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martedì 27 settembre 2011

Noi il debito non lo paghiamo

Dell'iniziativa "Noi il debito non lo paghiamo" avevo parlato qui. Riporto qui sotto due articoli, il primo (che ricorda appunto l'incontro previsto per il 1 ottobre a Roma) tratto dal numero odierno de Il Manifesto, il secondo (dedicato alla conferenza stampa di Cremaschi sull'iniziativa) da contropiano.org.

"Noi il debito non lo paghiamo", di Rocco Di Michele (Il Manifesto, 27 settembre 2011)
Comincia a tirare una brutta aria. Persino per una banale conferenza stampa all'aperto. Fissata a Roma davanti al Teatro Eliseo - quindi di fronte alla Banca d'Italia - si è dovuta tenere sui gradini del Palazzo delle Esposizioni, un centinaio di metri più in là. Il vecchio leone della Fiom, Giorgio Cremaschi, lo ricorda più volte ai giornalisti presenti («chi tocca Bankitalia muore»), anche per sottolineare il ruolo negativo delle banche centrali nell'indicare «soluzioni» alla crisi dei debiti pubblici: il taglio della spesa sociale. Deve far conoscere sia la scadenza (il 1 ottobre) di un'assemblea di movimenti, associazioni, formazioni politiche, sindacalisti «classici» e di base che si annuncia parecchio folta, sia le motivazioni, raccolte sotto il titolo sintetico «noi il debito non lo paghiamo». Attorno a Cremaschi attivisti delle varie aree mettono in atto la «liberazione di Mirco», nome di fantasia per un bambino nato oggi e già gravato di un debito «individuale» di 33.000 euro. Hanno portato mazzette di monete-facsimile, per sollevarlo da questo gravame.
L'assemblea di domenica mattina all'Ambra Jovinelli è autoconvocata; è nata a partire da un appello che ha già raccolto più di 1500 firme, anche al di là delle forze della sinistra e del sindacato conflittuale. Da Andrea Camilleri a Gianni Vattimo, da Valerio Evangelisti agli attivisti di ogni parte d'Italia - in testa i No Tav - fino al Popolo Viola.
La piattaforma è articolata in cinque punti: non pagare il debito, drastico taglio alle spese militari e cessazione di ogni missione di guerra, giustizia e diritti per tutto il mondo del lavoro (a partire dall'abolizione dei contratti precari), beni comuni per un nuovo modello di sviluppo, una rivoluzione per la democrazia (dalla lotta a fondo alla corruzione e a tutti i privilegi di casta). Punti a loro volta articolati e molto «ragionevoli», anche se fuori programma per tutta la politica parlamentare italiana. 


