sabato 27 febbraio 2010

CITTA(DINI) IN CONFLITTO E CITTÀ IN ASCOLTO

Invitiamo tutti voi al seguente dibattito pubblico:


CITTA(DINI) IN CONFLITTO E CITTÀ IN ASCOLTO
SABATO 27 FEBBRAIO 2010
dalle 17.30 alle 19.30
sala PASQUALE CAVALIERE
VIA PALAZZO DI CITTÀ 14 TORINO


Interventi di

Gianni Vattimo, filosofo ed europarlamentare Italia dei Valori
“Postmodernità, cittadinanza e conflitto”

Mariacristina Spinosa, consigliere regionale del Piemonte Italia dei Valori
“Siamo davvero tutti uguali in dignità e diritti? “

Alberto Quattrocolo, Presidente Associazione Me.Dia.Re.
“Conflitti, paure, solitudini, insicurezze e… qualcuno in ascolto”

Maurizio Cossa, Avvocato e Coordinatore IV Commissione Circoscrizione I
“Conflittualità in ambito legale e scarsità di risposte del sistema giuridico”

Modera l’incontro Maurizio D’Alessandro, Socio dell’Associazione Me.Dia.Re.



Informazioni:
Associazione Me.Dia.Re. Mediazione Dialogo Relazione
333-7248215 011/484794 contattami@cristinaspinosa.it

venerdì 26 febbraio 2010

NO TAV - La Storia siamo noi…

1989-2010: 21 ANNI DI OPPOSIZIONE
popolare e democratica ad un’opera inutile
Rivoli, venerdì 26 gennaio 2010 (clicca sull'immagine per visualizzare la locandina)
COMUNICATO STAMPA

NO TAV - La Storia siamo noi… adesso ve la raccontiamo
Venerdì 26 febbraio 2010Centro Congressi – Palazzo Comunale di Rivoli – Via Dora Riparia 2 (Cascine Vica) Rivoli
Un’occasione per rileggere il passato e guardare al domani.
Un pomeriggio di informazione e incontro, un’opportunità per ascoltare e per raccontare la ricchezza del movimento NO TAV.
Un happening per spiegare come la pensiamo e cosa facciamo.
La Compagnia teatrale “L’interezza non è il mio forte”, il gruppo musicale I Calvia & C., il trio di musica occitana Ascheri-Colussi-De Paoli, il canto ribelle di Olivier Cabanel accompagnano tante persone che raccontano episodi di una resistenza popolare che ha fatto e continua a fare la storia dell’opposizione dal basso in Italia e non solo …
Venerdì 26 febbraio 2010, Centro Congressi – Palazzo Comunale di Rivoli, Via Dora Riparia 2 (Cascine Vica) Rivoli
ore 15.00 accoglienza ore 16.00 – 19.00 assemblea spettacolo a cura dei Comitati No TAV: Valle Susa – Val Sangone – Gronda – Torino
www.notav.info – www.notav.eu – www.notav-valsangone.eu – www.notavtorino.org – www.ambientevalsusa.it

martedì 23 febbraio 2010

Una recensione dell'Atlante di filosofia di Elmar Holenstein

C'era Platone anche all'Equatore

di Gianni Vattimo

La Stampa - TuttoLibri, 20 febbraio 2010

Elmar Holenstein, ATLANTE DI FILOSOFIA, trad. di M.Guerra, F.Mauri, V.Sanna; introduzione di F.Farinelli; Einaudi, pp.306, € 65
L’autore insegna filosofia all’ETHdi Zurigo. Il suo «saggio-atlante» esamina i rapporti tra geografia e filosofia, per illustrare poi con le mappe il corso delle idee, nelle diverse epoche e zone del mondo(Ovest, Sud, Est, Nord). Nell’introduzione Farinelli lo definisce il primo esempio di tentativo di «atlante globale», un «progetto pilota».

Diciamolo subito, anche se il rischio ci sembra per ora remoto, giacché l’insegnamento della filosofia nei licei è destinato a vedersela brutta, in qualunque forma “modernizzata” si presenti: questo libro che sembra un atlante, e che anzi è un atlante, potrebbe sembrare il modello di un nuovo modo di insegnare la filosofia in maniera finalmente indipendente dagli schemi storicistici che abbiamo conosciuto (e apprezzato, molti di noi) nel passato. Niente più storia della filosofia ma, appunto, geografia; che dovrebbe liquidare una buona volta tutto l’eurocentrismo del nostro modo di insegnare questa disciplina ricostruendone la storia: dei movimenti, delle scuole, dei singoli pensatori.
Non sappiamo se questo sia stato l’intento del compilatore di questa amplissima enciclopedia, e dubitiamo che dal punto di vista didattico potrebbe funzionare; anche se sospettiamo di non essere i lettori adatti, forse le nuove generazioni educate alle ricerche su Internet saprebbero cavarne un autentico profitto. Insomma, qui la filosofia – ma che cosa si intende, nel libro, con questo termine? – è presentata nel quadro più ampio della evoluzione delle civiltà umana dalle origini ai nostri giorni. Un proposito che più filosofico non sin potrebbe, data l’ossessione “tutto logica” che a sempre caratterizzato i filosofi. Solo che, per l’appunto, qui il riferimento al tutto rischia di fare scomparire quasi completamente l’oggetto specifico: l’atlante è un (buono, secondo noi) sommario di storia delle culture che le segue nel loro dispiegarsi nelle varie zone del mondo.
La legittimazione di un simile approccio, come si sa, la offre il massimo filosofo moderno, Hegel, che vedeva la filosofia svilupparsi – come la storia stessa della civiltà umana – da Oriente a Occidente. E dopo di lui, tra i padri nobili a cui l’autore qui si riferisce, c’è anche Karl Jaspers, con la sua teoria dei periodi “assiali”del pensiero umano, quelli cioè che avrebbero visto la nascita dei grandi orientamenti di pensiero, filosofici e religiosi, che hanno segnato lo sviluppo della (nostra?) civiltà. La differenza tra questi grandi – e comunque discutibili – esempi e l’enciclopedia di Holenstein sta nel fatto che quei grandi schemi erano animati da una concezione filosofica specifica, servivano, soprattutto in Hegel, alla affermazione di un sistema. La neutralità descrittiva dello studio di Holenstein, che è certo anche uno dei suoi pregi, finisce però per renderlo poco incisivo e alla fine della lettura ci domandiamo quali sono le cose nuove che abbiamo imparato non riusciamo a indicarne nessuna.
È vero che anche il mettere insieme questa enorme quantità di dati (tutti rigorosamente già dati nella letteratura “storica” corrente) alla luce di una visione geografica dei grandi movimenti delle civiltà umane potrebbe dar luogo (ricordate la tesi filosofica secondo cui la quantità si trasforma in qualità?) a qualche risultato non previsto. Per esempio, ed è questo un possibile interesse, largamente insoddisfatto, del libro, si potrebbero scoprire nessi che finora ci erano sfuggiti tra collocazione geografica e idee filosofiche: capire per esempio perché la filosofia nasce nelle isole greche poi si sviluppa in modo eminente nella Germania del secolo XIX. Non è che l’autore non si ponga questo problema: ma si limita – del resto non potrebbe né dovrebbe fare altrimenti – a constatare che storicamente è andata così, riportando – come del resto fanno tutti i manuali – la nascita della filosofia greca a influenze, indiane, medioorientali.
Quello che certo non si trova nei nostri manuali scolastici – ma non sappiamo davvero se dovrebbe starci – è la quasi identificazione delle origini della filosofia con le origini dello stesso homo sapiens sapiens, cioè dell’uomo che poi, dopo secoli di evoluzione, siamo diventati noi (e Hegel, e Nietzsche, e...). Siccome la specie umana è nata, sembra, in Africa, qui troviamo un capitolo sui “più antichi e significativi contributi del continente africano a questa disciplina”: e questi contributi sono riassunti nella stessa pagina (66): il fatto che l’uomo può parlare liberamente (dire quel che vuole senza dipendere dagli impulsi che lo muovono); universalmente, anche di cose che non sono presenti o non esistono; può cambiare prospettiva, cambiare idea; può riflettere sulla propria lingua e modalizzare (valide, dubbie, probabili, false, ecc.) le sue enunciazioni; può argomentare razionalmente, adducendo ragioni pro o contro. Certo nessuna filosofia qualunque cosa essa sia può darsi senza queste condizioni, ma sono così generali che è difficile non identificarle con la civiltà umana tout court. Peraltro, parlando dell’America precolombiana, Holenstein utilizza una classificazione della storiografia filosofico-antropologica anglosassone, distinguendo saperi sul mondo e l’etica che sono diffusi tra il popolo o sono insegnati da qualche grande maestro spirituale, o sono affare di vere e proprie scuole: folk philosophy, sage philosophy, school philosophy.
Comunque, ciò su cui in fondo Hegel sarebbe d’accordo con l’autore è che la filosofia è la somma della civiltà umana, per cui la sua storia è la storia (e geografia) stessa della civiltà. Eurocentrismo? No, risponderebbe Holenstein, perché le culture umane, soprattutto se guardate dal vasto punto di vista antropologico e geo-sociologico che egli adotta, sono molto più simili di quanto non si creda: una tesi che mette abbondantemente da parte Hegel per una sorta di prospettiva vicina allo strutturalismo – un altro grande orientamento di pensiero, peraltro, nato, cresciuto e forse morto proprio in Europa.
Il libro, accanto alla vastità dell’informazione, ha il pregio di dare a pensare, e anche di far sognare, con tutte le sue belle cartine, come tutti gli atlanti. Non è poco, per un testo di “filosofia”.


lunedì 22 febbraio 2010

L′Italia sarà mai uno Stato laico?

