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domenica 22 agosto 2010

Idee primarie

Primarie per i candidati, ma il programma? Certo, il governo tecnico invocato da buona parte dell’opposizione avrebbe l’indubbio vantaggio di attirare l’attenzione mediatica sull’inedita coalizione, magari nella speranza che questa si dimostri in grado non solo di rimuovere la maialesca legge elettorale, ma di governare una vera e propria transizione verso la nuova legislatura, e B. verrebbe provvidenzialmente posto in secondo piano per qualche mese. Ma le elezioni, prima o poi, arriveranno. E la mancanza di un programma, oltre che di un leader e persino di slogan alternativi alla destra (perché il Pd non si sia dedicato alla costruzione dell’alternativa a partire dal lancio del nuovo governo di B., nel 2008, resta un mistero) si farà inevitabilmente sentire.
I lettori del Fatto Quotidiano si sono giustamente schierati a favore delle primarie: un passo significativo, tanto più in previsione di un aumento deciso dell’astensionismo, l’unico alleato davvero fedele sul quale B. può contare. Chiunque vinca le primarie della coalizione, però, non potrà vincere contando unicamente sull’appeal della sua persona: essere alternativi a B. significa anche vincere diversamente da come farebbe lui. Difficilmente potremo andare al governo sventolando unicamente la bandiera della legalità sulla quale per fortuna oggi insiste anche Fini: abbiamo bisogno di motivi forti per i quali elettori delusi, stanchi e rassegnati dovrebbero votare per il nostro schieramento. Occorrono idee prioritarie per il programma di governo che intendiamo presentare, e primarie per quelle stesse idee.
Quale, anzitutto, la posizione di un’opposizione che si candidi a governare rispetto alle poche riforme approvate dal governo di B.? Gli elettori vorrebbero certo sapere, credo, se intendiamo ad esempio cancellare la sciagurata riforma dell’università; se il nostro modo di gestire l’economia si ispirerà davvero a efficienza ed equità sociale insieme, coniugando una seria lotta a sprechi e rendite con la volontà di salvaguardare il tessuto sociale prima del valore azionario delle nostre imprese; se intendiamo tornare a un regime meno repressivo in materia di diritti civili, di dipendenze, d’immigrazione, o se al contrario difenderemo a oltranza, magari a semplice tutela dei difficili equilibri che reggeranno la coalizione, le riforme promosse dal “governo del fare”.
Chi se non i più attenti e partecipi tra gli elettori stessi possono aiutare l’opposizione (evidentemente incapace, e ciò non è normale, di una simile avanguardia) a individuare i temi suoi quali organizzare il consenso per il cambiamento? Certo, organizzare primarie di idee è tutt’altro che semplice. Si potrebbe però prendere a prestito il metodo delle primarie, e arrivare a stabilire le priorità dell’alternativa di governo a partire dai nomi della società civile che i lettori del Fatto inserirebbero nell’ideale squadra da porre alla guida del paese. Due esempi: Luciano Gallino, per le sue proposte concrete in tema di flessibilità del lavoro (riduzione delle miriadi di contratti resi possibili dalla legge 40 alle poche davvero indispensabili categorie contrattuali); e Giorgio Ruffolo, per continuare con l’economia: il Ruffolo padre della programmazione economica (concetto del tutto estraneo al governo di B.) e il Ruffolo critico della finanziarizzazione estrema che accompagna il globalizzarsi dell’economia. E così via. Primarie sì, senza se ma con un ma: il leader, da solo, non ci farà vincere. Servono idee e priorità chiare, sulla base delle quali costruire l’alleanza. E occorre che a esprimerle siano innanzitutto gli elettori: il forum del Fatto può essere uno strumento di importanza decisiva.

martedì 27 ottobre 2009

Vattimo: Primarie tempo sprecato, nel Pd vuoto politico

Primarie Pd
Vattimo: Primarie tempo sprecato, nel Pd vuoto politico
Gianni Vattimo, europarlamentare Idv, commenta l'elezione di Pierluigi Bersani a segretario del Partito democratico. (26 ottobre 2009)

MicroMega
http://temi.repubblica.it/micromega-online/vattimo-le-primarie-non-colmano-il-vuoto-politico/
(file audio)

venerdì 31 luglio 2009

La nostra (vacua) democrazia

Un pezzo scritto qualche giorno (forse settimana) fa, per commentare le primarie del Pd. In esclusiva per il blog!

