of a merely procedural freedom of expression."
If the authors sound like high-minded European liberals lamenting far-away miseries, I should add that they were not discussing Putin's Russia or Chávez's Venezuela but Berlusconi's Italy.
Because the British care so little for Europe, no one apart from constitutional lawyers studies the Charter of Fundamental Rights in the Lisbon Treaty. In Brussels, however, Eurocrats pretend to take it seriously. Article 11 guarantees freedom of the press and media pluralism, but Europe is happy to see Berlusconi exercise direct control of the three Mediaset private channels, his publishing house, advertising company and cinema distribution business and indirect control through his sycophants of Italy's public television channels and the vast advertising budgets of the Italian government.
Last week in the European Parliament, socialist delegates tried to turn the rotten state of Italy into a European issue, only to see the "moderate" conservatives of the European People's party turn on them. Nicolas Sarkozy's ally, Joseph Daul, was outraged that leftists could dare suggest Italy was anything other than "a democratic country where the rule of law was respected". The supporters of Angela Merkel refused to accept that Europe needed to defend Italians' fundamental rights. So angry were the supposed moderates at the insult to Berlusconi's good name that they not only argued against intervention, but tried to prevent the debate taking place.
When David Cameron led the Tories out of the European People's party to march in step with the SS veterans of the Latvian Fatherland and Freedom party, I and many others accused him of abandoning the European mainstream. I should have added that the mainstream in Brussels has dark depths of its own. When its outwardly respectable democrats find that a fellow conservative is creating a crony state at the heart of Europe, they do not protest but direct all their energy and passion into berating his opponents.
You could say, and "moderate" conservatives were saying in Brussels, that the Italian judiciary had proved Italy remained a liberal democracy by stripping Berlusconi of immunity from prosecution. Yet Berlusconi has seen off the judges before. In any event, even if he falls or, more likely, retires, Italians will not expect his corrupt system to go. Berlusconi's private channels are unlikely to become beacons of public-service broadcasting after his departure. The quaintly titled "post-fascist" leader Gianfranco Fini will not give up a system of patronage and censorship in which the state can organise advertising boycotts of critical papers and force out editors who report unwelcome news.
The most telling feature of the caudillos of our day is the ease with which they put aside nominal ideological differences and recognise each other as members of an international freemasonry of autocrats. Berlusconi denounces investigating magistrates as "communists" and yet calls the former KGB man Vladimir Putin "his great friend". The nominal socialist Chávez allies with the Islamist reactionary Ahmadinejad. What unites the boss men of the 21st century is more important than what divides them.
Democratic Europe, however, will not unite against them by standing up for its best values. Its silence about Berlusconi – by turns both cowardly and compromised undermines its ability to stand up to corrupt politics anywhere else in Europe, most notably in the weak democracies of the post-Soviet east, and makes a nonsense of its condemnations of abuses of democratic rights beyond its borders. For the first time in its history, Europe's reputation as a force for good in the world feels precarious. Soon it will feel fraudulent.

venerdì 9 ottobre 2009

Cronaca di una giornata annunciata (2): il dibattito in Europa sulla libertà d'informazione in Italia

Due articoli, scritti da due eurodeputate PDL (E quali? Gli articoli disponibili sul web non recano i nomi, purtroppo. Lo scopriremo più tardi), sulla giornata di ieri.

Il Tempo, 9 ottobre 2009
L'Europa ignora il «teatrino» italiano
Il racconto. A Bruxelles, in un'aula quasi deserta su richiesta del Pd si è discusso della libertà di stampa