Riporto qui le riflessioni dell'amica Mariacristina Spinosa (consigliera regionale, come sapete, e candidata alle Elezioni regionali del 28-29 Marzo) sul tema trattato insieme nel corso del dibattito “L’Italia sarà mai uno stato laico?” (giovedì 18 febbraio presso la Sala delle Tessitrici, Ex Cisap, di Collegno. Segue un video dell'incontro.


Perché questa serata? Perché ad un anno dalla morte di Eluana Englaro, continua ad essere molto acceso il dibattito politico sui temi del testamento biologico, dell'aborto, del rapporto Stato-Chiesa e della libertà di religione, dell'unione regolamentata delle coppie di fatto ed omosessuali, della RU486, della legge 40.

La serata è stata l’occasione per dibattere sui passi realmente compiuti in direzione di una piena laicità del nostro Stato e sulle tante barriere ancora da abbattere affinchè la nostra società possa definirsi una società libera, in cui ogni individuo possa godere appieno dei propri diritti. Di seguito alcune riflessioni della consigliera Spinosa, che sono state da spunto per la serata del 18 febbraio.

“La Costituzione italiana all’articolo 7 recita: “Lo Stato e la Chiesa sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”.
Dunque, si definisce Stato laico uno Stato che agisce con imparzialità nei confronti delle fedi religiose dei cittadini, uno Stato che sa difendere e salvaguardare la libertà di coscienza di ciascun cittadino.
Quindi nessuno dovrebbe imporci di vivere la libertà di coscienza o di non viverla.
Qualunque ente esterno, sia questo laico o religioso, pretenda di garantirla di fatto la nega.
Quando parlo di libertà di coscienza mi riferisco alla libertà, di ciascuno di noi, di autodeterminarsi, cioè alla nostra capacità di scegliere autonomamente ed indipendentemente.

Qui mi collego a due temi, molto dibattuti, e da me molto sentiti, in quanto donna: l’aborto e la procreazione assistita.
La legge 194 sull’aborto ha subito e continua a subire dure critiche e svariati tentativi di revisione, ma in più di trent’anni ha contribuito a salvare migliaia di donne da uno squallido destino fatto di aborti clandestini ed elevati rischi per la salute delle donne stesse.
Non c’è bisogno di ricordare che l’aborto è un lutto e che nessuna donna se lo augura. Non c’è bisogno di ricordare che, a distanza di 32 anni dalla 194, l’aborto è un male estremo, ma necessario al quale ricorrere nel caso in cui la vita del nascituro o della madre siano compromesse, per motivi psicologici, biologici, sociali.

In ogni caso si tratta, sempre e comunque, di una scelta, di quella autodeterminazione dell’individuo cui facevo riferimento prima: la donna deve poter scegliere autonomamente ed indipendentemente della propria vita e della vita del figlio che porta in grembo, senza condizionamenti esterni, senza imposizioni dall’alto, senza nessun richiamo a questa o a quella fede religiosa.

Per quanto concerne, invece, la legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita (PMA), l’Italia continua a rimanere un fanalino di coda, sebbene siano passati 5 anni dalla sua approvazione.
Nei Paesi europei e negli Stati Uniti si assiste ad un continuo miglioramento delle performance delle tecniche di procreazione medicalmente assistita con una graduale, costante diminuzione delle principali complicanze, in particolare quelle legate alle gravidanze multiple, considerate dagli esperti come particolarmente rischiose.

In Italia, purtroppo, si è in netta controtendenza e non si registra alcun passo in avanti. Anzi, si continua ad assistere all’esilio forzato di coppie in cerca di un figlio, di continua ad assistere a viaggi della speranza all’estero, in particolare verso Spagna, Russia, Romania per ovviare ai divieti della legge 40, primo fra tutti il divieto di congelamento degli embrioni e l’obbligo di fertilizzare solo tre ovociti.

In Italia, inoltre, la legge vieta la diagnosi pre-impianto e resta irrisolto anche il nodo delle coppie portatrici di patologie genetiche.
Difendere la vita significa anche diminuire sensibilmente, attraverso una legge più completa ed organica, attraverso una legge chiara e che funziona, la mortalità prenatale, i ricoveri nelle rianimazioni neonatali, le percentuali di paralisi cerebrale e soprattutto i costi economici.

Ho voluto portare questi due esempi per rimarcare quanto la scelta dell’individuo prescinda da tutto, quanto la volontà di ciascun individuo debba essere rispettata. Auspicare ad una società laica, e non laicista, significa garantire a ciascuno di noi la piena libertà ed autonomia, così come previsto tra l’altro dalla nostra Costituzione. Auspicare ad una società laica significa garantire a ciascun individuo la libertà di scegliere, non che qualcuno lo faccia per noi.

Per farlo, però, occorre che certe ingerenze non siano più tollerabili, soprattutto in una democrazia che si definisce tale come la nostra. La presidente Bresso, riferendosi al caso di Eluana Englaro, diceva che esiste un’etica che impone il rispetto delle persone, ma aggiungo io il rispetto anche delle scelte di queste persone e della dignità stessa delle persone.

In Italia assistiamo ogni giorno a qualche fuga: fughe di cervelli, fughe per avere un figlio, fughe per coppie di fatto che vogliono diritti e riconoscimenti che ad oggi non hanno, fughe per lavorare in maniera dignitosa, fughe per morire.
Tutto ciò è triste, molto triste. E lasciare che altri Paesi concedano quello che il nostro Paese è incapace di concedere sarebbe un modo non solo triste ma anche vile per mettersi la coscienza a posto e per fuggire dalle proprie responsabilità. E se ciò accadesse per il nostro Paese sarebbe l’ennesima, triste sconfitta”.


domenica 21 febbraio 2010

Sbagliava la signora Thatcher

Sbagliava la signora Thatcher
L'espresso, 19 febbraio 2010

Quando il vostro commercialista, al momento della denuncia dei redditi, vi dice che quest'anno avete guadagnato di meno dell'anno scorso, la vostra reazione è un oscuro senso di colpa. Lo sviluppo, la crescita, sia del Pil o del proprio reddito, appare una legge naturale, divina. È un incantesimo che va rotto, per amore della stessa sopravvivenza. Proprio alla distruzione, o almeno a un profondo ripensamento, dell'economia si è dedicato da anni Serge Latouche, notissimo per i suoi libri sulla decrescita come unico modo di salvarci dalla incombente scomparsa della vita sul pianeta. L'ultimo libro ('L'invenzione dell'economia. Bollati Boringhieri, pp. 257, euro 18) che è anche una specie di summa di tutti i lavori precedenti, studia l'origine dell'economia (come scienza e come insieme di fatti sociali) perché solo capendo come essa è nata e si è imposta possiamo liberarcene.
Che si tratti di una invenzione, come dice il titolo, sottolinea che essa non è un prodotto 'naturale', come se fosse ovvio l'uomo deve essere 'homo oeconomicus' per esistere. Dati i bisogni ci vuole il lavoro, e poi lo scambio, il denaro, il salario, il capitale, il profitto. Se si accettano questi concetti, e la loro concatenazione sistematica costruita storicamente, la signora Thatcher aveva ragione, il capitalismo è il solo sistema che funzioni. Già, dice Latouche, ma l'idea dello sviluppo indefinito - della produttività, della riproduzione, della disponibilità di merci - è insostenibile e contraddittoria, e si rivela distruttiva, come vediamo sia con l'esaurimento incombente delle risorse naturali, sia per lo scoppio successivo delle varie 'bolle' con cui via via proprio l'economia ci ha illusi. Non sarà consolante, ma liberarci dallo spettro dell'economia sgombra almeno la mente per provare a pensare a qualche alternativa.
Gianni Vattimo

Sulla dolce morte c'è ipocrisia, in Italia molti casi nel silenzio

Sulla dolce morte c'è ipocrisia in Italia molti casi nel silenzio
La Repubblica — 18 febbraio 2010 — Intervista a Gianni Vattimo (di Paolo Griseri)

TORINO - L'unica cosa da evitare, in casi come questi, è l'ipocrisia. Il filosofo Gianni Vattimo sintetizza così il suo commento sulla vicenda Gosling: «La verità è che, anche in Italia, la libertà delle scelte dipende dalla classe sociale. Chi può si rivolge a un amico medico e nessuno sa nulla. Poi tutti discutono dei massimi principi».

Professor Vattimo, anni fa lei rivelò di aver fatto un patto con il suo compagno. Il caso Gosling è simile al suo? «La principale differenza è che, a quanto risulta, il compagno di Gosling era lucido e cosciente. Noi avevamo stabilito che scelte di questo genere le avremmo compiute solo nel caso in cui uno dei due non fosse più consapevole».

Chi avrebbe dovuto materialmente compiere il gesto estremo? «Ci siamo iscritti tutti e due ad un' associazione svizzera che si chiama Dignitas. Siamo andati a Zurigo e abbiamo aderito sapendo che sarebbe stato un ospedale di quella città ad accompagnarci nell'ultimo ricovero».

Una scelta che conferma oggi? «Il mio compagno è morto nel suo letto, non abbiamo avuto bisogno di rivolgerci all'associazione. Ma io ho continuato a pagare la quota: ogni anno spendo 150 euro. L'obolo è l'occasione per riflettere. Ci sono momenti in cui mi immagino come un incubo di essere all'ingresso dell'ospedale di Zurigo ad accompagnare qualcun altro. Sono contento di non aver dovuto accompagnare il mio amico».