Anche quelli fra noi che hanno sempre pensato alle (elezioni) primarie come a un possibile toccasana contro le degenerazioni burocratiche e gerontocratiche dei partiti oggi cominciano a nutrire fieri dubbi. Non si parla certo di primarie di tipo americano, dove un partito deve scegliere il candidato alla suprema carica dello stato; il quale dunque deve corrispondere agli orientamenti della base e anche mostrare la massima capacità di battere il candidato avversario. Da come il discorso sulle primarie si sta svolgendo nel (fino ad ora) massimo partito dell’opposizione l’impressione che si trae è che qui si stia solo compiendo un altro passo sulla via del suicidio della democrazia – almeno intesa nel senso del governo della maggioranza e del principio “una testa (appunto; bah) un voto”. Non è forse vero che ormai, persino nei dibattiti che oppongono i sostenitori dei singoli candidati, ciò che emerge sempre di più è il bisogno di un capo carismatico, e cioè di qualcosa che sta all’estremo opposto del leader coscientemente votato dalla base? Se non della democrazia stessa e delle istituzioni democratiche del Paese, è più o meno prevedibile che il suicidio che si compirà sarà quello del partito che incautamente si sta abbandonando a questa vera e propria orgia di dibattito precongressuale. Ogni giorno si annuncia una nuova convention organizzata – con quali forze, con quali soldi – da questo o quell’aspirante leader. Dovremmo prevedere anche un finanziamento pubblico per questo tipo di campagne? Una volta – ahimè più di un millennio fa – queste discussioni precongressuali avvenivano nelle sezioni del (dei?) partito. Oggi simili entità non esistono più. Basta con il partito apparato eccetera. Bene o male che sia, è sicuro che la dissoluzione della vita di base del partito è una componente fondamentale della dissoluzione della democrazia, interna al partito o anche della democrazia politica tout court. Se la scelta del leader non è l’esito di una vasto processo di dibattito di base, che cosa potrà essere se non quello che è ora, la decisione su chi sia più o meno simpatico,più o meno “nuovo” (o “vuoto”, come anche si è detto)? Ci scandalizziamo (ancora?) delle veline berlusconiane, ma qui non siamo lontani da quel metodo.

Se non le primarie, che cosa? Questa domanda forse non può avere solo una risposta “tecnica”: che potrebbe arrivare fino al sondaggio telefonico tra un campione di cittadini, scelti a caso o nell’ambito degli iscritti… O addirittura al vecchio metodo del sorteggio. So che è paradossale, ma anche questo metodo avrebbe almeno il vantaggio di non obbligare gli aspiranti leader del partito a dirsene di tutti i colori di qui al congresso, contribuendo in modo potente ad accentuare tutte le divisioni interne. Chiamparino ha fatto bene a dire che si sarebbe dovuto discutere non del chi, ma del “che cosa” fare. La personalizzazione dello scontro, ancora secondo l’aureo esempio delle veline berlusconiane, serve solo a non parlare del che cosa. Non sappiamo bene che cosa vogliamo fare, ma intanto vogliamo prendere il potere: nello stato, e prima nel partito…

Come si vede chiaramente, questo problema del modo di eleggere il segretario del partito è solo uno specchio del problema ben più vasto: di come far funzionare la democrazia. Davvero il modo in cui si costruiscono le liste dei candidati in un paese come Cuba (almeno, per quanto ne sappiamo noi) è peggiore di quello che si vede in Italia? Là, se non andiamo errati, le sezioni del partito – a livello molto periferico, di quartiere addirittura – si riuniscono e votano con scrutinio palese i nomi del loro candidato; e si sale così fino alla costruzione della lista. Naturalmente si dice che questo modo di praticare la democrazia è esposto a ogni abuso: rivalità personali, manipolazione dall’alto, ecc. E certo non è il metodo perfetto. Ma vedendo quello che succede oggi in Italia – a cominciare dalle liste elettorali emanate dalle segreterie centrali, fino alla lotta per le primarie che si sta svolgendo ora nel PD – noi cominciamo a non essere più tanto sicuri che il “modello cubano”, così generalmente esecrato da tacitare ogni possibile discussione razionale – sia davvero tanto male. Per i più rigidi e pragmatici liberali potremmo cominciare a osservare che costa sicuramente meno di tutte le kermesse che si svolgono e si svolgeranno per scegliere il nuovo leader PD. E per i non molti interessati alla politica, si può osservare che lì almeno non si tratta solo di chi è più attraente e più “simpatico”. Se questa nostra è la democrazia, mostrateci qualche cosa di meno desolantemente vacuo.

Gianni Vattimo