Al Parlamento Europeo è andato in scena l'ultimo teatrino politico pensato ed ideato da Antonio Di Pietro. L'ennesimo show privo di contenuti che questa volta è stato orfano anche del pubblico, tanto che ad assistere c'erano solamente 60 deputati su un totale di 736. Il primo giudice della giornata è stata infatti la totale assenza degli eurodeputati stranieri ai quali poco interessa essere coinvolti in spettacoli di così basso livello. Ennesima prova che un dibattito fazioso e controverso poteva coinvolgere solamente lo schieramento che fa capo all'opposizione in Italia e noi del Pdl a controbattere alle nefandezze contro il nostro Paese. L'esordio del dibattito è stato esplicativo con David Sassoli che, credendo di condurre ancora il telegiornale, si rivolge confuso all'aula parlando di libertà di stampa in Europa. Ma allora qui che ci sta a fare? Non si discute forse oggi della libertà di informazione in Italia? Il capo delegazione italiana Mario Mauro ha sollevato l'umore della truppa replicando ad una domanda del socialista Martin Schultz a cui ricorda che la creatura politica meglio riuscita del nostro presidente Berlusconi è certamente lui. E nella sinistra è calato il gelo quando Potito Salatto (Pdl) ha chiesto se un governo di centrosinistra si sia mai impegnato a varare una legge sul conflitto d'interessi. Nessuno è stato in grado di rispondere! E come avrebbero potuto fare gli esponenti del centrosinistra, abili solo ingiuriare e palesemente incapaci di governare. Da lì in poi è stato il trionfo delle assurdità e dei concetti insensati. La dipietrista Sonia Alfano ha tirato in ballo pseudo disegni complottistici nelle stragi mafiose del 1992 e nel suo intervento al limite del delirio attribuisce la proprietà delle televisioni pubblica a Berlusconi, confondendole con quelle private. A darle manforte è accorso Gianni Vattimo che, ormai all'apice delle farneticazioni, si è rivolto all'Europa chiedendo «un'ingerenza umanitaria!». Il legista Mario Borghezio ha tentato di riportarli alla realtà invitando dipietristi e la sinistra a organizzare manifestazioni per la libertà di informazione a Cuba e Teheran invece di comportarsi come conigli a Bruxelles. Indignata per quanto avevo sentito, sono intervenuta ricordando di quanti finanziamenti pubblici il giornalismo di sinistra abbia potuto godere negli ultimi anni grazie alle iniziative a favore della stampa adottate dal governo Berlusconi. All'aula, o meglio ai colleghi dell'opposizione ho evidenziato inoltre che casualmente la libertà di stampa in Italia viene messa in discussione nel momento in cui il presidente del Consiglio decide di difendersi come ogni cittadino dalle accuse infamanti ed infondate mosse nei suoi confronti dalle due principali tesate giornalistiche nazionali. E a chiarire meglio che aria tira in Italia ci ha pensato Sergio Silvestris mostrando in aula sette quotidiani, tutti a tiratura nazionale e tutti apertamente di sinistra. Alla faccia del bavaglio all'informazione!
Il Giornale, 9 ottobre 2009
Un’aula vuota e annoiata è la risposta dell’Europa ai loro deliri masochisti
I deputati dell’Italia dei Valori e i loro seguaci ieri hanno potuto dare sfogo al loro masochismo politico. Hanno fatto di tutto per poter parlare al Parlamento Europeo dei pericoli della libertà di stampa nel nostro Paese. Un problema molto sentito evidentemente solo da loro, dal loro leader Di Pietro e dagli altri colleghi del Pd che li hanno appoggiati. Per il resto hanno parlato ai banchi semideserti di un’aula in cui eravamo forse solo in 60 (meno del 10% delle presenze) e di cui più di 40 europarlamentari italiani. Questa è la reale misura di quanto l’Europa sposi le preoccupazioni dei dipietristi. Argomenti inutili che mi sono trovata a dover contestare perché mi sentivo indignata come italiana e come politica mentre ascoltavo una lunga serie di accuse infamanti. Dichiarazioni per alcuni tratti deliranti come quella dell’onorevole Sonia Alfano che ha dichiarato che Berlusconi sarebbe - secondo lei - coinvolto nelle stragi mafiose del 1992 in cui morirono Falcone e Borsellino. Siamo alla pura follia. Siamo ormai alla cultura dell’odio, alle congetture come quelle espresse in aula dall’onorevole Vattimo che è arrivato a chiedere al Parlamento «un’ingerenza umanitaria sul problema della libertà di stampa in Italia perché altrimenti ben presto il virus si diffonderà anche in Europa». Ma di quale virus stava parlando? Forse di quello dell’anti-italianità di cui ormai sono vergognosamente sponsor! Beh, l’Europa ha dato il suo responso ignorando in massa una discussione che sin dalle premesse si annunciava inutile e per alcuni aspetti anche volgare.
Qui sotto altri articoli di commento al caso italiano in Europa.
Il Riformista, 9 ottobre 2009
In Italia la stampa è libera o no?L'eurodibattito fa tutti contenti
Informazione. Bruxelles discute ma non decide nulla. Per il pdl Mauro «smascherate le manovre della sinistra». Per l'Idv è una «vittoria politica importante».
Di fronte alle richieste di occuparsi di libertà di stampa in Italia e nel resto d'Europa, il commissario Ue ai Media Viviane Reding risponde con una sfida: l'Europarlamento dimostri che la questione abbia davvero un aspetto transfrontaliero e di mercato interno, e che ci sia quindi una base legale per un intervento Ue, e Bruxelles si muoverà. Anche se per procedere ci vorrà «un'interpretazione molto generosa» dei Trattati Ue e bisognerà tener conto del precedente degli anni '90, quando il tentativo di elaborare una direttiva comunitaria affondò contro l'opposizione «di tutti gli Stati membri, senza alcuna eccezione».Al termine di quasi due ore di dibattito infuocato, ma in un emiciclo semivuoto, la "battaglia di Bruxelles" sul caso Italia si conclude con le due parti che cantano entrambe vittoria. «Le manovre delle sinistre italiane per strumentalizzare il Parlamento europeo a uso e consumo di chi vuole far cadere un governo democraticamente eletto con tutti i mezzi tranne quello di una vera opposizione sui programmi, sono state smascherate in modo tecnicamente ineccepibile», ha tuonato il capodelegazione del Pdl, Mario Mauro, ricordando come Reding ha invitato a «non fare uso delle istituzioni europee per risolvere problemi che in base ai trattati devono essere risolti a livello nazionale». Di tutt'altro registro il commento degli eurodeputati dell'Italia dei Valori, i primi a spingere affinché il caso Italia si affrontasse a Bruxelles. «E' una vittoria politica importante - affermano - per la battaglia in difesa della libertà di informare ed essere informati, contro il tentativo di censura e propaganda che ogni giorno rendono l'Italia sempre più simile a uno Stato illiberale».Nel Pd è prevalso il tentativo di europeizzare la questione, alzando il mirino dall'anomalia rappresentata da Silvio Berlusconi. Il capodelegazione David Sassoli ha annunciato così l'intenzione di cambiare il titolo della risoluzione che verrà votata a Strasburgo il 21 ottobre. «Vogliamo - ha detto - che tratti della discussione del pluralismo in Italia e in Europa», e non più solo della libertà d'informazione in Italia. Una linea che potrebbe essere condivisa dai Verdi di Cohn-Bendit e dal gruppo liberaldemocratico in cui militano gli eurodeputati dipietristi, anche se Gianni Vattimo ha insistito nel chiedere «all'Europa un'ingerenza umanitaria» per correggere la situazione italiana. La Lega si è contraddistinta con l'intervento di Mario Borghezio, che ha urlato ripetutamente «conigli» ai rappresentanti della Fnsi presenti in aula, i quali invece di manifestare contro lo strapotere mediatico del Cavaliere dovrebbero incatenarsi «a Pechino, a Cuba, a Teheran, dove si muore per la libertà di stampa». Mentre l'altro leghista Francesco Speroni ha preso le difese del presidente del Consiglio sciorinando dati: l'opposizione gode del 60% degli spazi sulla tv pubblica e del 49% su Mediaset, e delle 455 pronunce della Corte di Strasburgo per i diritti dell'Uomo sulla libertà di stampa solo 7 riguardano l'Italia, contro le 29 della Francia e le 28 del Regno Unito.Ma nel dibattito, che ieri il Ppe aveva tentato di cancellare, non è stato solo Berlusconi a tenere banco: diversi romeni si sono lamentati delle ingerenze sui media del presidente Traian Basescu; casi analoghi sono stati indicati in Bulgaria e Ungheria; e in diversi hanno denunciato lo strapotere del magnate di Sky Rupert Murdoch, che paradossalmente in Italia rappresenta il contropotere al duopolio Raiset. Lo spazio per allargare il discorso della libertà di stampa e del pluralismo dei media, quindi, sembra esserci. Anche se Reding ha tenuto a indicare che la strada è tutta in salita. All'eurocamera, infatti, ha chiesto non solo la risoluzione prevista tra due settimane, ma un rapporto d'iniziativa «chiaro e dettagliato, sostenuto da un'ampia maggioranza dell'Assemblea». E senza il consenso del Ppe, in cui militano gli emissari europei del Cavaliere, l'obiettivo sarà irraggiungibile.
Europa, 9 ottobre 2009, Gianni Del Vecchio
Da Roma a Bruxelles, Pd in lotta per il pluralismo
Sassoli: «Serve una direttiva europea». La commissione apre
Una direttiva europea che difenda il pluralismo dell’informazione in tutti e 27 i paesi membri. È questa la richiesta degli europarlamentari democratici alla commissione europea, così come è emersa dal dibattito in aula sul tema della libertà di stampa in Italia.Per il capodelegazione del Pd, David Sassoli, «il diritto a un’informazione libera dev’essere difeso senza esitazioni da parte dell’Unione». «Dobbiamo adoperarci per fornire norme comuni, per stabilire limiti oltre i quali l’informazione non è più considerata libera. È urgente che l’Unione intervenga, che sia adottata una direttiva volta a definire indicatori sul pluralismo e sulla difesa di un bene che deve essere disponibile a tutti». In questo modo, i dem allargano i confini della battaglia a favore della libera stampa, iniziata sabato scorso con la manifestazione romana di piazza del Popolo. Lotta che continuerà , a livello comunitario, con una risoluzione che verrà presentata alla prossima plenaria di Strasburgo, a fine mese. Intanto i primi risultati cominciano ad arrivare, visto che nel suo intervento in aula Viviane Reding, commissario alle telecomunicazioni e ai media, ha aperto alla richiesta fatta dai democratici assieme ai compagni di gruppo socialisti. In sostanza, la commissione europea potrebbe proporre una direttiva sul pluralismo dell’informazione e sulla concentrazione dei media nell’Ue, ma è necessario che su questo vi sia una richiesta chiara e dettagliata dell’europarlamento, sostenuta da un’ampia maggioranza dell’assemblea, e che, inoltre, cada l’opposizione finora unanime dei governi degli stati membri a quest’iniziativa. Insomma, la Reding è d’accordo a patto di avere un pieno mandato da parte dei parlamentari ma soprattutto un nulla osta da parte degli stati. Perché già negli anni novanta si provò a fare una cosa del genere e tutto saltò perché proprio gli stati si dissero contrari. Nonostante il tentativo di allargare la questione, portandola da un piano esclusivamente nazionale a uno più generale europeo, la giornata di ieri è stata caratterizzata da un derby tutto italiano. Nella discussione in aula vi sono stati toni molto accesi per lo scontro fra gli eurodeputati italiani dei due fronti contrapposti del centrodestra e del centrosinistra. Ma paradossalmente sono stati soprattutto i primi (che mercoledì avevano cercato di cancellare il dibattito dall’ordine del giorno) a parlare di più della situazione italiana, per negare che vi sia un problema di libertà d’informazione nel paese e per accusare l’opposizione di voler strumentalizzare il parlamento europeo per le polemiche politiche interne. Per il leghista Francesco Speroni «la questione si presenta infondata anche alla luce del fatto che tra le 455 pronunce del tribunale di Strasburgo contro i paesi che non rispettano tale libertà, solo 7 riguardano l’Italia, contro le 29 nei confronti della Francia e le 28 del Regno Unito». Ma il vero show, come al solito, è dell’altra camicia verde, Mario Borghezio, che ha definito «conigli» gli esponenti della sinistra, invitandoli ad «andare a protestare a Cuba o a Teheran». A fare da contraltare alle intemperanze leghiste, ci ha pensato dall’altra parte della barricata l’europarlamentare dell’Idv, Gianni Vattimo, che ha chiesto all’Ue «un’ingerenza umanitaria per evitare che il virus italiano si diffonda in Europa », prima di lasciare polemicamente l’emiciclo alle parole di Borghezio.Insomma, un livello di scontro molto alto, frutto di un clima politico che dopo la sentenza sul lodo Alfano s’è incattivito e intorbidito. Basti pensare alle parole del solitamente mite capodelegazione del Pdl, Mario Mauro, che denuncia «le manovre delle sinistre italiane per strumentalizzare Strasburgo ad uso e consumo di chi vuole far cadere un governo democraticamente eletto con tutti i mezzi possibili».
Marco Zatterin, in un blog de La Stampa (titolo: Parole in libertà di stampa, Conigli per gli acquisti; http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=113&ID_articolo=639&ID_sezione=242&sezione=), riflette con ironia su quanto accaduto. Ne coniglio, cioè consiglio, la lettura.

giovedì 8 ottobre 2009

Conigli

Cronaca di una giornata annunciata. Il dibattito in Europa sulla libertà d'informazione in Italia

La Stampa, 8 ottobre:

"Momenti di tensione al Parlamento Europeo nella giornata in cui si discute la libertà di stampa in Italia. Uno scambio di battute al veleno tra l'esponente della Lega Nord, Mario Borghezio, e quello dell'Italia dei Valori, Gianni Vattimo ha portato quest'ultimo ad abbandonare l'Aula tra gli applausi compiaciuti degli esponenti leghisti".

Blitzquotidiano:

"Tensione in aula dell’Europarlamento durante il dibattito sull’informazione in Italia. A scaldare gli animi il leghista Mario Borghezio che a un certo punto ha esclamato: «Andate a incatenarvi a Pechino, Cuba o Teheran. Là si muore per la libertà di informazione. Conigli, conigli, conigli». Gianni Vattimo, eletto nelle liste dell’Italia dei Valori, ha lasciato l’aula per protesta dopo avere invocato un intervento di «ingerenza umanitaria» dell’Europa per salvaguardare il libertà di informazione in Italia.
Borghezio se l’è presa anche col capodelegazione del Pd David Sassoli. «Il mio partito, che aveva rappresentanti alla Camera e al Senato, al Tg aveva lo 0,1% di spazi. Sassoli, quando stavi al Tg1, non ti sei certo stracciato le vesti» ha scandito l’europarlamentare del Carroccio nel corso del dibattito che aveva visto qualche momento di tensione anche all’inizio con uno scambio di battute polemiche fra il capodelegazione del Pdl Mario Mauro e il capogruppo del partito socialista europeo Martin Schultz.
A Schultz che gli ha rivolto direttamente una domanda sulla situazione di un paese nel quale il premier «è proprietario di televisioni», Mauro ha replicato di vedere con favore un dibattito sulla concentrazione dei media in Europa. «Così potremo parlare anche di Murdoch e far sì che non venga utilizzato ad arte un dibattito per colpire un singolo paese», ha affermato il parlamentare del Pdl (http://www.blitzquotidiano.it/politica-europea/parlamento-europeo-borghezio-grida-in-aula-conigli-e-vattimo-esce-per-protesta-117637/).