Lei è favorevole all'eutanasia? «Assolutamente sì».

Si sarebbe comportato come Gosling? «Non conosco il caso specifico ma certo se una persona che soffre mi chiedesse di farlo, credo che lo farei».

Lei continua a professarsi cattolico, nonostante queste sue posizioni? «Certo».

Non c'è contraddizione tra questa sua posizione e la dottrina della Chiesa? «Il fatto è che la morale cattolica è stata tutta virata sul tema della difesa della vita biologica. Una posizione strumentale, legata alle battaglie sull'aborto. Una posizione che contrasta con gli stessi insegnamenti della chiesa. La sopravvivenza biologica e la vita sono due cose diverse. Altrimenti non c'è differenza tra la masturbazione e il genocidio. Ma anche il martirio sarebbe in contrasto con quella dottrina. Da bambini ci indicavano come modelli i santi che avevano scelto il motto: "la morte ma non il peccato". Che cosa è cambiato da allora? Non è più vero?».

Lei sarebbe favorevole a una modifica dell'attuale legge italiana? «Ovviamente. Altrimenti anche la mia iscrizione all'associazione svizzera rischia di diventare inutile».

Come mai? «Perché in Italia l'omicidio del consenziente è vietato. E sarebbe trattato da complice di omicidio chi acconsentisse alla mia richiesta e mi trasferisse a Zurigo. Spero che, se fosse necessario, si trovi qualche amico disposto ad accompagnarmi almeno al confine. Spero soprattutto, ma temo che non succederà, che la legge italiana sia un giorno in grado di distinguere tra la sopravvivenza biologica e la vita».

In caso contrario? «In caso contrario le cose continueranno ad andare come oggi: chi può trova un amico medico e chi non può soffre fino alla fine. Possiamo dirla così: le classi sociali più elevate se la cavano e gli altri si arrangiano».

Non voto Bresso nemmeno sotto tortura

Non voto Bresso nemmeno sotto tortura
Il Giornale, 20 febbraio 2010
di Paolo Bracalini

Professor Vattimo, già stufo di Di Pietro?
«Io stimo Di Pietro perché è l’unico di sinistra in Italia, però non posso stare con la banda di trafficanti della Tav che l’Idv sostiene».
Traduco: in Piemonte voterà contro il suo partito, che sostiene la Bresso, famosa pro-Tav.
«Esattamente, farò il voto disgiunto e invito anche gli elettori piemontesi dell’Italia dei valori a fare altrettanto. Ho individuato una candidata al consiglio regionale dell’Idv che mi piace e che voterò, ma non voterò mai la Bresso, nemmeno se mi torturano».
E chi vota?
«Ma, vediamo, il candidato presidente di una lista di sinistra minoritaria per esempio...».
Ci risiamo, non è che ritorna a sinistra?
«Per adesso sono un indipendente dell’Idv e quindi ho anche posizioni divergenti da Di Pietro».
Se fosse in Campania farebbe lo stesso, non voterebbe l’indagato De Luca candidato presidente anche dall’Idv?
«Sì, anche se mi dicono che i reati che gli contestano sono reati, diciamo così, di assistenza politica per gruppi di disoccupati. Insomma c'è reato e reato, bisogna distinguere. Anche Tartaglia, che è indagato per aver tirato la statuetta del Duomo in faccia a Berlusconi...».
Poco grave.
«Se Tartaglia avesse delle altre buone ragioni per essere candidato, se per esempio fosse esperto di acque potabili o di infrastrutture, io non baderei assolutamente al fatto che è indagato».
Fosse per lei lo candiderebbe.
«Ripeto, lo farei se avesse altri titoli oltre ad aver tirato il Duomo in testa al Cavaliere, anche se tutto sommato...».
Anche quello...
«Anche quello mi sembra un merito».
Suvvia, non dirà sul serio.
«Non dico che è un merito politico sufficiente per farne un candidato, ma ecco non potrei dire di essere profondamente addolorato per l’aggressione a Berlusconi...».
Allora sarà anche d’accordo con Genchi che al congresso Idv ha sostenuto che l’aggressione era tutta una montatura organizzata dal premier. Teorie del complotto da siti internet, ma lei è europarlamentare...
«Intanto io mi fido più di Genchi che di altre forme di informazioni. Poi sul caso Tartaglia ho la stessa posizione che ho sempre avuto sull’11 settembre. Cioè come Bush ha sfruttato l’11 settembre a suo favore, anche Berlusconi ha utilizzato straordinariamente bene la vicenda Tartaglia, talmente bene che, conoscendo i miei polli, posso sospettare che lo abbiano organizzato».
Parla come un grillino.
«Non sono grillino, sono un marxista che sta con Di Pietro. Ecco, semmai lui deve stare attento a non diventare troppo amico del Pd, chi lo vota potrebbe cambiare idea. Il test saranno le regionali, se sarà negativo vorrà dire che Di Pietro deve cambiare rotta rispetto ai De Luca».
Non è che sosterrà anche lei la corrente di De Magistris?
«Ma per ora c’è Di Pietro e va bene così, De Magistris mi piace, è anche un bell’uomo, anche se non è il mio tipo e quindi non lo dico per fargli la corte».
Ma non le piacerebbe uno più a sinistra?
«Mi piacerebbe ma non c’è».
C’è Vendola, è anche difensore dei diritti omosessuali.
«Per carità, questi come Vendola e Ferrero si sono suicidati con le loro mani per difendere i poteri delle loro piccole burocrazie. Se qualcuno mi spiega una differenza di visione politica tra Vendola e Ferrero gliene sarò grato, ma non ne vedo nessuna».
Lei si dice marxista, Di Pietro però no, almeno per ora.
«Io sono marxista, leninista e non mi è nemmeno antipatico Stalin, che ci ha salvato da Hitler, più degli Stati Uniti. Di Pietro non lo è? Peccato, però mi fido lo stesso. Gli darei anche le chiavi di casa».

Appello per il voto disgiunto.

Appello per il voto disgiunto.

Con che faccia il comunista Chieppa si presenta nel listino (il meccanismo che garantisce l’elezione, senza preferenze, se vince il capolista) insieme alla zarina della Tav Mercedes Bresso? I comunisti, e tutta la sinistra ancora degna del nome, hanno la possibilità del VOTO DISGIUNTO: per il Consiglio, la candidata dell’IdV Mariacristina Spinosa; per la presidenza, il candidato di qualche lista di sinistra (Ferrando?), ma mai la zarina della cosca affaristica della TAV.
Gianni Vattimo, Deputato Europeo IdV

giovedì 18 febbraio 2010

Vicenda Tav: 17 febbraio, due fatti inaccettabili

(Comunicato stampa di Gianni Vattimo sui fatti del 17 febbraio - Tav)

La vera e propria truffa che i responsabili italo-piemontesi della TAV stanno cercando di perpetrare ai danni dell’Unione Europea, e ai danni dei cittadini della Valsusa, va avanti con sempre più particolari che indignano e non possono più essere nascosti da un sistema di massmedia del tutto asservito. Dunque, il 17 febbraio registra due nuovi fatti entrambi inaccettabili.

1) La trivella di Col di Mosso, che doveva procedere a un carotaggio per il quale il capo dell’osservatorio arch. Virano aveva previsto lavori di una settimana e mezza ha lavorato ieri per circa tre ore (se si tolgono i tempi per l’installazione e la rimozione già avvenuta), considerando con ciò compiuta la sua parte. L’Unione Europea che deve sborsare gli ingenti fondi considererà adempiuto questo aspetto del lavoro preliminare?

2) Le forze del cosiddetto ordine ieri hanno adottato un comportamento nuovo e assai più violento, sotto la guida del questore Spartaco Mortola, già noto per i fatti del G8 di Genova. Per ora, a parte i feriti che si sono fatti medicare privatamente per ovvi motivi di autoconservazione, si registra un giovane con la testa rotta da qualche manganellata, ricoverato alla Molinette di Torino con prognosi riservata: e una signora quarantacinquenne (ospedale di Susa) con la faccia fratturata, arretramento del setto nasale, fratture di costole e in varie altre parti del corpo, e un’ovaia spappolata. Soprattutto questo ultimo fatto mostra che le “cariche di alleggerimento” non si sono limitate ad allontanare i dimostranti: i danni provocati alla signora citata testimoniano di un accanimento che si è esercitato su di lei quando era ovviamente già a terra, non si sa se solo con manganelli o anche con scarponi. Come spiegare questo crescendo di violenza? I testimoni oculari parlano di sassaiole (due agenti feriti), di lanci di sacchetti di plastica pieni d’acqua (la polizia e chi la comanda non hanno rinvenuto alcuna bottiglia molotov – non è più, finora, come a Genova...). C’entra il clima elettorale? Bisogna a tutti i costi spaventare gli elettori? O forse le varie mafie che vogliono spartirsi il bottino della TAV cominciano a premere per vedere qualcosa di più concreto?

Poiché dal governo italiano non possiamo aspettarci nessun comportamento democratico – del resto, già le patenti violazioni di ogni regola che si sono viste fin qui da parte sia del governo centrale sia di quello regionale (parliamo dell’esautoramento della comunità montana) sono assai eloquenti – cercheremo aiuto in Europa: anzitutto denunciando i comportamenti truffaldini che mirano a ottenere i fondi senza adempiere agli obblighi preliminari; e poi denunciando in sede europea la violenza con cui si tenta di piegare la chiara volontà dei cittadini della Valsusa che sono minacciati da un’opera costosa, inutile, dannosa per la salute e l’ecologia della Valle. La signora Bresso sentirà il dovere di portare la sua solidarietà alle vittime dei pestaggi del 17 febbraio? E anche Italia dei Valori che intende sostenerla avrà qualcosa da dire in proposito? Come indipendente eletto al Parlamento europeo nella lista di IdV non sono sicuro che avrò il coraggio di votare per una lista alleata della attuale governatrice, soprattutto se proseguirà nella sua politica ditacitamento autoritario della Comunità Montana e se non prenderà esplicitamente le distanze dalle violenze poliziesche.