"Basta sacrifici umani, noi il debito non lo paghiamo" (di Marco Santopadre, Contropiano.org, 26 settembre 2011)
Questa conferenza stampa - esordisce Giorgio Cremaschi parlando ai giornalisti dalla scalinata del Palazzo delle Esposizioni - avremmo voluto tenerla davanti alla sede centrale della Banca d'Italia. Ma ciò che in altri luoghi è consentito qui è vietato e quindi pochi giorni fa, quando la Questura ci ha comunicato il divieto, abbiamo ripiegato per quest'altro luogo". Mentre i pochi giornalisti presenti si accalcano per piazzare microfoni e registratori il più vicino possibile alla bocca dell'esponente della Fiom, Cremaschi inizia a spiegare i contenuti e gli obiettivi dell'assemblea nazionale convocata a Roma il prossimo 1° ottobre da un vasto arco di forze sindacali, politiche e sociali che intendono così lanciare una campagna nazionale contro il pagamento del debito e affinché ai cittadini italiani sia consentito, attraverso un referendum, esprimersi su una materia tanto importante. 'E' una grande questione di democrazia perché il nostro popolo non è mai stato chiamato a discutere e decidere su questi temi.
Lo hanno potuto fare in Islanda, in Norvegia ed in altri paesi di questo continente, vogliamo che sia consentito anche a noi'. Intorno a Cremaschi i rappresentanti della sinistra interna alla Fiom - appena uscita da un conflitto forse inaspettato con la maggioranza della propria organizzazione nell'assemblea dei delegati di Cervia - e i dirigenti nazionali dell'Unione Sindacale di Base. Ma anche attivisti delle varie forze di sinistra ('a sinistra del PD' ripete più di una volta Cremaschi durante il suo intervento) che sostengono e promuovono la campagna: dalla Rete dei Comunisti a Sinistra Critica, dal Partito Comunista dei Lavoratori a Rifondazione Comunista, ed altre ancora. Alcuni mostrano ai fotografi i manifesti che pubblicizzano l'assemblea nazionale di domenica, altri sventolano mazzette di banconote facsimile da 500 euro, per un totale di 30 mila; esattamente il debito che grava su ogni neonato al momento di venire al mondo. "L'assemblea che si terrà domenica mattina all'Ambra Jovinelli - precisa Cremaschi - è autoconvocata; è nata a partire da un appello che ha già raccolto più di 1500 firme anche al di là delle forze della sinistra e del sindacato conflittuale". Si citano le adesioni dello scrittore Andrea Camilleri e quella del filosofo Gianni Vattimo, di attivisti dei movimenti sociali di ogni parte d'Italia - a partire dai No Tav - di alcuni leader del cosiddetto Popolo Viola. I rumori di fondo del traffico di Via Nazionale sono forti, due carabinieri si avvicinano per ascoltare meglio, annuiscono quando Cremaschi spiega nel dettaglio gli obiettivi della campagna contro il pagamento del debito. "In tutta Europa si discute del debito: se bisogna pagarlo, come e quando. In Italia invece siamo di fronte ad un esproprio totale di democrazia, non c'è più neanche la possibilità per noi di avere un governo democratico e legittimato. Siamo tra i cosiddetti paesi maiali, i famigerati Piigs, che ormai non hanno più neanche il diritto ad avere un governo che possa decidere autonomamente la propria politica economica. Questo certamente, in Italia, perché abbiamo un premier impresentabile e squalificato a livello internazionale che obbliga tutti a dover commentare le sue peripezie sessuali. Ma anche per responsabilità dei partiti di centrosinistra, perché di fatto non esiste una opposizione vera alle misure che la BCE e il FMI impongono ai governi dei paesi presi di mira. Queste misure distruggono ogni forma di convivenza civile e sono quindi inaccettabili. Bisogna alzare la voce contro Berlusconi ma anche contro la BCE. Vogliamo aprire uno spazio politico che ha come avversari Berlusconi ma anche il governo unico delle banche che sta distruggendo la nostra democrazia". Cremaschi non può non commentare la notizia del giorno: "Scopriamo stamattina che l'UE sta costruendo un fondo di 3000 miliardi di dollari - soldi dei lavoratori e dei cittadini - finalizzato a salvare le banche. Soldi che invece andrebbero usati per salvare il lavoro e i diritti sociali, che andrebbero investiti nello stato sociale. Vogliamo lanciare un movimento che dice chiaramente 'Noi il debito non lo paghiamo' e chiede misure politiche e sociali diverse e alternative non solo rispetto a quelle del governo Berlusconi ma anche a quelle promesse dalla cosiddetta opposizione che promette il taglio delle pensioni e ulteriori privatizzazioni. Di fronte al fallimento del Patto di Maastricht, del patto Europlus e della gestione autoritaria della crisi da parte dell'Unione Europea diciamo chiaramente che occorre mettere in discussione tutta l'architettura istituzionale dell'Europa. Chiediamo che si colpiscano finalmente l'evasione fiscale e i grandi patrimoni, che si nazionalizzino le banche, un cambiamento di rotta radicale anche nei confronti delle politiche economiche liberiste preannunciate dallo schieramento di centrosinistra che si candida a governare il paese dopo la fine ormai certa di Berlusconi. I soldi recuperati - spiega il presidente del Comitato Centrale della Fiom - non devono servire certo a ripianare il debito ma invece a pagare investimenti sociali, non possiamo fare come la Grecia che sta massacrando il proprio popolo senza risultati. Non dobbiamo più pagare le rate di questo debito: paghiamo ogni anno almeno 80 miliardi di interessi sul nostro debito. L'ultima manovra del governo - 60 miliardi di sacrifici e nuova tasse - non solo non paga il debito ma neanche gli interessi, noi stiamo subendo dei veri e propri sacrifici umani solo per pagare una parte degli interessi su un debito che non fa che crescere a dismisura distruggendo la stessa idea di civiltà e convivenza". "Il manifesto della CONFINDUSTRIA - denuncia ancora Cremaschi - è un decalogo reazionario che attacca da destra il governo Berlusconi e che ne vuole la caduta per imporre una svolta ancora più reazionaria. Le dichiarazioni di consenso e di disponibilità da parte di alcuni esponenti del centrosinistra la dicono lunga sulla mancanza di una alternativa all'interno del panorama politico parlamentare. Siamo esterni e contrari all'attuale quadro politico e in questo senso siamo in continuità anche con i movimenti che in Spagna e in Grecia sono alternativi e avversari delle destre ma contrari anche alle politiche dei rispettivi governi socialisti. Vogliamo anche in Italia costruire uno spazio politico che in Italia non esiste". Rispetto alla fuoriuscita dall'Euro il portavoce del comitato 1° ottobre chiarisce che non può essere certo una scelta di un singolo paese. "Non accettiamo che un possibile ritorno alla moneta nazionale di alcuni paesi sia la scusa per imporre ulteriori sacrifici ai loro popoli, noi vogliamo mettere in discussione radicalmente la stessa politica dei sacrifici".