Qui il video: http://www.lastampa.it/multimedia/multimedia.asp?IDalbum=21187

Stesso video anche sul sito del Corriere della Sera: http://video.corriere.it/?vxSiteId=404a0ad6-6216-4e10-abfe-f4f6959487fd&vxChannel=Dal%20Mondo&vxClipId=2524_0fdaa9b6-b43a-11de-afa2-00144f02aabc&vxBitrate=300

Come avrete capito, non c'è stato alcun scambio di battute tra me e chi ci grida "Conigli": Borghezio era semplicemente contrariato dagli interventi di Sonia Alfano e del sottoscritto, e se l'è presa anche con Sassoli. Ecco il comunicato dell'Idv al proposito:

Roma, 8 ott (Velino) - “Rispettiamo le istituzioni comunitarie e per questo ci siamo rivolti ad esse perché crediamo che l’Europa istituzionale debba farsi carico di quanto sta accedendo in Italia in materia d’informazione. Se non spetta al Parlamento europeo vigilare sul rispetto dei diritti fondanti della democrazia da parte di uno stato membro, quale istituzione, in Europa, deve farsene carico?”. Lo affermano in una nota i parlamentari europei dell’Italia dei Valori. “Il dibattito di oggi – prosegue la nota - è stato voluto strenuamente e soprattutto dall’Italia dei Valori e dall’Alde, ed è una vittoria politica importante per la battaglia in difesa della libertà di informare ed essere informati, contro il tentativo di censura e propaganda che ogni giorno rendono l’Italia sempre più simile ad uno stato illiberale”.
“La reazione scomposta avuta dal Pdl di fronte agli interventi dei parlamentari europei dell’Italia dei Valori, Sonia Alfano e Gianni Vattimo, insieme alla strumentale accusa di voler far cadere il Governo –conclude la nota–, confermano la paura del partito di Berlusconi che lo sguardo europeo possa posarsi criticamente sull’anomalia che il presidente del Consiglio rappresenta nel mondo democratico. Continueremo a denunciare questa anomalia proprio per il senso di rispetto e di amore che ci lega al nostro Paese”. (http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=963748)

Ecco la cronaca della mattinata scritta da AffariItaliani (http://www.affaritaliani.it/mediatech/parlamento_europeo_liberta_di_stampa081009.html)

Europarlamento, nessuno in aula per la libertà di stampa
Così il commissario europeo per i media, Viviane Reding, ha aperto l'acceso dibattito al Parlamento europeo sulla libertà di informazione in Italia. Joseph Daull (Ppe): "Questa non è la sede per un regolamento di conti nazionali"

Il commissario europeo per la Società dell'informazione e i Media, Viviane Reding, durante l'atteso dibattito al Parlamento europeo a Bruxelles sulla libertà d'informazione in Italia ha affermato: "La libertà di informazione rappresenta un fondamento della società libera e pluralistica".
Il commissario ha poi spiegato che "tutte le istituzioni hanno sottoscritto la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, che, all'art.11, dice che ognuno ha diritto a libera espressione di libertà d'opinione e fornire informazione senza pressioni politiche". E riferendosi alla sentenza di ieri sul Lodo Alfano, ha quindi aggiunto: "abbiamo avuto ieri sera l'esempio in Italia".
Ha citato poi il lavoro fatto dalla Commissione europea con la direttiva tv senza frontiere, e la creazione di autorita' indipendenti in ogni Paese. Quanto alla direttiva chiesta dagli europarlamentari sul pluralismo dei media, ha fatto notare che "la commissione ha iniziato a lavorarci negli anni '90 e tutti gli Stati membri, senza eccezione, si sono opposti perché la ritenevano estranea alle competenze comunitarie".
La Reding ha ricordato d'altra parte, il "principio di sussidarietà" e cioè che la competenza Ue scatta "solo quando gli stati membri stanno applicando il diritto comunitario".
L'emiciclo del Parlamento europeo era vuoto, ma il dibattito sulla libertà dell'informazione in Italia è stato molto animato e, oltre alla Reding, ha coinvolto anche europarlamentari stranieri.
Per i gruppi tuttavia solo il Ppe ed i liberali hanno fatto scendere in campo i loro presidenti, Joseph Daull e Guy Verhofstadt: vale a dire colui che ha cercato ieri di evitare un dibattito sull'Italia invocandone invece uno europeo, e colui che lo ha promosso in prima persona. Non è invece intervenuto Antonio Di Pietro.
In ogni caso le linee dei diversi gruppi sono quelle emerse ieri. Da destra sono state sfoderate oggi molte cifre a dimostrazione della libertà di stampa in Italia. Una cifra fra tante, fornita da Francesco Speroni della Lega: "le sette sentenze, pronunciate dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo, sulla liberta' di stampa che vede l'Italia fanalino di coda tra i grandi paesi europei".
Il primo ad intervenire dopo la Reding è stato Daull: "Non ci sono in Italia aule parlamentari?" si è chiesto dopo aver ricordato le parole del presidente Napolitano quando invitava a non utilizzare il Parlamento europeo come ultima istanza per risolvere conflitti nazionali. "Non siamo sede per regolamento di conti nazionali - ha quindi concluso - La Repubblica Italiana funziona in modo democratico".
Per l'Alleanza dei Socialisti e Democratici (S&D) David Sassoli, capogruppo della delegazione italiana ha riconosciuto che "il nostro è un grande paese democratico con una grande Costituzione. Ma anche i grandi paesi - ha aggiunto - possono sbandare e noi dobbiamo adoperarci per garantire la libertà di informazione".
A nome dei Verdi, l'olandese Judith Sargentini ha sottolineato come "l'autocensura dei giornalisti italiani sia un disonore in Europa, e che la democrazia italiana rischia di diventare molto vulnerabile.
Per i liberali, invece, Guy Verhofstadt ha riconosciuto le ragioni di Napolitano, ricordando tuttavia che "il problema è anche europeo ed è dovere del Parlamento intervenire e chiedere una direttiva che salvaguardi il pluralismo dei media".
A nome del Gruppo conservatori e riformisti, Czarnecki Ryszard ha parlato di "due pesi e due misure", ricordando che "l'Ue si basa su stati nazioni. Non cerchiamo - ha quindi avvertito - di imporre delle regole per la porta di servizio".
Non è mancato il colore, con tentativi continui di interruzioni, una plateale disattenzione durante l'intervento conclusivo della Reding che ha portato alle scuse della presidente Roberta Angelilli e dello stesso Schulz, Gianni Vattimo (Idv) che ha parlato "dell'Italia campione di libertà anzi di libertinaggio".
Polemico l'intervento del leghista Mario Borghezio: "quando c'era il centrosinistra io nei TG avevo lo 0,1% e tu Sassoli non ti stracciavi le vesti né rinunciavi al tuo lauto stipendio".
Da parte sua Mario Mauro, capogruppo del Pdl all'europarlamento, ha ricordato che "nel 2004 abbiamo avuto stessa scena sotto il precedente governo Berlusconi: con il centrosinistra nulla". Mauro ha anche fatto notare che "il record delle querele presentate è del centrosinistra". Anzi, come ha precisato Elisabetta Gardini "il record spetta a Di Pietro, con 357 denuncie e 750.000 euro di risarcimenti".

Riporto qui il bel resoconto di Paola Guarnieri (per Ueb: http://ueb.blogosfere.it/2009/10/liberta-di-stampa-apertura-della-commissione-ad-una-normativa-europea.html)

Libertà di stampa, apertura della Commissione ad una normativa europea

L'unione e il dialogo fanno la forza. Questa le lezione che si può trarre dal dibattito sulla libertà di stampa in Italia che oggi ha visto impegnato il Parlamento europeo a Bruxelles.
"Se Strasburgo la chiede con posizione unitaria la Commissione europea potrebbe proporre una direttiva europea sul pluralismo dell'informazione e sulla concentrazione dei media nell'Unione" ha dichiarato il Commissario ai media Viviane Reding al termine del dibattito.
Eppure, a leggere le dichiarazione dell'intervento introduttivo la seduta sembrava intravedere un finale del tutto diverso. I panni sporchi si lavano in famiglia, aveva detto tra le righe la Reding, spiegando come l'Unione europea abbia poteri limitati nel campo della stampa scritta, ma che tutti gli Stati membri hanno istituzioni proprie per risolvere eventuali problemi legati ai diritti fondamentali. Da lì il via ad un'accesa discussione che ha visto l'aula del Parlamento spaccarsi in due.
Da una parte i rappresentanti dei popolari e dei conservatori hanno ammonito dall'utilizzare l'Unione europea quale forum per risolvere le questioni di politica interna. "Il Parlamento non ha poteri su questa materia e non dovrebbe essere strumentalizzato per i regolamenti di conti" ha ribadito il Presidente del gruppo PPE, Joseph Daul, mentre il conservatore Ryszard Czarnecki ha spiegato gli stessi temi sono emersi anche in altri Paesi dell'Unione europea, inclusa la Polonia, senza che di ciò si dibattesse al Parlamento europeo.
Sul versante opposto Socialisti-Democratici, Liberaldemocratici e Verdi hanno chiesto alla Commissione di proporre un'ampia legislazione europea sul pluralismo dei media.
"L'Italia è un grande paese democratico, come dimostrato dalla sentenza di ieri della sua Corte costituzionale - ha chiarito David Sassoli (Pd/Socialisti-Democratici) - tuttavia nei paesi dell'Unione il diritto di informazione dovrebbe essere garantito da standard comuni". Ha pertanto chiesto una direttiva europea con indicatori applicabili a tutti. Tra le voci italiane si è distinta quella di Gianni Vattimo (Idv/Liberaldemocratici) che ha chiesto all'Unione "un'ingerenza umanitaria per evitare che il virus italiano si diffonda in Europa".
Dello stesso parere il leader dei liberaldemocratici, il belga Guy Verhofstadt che ha ribadito come tre paesi dell'Unione (Italia, Romania, Bulgaria) siano stati classificati dall'organizzazione Freedom House come aventi media solo "parzialmente liberi".
Toni accesi sono arrivati anche dai Verdi che, nel ribadire la necessità dell'impegno della Commissione hanno definito "vergognoso" il tentativo di depennare questo dibattito dall'agenda. "A causa di pressioni, i giornalisti italiani applicano l'autocensura e la democrazia italiana è diventata vulnerabile" ha spiegato la deputata olandese del gruppo Judith Sargentini.
Parola che non sono volate al vento se, in chiusura del dibattito il Commissario ha espresso l'intenzione di lavorare ad una direttiva sul pluralismo dell'informazione. La questione è dunque rimandata alla prossima sessione (19-22 ottobre) di Strasburgo.
Chissà se l'Europa riuscirà a parlare con un'unica voce.