Gianni Vattimo

Tav, comunicato stampa di Alfano, De Magistris e Vattimo

Alla luce di quanto accaduto ieri sera in Val di Susa, cioè il ferimento di diversi manifestanti, con conseguenze anche gravi, esprimiamo la nostra vicinanza e solidarietà ai presidianti no-tav”. E’ quanto dichiarano in una nota congiunta i deputati europei dell’IdV Sonia Alfano, Luigi de Magistris e Gianni Vattimo. "I comitati no-tavnon hanno certo l’aspetto delle organizzazioni terroristiche, sonocomposti da persone civili che manifestano in modo sicuramente forte le proprie idee, ma che non hanno mai ecceduto. Non si capisce perquale motivo si continui a far crescere la tensione, con le gravi conseguenze che abbiamo visto ieri. Questi eventi dimostrano una volta di più che lo stato di diritto, nel nostro Paese, è sotto assedio. Berlusconi l’aveva detto nel novembre del 2008, che avrebbero utilizzato la forza per realizzare la TAV, e sta mantenendo la promessa”.

Eutanasia: il caso inglese

Qui sotto trovate la mia intervista di oggi, su La Stampa, relativa al caso del presentatore della BBC, che ha confessato di avere praticato l'eutanasia sul suo compagno:

“Se non c’è speranza abbiamo il diritto di dire basta alla vita”
La Stampa, 18 febbraio 2010 (Marina Verna)

"Al presentatore della Bbc va tutta la mia solidarietà. Io sono un sostenitore dell’eutanasia". Gianni Vattimo, filosofo ed eurodeputato Idv, teorico del pensiero debole e «laico credente», è da anni in prima fila nelle battaglie per il diritto di libera scelta di una morte dignitosa.

Professor Vattimo, ogni nuovo caso di suicidio assistito che fa scandalo la radica di più nelle sue convinzioni o lentamente la converte all’idea che la vita appartiene a Dio, e solo lui può liberarti dall'agonia e dalla sofferenza?

«Io sono un pervicace sostenitore del diritto al suicidio assistito. Purché controllato con sistemi legali, ovviamente. Non stiamo parlando di accoppare il vecchio zio per ereditare i suoi beni, ma di affrontare situazioni come quella di Eluana Englaro, che esistono e non possono essere eluse. Tanto più in questo momento, in cui in Italia stiamo lottando per il diritto al testamento biologico».

Noi sappiamo che lei parla per esperienza diretta. Anche con il suo compagno, malato senza speranza, lei discusse a lungo come e quando uscire dalla vita.

«Sì, ma poi lui è morto prima di quanto non immaginassimo e senza bisogno di aiuto».

Lei dunque crede che, tra i diritti dell’uomo, ci sia anche quello al suicidio?

«Io credo che, quando non ci può essere guarigione, uno abbia il diritto di dire “basta così”. E se, per ragioni pratiche, non è in grado di provvedere da solo, possa essere aiutato a farlo in modo meno doloroso. Tutto il resto sono le chiacchiere di chi crede di dover sacrificare il diritto dei singoli a dei principi che non tutti sono tenuti a condividere».

C’è chi, in questi casi, parla di «assassinio intenzionale».

«In ogni reato grave si cerca sempre anche il movente. C’è un problema di eredità? Se non c’è, se si agisce perché un amico te lo chiede insistentemente, se era stata espressa volontà in tal senso, non vedo il reato».

Lei, che si definisce cattolico ancorché «non militante», non crede dunque nel valore della sofferenza?

«Io sono convinto che nemmeno i credenti pensino davvero che la sofferenza è un valore. Persino il Cristo sulla croce chiese al Padre di allontanargli l’amaro calice. Sostenere che solo Dio può liberarci dallo strazio della malattia o credere, con San Paolo, che con la sofferenza si partecipa alla passione di Cristo per la remissione dei peccati, mi sembra una forma di cristianesimo sanguinario. Francamente, sono dell’idea che nemmeno i teologi lo dicano seriamente. Se il dolore fosse davvero un valore, allora tanto varrebbe farsi dei taglietti su tutto il corpo o portare il cilicio».

Effettivamente c’è chi il cilicio lo porta, e lo dice apertamente. Comunque resta il problema di chi cristiano non è e non vede il senso di una sofferenza senza speranza.

«Ovvio: la legge non può imporre l’atteggiamento “religiosamente corretto” davanti alla malattia solo per compiacere la chiesa. Tanto più che questa non è mai stata lineare nei suoi comportamenti e nei suoi valori. Per esempio, fino a trent’anni fa abbiamo avuto il delitto d’onore senza che la Chiesa prendesse posizione contro. Perché adesso diventa tanto rigorosa? Francamente, l’eutanasia mi sembra più nobile del delitto d’onore».

mercoledì 17 febbraio 2010

L'Italia sarà mai uno Stato laico?

Giovedì 18 febbraio, alle ore 21, parteciperò al dibattito "L'Italia sarà mai uno Stato laico? Ad un anno dal caso Englaro". L'incontro si svolgerà a Collegno (To) presso la Sala delle Tessitrici (ex-CISAP) di corso Francia 169. Ne parlerò con Mariacristina Spinosa (Consigliere Regionale dell'Italia dei Valori in Piemonte), Maria Torre Criniti (Consigliere Comunale dell'Italia dei Valori a Collegno) e Roberto Mazza (responsabile del partito a Collegno).
Ecco qualche stralcio del comunicato stampa:

Ad un anno dal "caso" Englaro, continua ad essere acceso il dibattito sui temi del testamento biologico, dell'aborto, del rapporto Stato-Chiesa e della libertà di religione, dell'unione regolamentata delle coppie di fatto ed omosessuali, della RU486, della legge 40.
Quali passi sono stati compiuti in direzione di una piena laicità del nostro Stato? Quali le barriere da abbattere affinchè la nostra società possa realmente definirsi una società libera?
Ne discuteranno GIOVEDI' 18 FEBBRAIO, a partire dalle ore 21, a COLLEGNO, la consigliera regionale del Piemonte Mariacristina SPINOSA e l'eurodeputato e filosofo Gianni VATTIMO.

Con il Parlamento Europeo a Rosarno (RC)

Ecco un breve resoconto giornalistico della nostra visita di ieri (e di questi giorni) a Rosarno. Subito sotto, la mia intervista al TGR Calabria.