il video della conferenza stampa: 


tutte le informazioni sull'iniziativa

venerdì 14 gennaio 2011

Torino, la Fiat, gli operai... Se gli intellettuali escono dal sonno

Un articolo apparso oggi su L'Unità, a commento delle prese di posizione di alcuni intellettuali contro l'accordo proposto da Marchionne; ne riporto qui unicamente la prima parte, con intervista al sottoscritto.

Torino, la Fiat, gli operai...
Se gli intellettuali escono dal sonno


All’ingresso della Sala Valdese di corso Vittorio Emanuele avanza solitaria ed elegante la figura di Gianni Vattimo, filosofo temerario capace di studiare con Hans-Georg Gadamer e Luigi Pareyson e di attraversare con leggerezza ma senza rinunciare allo scontro e alla polemica la politica italiana, dai radicali al pd, fermandosi, per ora, ad Antonio Di Pietro.

Caro professore, come la mettiamo con gli intellettuali, Torino e la Fiat? Cosa avete combinato? «Non va così male, come si potrebbe pensare perchè quelli che hanno ancora la forza di parlare qualche cosa giusta l’hanno detta, si sono schierati per il no all’accordo di Mirafiori, hanno difeso i diritti degli operai. Il mio rammarico è la politica, quella dei partiti e degli amministratori, e anche il sindacato. Dopo la vittoria del sì cosa facciamo, che lotte pensa di mettere in campo la Cgil? Il diritto di sciopero è un diritto individuale sancito dalla Costituzione, possiamo iniziare da qui, ma dobbiamo pensare ad autorganizzarci, a trovare nuovi sbocchi». Ci sono i partiti per questo? «Ma quali partiti vuol trovare... Il sindaco Chiamparino e il suo possibile successore Fassino si sono schierati apertamente con Marchionne, comprende il disastro in cui viviamo? Non siamo qui per divertirci».

Annozero, un resoconto


Interessante (e di parte) resoconto della puntata di Annozero di ieri apparso oggi su Il sussidiario.net. Riporto fedelmente dall'articolo di Gianluigi Da Rold:

ANNOZERO - Legittimo impedimento, ridimensionato dalla Corte Costituzionale, e referendum alla Fiat vengono mescolati insieme nella trasmissione, confusa e tumultuosa, di "Annozero" sotto la consueta regia di Michele Santoro. Sembrano, ma in effetti lo sono, due fatti determinanti per l'agenda politica italiana, quasi epocali per il futuro del Paese.

Sul palco televisivo ci sono protagonisti della politica e dei media che battibeccano in politichese e sindacalese. Il protagonista della contestazione è il filosofo Gianni Vattimo, che parte con un secco "analfabeta" al vicedirettore de "Il Giornale" Nicola Porro.

Vattimo sventola un foglio dove c'è la proposta di accordo che prevederebbe, a suo parere, una grave lesione del diritto di sciopero. Persino il giusvalorista Ichino si era schierato con la tesi di Porro, ma subito il filosofo Vattimo, il teorico del "pensiero debole", lo aveva interrotto dicendo: "Ma lei l'ha letto l'accordo?". In collegamento da Torino, il segretario della Fiom, Landini, ovviamente fa un coro forte alle tesi di Vattimo.

Difficile stabilire un dialogo o solamente un dibattito pacato e comprensibile, partendo dalle condizioni di fatto del nuovo mercato globale dell'auto. L'obiettivo, nemmeno tanto celato di Santoro, è quello di mettere sullo stesse piano sia Marchionne, l'orco della Fiat, sia Berlusconi, l'orco per antonomasia della cosiddetta "transizione italiana" , cioè dei nemici da battere e da sconfiggere. Nella linea editoriale di "Annozero" non si risparmiano neppure i dissidenti del Partito democratico, come Fassino ("Voterei sì") e come il sindaco di Torino, Chiamparino.