Ora sapete quasi tutto. Come dev'esser stato difficile, per il PPE, difendere Berlusconi e richiedere la cancellazione del dibattito. Chissà per quanto tempo ancora sarà disposto a farlo. Qui (http://www.youtube.com/view_play_list?p=802D39A4F3F8FFAF) troverete i video degli interventi dei deputati dell'Alde, compreso il mio.

Gianni Vattimo sulla libertà d'informazione in Italia - Parlamento europeo, 8 ottobre 2009

Video e trascrizione del mio intervento sulla libertà d'informazione in Italia.

Grazie Presidente, cercherò di essere breve. L’Italia è davvero un campione di libertà, anzi di libertinaggio, per così dire, come tutti sanno, leggendo i giornali che Berlusconi cerca di far tacere, che querela perché rivelano, tra l’altro, le sue storie private, attraverso cui sceglie anche i candidati politici: le sue signore che lo vanno a trovare vengono compensate o con denaro o con promesse di candidatura. Questa è la situazione. Berlusconi comanda i media italiani. Non ci sono leggi contro la libertà di stampa, è vero; forse non ci sono ancora, Berlusconi si appresta a metterle. Solo ieri abbiamo abolito il lodo Alfano, che era una legge inventata da Berlusconi per proteggersi dai tribunali, con tutti i processi che ha in corso. È lecito chiedere all’Europa che si occupi di questo problema? Certo, in Italia non ce la facciamo: noi chiediamo all’Europa un’ingerenza umanitaria sul problema della libertà di stampa in Italia. Questo vogliamo che voi facciate, e crediamo che sia importante per l’Europa perché se no ben presto il virus si diffonderà anche qui. Grazie

Libertà d'informazione in Italia: il dibattito al Parlamento europeo

Ecco quanto riporta il sito del Parlamento europeo in merito alla discussione sulla libertà d'informazione, o meglio alla richiesta dei Popolari europei di non affrontare l'argomento... Per fortuna (ci mancherebbe ancora...!) la proposta non è passata. Anche molti del Pd hanno votato con noi... per questo "Il Tempo" titola: "Anche il PD contro il Colle". Ma se c'è da difendere la libertà di informazione in Italia, obbligando l'Europa a discuterne (che non è esattamente una rivoluzione, mi pare), allora è giusto che l'appello di Napolitano a non portare in Europa il caso italiano cada, almeno stavolta. E forse non solo questa.

Con 268 voti favorevoli, 284 contrari e 18 astensioni, l'Aula ha respinto la richiesta del PPE di depennare dall'ordine del giorno della seduta il dibattito con la Commissione sulla libertà d'informazione in Italia. Con 286 voti favorevoli, 293 contrari e 18 astensioni, il Parlamento ha inoltre respinto la richiesta avanzata dallo stesso gruppo di non votare una risoluzione nel corso della prossima sessione. In proposito, Joseph DAUL (PPE, FR) ha sottolineato anzitutto che il suo gruppo "sostiene profondamente la libertà d'espressione e di stampa", tant'è che ha fatto quanto possibile affinché la Carta dei diritti fondamentali acquisisse valore vincolante. Tuttavia, ha spiegato, il dibattito previsto per l'indomani "punta un solo paese e non riguarda l'Europa nel suo insieme". Ha quindi aggiunto che il PPE non accetta che il Parlamento europeo "diventi un luogo in cui si regolano i conti politici e strettamente nazionali" né che sia "strumentalizzato a fini meramente partigiani e nazionali".
Anche Francesco Enrico SPERONI (EFD, IT) ha appoggiato la richiesta del PPE sostenendo che tutti sono a favore e difendono la libertà di espressione e di stampa, ma che è inopportuno "puntare il dito" verso un solo paese, l'Italia, in cui la libertà di stampa non è assolutamente in pericolo. Basta, ha aggiunto, andare su Internet o in un'edicola per rendersene conto. Altrimenti, ha concluso, che si abbia il coraggio di avviare la procedura prevista dai trattati (art. 7: violazione dei principi fondamentali da parte di uno Stato membro).
Martin SCHULZ (S&D, DE), dicendosi invece contrario alla cancellazione del dibattito, ha spiegato che sebbene il collega Daul sia un difensore della libertà di parola, "ci sono altre persone in Europa che hanno un'altra concezione delle libertà di espressione". Un dibattito a livello europeo è quindi necessario, ha aggiunto, "perché ciò accade in un paese membro dell'UE, l'Italia". Ma, ha continuato, il problema non è solo italiano: si pone la questione "dell'intreccio di poteri mediatici, economici e politici che mette in pericolo la libertà di espressione in Europa".
Il leader dei Verdi, Daniel COHN BENDIT, ha appoggiato la richiesta di tenere il dibattito in Aula e di votare una risoluzione. Mario MAURO (PPE, IT), invece, ha affermato che se si vuole estendere, come intende Schulz, il dibattito alla situazione europea, "non ha senso votare una risoluzione che, nel titolo, fa riferimento alla libertà di stampa solamente in Italia". (http://www.europarl.europa.eu/news/expert/infopress_page/008-62036-280-10-41-901-20091007IPR62035-07-10-2009-2009-false/default_it.htm)

martedì 6 ottobre 2009

Gianni Vattimo a Omnibus (La7), 6 ottobre: Lodi, Lodi, Lodi (che non è una provincia lombarda)


Omnibus (La7), 6 ottobre: Dopo le polemiche per la firma con cui il presidente Giorgio Napolitano ha promulgato lo Scudo fiscale e la sentenza sul Lodo Mondadori, in primo piano ci sarà il verdetto della Corte Costituzionale sulla legittimità del Lodo Alfano. Ospiti in studio di Edgardo Gulotta: l’on. Giorgio Stracquadanio (Pdl); il senatore Stefano Ceccanti (Pd); l’on. Michele Vietti (Udc); l’on. Matteo Salvini (Lega Nord) e l’on. Gianni Vattimo (IdV).

http://www.la7.it/approfondimento/dettaglio.asp?prop=omnibus&video=31469 (prima parte)

http://www.la7.it/approfondimento/dettaglio.asp?prop=omnibus&video=31471 (seconda parte)

http://www.la7.it/approfondimento/dettaglio.asp?prop=omnibus&video=31472 (terza parte)

http://www.la7.it/approfondimento/dettaglio.asp?prop=omnibus&video=31473 (quarta parte)

sabato 3 ottobre 2009

L'Europa e la libertà di informazione in Italia


La Commissione europea presenterà una Dichiarazione sulla Libertà d'informazione in Italia nella minisessione plenaria del Parlamento europeo del 7-8 ottobre 2009, a Bruxelles (più precisamente, la dichiarazione verrà presentata, primo punto dell'ordine del giorno, il mattino dell'8 ottobre). I deputati europei potranno discuterla immediatamente dopo, per poi presentare, il 14 ottobre, una proposta di risoluzione del Parlamento sulla dichiarazione della Commissione (meno formalmente, sui temi trattati nel documento), e votare, in seduta plenaria, il 19 ottobre a Strasburgo, eventuali emendamenti e proposta di risoluzione comune. Come sapete, la proposta di avviare il dibattito è stata opera del gruppo liberaldemocratico, ed è stata poi approvata da socialisti, verdi, e persino dai popolari, che però si sono opposti alla proposta di votare una risoluzione, schierandosi così con destre varie ed euroscettici.

In questa pagina, http://www.europarl.europa.eu/eplive/public/default_it.htm?language=IT, troverete il link per seguire la (le) riunione(i) in diretta, con streaming. Non perdete il dibattito. Più i cittadini saranno informati su quanto sta accadendo dalle parti di Bruxelles e dintorni, più avremo facoltà di coinvolgere l'Europa nel dramma italiano.

A presto su quegli schermi, dunque.

Gianni V.

mercoledì 30 settembre 2009

Italia ed Europa, un'alleanza in difesa dell'informazione


Italia ed Europa, un'alleanza in difesa dell'informazione

Il 3 ottobre saremo in piazza del Popolo per partecipare alla manifestazione indetta dalla FNSI in difesa dell’informazione libera, oggetto di un virulento attacco da parte del Presidente del Consiglio Berlusconi. La difesa del diritto di informare e di essere informati, che coinvolge operatori del settore e società civile, si inserisce infatti in una battaglia più generale e vitale: quella a tutela della libertà di pensiero e di espressione, cuore pulsante di ogni democrazia.