È durato oltre 2 ore l'incontro, svoltosi ieri mattina in Municipio, tra i commissari straordinari - Domenico Bagnato, Francesco Campolo, Rosario Fusaro - e la delegazione della Commissione europea Libertà civili, Giustizia e Affari interni del Parlamento europeo, composta da Juan Fernando Lopez Aguilar (presidente), Roberta Angelilli (vice presidente Parlamento europeo), Salvatore Iacolino (vice presidente), Clemente Mastella, Nuno Melo, Mario Pirillo, Gianni Vattimo, Helene Flautre, Cornelia Ernst, Mario Borghezio e Andrew Brons.
Il motivo della visita è da ricondurre all'esigenza di analizzare a fondo quanto accaduto a Rosarno negli scontri del 7 e 8 gennaio scorsi, attraverso le testimonianze delle autorità istituzionali e dei rappresentanti del volontariato e delle forze sindacali ed economiche, per consentire al Parlamento europeo una corretta revisione delle norme comunitarie in materia di immigrazione e lavoro.
Nel corso del faccia a faccia con i commissari straordinari, svoltosi a porte chiuse, i parlamentari europei hanno voluto conoscere nel dettaglio il fenomeno dell'immigrazione clandestina nella Piana di Rosarno, il ruolo svolto dalla criminalità organizzata per accaparrarsi il mercato del lavoro nero, le cause reali che hanno determinato la rivolta dei lavoratori africani, le problematiche relative al rapporto tra immigrati e popolazione locale sia rispetto agli elementi di conflittualità sia riguardo all'opera di solidarietà ed accoglienza dispiegata dalla cittadinanza e dal volontariato. Un approfondimento, infine, ha interessato il settore dell'agrumicoltura, attraversato da una crisi che sta flagellando l'economia del Comprensorio.
A conclusione dell'incontro, il presidente Lopez Aguilar ha dichiarato che «i tre giorni di missione in Calabria servono per mettere a fuoco i diversi problemi connessi ai flussi migratori, al fine di offrire al Parlamento europeo significative analisi, proposte concrete, in vista della discussione che avverrà a Strasburgo nelle prossime settimane».
«Rosarno rappresenta simbolicamente un punto di partenza del Parlamento europeo nel processo di costruzione delle garanzie in favore del lavoratore stagionale, impiegato nelle aziende europee, qualunque sia la sua Patria di origine. Per questo andremo in altre città europee per acquisire gli elementi informativi necessari per conoscere il fenomeno sul piano sociologico - dove regnano illegalità e sono modeste o inesistenti le tutele in favore dei lavoratori - e poter poi intervenire con una nuova direttiva quadro, oggi all'esame del Parlamento europeo, che così eliminerebbe un vuoto normativo» ha spiegato il vicepresidente Salvatore Iacolino.
Per Mario Borghezio della Lega Nord «il problema dell'immigrazione selvaggia crea delle bombe ad orologeria che possono scoppiare da un momento all'altro come confermato dai fatti di Milano». L'europarlamentare leghista è convinto che «dobbiamo attrezzarci meglio, mettendo da parte i preconcetti che finora hanno impedito un'azione efficace di prevenzione, e dobbiamo renderci conto che senza una forte affermazione del principio di legalità e senza passare attraverso lo svuotamento delle sacche di clandestinità, avremo sempre sorprese».
Che il problema del rapporto complesso tra immigrazione e popolazione locale sia un fatto che non riguarda soltanto Rosarno, lo ha affermato Clemente Mastella (Partito della Libertà), secondo cui «proprio su queste questioni l'Europa si è mostrata palesemente latitante, disinteressandosi di un fenomeno che, viste le ribellioni scatenatesi anche nelle banlieu parigine, a Berlino, in Svezia ed altrove, investe non solo il bacino del Mediterraneo, ma l'intera Europa». Considerato appunto che non è solo una questione italiana, per Mastella sarebbe opportuno che la Commissione non si limitasse a compiere la sua indagine su Rosarno, ma si preoccupasse di andare un po' in giro per l'Ue.
«Molto può fare l'Europa per ridare speranza a questo territorio attraversato da una profonda crisi economica». È il convincimento di Mario Pirillo (Pd), già venuto a Rosarno il 22 gennaio scorso con la delegazione del gruppo dei Socialisti&Democratici europei, a dimostrazione della grande attenzione mostrata dal Parlamento europeo per quest'area geografica che deve uscire definitivamente dalla condizione di sottosviluppo in cui si trova. E promette «un forte impegno perché l'Europa attivi una serie di iniziative, incluse quelle collegate al rilancio dell'agrumicoltura, che possano far recuperare il tempo perduto».
A parere di Gianni Vattimo è bastata una "piccola scintilla" per produrre a Rosarno un incendio enorme, giustificabile con le condizioni disumane in cui vivevano i migranti, sfruttati dalla criminalità organizzata. Per l'europarlamentare di Idv tutta la questione ruota attorno al sistema messo in piedi dalla mafia «che lucra sul lavoro di questa povera gente, un sistema che sembra la caricatura del capitalismo mondiale». Se è impensabile poter fermare l'immigrazione, «perché ne abbiamo bisogno per la sopravvivenza dell'economia», per Vattimo bisogna considerare «tanto la situazione degli extracomunitari pagati poco quanto quella in cui versano gli imprenditori agricoli, che guadagnano poco perché nella loro filiera c'è qualcuno che succhia i guadagni». Lo Stato, per prima cosa, dovrebbe quindi «rendere più dignitosa la vita di questi migranti con investimenti sani e amministrati bene. Ma poi questi fondi chi se li mangia?».
A conclusione dell'incontro, la delegazione europea, nonostante il tempo inclemente, ha voluto visitare l'area dell'ex fabbrica Rognetta, il dormitorio-ghetto per centinaia di migranti, fatto sgomberare dalle forze dell'ordine all'indomani della rivolta e successivamente demolito dalle ruspe della Protezione civile.
Da registrare, a margine, il sit-in dei precari Lsu e Lpu del Comune di Rosarno - che hanno esposto all'ingresso del Municipio un eloquente striscione -, i quali chiesto ed ottenuto di incontrarsi con alcuni membri della delegazione europea, ai quali hanno esposto la loro condizione di lavoratori sottopagati e senza futuro.
E per oggi, con inizio alle ore 10, sempre sul problema dei migranti e del lavoro è in programma, presso l'auditorium comunale, un attivo unitario di lavoratori, italiani e stranieri, promosso dai sindacati nazionali Fai-Cisl, Flai-Cgil, Uila-Uil, presenti i segretari generali Stefania Crogi, Augusto Cianfoni e Stefano Mantegazza.

(Giuseppe Lacquaniti, "Gazzetta del Sud", 17/2/2010)

venerdì 12 febbraio 2010

VATTIMO in DELEGAZIONE EUROPARLAMENTO A ROSARNO DAL 15 AL 17 FEBBRAIO

12-02-2010

(ASCA) - Roma, 12 feb - Una delegazione della commissione per le Libertà civili, Giustizia e Affari Interni (Libe), del Parlamento europeo, si recherà a Rosarno dal 15 al 17 febbraio. Lo rende noto un comunicato dell'Europarlamento.
La delegazione, presieduta da Juan Fernando Lopez Aguilar, sarà composta da 11 deputati europei, tra i quali gli italiani Salvatore Iacolino, vice presidente della commissione per le Libertà civili, Giustizia e Affari Interni, Roberta Angelilli, vice presidente del Parlamento europeo, e Mario Borghezio, Clemente Mastella e Gianni Vattimo.
"Il Parlamento europeo è attualmente impegnato nella revisione delle norme comunitarie in materia di immigrazione e lavoro, e chiede maggiori garanzie per i lavoratori migranti stagionali provenienti da Paesi terzi impiegati illegalmente negli Stati europei'', spiega la nota.
La delegazione incontrerà il 15 febbraio le autorita' regionali di Reggio Calabria, nello specifico il presidente della Regione Agazio Loiero, il prefetto Luigi Varratta, il questore Carmelo Casabona.
Martedì 16 febbraio si terrà invece una riunione con le autorità locali di Rosarno in presenza del Commissario straordinario per il Comune di Rosarno Domenico Bagnato.In seguito sono previste due sessioni: un momento di confronto con i rappresentanti delle organizzazioni sindacali (Cgil, Sergio Genco; Cisl, Paolo Tramonti; Uil, Roberto Castagna) e delle associazioni agricole (Cia, Giuseppe Mangone; Confagricoltori, Nicola Cilento; Coldiretti, Pietro Molinaro); e un incontro con i rappresentanti delle Associazioni (Caritas e Croce Rossa) e delle Ong (Libera, Don Pino De Masi; Arci, Filippo Miraglia; Msf, Rolando Magnano) che lavorano in questa zona nell'assistenza agli immigrati e nella lotta alla criminalità organizzata.
Mercoledì 17 febbraio la delegazione si sposterà a Roma dove incontrerà il commissario straordinario della Croce Rossa Italiana Francesco Rocca e il vice capo Missione Italia di Medici senza Frontiere Rolando Magnano. A seguire l'incontro con il ministro degli Interni Roberto Maroni e con una delegazione di Parlamentari italiani di Camera e Senato.
I lavori si concluderanno nel pomeriggio dopo l'incontro con il Procuratore anti-mafia Pietro Grasso.
(Asca)

Risoluzione sulla situazione in Iran: dichiarazione di voto di Gianni Vattimo

Ecco la mia dichiarazione di voto sulla Proposta di risoluzione B7-0078/2010 (http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?language=IT&reference=B7-0078/2010), che riporto qui sotto dopo il mio intervento.

Gianni Vattimo (ALDE ). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, volevo dichiarare che mi sono astenuto nella votazione della risoluzione sull'Iran per due motivi principali.
Il primo motivo è di carattere specifico. Nella risoluzione si dà come ovvio che le elezioni che hanno dato la vittoria ad Ahmadinejad siano state fraudolente. Tutto questo non è assolutamente provato e, per giunta, ancora di recente un uomo come il Presidente Lula ha dichiarato di trovare queste cose ridicole.
Il secondo motivo è che l'Iran è sotto minaccia di interventi militari continui da parte degli Stati Uniti e di Israele, e noi non ricordiamo neanche questo. Mi pare che una risoluzione equilibrata, favorevole alla pace in quella regione, non dovrebbe avere questo tono di legittimazione anticipata della guerra imminente.

Video della dichiarazione:
http://www.europarl.europa.eu/sides/getVod.do?mode=unit&language=IT&vodDateId=20100210-14:01:26-036#

PROPOSTA DI RISOLUZIONE
presentata a seguito di una dichiarazione dell'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza
a norma dell'articolo 110, paragrafo 2, del regolamento
sulla situazione in Iran
Struan Stevenson, Charles Tannock, Geoffrey Van Orden, Ashley Fox, Michał Tomasz Kamiński, Konrad Szymański, Tomasz Piotr Poręba, Adam Bielan
a nome del gruppo ECR

B7‑0078/2010
Risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione in Iran

Il Parlamento europeo,
– visto l'articolo 110, paragrafo 2, del proprio regolamento,
A. considerando che la situazione politica in Iran continua ad aggravarsi e che mancano indicazioni da parte del governo iraniano della sua volontà di affrontare le preoccupazioni mondiali concernenti la legittimità delle elezioni tenutesi nel 2009,
B. considerando che le violazioni dei diritti umani sono diffuse e spaziano da molestie di minore entità contro le minoranze religiose ed etniche a processi farsa, torture ed esecuzioni dei dissidenti politici,
C. considerando che l'Iran continua a sostenere, fornire attrezzature e finanziare i movimenti estremisti e terroristici in tutto il Medio Oriente e a destabilizzare i tentativi di portare una pace duratura nella regione,
D. considerando che esistono prove concrete per supporre che l'Iran perseveri nel tentativo di costruire armi nucleari in palese noncuranza sia degli obblighi assunti a norma del trattato di non proliferazione nucleare che delle risoluzioni delle Nazioni Unite in cui si richiede al paese di cessare l'arricchimento dell'uranio,
E. considerando che alcuni paesi europei hanno intrattenuto relazioni commerciali con l'Iran ammontanti a circa 65 miliardi di euro negli ultimi tre anni,