Al proposito diventa quasi edificante il consueto editoriale di Marco Travaglio. Il sedicente allievo di Indro Montanelli attacca quasi più Marchionne di Berlusconi, naturalmente mettendoli però sullo stesso piano e dalla stessa parte, due antidemocratici che sono "bravissimi a parlare d'altro". Non c'è alcun dubbio che la redazione di "Annozero", con le sua star in testa voterebbero volentieri per il "no".

La trasmissione è quasi uno "spottone" per il "no" propagandato dalla Fiom.

L'inviato di "Annozero" a Torino mette in dubbio anche la validità del piano industriale della Fiat, mentre Travaglio, dallo studio romano, fa i conti in tasca a Marchione, i suoi guadagni e le sue stock-option azionarie.

L'inviato di "Annozero" si mette anche a contestare il rappresentante dei metalmeccanici della Cisl. In soccorso di "Annozero" e della Fiom arriva ovviamente il vicedirettore di "laRepubblica" Massimo Giannini, che attacca Berlusconi perché non si sarebbe mai occupato della Fiat, quindi di fatto proponendo un intervento statale o comunque governativo su un'azienda privata.

In realtà il segretario della Fiom, Landini, è più coerente e obiettivo invocando un intervento pubblico, smascherando di fatto i liberali di maniera e quindi di convenienza occasionale.

Gioco facile a questo punto per un rappresentante della maggioranza di governo come Gasparri, che spiega: "ma come ci siamo lamentati per anni che lo Stato dava soldi alla Fiat e adesso ci lamentiamo che non li dà?".

Ma non potevano mancare, dopo l'intervento di Gasparri, le testimonianze, scelte a caso, di due studenti de "La Sapienza", che hanno aderito, non si sa bene a quale titolo, all'iniziativa della Fiom e saranno presenti allo stabilimento Fiat di Cassino.

La coda della trasmissione è rappresentata da due altri interventi politici, un'intervista a Casini e una a Bersani sul futuro del governo. Scontate e noiose.

giovedì 13 gennaio 2011

Stasera, ad Annozero


Tutti uguali? In onda giovedì 13 gennaio



Giovedì 13 Gennaio il Paese affronta due questioni cruciali per il suo futuro politico e sociale: il referendum sull’accordo Fiat-Mirafiori e la sentenza sul legittimo impedimento. Cosa accadrà quando saranno resi noti i risultati del referendum e la decisione della Corte Costituzionale?

Ospiti in studio: Maurizio Gasparri del PdL, Pietro Ichino del PD, Gianni Vattimo dell’IdV e i giornalisti Massimo Giannini, vicedirettore di Repubblica, e Nicola Porro, vicedirettore del Giornale

Vattimo: "Non potrà che aumentare la conflittualità sociale"


Riprendo qui un articolo appena pubblicato sul convegno odierno del sindacato di base Usb.

Vattimo: “Non potrà che aumentare la conflittualità sociale”


Al convegno organizzato oggi dal sindacato di base Usb, per discutere dei punti fondamentali dell’accordo proposto da Sergio Marchionne, ha partecipato come relatore anche Gianni Vattimo, parlamentare europeo, docente presso l’Università di Torino e filosofo. Domani, intanto, è confermato l’inizio delle votazioni fino alle 22 di venerdì. A margine del proprio intervento ha spiegato: «Temo che il sì vincerà nel referendum, perché i lavoratori sono ricattati e in questo caso chi “ha famiglia” penserà giustamente alla sopravvivenza».

Per Vattimo però si pone un problema successivo, perché dopo il referendum bisognerà decidere che cosa fare, stando anche all’accordo che impone ai sindacati di mantenere l’ordine evitando contrasti con le regole aziendali. «Di questo passo non potrà che aumentare la conflittualità sociale ed è bene che la Cgil si dia una mossa e faccia scioperi selvaggi. Non c’è più tempo, già lo sciopero del 28, in caso di vittoria del sì, sarà in contrasto con l’accordo. Che succederà? Gli operai che sciopereranno verranno puniti o licenziati? Sarà già in vigore il nuovo contratto?». Il professore parla di un problema istituzionale, dovuto anche all’assordante silenzio del Governo e degli altri enti pubblici. «Non ho nessun rispetto per le istituzioni che non funzionano e non fanno gli interessi dei cittadini – attacca – e nemmeno il Parlamento europeo ci prende in considerazione. L’Italia sta diventando una colonia marginale del capitalismo occidentale. Si fanno andar bene Berlusconi perché manda a morire i militari in Afghanistan al posto degli altri. Gli Usa, ad esempio, stanno sostituendo le loro truppe coi mercenari».