Il Governo e la sua maggioranza stanno conducendo un'azione volta ad annichilire il pluralismo dell’informazione, attraverso due livelli di intervento. Il primo consiste nella diretta azione da parte del Presidente del Consiglio verso la stampa e la televisione: minacce e discredito riversati all’indirizzo dell’informazione italiana davanti ai media internazionali, cambiamento dei palinsesti televisivi, apertura di istruttorie e impedimento al regolare svolgimento di trasmissioni programmate (Ballarò, Report, Annozero), per rispondere all’esigenza di propaganda politica senza voci concorrenti. Il secondo, invece, percorre la strada dei provvedimenti legislativi, pensati (come il ddl intercettazioni) con lo scopo di ridurre al silenzio l’informazione e impedire l’autonomo lavoro della magistratura.

L’Italia si sta così trasformando in Europa in un’anomalia senza precedenti nella storia contemporanea, ma che ha origine quindici anni fa con l’ingresso in politica di Berlusconi: un capo di Governo che controlla direttamente o indirettamente parte significativa della stampa e della televisione, compresa quella pubblica, cercando di piegarle al proprio interesse. Un comportamento che vìola la Carta costituzionale, ma anche la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 e la Carta dei diritti fondamentali dell' Ue.

Per questo l’Europa può essere un alleato prezioso per difendere la nostra democrazia perchè il Governo di uno Stato membro ha il dovere di rendere conto del suo operato all’Ue quando si configura una lesione dei diritti. Il potere di controllo e di pressione da parte di Bruxelles sarà quindi fondamentale per cercare di respingere il tentativo berlusconiano di annientare la libertà di informazione e, insieme ad essa, svuotare di senso la democrazia nel nostro Paese.

Come parlamentari dell’Italia dei Valori-ALDE stiamo conducendo questa battaglia con la convinzione che essa sia decisiva per il futuro democratico italiano ma anche europeo. Il 7 ottobre la condizione dell’informazione in Italia sarà oggetto di un dibattito all’Europarlamento, mentre una risoluzione sul tema sarà votata alla fine di questo stesso mese a Strasburgo. Si tratta di iniziative politiche che sono il frutto delle reiterate richieste che l’IdV e l’ALDE hanno avanzato in queste settimane, quando l’escalation di attacco e intimidazione verso i media hanno raggiunto una recrudescenza tale da spingere alla mobilitazione del 3 ottobre, a cui lo stesso ALDE ha dato il suo pieno sostegno e appoggio. Appare perciò difficile da sottoscrivere l’appello del Capo dello Stato a non rendere l’Europa ‘cassa di risonanza’ delle vicende politiche interne: di fronte all’aggressione verso lo stato di diritto democratico che si registra nel nostro Paese, l’occhio dell’Europa deve essere vigile e la sua voce forte nel chiedere che sia rispettata la libertà di espressione e informazione.

On. Alfano Sonia
On. Arlacchi Pino
On. de Magistris Luigi
On. Iovine Vincenzo
On. Rinaldi Niccolò
On. Uggias Giommaria
On. Vattimo Gianni

Lettera da un gruppo di europarlamentari sulla libertà e il pluralismo dei media in Italia


Lettera da un gruppo di europarlamentari sulla libertà e il pluralismo dei media in Italia

Il rischio di una violazione della libertà e del pluralismo dei media in Italia è una questione che riguarda tutta l'Europa e che richiede una risposta Europea.

A seguito di una serie di azioni legali del primo ministro italiano contro numerosi giornali italiani ed europei, il Parlamento Europeo ha deciso di studiare il 7 Ottobre la possibilità di prendere una posizione verso il rischio di una violazione del pluralismo e dell'indipendenza dell'informazione. Il 22 Ottobre una risoluzione verrà presentata in assemblea plenaria, e chiediamo ai nostri colleghi europarlamentari di sostenerla.

La questione della libertà e pluralismo dell'informazione in Italia è necessariamente una questione di interesse europeo. La mancanza di una risposta europea rappresenterebbe una minaccia diretta al diritto di libertà d'espressione in tutta l'Unione europea, metterebbe in pericolo i progressi compiuti nei paesi dell'ex Unione Sovietica accolti nell'Unione, e limiterebbe l'autorità di qualsiasi condanna europea verso il controllo della stampa nel resto del mondo.
Le istituzioni europee hanno l'autorità di condannare le intimidazioni alla stampa in Italia e di aprire una procedura legale secondo l'Articolo 7 dei Trattati. L'interesse che dimostrano verso la situazione in Italia non è sintomo di endemica anti-italianità, ma segnale di una forte preoccupazione per la possibile lesione di una delle libertà fondamentali su cui è costruita l'Unione Europea in uno dei suoi paesi fondatori.
Lorenzo Marsili e Niccolo Milanese (Direttori, European Alternatives)


I seguenti europarlamentari sono fra i sostenitori della Campagna Europea per la Libertà dei Media in Italia (www.stampalibera.eu) lanciata dall'organizzazione indipendente European Alternatives Rosario Crocetta, Parlamentare Europeo (Italia): Sonia Alfano, Parlamentare Europeo (Italia): Luigi de Magistris, Parlamentare Europeo (Italia): Gianni Vattimo, Parlamentare Europeo (Italia): Sylvie Guillaume, Parlamentare Europeo (Francia); Vincent Peillon, Parlamentare Europeo (Francia); Sarah Ludford, Parlamentare Europeo (Regno Unito); Claude Moraes, Parlamentare Europeo (Regno Unito); Judith Sargentini, Parlamentare Europeo (Olanda).


martedì 29 settembre 2009

“El peor populismo que conozco es el de Berlusconi”

“El peor populismo que conozco es el de Berlusconi”
Vattimo está enrolado en la izquierda radical italiana y sostiene que en Europa los comunistas tienen que permanecer en la oposición y negarse a llegar al gobierno “de cualquier manera”. Tiene esperanzas en los procesos latinoamericanos como el de Chávez, Evo y Lula y ve a los Kirchner “más cerca de Chávez que de Uribe”.
Por Mercedes López San Miguel (Página/12)

–¿Cómo se aplica su concepto de “pensamiento débil” en esta sociedad globalizada?
–Un pensamiento débil intenta ser el de un comunismo posmoderno, menos dogmático y menos científico. El comunismo de hecho es débil, pero puede salvarse aceptando cierta falta de vigor. Por ejemplo, renunciando a ser gobierno a cualquier precio. La izquierda italiana devino en un partido de gobierno que se corrompió.

–¿Cree factible que un partido político renuncie a ser gobierno?
–Me refiero al caso de Italia. En este momento no hay un verdadero partido de oposición y a eso debieran aspirar las fuerzas más progresistas. Cuando deviene en gobierno, pierde sus características de izquierda. Es como cuando se llega a papa, se vuelve reaccionario. Sé que es paradójico. No se trata de decir que nunca debe ser gobierno, sino que hay que ir por las luchas sociales en lugar de buscar ministerios.

–En Italia la izquierda radical desapareció y el Partido Democrático (PD) no parece representar los postulados de la izquierda. ¿Puede haber una alternativa real a la derecha gobernante?
–Espero que sí. Fui elegido como parlamentario europeo para la formación Italia de los Valores (IDV), liderada por Antonio di Pietro, un ex magistrado demonizado por los moderados por “demasiado polémico”. Su partido es el único formalmente existente. La izquierda radical no existe más, porque se dividió en muchos partidos, rivales entre ellos, por pequeñas burocracias. Yo dije: “Hasta que no vea las razones de esta división no me postulo por ninguno. Ellos no iban a lograr el piso para obtener al menos un diputado en el Europarlamento” y no me equivoqué. Inicié la campaña entonces con el movimiento de Di Pietro porque quería asegurarme que aunque sea hubiera un legislador comunista. Los comunistas no existen en el parlamento de Italia como tampoco en el europeo. Existen solamente estos partidos democráticos que pretenden ser la izquierda y que hacen todo menos una política de izquierda: hacen una política de capitalismo razonable. No existe más un proyecto de transformación, prevalece solamente la idea de moderar la violencia del capitalismo salvaje. Esto provoca un daño también desde el punto de vista electoral para el Partido Democrático, porque la gente de izquierda no lo vota más, está desencantada; y vota a estos partidos pequeños. Obviamente que en Italia la izquierda nunca fue mayoría, pero hubo períodos en los cuales era más fuerte. Después de que el PD perdió su identidad, los de la Refundación Comunista lo abandonaron y se juntaron con otros aliados menores en coalición La izquierda Arcoiris, pero no ganaron las elecciones. Un poco porque no tienen dinero y otro tanto por la gran propaganda que se paga la derecha. No hay un engaño en esto. Presenciamos la popularidad de un capitalismo tranquilizador en el que sobresalen los berlusconianos y los demócratas. Los berlusconianos son la derecha despreciable y los otros no existen como unidad: no existen como programa político. Es una situación desesperante.