1. condanna la soppressione della democrazia in Iran, in particolare la negazione della libertà di espressione e le persistenti violazioni dei diritti umani contro chi si oppone al regime;
2. deplora il continuo rifiuto da parte del regime di riconoscere le preoccupazioni relative alla legittimità dei risultati elettorali dichiarati;
3. condanna le persistenti violazioni dei diritti umani contro chi si oppone al regime in Iran; esorta il governo iraniano a commutare tutte le sentenze comminate ai dissidenti e a liberare quelli sotto processo o in custodia cautelare;
4. è indignato per la recente esecuzione dei dissidenti politici e, in particolare, condanna fermamente l'esecuzione del 28 gennaio di due prigionieri politici per "aver organizzato manifestazioni di protesta" e per avere legami con "le recenti rivolte", sebbene fossero stati arrestati mesi prima dello scoppio delle sommosse nazionali innescate dalle elezioni farsa del giugno 2009;
5. condanna le torture e i processi farsa dei dissidenti detenuti, l'estorsione di confessioni false e il fatto che siano stati costretti a lanciare false accuse in televisione contro i gruppi dell'opposizione;
6. deplora le dichiarazioni ufficiali della magistratura iraniana in cui si afferma che ogni tipo di sostegno all'organizzazione dei Mujaheddin del popolo iraniano (PMOI), o di relazioni con quest'ultima, costituisca un atto di "Moharabeh" (guerra contro Dio) e sia perseguibile con la pena capitale secondo il diritto penale islamico; osserva che dette dichiarazioni aprono chiaramente la strada all'esecuzione di molti giovani dissidenti;
7. condanna la scandalosa imposizione persistente della pena capitale ai minori, in tutti i casi, e, in particolare, agli adulti accusati di "crimini" che riguardano la condotta sessuale o l'orientamento sessuale, atto che viola gli obblighi giuridici internazionali dell'Iran;
8. esprime profonda preoccupazione in merito all'arresto e alla detenzione a lungo termine dei parenti dei residenti nel campo Ashraf, il cui unico reato è stato quello di far visita alle rispettive famiglie in Iraq;
9. condanna la dichiarazione del presidente iraniano in cui esorta alla distruzione di uno paese membro delle Nazioni Unite, ossia Israele, in violazione di tutte le norme che disciplinano le relazioni internazionali pacifiche, e, nell'interesse della pace in Medio Oriente, lo esorta a porgere le sue scuse e a ritirare tutte le dichiarazioni provocatorie di tal genere;
10. esorta il governo iraniano a sospendere immediatamente il proprio sostegno morale e materiale ai gruppi terroristici ed estremisti, fornito tramite intermediari a Gaza, in Libano, Iraq, Yemen e altri paesi, in particolare il sostegno a favore di Hamas e degli Hezbollah nei loro continui tentativi di attaccare la popolazione civile a Israele, così come il presunto sostegno ai gruppi radicali sciiti in Iraq, che non solo attaccano le truppe per il mantenimento della pace ma perpetrano altresì atrocità contro i civili iracheni organizzando ripetutamente bombardamenti suicidi;
11. esorta il governo iraniano a porre fine agli sforzi volti a produrre armi nucleari e ad aprire tutti i siti alle ispezioni, come richiesto dall'Agenzia internazionale dell'energia atomica (AIEA);
12. sostiene l'impegno internazionale mirante ad inasprire le sanzioni contro l'Iran, compreso un congelamento degli accordi con la banca centrale iraniana e con le imprese controllate dai Corpi della guardia rivoluzionaria, condizioni più restrittive del divieto di viaggio internazionale e il congelamento dei beni di individui e società identificate fino a quando non saranno chiariti i sospetti in merito alle attività di arricchimento dell'uranio, il pieno rispetto delle richieste dell'AIEA e un miglioramento immediato del rispetto dei diritti umani;
13. esorta il governo cinese a sostenere gli sforzi internazionali volti a ridurre il programma nucleare dell'Iran;
14. deplora che molti paesi europei e singole imprese continuino a mantenere rilevanti legami commerciali con l'Iran, il cui valore è stimato a miliardi di euro annui; a tal proposito, accoglie con favore la decisione della Siemens di terminare i rapporti commerciali con l'Iran entro la metà del 2010 e esorta altre società europee a fare altrettanto;
15. esorta gli Stati membri ad astenersi dall'inviare in Iran ogni dispositivo o arma che potrebbe essere usata in qualsiasi modo per sopprimere le proteste di strada;
16. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Segretario generale delle Nazioni Unite, al Direttore generale dell'Agenzia internazionale dell'energia atomica nonché al governo e al parlamento dell'Iran.

mercoledì 10 febbraio 2010

Vattimo: «Serve un Cln per liberarci di Berlusconi»


Vattimo: «Serve un Cln per liberarci di Berlusconi»
il Piccolo — 10 febbraio 2010
di ROBERTA GIANI
Antonio Di Pietro? «Un leader carismatico ma senza ducismo».
Luigi De Magistris? «Sono un suo adepto».
Gioacchino Genchi? «È un mio amico, e non solo per paura».
I candidati inquisiti? «Non sono tutti uguali. Se sono inquisiti per aver lanciato una statuetta, a mio avviso possono correre».
Gianni Vattimo provoca, disarma, irride. E alla fine, dal suo ufficio di Strasburgo, invoca clemenza: «Non mi faccia querelare, mi raccomando». Ma il grande filosofo, "fiore all’occhiello" della pattuglia di eurodeputati indipendenti dell’Italia dei valori, non scherza sul suo Paese. E nemmeno sul suo futuro: «Ci vuole un Cln per liberarci da Silvio Berlusconi. Sono pronto ad allearmi persino con Pierferdinando Casini».
Professore, ora che l’Italia dei valori si riorganizza, prenderà la tessera?
Non saprei. Sono stato eletto come indipendente ma, facendo parte del comitato nazionale del partito, mi sono sentito di chiedere a Di Pietro se voleva che mi iscrivessi.
Risposta?
«Aspetta».
E lei?
Sono un obbediente.
Tutti parlano della svolta di Di Pietro. Lei avverte: la democratizzazione del partito va bene, ma non deve mettere a rischio il carisma del capo. Che significa?
Di Pietro vuole realizzare la più ampia democrazia interna, e lo capisco. Ma deve evitare di imitare i partiti tradizionali di oggi - una desolazione - perché l’Italia dei valori non può perdere né le sue aperture anarchiche né il carisma del suo capo.
Come si fa a essere partito leaderistico e democratico?
Difficile. È un po’ la quadratura del cerchio ma è una questione cruciale: attiene alla democrazia.
Addirittura?
Ci sono diverse esperienze che ci fanno pensare che la democrazia tende a soffocarsi a causa dei suoi meccanismi eccessivamente complessi.
Il leader ha una sorta di potere salvifico?
Me lo faccia dire con la dovuta cautela, siamo nell’Italia di Berlusconi, ma è abbastanza vero. Molti si precipitano nelle sezioni dell’Italia dei valori perché c’è Di Pietro, mica perché ci sono tessere, correnti, apparati.
Di Pietro, quindi, è un vero leader carismatico?
Lo è fortemente. Ma senza nessun ducismo.
Sicuro?
Un esempio. Si presenta come il contadino di Montenero di Bisaccia non per stupida umiltà, ma perché non pretende di essere il faro della civiltà, come invece Mussolini e Berlusconi.
Il tratto più forte di Di Pietro?
La testardaggine. Non vorrei mai averlo come nemico: dice quello che fa, fa quello che dice, e va sempre sino in fondo.
Nessun dubbio? L’ultimo episodio ”strano” sono le foto con Bruno Contrada...
Le hanno pubblicate per screditarlo, ovvio, è l’ennesima porcata. Ma le spiegazioni di Di Pietro sono state adamantine.
Meglio Di Pietro o De Magistris?
Mi sento vicino a tutti e due. E non saprei chi scegliere se fossero in contrasto.
Sembrano esserlo, in verità.
Non lo sono. Ho persino il sospetto di un gioco delle parti: De Magistris fa il rivoluzionario-movimentista e Di Pietro, in questa fase, il più istituzionale.
Non è che si sta ammorbidendo?
Il giustizialismo e l’antiberlusconismo sono nel suo carattere. La svolta, se vogliamo chiamarla così, è legata al suo senso di responsabilità: non vuole continuare a chiedere ai suoi un impegno per la sola opposizione. E quindi tenta nuove vie politiche. Io stesso, seppur senza entusiasmo, voterò in Piemonte Mercedes Bresso.
In Campania, però, c’è l’inquisito Vincenzo De Luca.
Non conosco bene la sua vicenda e do credito a De Magistris. Ma, al contempo, do atto a Di Pietro di aver sterilizzato la questione: De Luca dovrà dimettersi, se verrà condannato. Io aggiungo: già in primo grado.
Molti, da Travaglio al popolo della rete, protestano. Non è impresa ardua tenere insieme la piazza e il palazzo?
Se non si riesce a farlo, è un guaio. Se si accetta l’impossibilità di tenere insieme piazza e palazzo, ci si deve ritirare dalle istituzioni.
Come si costruisce un’alternativa di governo credibile?
Serve un Comitato di liberazione nazionale. Dobbiamo liberarci da Berlusconi.
Porte aperte all’Udc?
Sono pronto persino a votare Casini, e io so quanto mi è indigesto, purché gli accordi preventivi siano inequivocabili e impediscano ogni possibile azione corruttiva e clientelare.
L’Italia dei valori deve aprire alla sinistra?
Sicuramente. Ben venga Nichi Vendola, tanto per cominciare.
In prospettiva, con il Pd, che rapporti ci devono essere?
Il Pd dovrebbe confluire nell’Italia dei valori, più che l’opposto.
Genchi al congresso. Presenza opportuna?
Lo trovo simpatico e divertente. Sono diventato suo amico, e non solo per paura.
Intercettava anche lei?
Gliel’ho chiesto, mi ha detto di no. Non sono così importante.