Poi è tornato sulla situazione interna del nostro paese: «Aprire un nuovo fronte di scontro sociale, come ad esempio la questione Fiat e del lavoro in generale, è una strategia. Mi chiedo se Marchionne possa prendere soldi pubblici e investire all’estero se gli va, ma può davvero disporre di questi capitali come gli pare e piace? Stando così le cose, siamo un paese senza futuro. O ci svegliamo adesso, o restiamo ai comodi del sistema capitalistico. Non facciamoci abbindolare come i partiti di sinistra, con l’illusione di una globalizzazione che non è altro che una presa per i fondelli per lo sfruttamento dei poveri».

Paolo Morelli – paolo.morelli@piemonteinformato.it

http://www.piemonteinformato.it/2011/01/12/gianni-vattimo-%E2%80%9Cnon-potra-che-aumentare-la-conflittualita-sociale%E2%80%9D/

venerdì 7 gennaio 2011

Vattimo: «Una sinistra vera non difenderebbe Marchionne»

Vattimo: «Una sinistra vera non difenderebbe Marchionne»
Il secolo XIX.it, 7 gennaio
di Ilario Lombardo

L’intellighenzia italiana, come si diceva una volta, “scende in carta” accanto agli operai Fiom. Era da tempo che non si vedeva un così alto numero di teste con la t maiuscola (letterati, sociologi, filosofi…) scaricare tutta la propria indignazione in appelli, manifesti, raccolta firme. Usciti uno dopo l’altro contro il diktat di Marchionne e per non lasciare soli i metalmeccanici della Cgil. Gli ultimi due sono opera di Micromega e di un gruppo di 19 intellettuali torinesi. In entrambi in coda all’elenco alfabetico si trova la firma di Gianni Vattimo, filosofo ed europarlamentare.

Professor Vattimo, un pensatore come lei, torinese tra l’altro, ci deve spiegare le ragioni del no a Marchionne…

«A Torino sentiamo molto quello che sta accadendo a Mirafiori. Non è solo la questione Fiat, è come se percepissimo che si tratta del primo passo nella graduale imposizione di una diversa disciplina del lavoro. Noi, democraticamente, non ce lo auguriamo».

Ma scusi, il referendum tra gli operai non è uno strumento democratico adeguato?

«Ma no, ma come si fa a pensarlo? L’idea che questi poveretti siano chiamati a votare sotto ricatto è una mostruosità. O votano come e quanto vuole Marchionne o perdono il lavoro. È un paradosso».

A Pomigliano non ha stravinto il sì, eppure i 700 milioni promessi ci saranno…

«Qui è diverso, anche perché non chiariscono cosa faranno a Mirafiori. Parlano di gipponi in stile americano che in Italia non riusciamo a vendere. Costruiranno i motori e li rispediranno negli Stati Uniti? Mah. A me viene il sospetto che il proposito sia di andarsene via. L’essenziale ora è capire perché si deve fare un referendum se deve finire come vuole il padrone. E poi, l’altra questione assurda è sulla mancata rappresentatività di Fiom, perché non ha firmato gli accordi».

Non lo prevede lo Statuto dei lavoratori?

«Lo si applicasse integralmente allora. Molto norme sono state violate. Si andrà al referendum senza una campagna precedente adeguata. Con le fabbriche chiuse e gli operai in cassa integrazione».

Marchionne vuole rendere più competitive e governabili le fabbriche. Dal suo punto di vista non ha ragione?

«Io credo che Marchionne sia il giusto manager per questo sistema capitalistico predatorio. Solo che non capisco perché non si parla anche dei salari italiani. Nonostante siano i più bassi in Europa la Fiat perde quote di mercato. Allora, penso, non sarà solo la disciplina del lavoro il problema della produttività. Servono investimenti, innovazione, tecnologia. Invece Fiat vuole spendere meno tagliando i diritti e le pause ai lavoratori».

