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lunedì 10 ottobre 2011

In merito all'incontro su Furio Jesi

Un articolo de Il giornale sull'incontro di ieri (Portici di carta, Torino, con Giovanni De Luna e il sottoscritto), 9 ottobre, in merito a Furio Jesi e alla cultura di destra. 

Ricordando Furio Jesi, la cultura di destra che piace a sinistra 

Il giornale, 9 ottobre 2011; di Stefania Vitulli


«Sarebbe stato bello discuterne anche con un intellettuale di destra: Marcello Veneziani, o Marco Tarchi, di cui leggo con attenzione Diorama Letterario. O Massimo Fini, che si spaccia per uno di destra e, se questa è la destra, ce ne fossero... O Franco Cardini. Anche se, settariamente, sono convinto che una cultura di destra non sia esistita per anni, in Italia. Colpa degli editori come Einaudi? E chi sono i pensatori di destra? Il rivoluzionario Nietzsche, che io ho studiato per anni? Ed esiste una rivoluzionarietà di destra?». Così Gianni Vattimo ieri a Torino, all’incontro «La cultura di destra. Secondo Furio Jesi, a settant’anni dalla nascita», in occasione di «Portici di carta» (a cura del Salone del Libro) e della riedizione del celebre saggio di Jesi del ’79 Cultura di destra (Nottetempo). Incontro di cui Vattimo è stato relatore insieme a Giovanni De Luna.
Germanista, ebreo, autodidatta, Jesi pubblicò il volume poco prima di morire, a 39 anni, in un momento in cui in Italia parlare di cultura di destra era un tabù, individuando il motore del pensiero di destra in una «macchina mitologica» produttrice di idee senza parole e valori indicati sempre in maiuscolo come Tradizione, Passato, Razza, Origine, Sacro. Spengler, Frobenius, Eliade, Pirandello, Bachofen, D’Annunzio, Evola, ma anche Salvator Gotta e Liala spremuti in modo «trasversale» alla ricerca di nuclei, costanti e ricorrenze, su tutti l’esoterismo e il lusso. «Il libro - spiega De Luna - risente molto del clima culturale dell’Italia anni ’70. A partire dall’intenzione di distinguere tra il fascismo mussoliniano, pregno di romanità, glorie patrie e Risorgimento, e neofascismo, secondo Jesi una formidabile macchina linguistica produttrice di stereotipi, radicata nel mito, nella dimensione spirituale alla Evola».
«I meccanismi culturali individuati da Jesi resistono - dice Vattimo -. Oggi, quando Bossi va al Monviso a prendere l’acqua del dio Po enfatizza una mitologia per servirsene a scopi politici, altro che etichettarla come fesseria. Così come la risalita del nazionalismo o delle radici, come accade con la Padania, ma non solo». Secondo De Luna il libro di Jesi ha passi profetici: «Nella descrizione del tramonto del lusso eroico a favore di quello materiale, dell’emergere di un consumismo destrorso, dell’appiattimento della cultura di destra su mercato e filosofie aziendali». Ma anche paradossali: «Jesi vide in Montezemolo, che chiama il “marchesino della Ferrari”, un emblema della politica di destra...».

domenica 27 marzo 2011

Il ragazzo che credeva ai miti


Il ragazzo che credeva ai miti
L'Espresso, 24 marzo 2011

Furio Jesi (1941-1980) è stato una delle figure intellettuali più vivaci nell'Italia della seconda metà del Novecento. Un enfant prodige: negli anni Cinquanta già si era fatto notare per importanti studi nel campo dell'archeologia e della scienza delle religioni. Il suo primo libro (sulla Ceramica egizia) esce a Torino, città dovev vive, nel 1958. Da quegli stessi anni comincia a intessere un rapporto epistolare con maestri del pensiero che, come anzitutto Karoly Kerenyi, ne apprezzano il lavoro. I libri dello studioso ungherese del mito e della religione antica costituiscono il nerbo della famosa Collana viola curata per l'Einaudi da Cesare Pavese. Lo studio del mito e il rapporto con Kerenyi (terminato tra il 1967 e il 1968, perché Jesi, ebreo, assume un atteggiamento critico nei confronti della guerra dei Sei giorni, e poco dopo si schiererà con gli studenti contestatori) sono il filo conduttore della vita di Jesi, che pubblica negli anni della maturità libri come "Letteratura e mito" e "Cultura di destra". Una maturità che si interrompe repentinamente, a causa di un banale incidente domestico. Il denso libro che ora gli dedicano Marco Belpoliti e Enrico Manera (a cura di) "Furio Jesi" (Marcos y Marcos, pp. 349, euro 25), in cui si raccolgono sia frammenti delle sue opere, sia numerose testimonianze e studi sul suo lavoro - apre un orizzonte vastissimo su tutta la cultura italiana ed europea del secolo scorso. Di essa Jesi è stato, e merita di essere considerato ancora per il futuro, uno dei più suggestivi e determinanti protagonisti.
Gianni Vattimo