–Entonces ¿cómo puede renacer la izquierda?
–Sólo a través de una crisis más profunda en el sistema económico. El problema se presenta así: vamos a restaurar el capitalismo banquero como hacen los Estados Unidos o vamos a tomar un poco más seriamente esta crisis y transformar las estructuras sociales. La tendencia de los demócratas ex izquierda es la de restaurar el capitalismo porque creen que es el único que sistema que produce riqueza. Yo no lo creo. Se agrandó la brecha entre ricos y pobres, y sin embargo, hablan de “progreso económico”. Tuvimos que financiar con nuestros ahorros el salvataje a los banqueros. A ese salvataje se lo hace pasar como una manera de salir de la crisis financiera.
–¿Se degradó la política con la vuelta de Silvio Berlusconi?
–Absolutamente. Berlusconi es el jefe de un partido favorable a todo lo peor: el rechazo a los inmigrantes clandestinos con muertes en el mar de Sicilia; la reducción de la seguridad social; el gasto en una guerra inútil como es la de Afganistán. Tenemos un presupuesto de defensa bastante alto que podría ser utilizado para subvencionar escuelas y universidades. Pero esto no se hace porque estamos en este horizonte llamado la OTAN y porque el problema del presupuesto italiano es que no existe una lucha contra los evasores de los impuestos. Una cantidad de presencia de mafia en el sistema político italiano es favorecida por Berlusconi. Il Cavaliere siempre fue amigo de los mafiosos. No sé si él personalmente lo es, sería muy extraño que no lo sea, porque efectivamente muchos gastos inútiles del país pasan a través de los impuestos secretos que se pagan a la mafia. El instituto de la seguridad social es ahora un instituto activo económicamente, no se puede decir que las jubilaciones y la seguridad social cuesten demasiado; pero la salud cuesta demasiado porque se encuentran muchísimos porcentajes pagados a la mafia. Un señor llamado Gianpaolo Tarantini le enviaba prostitutas a Berlusconi y traficaba drogas. Esto es simbólico: un señor que provee a los placeres del primer ministro es uno que trafica con el dinero de la sanidad pública. Cuando pienso en esto tengo un poco de vergüenza de ser italiano. Siempre me digo que tendría que tomar la ciudadanía española... El otro tema es el de la concentración mediática. Berlusconi domina casi todos los medios de comunicación. El diario La Repubblica es opositor y resiste los embates. Yo no me identifico con ese periódico, lo conozco bien, comprendo que es una lucha entre dos poderes económicos, pero entre ambos me quedo con La Repubblica.
–¿Qué opina de las intenciones de Berlusconi de modificar la Constitución?
–Quiere más poder. El se presenta como un hombre “del hacer”. La Constitución de la Repúlica Italiana entró en vigencia en 1948, es reciente y tiene sistemas de garantías que hacen que el trabajo parlamentario sea un poco lento. Berlusconi, como es un empresario, básicamente imagina poder modificarla de una manera más presidencial. Es decir, menos poder al Parlamento y más al presidente, que es él.

–¿Este objetivo se trabó a raíz de los escándalos sexuales?
–No lo sé. Las historias escandalizan a la Iglesia, pero Berlusconi tiene una moneda de cambio con esta institución: el testamento biológico. La Iglesia pone por encima el valor absoluto de la vida, no importa si la persona está casi muerta o sin esperanza de recuperarse. ¿Por qué no le permite morir? Porque se basa en la represión sexual, lo que yo llamo la “espermolatría”, un argumento basado en la reproducción. Es una manera de hacer sufrir más a la gente. “Los últimos días de vida van a ser los peores porque te prohíbo morir”, así piensa la alta jerarquía católica. Para los berlusconianos, la hidratación y la alimentación no pueden interrumpirse porque no son terapias –se pueden rechazar las terapias según dice la Constitución–. El caso de Eluana Englaro, la mujer que estuvo en estado vegetativo durante 17 años, causó una fuerte polémica en el país porque Berlusconi quería impedir que se la desconecte de la máquina en base a ese argumento de que “si yo lo alimento y le doy agua no hago terapia”. Eluana murió en febrero pasado en medio del debate sobre la ley. Berlusconi está intentando chantajear a la Iglesia con la idea de que les garantiza ese “respeto a la vida” del paciente terminal y a cambio le perdonan su putanismo.
–¿Usted es católico, no?
–Yo soy cristiano. Me gustaría ir a la iglesia todos los días, pero tengo tanto rechazo a su jerarquía por los motivos que le menciono... Yo soy profesor honorario de algunas universidades católicas en América latina, pero en Italia no puedo poner el pie en una universidad católica. El problema del Estado vaticano es terrible, es un impedimento al progreso civil. Italia no tiene una ley de unión civil entre homosexuales; no existen leyes de bioética. Tenemos una ley de aborto contra la que lucha la Iglesia. Esta institución dice que la píldora del día después no se puede tomar porque reduce la “dignidad de la sexualidad”. Esto significa que el aborto tiene que ser algo “doloroso, difícil, traumático” para que así se sancione la conducta.

–La intolerancia con el inmigrante no es exclusivo de Italia. ¿A qué se lo atribuye? No es el hombre posmoderno que usted imaginó, uno más tolerante...
–La intolerancia no es de tipo ideológico. Es un problema de diferencia de clase, no de costumbres. En Europa, los países pobres de Africa y de Europa oriental presionan al intentar entrar; esa presión crea trabajo clandestino. La clandestinidad crea sacos de delincuencia. A la vez, genera un clima que algunos partidos políticos explotan políticamente como lo hace la Liga Norte. Esta formación está en el gobierno y obliga a implementar políticas racistas. El problema tiene aspectos psicológicos de masa que son explotados por la derecha, pero que tal vez no sean tan graves objetivamente. Italia necesita de la inmigración, entonces tendría que regularizar más a los indocumentados. Regularizarlos significaría la reducción de la explotación que hacen las empresas con ese trabajador clandestino. Es una cadena insana. Hay un problema de Europa también: el miedo al trabajo de Europa del Este, ese plomero polaco al que los franceses tenían miedo porque era una amenaza. Las desigualdades se podrían combatir con leyes internacionales que no se aprueban. En las diferencias de costo del trabajo entre Europa oriental y occidental ganan muchísimo los capitalistas que desplazan las industrias de Italia a Rumania. El capitalismo utiliza esas diferencias para aumentar los beneficios. Y sufren los pobres de Bulgaria, Rumania, etcétera.
–Esto que piensa para Italia, de que la izquierda no sea gobierno, no lo imagina para América latina. Usted dijo que los jóvenes socialismos de la región son el futuro.
–Chávez, Morales, Correa, Lula, espero que lo sean.

–¿Qué opina de los conflictos que se dan en América latina entre una izquierda o centroizquierda y una derecha revestida de un discurso republicano y con fuerte apoyo de los medios?
–Veo países latinoamericanos que están a la izquierda como Venezuela, Cuba, Bolivia, incluso Brasil, un poco Argentina. Pero la Argentina siempre ha sido considerada como parte del movimiento de democratización social en Latinoamérica después de los Kirchner. Estando acá me doy cuenta de que son peronistas, que están más del lado de Lula que de Uribe. Colombia está más a la derecha, por su condición de fuerte dependencia con Estados Unidos. Los otros países son una posible alternativa al orden capitalista; una forma de socialismo en pro de la igualdad. No se puede ignorar la popularidad de Chávez. La prensa está en su contra. Me golpea el hecho de cuando voy a Venezuela no tengo un diario para leer, son todos opositores. Hay una mezcla de poder económico y de medios de tipo burgués o de clase media que no puede querer a Chávez, porque siente amenazados sus privilegios. Esa imagen cambia si uno va a los pueblos, en todos los barrios donde están comprometidos maestros cubanos, médicos... es extraordinario.

–¿Usted tiene una lectura negativa del concepto populismo?
–Desconfío mucho del concepto. Se utiliza en contra de Chávez. A mí me parece que es como un exorcismo decir “es populista”, sobre todo, porque ¿implica un exceso de confianza en la democracia formal? Chávez siempre ha respetado la democracia formal, hubo 10 elecciones y ha perdido una por muy pocos votos. Hace tres años, antes de que Fidel Castro se enfermara conversé con él. Bueno, fue una conversación de tres horas y media, él habló tres y yo media (se ríe). Lo escuché con una admiración enorme. Castro me decía que él había aconsejado a Evo Morales que no eliminara las elecciones, que respetara las formas de la democracia. El peor populismo que conozco ahora es el de Berlusconi en Italia, que hace elecciones pero que tiene una actitud paternalista, es dueño de los medios, de las publicidades, más populismo que eso no hay, en su sentido negativo. Si Chávez es populista, entonces ¡que viva el populismo!

–Sigue siendo chavista.
–Sí, claro.

–¿Que opina de una medida redistributiva como la que intentó el gobierno argentino de cobrar retenciones a la soja pero que no prosperó ante una fuerte oposición?
–El problema de la transformación socialista de las sociedades se da porque tal vez las fuerzas reaccionarias resisten. Tal vez no tiene éxito porque los que quieren la reforma no la encuentran bastante reformista. Hay que tener en cuenta estos dos factores. De todas formas, me gustaría estudiar más el tema.