Galileo, una storia attuale

di Elena Romanello

Lunedì 15 febbraio si svolgerà a Torino lo spettacolo "Processo a Galileo", scritto da Laura Salvetti Firpo per la regia di Pietra Selva Nicolicchia, con Marco Travaglio nel ruolo di Galileo, Giancarlo Caselli in quello del giudice, Ermes Zanetti in quello della Pubblica accusa, Gianni Vattimo in quello della Difesa, mentre Bruno Gambarotta farà il prologo. Per motivi tecnici, lo spettacolo non si terrà più al Carignano, ma al Piccolo Regio, in piazza Castello, alle 21.
Si possono prenotare i biglietti (costo unitario 15 euro) allo 011/6602927, per poi ritirarli pagandoli in biglietteria arrivando un po' prima dell'inizio dello spettacolo, La sala contiene 400 posti.
"Ci sono molti rimandi all'attualità in questo spettacolo", dice la regista Pietra Selva Nicolicchia, "perché il conflitto tra fede e scienza è sempre presente, certo, non più sugli argomenti dell'epoca di Galileo, ma su altri oggi più attuali. Basti pensare al testamento biologico, alla ricerca sulle cellule staminali, al caso Englaro: tutte le volte che una scoperta scientifica sconvolge una struttura filosofica religiosa, il Vaticano si schiera contro. Questo è del resto un atteggiamento molto cattolico, poco presente in altre religioni su questi argomenti".
Ma Pietra Selva Nicolicchia aggiunge anche: "D'altro canto, anche essendo laici, occorre dire che anche un atteggiamento totalmente disinvolto da parte della scienza ha dei grossi rischi. Non è che non debbano esserci problemi etici, e sono tutte problematiche che ci riguardano. Anche perché, come diceva Brecht, la scoperta dell'astronomia non arriva alla lattaia. La scienza è molto lontana dalla vita della gente comune".
Infatti sono tante le sfaccettature che il processo a Galileo presenta: "Dietro alla scienza ci sono interessi economici, solo quando sono molto forti le ricerche vanno avanti. Si finanziano ricerche che portano ad un business immediato. Gli interrogativi della Chiesa possono non essere condivisibili, ma occorre porsi delle questioni etiche nella ricerca, che spesso soddisfa il guadagno di alcuni gruppi. Ma questi problemi c'erano anche al tempo di Galileo: l'autonomia di scienza ed arte non c'è mai stata fino in fondo", conclude la regista Nicolicchia.

martedì 9 febbraio 2010

Meglio il carisma di un capo

Meglio il carisma di un capo

La Stampa, 9 febbraio 2010

Vista dall’interno, o comunque da vicino (io sono un indipendente eletto in Italia dei Valori, non iscritto, almeno per ora), l’alternativa Di Pietro-De Magistris è molto meno marcata di quanto venga fatta apparire sui media. Il partito di Di Pietro è sempre stato più un movimento che un partito; la leadership carismatica del suo presidente lo ha condotto alle affermazioni recenti (fino all’8 per cento alle elezioni europee) e non avrebbe senso rinunciarvi completamente in nome di una “democratizzazione” – tessere, congressi locali e nazionali, mozioni e contro mozioni – tendente a omologarne la struttura a quella – fallimentare – dei partiti tradizionali. Con tutto ciò, sia il nuovo statuto sia la celebrazione del primo congresso nei giorni scorsi erano passi da fare, e Di Pietro ha fatto bene a portarli a termine con caparbia decisione. I tratti del movimento e i “vantaggi” in termini politici che essi assicurano – apertura alla società civile, stretto contatto con le tante aree di cittadini “anti-partito” (Grillo, per esempio), presenza costante nelle piazze – non vanno assolutamente buttati a mare. De Magistris si sente ed è – anche per i suoi risultati elettorali – il rappresentante-custode di questo aspetto movimentista essenziale al partito. Che è anche il suo spirito di sinistra, quello per il quale io, per esempio, mi dichiaro un suo adepto.
La questione della candidatura di De Luca, su cui si è manifestato il dissenso di De Magistris, non è però tale da dar ragione a chi parla di una spaccatura tra i due leader dell’IdV. Non voglio chiamarla un gioco delle parti, perché entrambe le posizioni sono assolutamente sincere; ma dal punto di vista tattico è qualcosa di molto simile.
Il punto però è un altro: accettando anche al prezzo di De Luca l’accordo con il PD alle regionali, Di Pietro sta portando il partito verso le rive desolate e sterili della “cultura di governo” che ha distrutto ogni prospettiva del centro-sinistra? Sia Di Pietro sia, per quanto ne sappiamo, Vendola, sia lo stesso De Magistris sono d’accordo sul fatto che è un rischio da correre. Soprattutto, non aveva senso, alla vigilia delle elezioni regionali, tentare una operazione come quella proposta per la Campania da De Magistris: una formazione che raccogliesse la società civile, movimenti, e i resti di chi ancora guarda a una sinistra vera. Per rimediare ai danni dell’Arcobaleno, non minori di quelli prodotti dalla tattica suicida del PD, ci vuole più tempo; ci si può pensare per il 2013 e proprio facendo perno su una IdV capace di rafforzarsi sia sul fronte della protesta sia su quello della partecipazione costruttiva al lavoro istituzionale, mantenendo cioè la sua fisionomia di movimento e di partito. Decisivi per capire come muoversi, saranno per Di Pietro i risultati delle elezioni regionali, ai quali dipenderà anche il rinnovamento delle dirigenze locali, oggi ancora talvolta infette dal “familismo” che non preoccupa solo Pancho Pardi. Ma in ogni caso, il carisma del “capo” è assai meglio che i finti carismi dei piccoli signori delle tessere di questa o quella periferia. Su questo, alla fin fine, si fonda il carattere esemplare e rinnovatore che Italia dei Valori giustamente rivendica.

Gianni Vattimo

Iran, un appello che alimenta il fuoco di guerra

Iran, un appello che alimenta il fuoco di guerra
di Domenico Losurdo e Gianni Vattimo, «il manifesto» del 9 febbraio, p. 10

«Il manifesto» di sabato 6 febbraio ha pubblicato un Appello «Per la libertà di espressione e la fine della violenza in Iran». A firmarlo, assieme a intellettuali inclini a legittimare o a giustificare tutte le guerre e gli atti di guerra (blocchi e embarghi) scatenate e messi in atto dagli Usa e da Israele, ce ne sono altri che in più occasioni, invece, hanno partecipato attivamente alla lotta per la pace e per la fine dell’interminabile martirio imposto al popolo palestinese. Purtroppo a dare il tono all’Appello sono i primi:
1) Sin dall’inizio si parla di «risultati falsificati dell’elezione presidenziale del 12 giugno 2009» e di «frode elettorale». A mettere in dubbio o a ridicolizzare questa accusa è stato fra gli altri il presidente brasiliano Lula. Perché mai dovremmo prestar fede a coloro che regolarmente, alla vigilia di ogni aggressione militare, fanno ricorso a falsificazioni e manipolazioni di ogni genere? Chi non ricorda le «prove» esibite da Colin Powell e Tony Blair sulle armi di distruzione di massa (chimiche e nucleari) possedute da Saddam Hussein?
2) L’Appello prosegue contrapponendo la violenza del regime iraniano alla «non-violenza» degli oppositori. In realtà vittime si annoverano anche tra le forze di polizia. Ma è soprattutto grave un’altra rimozione: da molti anni l’Iran è il bersaglio di attentati terroristici compiuti sia da certi movimenti di opposizione sia dai servizi segreti statunitensi e israeliani. Per quanto riguarda questi ultimi attentati, ecco cosa scriveva G. Olimpio sul «Corriere della Sera» già nel 2002 (7 giugno): «in perfetta identità di vedute con Washington», i servizi segreti israeliani hanno il compito di «eliminare», assieme ai «capi dei gruppi palestinesi ovunque si trovino», anche gli «scienziati iraniani impegnati nel progetto per la Bomba» e persino coloro che in altri Paesi sono «sospettati di collaborare con l’Iran».
3) L’Appello si sofferma con forza sulla brutalità della repressione in atto in Iran, ma non dice nulla sul fatto che questo paese è sotto la minaccia non solo di aggressione militare, ma di un’aggressione militare che è pronta ad assumere le forme più barbare: sul «Corriere della Sera» del 20 luglio 2008 un illustre storico israeliano (B. Morris) evocava tranquillamente la prospettiva di «un’azione nucleare preventiva da parte di Israele» contro l’Iran. In quale mondo vivono i firmatari dell’Appello: possibile che non abbiano letto negli stessi classici della tradizione liberale (Madison, Hamilton ecc.) che la guerra e la minaccia di guerra costituiscono il più grave ostacolo alla libertà?
Mentre non è stupefacente che a firmare (o a promuovere) l’Appello siano gli ideologi delle guerre scatenate da Washington e Tel Aviv, farebbero bene a riflettere i firmatari di diverso orientamento: l’etica della responsabilità impone a tutti di non contribuire ad alimentare il fuoco di una guerra che minaccia il popolo iraniano nel suo complesso e che, nelle intenzioni di certi suoi promotori, non deve esitare all’occorrenza a far ricorso all’arma nucleare.
L'appello "Per la libertà di espressione e la fine della violenza in Iran", «il manifesto», 6 febbraio 2010

La vocazione nichilistica nell'essere

Ecco un mio filmato di dieci anni fa (Sophiavision, Rainet per Discovery), con trascrizione del testo (qui sotto).