Cosa pensa del comportamento del Pd? I suoi concittadini Chiamparino e Fassino hanno detto che voterebbero sì al referendum…

«Il problema della sinistra italiana c’è da quando si è messa in testa che solo il capitalismo ci avrebbe potuto salvare. È diventata una specie di sindacato americano, che deve garantire disciplina al capitale sociale. Il Pd è allo sfacelo. I dirigenti sentono di voler essere sinistra di governo e devono identificarsi con quel mondo. Ma, mi chiedo, perché votare l’imitazione se c’è l’originale? Una sinistra seria dovrebbe intensificare il conflitto sociale a tutti i livelli, per mettere un freno a questa logica della competitività e per spiegare a Marchionne che in Italia ci sono delle leggi e bisognerebbe rispettarle».

mercoledì 5 gennaio 2011

"Ostentata prepotenza Fiat". L'appello di 19 intellettuali


"Ostentata prepotenza Fiat"
l'appello di 19 intellettuali

Un gruppo di docenti universitari denuncia in un appello pro Fiom "il carattere ricattatorio di Marchionne". Tra i firmatari: Revelli, D'Orsi, Vattimo e Cottino

Di fronte all’ostentata dimostrazione di prepotenza offerta in questi giorni dalla Fiat e di fronte ai contenuti dell’accordo da essa imposto per lo stabilimento di Mirafiori, riteniamo di non poter tacere.

Non può essere taciuto il carattere esplicitamente ricattatorio, da vero e proprio Diktat, che pone i lavoratori, già duramente provati dalla crisi e dalla cassa integrazione, con salari tra i più bassi d’Europa, nella condizione di dover scegliere tra la messa a rischio del proprio posto e la rinuncia a una parte significativa dei propri diritti; tra la sopravvivenza e la difesa di condizioni umane di lavoro; tra il mantenimento del proprio reddito e la conservazione della propria dignità. E’ un’alternativa inaccettabile in una società che pretenda di rimanere civile e in un Paese che voglia continuare a definirsi democratico.

Non può essere taciuto, d’altra parte, lo strappo – un vero e proprio scardinamento – che tale accordo introdurrebbe nell’intero sistema delle relazioni industriali in Italia, la sua aperta contraddizione con ampia parte del dettato costituzionale, a cominciare da quell’articolo 1 che proclama la nostra democrazia repubblicana “fondata sul lavoro” – cioè sul ruolo centrale del lavoro e della persona del lavoratore.

Non può essere taciuta, infine, l’assoluta gravità della scelta FIAT di risolvere il proprio rapporto con la Confindustria, al fine di liberarsi dai vincoli stabiliti in sede di contrattazione nazionale, e di porre in essere un’odiosa forma di discriminazione sindacale in quella delicata e cruciale sfera che è costituita dalla rappresentanza nei luoghi di lavoro. L’esclusione della FIOM, l’organizzazione sindacale maggioritaria tra i lavoratori metalmeccanici torinesi, dagli organismi rappresentativi di fabbrica costituirebbe un’inaccettabile discriminazione, una prova di pesante arroganza aziendale e di preoccupante cecità imprenditoriale, a nostro parere intollerabili.

Pur consapevoli della drammaticità delle scelte individuali, di chi è posto dinanzi a un brutale aut aut, e rispettosi di esse, esprimiamo il nostro sostegno e solidarietà a chi non ha rinunciato a difendere i diritti e le libertà conquistate a prezzo di duri sacrifici.

Maria Vittoria Ballestrero
Michelangelo Bovero
Piera Campanella
Alessandro Casiccia
Amedeo Cottino
Gastone Cottino
Bruno Contini
Giovanni De Luna
Lucia Delogu
Mario Dogliani
Angelo D’Orsi
Angela Fedi
Riccardo Guastini
Ugo Mattei
Ernesto Muggia
Marco Revelli
Marcella Sarale
Giuseppe Sergi
Gianni Vattimo

martedì 28 settembre 2010

Con la Fiom contro Berlusconi


“Con la Fiom contro Berlusconi”, l’adesione di Gianni Vattimo (AUDIO)

MicroMega, 16 ottobre
Camilleri, Flores, don Gallo, Hack:"In piazza con la Fiom contro il regime Berlusconi-Marchionne"
L'appello di Andrea Camilleri, Paolo Flores d'Arcais, don Andrea Gallo e Margherita Hack perché il 16 ottobre si scenda in piazza a fianco alla Fiom. Un invito rivolto a società civile, associazioni, club, volontariato, gruppi viola, e "a tutte le personalità che hanno il privilegio e la responsabilità della visibilità pubblica".

L'adesione di Gianni Vattimo (file audio):