–¿Le genera alguna expectativa el presidente Barack Obama?
–Sí. Prefería a Obama antes que a McCain. Un afroamericano que llega a presidente es de por sí una novedad y un paso adelante. Ahora, ¿es una novedad transformadora o no? El dice que quiere retirar las tropas de Irak, pero pide más soldados para Afganistán. Es decir, que el sistema industrial-militar de los Estados Unidos no se siente muy amenazado por el nuevo líder. Por otro lado, la reforma de la salud me parece muy importante. Pero existen dificultades para que sea aprobada, incluso entre los demócratas. Voy a esperar un poco. No sé, escucho lo que dice Chomsky y él no cree mucho en el carácter transformador de Obama.
mercelopez@pagina12.com.ar


domenica 27 settembre 2009

In Europa per difendere l'Italia

È dovere degli eletti al Parlamento europeo dare seguito al mandato ricevuto dai cittadini anche denunciando il solco sempre più profondo che separa l’Italia dal resto d'Europa. È interesse vitale di tutta l’Europa intervenire per correggere le profonde anomalie di uno Stato membro.
Il Parlamento europeo non può non recepire le ansie già espresse in numerosi Paesi dell’Ue e non esprimere l'inquietudine per le ripetute violazioni della libertà di informazione, per il conflitto d’interesse del Presidente del Consiglio, per il tentativo perpetrato dal Governo Berlusconi di asservire a sé anche il sistema radiotelevisivo pubblico, per gli abusi sui diritti elementari degli immigrati e richiedenti asilo.
L’Italia dei Valori sta lavorando seriamente in Europa per rappresentare gli interessi del mondo del lavoro e dell’economia del Paese e per dare slancio al progetto federalista. Sarebbe quanto meno paradossale che venisse censurata la promozione di dibattiti trasversali e trasparenti in seno all’istituzione democratica per eccellenza dell’Unione europea, anziché contrastare l’occultamento delle responsabilità da parte di chi sta portando il Paese alla deriva.
Non possiamo essere solo noi italiani a non accorgerci dello stato comatoso della democrazia nel nostro Paese. Per questo l’Italia dei Valori ha già portato il problema della libertà d’informazione all’attenzione dell’Europa.
I parlamentari europei dell’Italia dei Valori


giovedì 3 settembre 2009

Il successo afghano e la patria italiana

Riflessioni di tarda estate... in esclusiva per il blog.

Il successo afghano e la patria italiana

Vogliamo provare, e non per gioco, a metter insieme due pagine della Stampa del 21 agosto: intendo le prime, che riportano i tanti commenti positivi, e spesso entusiasti, sullo svolgimento delle elezioni in Afganistan, dove anche con il contributo delle truppe italiane sotto le bandiere della Nato e agli ordini degli Usa, sembra che sia fallito lo sforzo dei talebani di spaventare gli elettori facendo mancare il quorum perché la consultazione possa considerasi valida; e poi la pagina con l’articolo di Guido Ceronetti sul suo provare una sorta di dolore d’Italia, paese a cui sente di appartenere ma con tante riserve che concernono il significato stesso della parola “patria italiana”. Chi e che cosa è l’Italia che è la nostra patria? E giù l’elenco (da Pagine gialle, dice Ceronetti), di tutti quei poteri, ognuno parziale ma sicuramente determinante, che compongono oggi quel che chiamiamo Italia… Ebbene: davanti all’entusiasmo per la riuscita delle elezioni afghane molti di noi provano sentimenti molto simili a quelli di Ceronetti nei confronti della patria italiana. Qui all’Italia si affianca il “mondo libero” di cui, per esser contenti della “vittoria” afghana, dovremmo sentirci cittadini. Siamo italiani, siamo (e l’elenco di Ceronetti lo dice eloquentemente) cittadini di quell’Occidente che cerca di instaurare la democrazia in paesi come Afghanistan, Iraq, e dintorni… Ma l’entusiasmo per il “successo” (lo chiama così Karzai, e anche Berlusconi) di Kabul è in noi così tiepido da sembrare assolutamente nullo. I nostri concittadini e governanti che ci vorrebbero impegnati a ogni costo nella guerra al terrorismo (secondo Frattini noi combattiamo in Afghanistan anche per difenderci QUI dal terrorismo islamico) giudicano la nostra tiepidezza come disfattismo, mancanza di coraggio, insufficiente patriottismo… Ma peccavano di questa tiepidezza anche gli articoli di Barbara Spinelli usciti sulla Stampa nei giorni scorsi, che sono un riferimento indispensabile per il confronto che proponiamo.

Insomma se cerchiamo di riflettere (auto)criticamente sulla reazione spontanea che ci suscitano le notizie sul “successo” delle elezioni afgane, lo stato d’animo che riconosciamo in noi è lo stesso descritto da Ceronetti; e motivato dalle riflessioni che, anche citando un “irregolare” come Slavoj Zizek, Barbara Spinelli ha formulato nei suoi due articoli recenti. Dovremmo sentirci colpevoli di mancanza di occidentalismo? Ma la democrazia che si dice di voler far nascere in Afghanistan non è quella in cui crediamo sempre meno qui da noi, che agonizza (siamo ottimisti) tra corruzione amministrativa, criminalità organizzata, incapacità di far valere anche i minimi requisiti della Costituzione (penso soprattutto alla funzione rieducativa della giustizia penale )? Certo, se le elezioni afghane sono state possibili senza troppi morti (ma quanto sarebbe il numero “normale”?) non possiamo che rallegrarcene. Ma solo perché finora si è evitato il peggio; e cioè perché può continuare quel male – la guerra, l’occupazione, la corruzione, il narcotraffico protetto anche dai “liberatori” – a cui ci siamo ormai troppo abituati.

Vorremmo trovare sui giornali più espressioni di questa consapevolezza che non le tante affermazioni entusiastiche che abbiamo letto in questi giorni. Papi, “papi” (nel senso minuscolo), presidenti, autorità varie, ci richiamano sempre più spesso all’impegno anzitutto morale per evitare lo sfascio della nostra società. Tra i primi imperativi morali c’è sicuramente quello del non mentire. Ma non è menzogna ufficialmente consacrata quella che si esprime da ultimo nei commenti alle elezioni afghane? Per fortuna sta venendo meno anche nel linguaggio ufficiale, sempre il più resistente alle esigenze di sincerità, l’idea della “missione di pace” in cui saremmo impegnati in Afghanistan. E’ una guerra, ormai lo dobbiamo riconoscere. Può darsi che nello spirito patriottico che Ceronetti rimpiange giustamente di non poter provare sia compresa anche la “carità di patria” – quella che tante volte ci è stata richiesta per coprire le troppe magagne in mezzo alle quali cerchiamo di sopravvivere. Ma non avrà ragione il Papa quando ci ammonisce che senza la verità la carità non può esserci? E se non per carità, almeno solo per favore, smettetela di somministrarci tutte queste bugie.

Gianni Vattimo

Libertà d'informazione in Italia: Sul sito dell'IDV

Ecco il post che compare a mia firma sul sito dell'IDV. Lo riporto semplicemente perché possiate leggere i commenti anche laggiù, se volete.
La difesa dell’informazione come difesa della libertà in quanto tale. E’ ormai evidente che il regime di Berlusconi, come ogni regime che si rispetti, sta procedendo ad una aggressione della stampa e dei media che travalica le Alpi.
Dopo la crociata interna, ora lo sguardo del premier, politicamente barcollante, si rivolge all’estero, e la crociata diventa transnazionale. Così oltre a La Repubblica e L’Unità, i nemici si chiamano anche The Times, Le Figaro, The Guardian ma soprattutto, stando alle dichiarazioni del suo fido avvocato Ghedini, Le Nouvel Observateur ed El Pais. Una virulenza tale da interessare ormai tutto il Vecchio Continente.
Non a caso proprio il portavoce della Commissione Ue, Leitenberger, in riferimento alle denunce del presidente del Consiglio verso la stampa estera, ha ricordato (e ammonito) che l’Europa tutela la libertà di espressione. In un clima di guerra ormai aperta a tutta l’informazione, le istituzioni comunitarie non possono non reagire restando in silenzio.
Per questo ho informato la Commissione Cultura e Istruzione, per mezzo di una lettera (leggi) indirizzata alla sua presidente, l’On. Doris Pack, dell’appello pubblicato su La Repubblica e promosso dai tre giuristi Cordero, Rodotà e Zagrebelsky, già sottoscritto da migliaia di cittadini e cittadine, esponenti politici, uomini e donne della cultura e dello spettacolo, personalità pubbliche.
Nel mio intervento odierno alla Commissione Cultura, nel quadro della presentazione del programma della presidenza svedese, ho fatto riferimento alle famose 10 domande che il quotidiano diretto da Mauro ha avanzato al presidente del Consiglio, pagando per questo il prezzo della denuncia da parte di Sua remittenza, e ho suscitato l’interesse della presidenza svedese stessa, che per tramite dei suoi ministri ha definito l’anomalia italiana un problema che merita di essere discusso e del quale si discuterà.
La minaccia alla libertà, quella primaria di sapere ed essere informati, è ormai un’emergenza non solo italiana. Per questo il Parlamento europeo deve essere pienamente a conoscenza di quanto sta accadendo per poter intervenire. Si è celebrato nelle scorse ore l’anniversario della II Guerra mondiale, che chiama in causa anche quella politica dell’appeasement che l’Europa adottò verso l’allora nascituro nazismo.Oggi l’Europa è in dovere di non ripetere la debolezza passata e di non sottovalutare i semi che, in Italia, potrebbero far germogliare l’insana pianta del regime. Sotto altre vesti, forse, ma non meno dannosa e tragica.

mercoledì 2 settembre 2009

Lettera di Gianni Vattimo alla Presidente della Commissione Cultura e Istruzione del Parlamento europeo


Ecco il testo della lettera che ho presentato oggi alla Presidente della Commissione Cultura e Istruzione del Parlamento europeo, e della quale ho parlato nel mio intervento odierno alla Commissione. La presidenza svedese, che oggi presentava il suo programma alla Commissione, ha sottolineato che il caso italiano è un problema che merita di essere discusso e sarà discusso nei prossimi mesi.