Riporto le informazioni sul progetto Sophiavision:

Il sito web Sophiavision, prodotto da RaiNet nell’ambito del Progetto Discovery (Discovery Project – Digital Semantic Corpora for Virtual Research in Philosophy) finanziato dalla Commissione Europea come parte del programma eContentplus, fornisce libero accesso a una collezione di 300 videoconferenze e videointerviste dedicate a temi filosofici, dall’antichità Greca alla filosofia contemporanea. Si tratta per lo più di materiali tratti dall’Archivio Rai o di nuove produzioni create appositamente per Discovery.
Tra gli intervistati troviamo Jacques Derrida, Hans-Georg Gadamer, Vittorio Hösle, Emanuele Severino, Gianni Vattimo e altre personalità di spicco nel campo della filosofia.
Tutti i video sono visibili in un doppio formato (WMV and Mp4-H.264) e molti di essi sono scaricabili e utilizzabili con licenza Creative Commons (per problemi di copyright, 138 video sono disponibili solo in modalità streaming).



La vocazione nichilistica nell'essere

(andate alla pagina Sophiavision, e scegliete "Contemporary Philosophy; il secondo filmato è il mio)
Heidegger parla molto spesso di storia dell’essere. Cosa diavolo è la storia dell’essere? Non può se non vuol essere una affermazione metafisica questa, non si può parlare di storia dell’essere come se questo genitivo dell’essere fosse solo un genitivo soggettivo, cioè, c’è l’essere il quale ha una storia, l’essere è lì e appare ora nella forma lì ora nella forma lì, ma questo, come ho accennato prima, è ancora una maniera metafisica di considerarlo: l’essere non c’è lì, l’essere è insieme il soggetto e l’oggetto della sua storia, cioè l’essere è ciò che storicamente si dà come essere, non è che noi allora, quando oltrepassiamo una metafisica abbiamo scoperto la vera natura dell’essere, rispondiamo soltanto ad nuovo modo di darsi dello stesso essere. Questi anelli del ragionamento sono molto conseguenti in Heidegger: o pensiamo metafisicamente, o cerchiamo di pensare in modo ultrametafisico. Se cerchiamo di pensare in modo ultrametafisico non possiamo dire che abbiamo scoperto la vera natura dell’essere, dobbiamo figurare la situazione del nostro pensiero come testimonianza, come risposta, come ricezione di un nuovo modo di darsi dell’essere che non è più quello della metafisica. Questo è almeno ciò che Heidegger ci ha insegnato. E questo nuovo modo di darsi dell’essere, se lo consideriamo nel suo, come dire, se cerchiamo il suo filo conduttore, se diciamo bene, Aristotele non è che fosse più stupido di noi, semplicemente rispondeva ad un’epoca dell’essere differente, all’epoca in cui l’essere appariva, all’uomo e nell’uomo, come stabilità. Quest’epoca si estende da Aristotele e Platone fino a Nietzsche. Oggi noi rispondiamo ad un’epoca dell’essere in cui l’essere si dà, invece, in una forma di accadimento, nella forma della progettualità aperta, nella forma del venire delle cose all’essere dentro un progetto, dentro un sistema di interpretazioni, etc. Questo passaggio indica qualche cosa, a mio parere, ed è questo che Heidegger e non ha mai detto esplicitamente, forse per delle buone ragioni, ma secondo me avrebbe dovuto dire, questo passaggio indica un vocazione nichilistica nell’essere stesso. Noi siamo in un’epoca del pensiero in cui abbiamo scoperto che queste strutture stabili sono funzionali ad una situazione dell’uomo diversa da quella in cui siamo noi, grosso modo Nietzsche pensa anche antropologicamente, secondo una specie di antropologia più o meno immaginaria che lui si costruisce, ma concettualmente rigorosa, secondo me, pensa che l’uomo primitivo, vivendo nella selva dove tutti sono nemici di tutti, homo homini lupus, ha bisogno di stabilizzare la sua visione della realtà, costruendosi dei sistemi concettuali, dapprima mitologici, magici, etc., secondo cui il reale dipende da qualche principio unitario, mettendosi in rapporto col quale, è protetto. Allora fa sacrifici, dice abracadabra, oppure cerca scientificamente questi principi generali, in modo da dominare poi con la tecnica il mondo, ma avendo modificato il mondo con questi strumenti, in maniera da viverci più sicuramente dentro, non ha più bisogno di questi principi così forti, così grandi, così generali, così totalizzanti. L’uomo scopre alla fine che Dio è una bugia, che era utile e necessaria in certi momenti della sua storia, ma che oggi non lo è più, scopre che Dio è una bugia, dunque, per la stessa veridicità che Dio gli comanda, deve negare Dio.

domenica 7 febbraio 2010

Edipo del terzo millennio

L'espresso, 4 febbraio 2010

Edipo del terzo millennio

Ma la (sacrosanta) lotta edipica contro l’autorità paterna non sarà, alla fin fine, solo ispirata dall’esigenza di scegliersi un altro padre come lo vogliamo noi, senza la barbarica soggezione alla legge del sangue? Può darsi che una simile riflessione faccia parte di quella – altrettanto barbarica – soggezione alla altalena “naturale” delle epoche: fino a ieri ha dominato la sessantottesca volontà libertaria, oggi proprio i figli degli anarchici di quarant’anni fa, ribellandosi all’anarchismo dei padri, ricominciano a sentire il bisogno di guide, di auctoritates, di guru e maestri? È molto probabile che quelle che ci sembrano epoche o fasi della cultura e del costume sociale siano solo possibilità sempre presenti che “fanno epoca” quando per qualche ragione (naturale? culturale?) vengono tirate fuori dal “magazzino di maschere teatrali” della storia di cui parlava già il Nietzsche della Seconda Considerazione Inattuale, seguendo un andamento che, per fortuna, non è prevedibile né in base a leggi naturali né in base a leggi storiche. Non sappiamo perché, dunque, ma ci sembra che oggi l’idea di trovarsi un maestro, un consigliere, un direttore di coscienza, magari addirittura un capo di partito da seguire senza troppe sottigliezze statutarie e defatiganti elezioni primarie stia acquistando una nuova popolarità, una “presentabilità” culturale che non era la stessa un po’ di tempo fa. Tanti fattori si possono citare per spiegare questo fenomeno, ammesso che sia tale: dal sistema dei media al progressivo venir meno della fiducia nei meccanismi della democrazia come li conosciamo noi. L’autorità carismatica come la descriveva Max Weber non è certo il meglio che ci possiamo aspettare; ma potrebbe non essere un esito tanto inverosimile della “dialettica dell’illuminismo” presagita da Adorno, che sembra tutt’altro che conclusa. Nessuna trasformazione storica radicale, del resto, si è mai compiuta per decisione democratica; Luigi XVI non è stato decapitato dopo lo svolgimento di un regolare referendum tra tutti i francesi. E nessuno di noi viene al mondo per propria libera scelta. L’origine ci sfugge sempre, e questa è la forza dei miti e delle religioni. Forse però anche dell’amicizia, dell’amore, della dedizione a una causa storica che ci “affascina”, persino della devozione a un capo (“de tu querida presencia, comandante Che Guevara”?). Il padre, o il “signore”, a cui sentiamo di doverci ribellare è solo il padre primordiale, l’emblema di tutte le imposizioni “naturali. Scegliersene un altro, o vari altri, è la possibilità che il mondo nichilista post-moderno ci offre per non ripetere sempre di nuovo la storia di Edipo. Verità, queste, che quasi ogni filosofia degna del nome fatica ad accettare. Nel caos multiculturale delle società post-moderne, quella che gli uomini d’ordine chiamano crisi di valori è solo il fatto che nessuno crede più a una univoca disposizione naturale delle cose; anche sulla paternità si possono nutrire dubbi, e abbondano le analisi biologiche che aiutano a dissiparli.

Gianni Vattimo

martedì 2 febbraio 2010

Inaugurazione della sede del comitato elettorale di Mariacristina Spinosa


Un'occasione per vederci... tra un viaggio (di lavoro!) negli Usa e il congresso dell'IdV.
Giovedì, a Torino, in via Principessa Clotilde 38/40(angolo via Vagnone): inaugurazione della sede elettorale di Mariacristina Spinosa (http://www.cristinaspinosa.it/news.php?id=421), Consigliera regionale del Piemonte, e presentazione di qualche iniziativa a venire. Due buone ragioni per non mancare.
Vi attendo per una chiacchierata con aperitivo.
GianniV.

La candidatura di Emiliano Morrone (IdV) alle regionali in Calabria

Ecco le mie ragioni (nel video) per sostenere la candidatura di Emiliano Morrone alle elezioni regionali in Calabria. Molti di coloro che seguono le attività del sottoscritto conoscono ormai da tempo Emiliano (e "La Voce di Fiore") e il suo impegno politico, culturale, sociale.

Il link riportati qui di seguito vi porta alle motivazioni che lo hanno spinto a candidarsi come indipendente nell'Italia dei Valori. Un percorso che conosco bene... Buona lettura e buona visione (nonostante il gatto).

http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=4663