Bruxelles, 2 settembre 2009

Signora Presidente, Onorevoli colleghi,

Intendo richiamare l’attenzione della Commissione Cultura e Istruzione del Parlamento europeo sui gravi fatti che coinvolgono il Presidente del Consiglio italiano.
Dino Boffo, direttore del quotidiano cattolico “L’Avvenire”, è stato oggetto di un attacco da parte del direttore de “Il Giornale”, quotidiano posseduto, con ben poco rispetto delle disposizioni legislative in materia di conflitto di interessi di cui un grande paese che si vorrebbe democratico quale l’Italia dovrebbe dotarsi, dalla famiglia del premier italiano. In un editoriale in prima pagina del giornale del Premier, il direttore Feltri condannava le critiche rivolte a Berlusconi dal direttore de “L’Avvenire” Boffo, diffidandolo, cito testualmente, dal voler "lanciare anatemi e tirare le orecchie a Berlusconi" per una vita privata, quella del Premier, che le intercettazioni della magistratura negli ultimi mesi hanno rivelato essere, per usare un eufemismo, del tutto inadeguata rispetto agli incarichi pubblici che Berlusconi ricopre. Feltri riferisce inoltre, senza alcun imbarazzo per i toni omofobici utilizzati nell’articolo, di una vicenda giudiziaria che vedrebbe Boffo coinvolto in un presunto scandali a natura sessuale (Dino Boffo viene definito, cito testualmente, un “noto omosessuale attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni”; “alla guida del giornale dei vescovi e impegnato nell'accesa campagna di stampa contro i peccati del premier, intimidiva la moglie dell'uomo con il quale aveva una relazione”). La presunta “informativa” utilizzata da Feltri per sostanziare il suo attacco si è rivelata, a seguito della sua pubblicazione su “L’Avvenire”, una lettera anonima, e – nelle parole di Boffo – “uno sconclusionato e sgrammaticato distillato di falsità e di puro veleno costruito a tavolino per diffamare”. Il consiglio di redazione del quotidiano “L’Avvenire” definisce quello di Feltri, cito anche qui testualmente, un “plateale e ripugnante attacco”, e una “chiara intimidazione al direttore di Avvenire e a tutta la redazione del quotidiano”, che nasconde “un attacco alla libertà di pensiero e di stampa”.
Si noti che alla polemica, tuttora in corso, e dunque al tentativo, come riferiscono in Segreteria di Stato, di creare fonti di tensione tra la Santa Sede e i vertici della Conferenza episcopale italiana (cui il Pontefice ha ieri ribadito la sua solidarietà), editore de “L’Avvenire”, è dovuta la decisione di far saltare l'incontro previsto per il 28 agosto a l'Aquila tra il cardinale Tarcisio Bertone (il più stretto collaboratore del pontefice), che avrebbe presieduto la Perdonanza celestiniana, e il premier Silvio Berlusconi, anch’egli a l’Aquila per seguire i lavori di ricostruzione. L’unico risultato tangibile della vicenda è di aver creato seri e ulteriori motivi d’imbarazzo tra lo stato italiano e il Vaticano, al punto che Berlusconi è oggi impegnato nel difendere il “dialogo quotidiano”, nelle sue parole, che intercorrerebbe tra la Santa Sede e l’esecutivo italiano. Il premier ha ritenuto di dover dichiarare che “il Governo non ha alcuna responsabilità per quello che è successo nelle diatribe giornalistiche che si sono verificate”. Ciò è di per sé un sintomo del cattivo stato della democrazia italiana: come tutti sapete, quando è stato nominato per la prima volta presidente del Consiglio italiano, Berlusconi era addirittura ineleggibile, a causa dell’enorme conflitto d’interessi che gravava e grava tuttora, nonostante l’abbozzo di rimedio legislativo che una maggioranza parlamentare incline all’obbedienza ha approvato, sulla sua persona. L’Avvenire è reo, secondo il direttore del giornale (appena nominato) della famiglia Berlusconi, non certo nuovo ad attacchi giornalistici infondati come quello di cui sopra, di aver criticato la condotta privata, ma con ampi risvolti pubblici, del premier stesso. Lo scandalo delle escort che coinvolge il premier era stato definito “situazione desolante”, e si condannava la risposta “non sono un santo” che lo stesso Berlusconi aveva fornito ai media, evidenziando l’inadeguatezza del riferimento costantemente fatto dal premier a sondaggi a lui favorevoli, che dunque ridurrebbero la portata dello scandalo stesso.
Ciò su cui intendo richiamare l’attenzione della Commissione Cultura e Istruzione è l’inadeguatezza generale di Silvio Berlusconi a ricoprire la carica di presidente del Consiglio italiano, e i pericoli che da ciò discendono sia per la democrazia italiana, sia per l’Unione Europea, di cui l’Italia è membro fondatore. E mi rivolgo al Parlamento europeo poiché, nonostante ciò possa sembrarvi assurdo, sono solo quelli che Berlusconi definisce i “giornali della sinistra” a indagare, suscitando la curiosità e lo sdegno, per quanto sta accadendo in Italia, dei media esteri, sugli scandali del premier. Il servizio pubblico televisivo, letteralmente appaltato, per gran parte, allo stesso Berlusconi, la cui famiglia possiede tre reti nazionali (come l’azienda di stato), non dà infatti alcuna notizia non solo degli scandali che coinvolgono il premier, ma neanche delle domande giornalistiche rivolte al premier, nel pieno rispetto del gioco democratico (e di un gioco democratico da paese avanzato) da uno dei principali quotidiani italiani, “La Repubblica”, fortunatamente non di proprietà del presidente. Da mesi, infatti, “La Repubblica” ha pubblicato dieci domande, ancora evase, scaturite dallo scandalo delle escort, invitando il premier a rispondere pubblicamente per chiarire la sua posizione. Si tratta di domande urgenti, oltre che legittime, suscitate dall’appuramento, tramite intercettazioni, di circostanze che ritraggono il premier in rapporti ambigui con giovani escort e starlettes della televisione, invitate a partecipare, per tramite talvolta di mediatori coinvolti in traffici illeciti, a feste private nelle dimore del presidente. Ad alcune di esse è stata offerta, prima che fosse ritirata in seguito allo scoppio dello scandalo, una candidatura a ricoprire incarichi pubblici di rilievo (non ultimo quello di parlamentare europeo!). “La Repubblica” ha dunque rivolto al premier domande in merito alle “accurate” frequentazioni del premier di prostitute, di ragazze minorenni, all’uso di velivoli di stato per condurle alle dimore del presidente stesso, ai possibili ricatti e azioni di spionaggio cui il premier necessariamente si esporrebbe, all’incoerenza tra le politiche portate avanti a livello pubblico, spesso ispirate a una morale fortemente repressiva, e la condotta privata.
Il premier, suscitando lo sdegno dell’opinione pubblica internazionale e dei principali media esteri, ha recentemente querelato La Repubblica e alcuni giornali esteri, tra i quali “Le Nouvel Observateur” e “El Pais” (quest’ultimo colpevole di aver pubblicato alcune fotografie scattate a una festa in una residenza del premier), per diffamazione (“ho avviato una causa civile”, ha dichiarato). Tre giuristi del calibro di Franco Corsero, Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelski hanno scritto un appello, firmato per ora da oltre 180mila persone in Italia, e tra questi i principali intellettuali del paese, che definisce quello a La Repubblica un “tentativo di ridurre al silenzio la libera stampa, di anestetizzare l’opinione pubblica, di isolarci dalla circolazione internazionale delle informazioni, in definitiva di fare del nostro Paese un’eccezione della democrazia”. Le domande poste al Presidente del Consiglio, si precisa in polemica con la reazione del premier, “sono domande vere, che hanno suscitato interesse non solo in Italia ma nella stampa di tutto il mondo. Se le si considera "retoriche", perché suggerirebbero risposte non gradite a colui al quale sono rivolte, c’è un solo, facile, modo per smontarle: non tacitare chi le fa, ma rispondere”. “La libertà d'espressione è un valore fondamentale dell'Unione Europea”, ha commentato ieri da Bruxelles il portavoce della Commissione Ue Johannes Laitenberger, ammettendo di non essere a conoscenza della querela sporta da Berlusconi contro “La Repubblica” e i principali quotidiani stranieri. Condannando le parole del portavoce della Commissione Dennis Abbott, autore di un comunicato nel quale spiegava che la Commissione avrebbe chiesto informazioni all’Italia circa il respingimento di un gommone con 75 migranti respinto verso la Libia (Berlusconi ha dichiarato che d’ora in poi dovrà parlare solo il Presidente Barroso, altrimenti “non daremo più il nostro voto, bloccando di fatto il funzionamento della Ue, e chiederemo il dimissionamento dei commissari”), Berlusconi ha rivelato una volta ancora lo stile autoritario di governo che caratterizza il suo operato. Sono ormai quindici anni che l’Italia sopporta continui attacchi alla magistratura, alla libertà di espressione, alla libertà di stampa, condotti da un premier sul quale gravano conflitti d’interessi di tale portata da suscitare dubbi sulla tenuta democratica del paese. L’Europa stessa, e i suoi parlamentari, quei “turisti della democrazia”, come li ha definiti Berlusconi nel giorno di apertura del semestre italiano del 2003, ne hanno già fatto le spese. L’Europa è un esempio di democrazia compiuta, che tuttavia tollera al suo interno derive autoritarie difficilmente gestibili a livello nazionale. Mi auguro che i Deputati di questo Parlamento vigilino costantemente sull’operato di un personaggio pubblico che dimostra ogni giorno la propria inadeguatezza democratica.

Gianni Vattimo