Visualizzazione post con etichetta Mario Monti. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Mario Monti. Mostra tutti i post

mercoledì 5 giugno 2013

La verità al servizio della politica neutralizzata tecnicamente

All'Istituto Italiano di Cultura di New York, il 31 maggio, Gianni Vattimo ha presenziato la conferenza "Il ruolo della verità nelle politiche europee". Secondo il filosofo italiano, ormai “è diventato comune, tra i Paesi europei, il preferire soluzioni ‘tecniche’ per risolvere problemi politici”.



di Valentina Cordero, duerighe.com

“Il problema della verità è diventato urgente in Europa e lo dico non perché sono un filosofo ma perché stiamo vivendo un periodo in cui si ha una politica neutralizzata tecnicamente”. 
Ha esordito così il filosofo Gianni Vattimo all'Istituto Italiano di Cultura di New York dove il 31 maggio si è tenuta la conferenza “Il ruolo della verità nella politica europea”. Un evento che ha visto non solo la partecipazione del direttore, Riccardo Viale, ma anche quella di Natalia Quintavalle, Console Generale d’Italia a New York.

mercoledì 20 febbraio 2013

Elezioni, Vattimo: “Un voto di resistenza antimontiana”

18/02/13, Micromega

colloquio con Gianni Vattimo di Rossella Guadagnini


Gianni Vattimo
Il countdown è cominciato. La settimana che manca al voto significa per i partiti l’ultima occasione per rafforzare le proprie posizioni, conquistare gli indecisi, contrastare la spinta all’astensionismo. L’incognita del Senato pesa come un macigno sulla formazione del futuro governo. Nella convulsa campagna elettorale cui abbiamo finora assistito due sono le novità: Beppe Grillo con il M5S e Antonio Ingroia con Rivoluzione Civile. E il resto? E’ noia, secondo il filosofo Gianni Vattimo, che spiega a MicroMega come sulle politiche economiche ci sia ben poco di diverso tra le proposte di Bersani e quelle di Monti. Per scongiurare un futuro di conflitti sociali, avvisa l’europarlamentare Idv, serve una forte affermazione delle componenti della sinistra, a partire da Rivoluzione Civile.


Destra e sinistra: qualcuno sostiene che siano concetti obsoleti, non più in grado di descrivere la realtà, specie per i giovani.

La differenza tra destra e sinistra è l’unica cosa in cui possiamo ancora credere. Destra e sinistra oggi sono più vive che mai e si vede benissimo. La destra, in questo momento, significa Europa, Monti, banche e messa in ordine dei conti. Uno schieramento che domina perché ha il controllo dei media. La sinistra, invece, significa più politica sociale, meno disuguaglianze, sostegno ai diritti civili e una patrimoniale seria. Il patto con la Svizzera per il rientro dei capitali, noi non l’abbiamo fatto. L’hanno fatto Inghilterra e Francia, tassandoli al 20 per cento. La destra ha una natura darwiniana e razzista: vuole usare le differenze naturali per lo sviluppo. La sinistra vuole correggere le differenze naturali in modo che tutti possano competere cominciando dallo stesso livello. 

lunedì 28 gennaio 2013

Ingroia, Di Pietro e la rivoluzione che non può più attendere





Dal mio blog sul Fatto Quotidiano: www.ilfattoquotidiano.it


Inutile dire che voterò per la lista Ingroia, soprattutto perché è lì che ritrovo Di Pietro e quel che resta di IdV; giustamente purificata dagli elementi di destra che ci stavano dentro fino ad ora: persone per lo più rispettabili e solo di opinioni più conservatrici delle mie; a parte ovviamente quelli che hanno ceduto alle lusinghe berlusconiane in vari momenti, o quelli che hanno deciso di scappare con la cassa.

Di Pietro ha ragione: dobbiamo usare di questa emorragia di finti o scontenti militanti per rendere IdV più autenticamente quello che deve, voleva, essere: un partito di rinnovamento radicale della politica e della società italiana; non per niente, a parte l’innominabile Lega, è rimasto l’unico gruppo di opposizione al governo eurobancario Bersani-Monti-Napolitano.


sabato 25 agosto 2012

Firmare a sostegno dei pm anche per dire no al regime

Il Fatto Quotidiano, 23 agosto 2012


Si parla tanto, discutendo dell’articolo (decisivo, inappuntabile) di Gustavo Zagrebelsky, di eterogenesi dei fini. Ma varrebbe la pena anche, e più, di parlare di eterogenesi delle cause. Spieghiamoci: davvero possiamo pensare che le tante migliaia di cittadini – compreso il sottoscritto – che hanno firmato l’appello del Fatto a difesa dei pm di Palermosotto attacco da parte di quasi tutti i grandi media cosiddetti indipendenti, siano stati motivati dalla preoccupazione per la sorte di quei magistrati, per ora almeno non direttamente minacciati né di licenziamento né di carcere; o dalla irresistibile curiosità di sapere che cosa si dicevano Napolitano e Mancino nelle conversazioni illegalmente, criminalmente ascoltate e addirittura trascritte dalla magistratura palermitana? Ma che cosa davvero ci poteva essere di così decisivo in quei nastri, già per giunta dichiarati irrilevanti ai fini del processo? Confessiamo finalmente che del contenuto di quelle intercettazioni non ci potrebbe importare di meno. Figurarsi se il nostro saggissimo presidente (Giulia Bongiorno docet) si sarebbe mai lasciato andare, anche senza sospettare di essere ascoltato, a dire qualcosa di men che prevedibile, istituzionale, neutrale?

E allora? Perché in tanti avremmo dovuto sentirci così impellentemente spinti a firmare il documento pro pm? Le ragioni, le cause “eterogenee” di cui generalmente si tace nella discussione sullo scritto di Zagrebelsky, sono, appunto, altre. La diffusa e motivatissima insofferenza per il vero e proprio regime che è calato sul Paese per gli sforzi congiunti di Napolitano e Monti, è la ragione principale che spiega la popolarità dell’appello – anche se sia delle sorti dei magistrati palermitani, sia della trattativa Stato-mafia nessuno dei firmatari si era dimenticato. Ciò che si è voluto respingere con la valanga di firme è stato principalmente la progressiva instaurazione del regime, che del resto anche dalla vicenda delle intercettazioni palermitane ha ricevuto una intensificazione senza precedenti. Se qualcuno aveva ancora dei dubbi, dopo le esternazioni mediatiche degli ultimi giorni, anche e soprattutto da parte di padri della patria come Scalfari, questi dubbi non dovrebbero più esserci. Siamo di fronte non a una campagna di delegittimazione del Capo dello Stato, come vanno predicando ex esponenti della ex-ex-ex sinistra; ma a un generale sforzo di consolidamento del regime; temiamo, in vista di autunni e inverni caldi e caldissimi.

Le poche voci dissonanti, anzitutto quella di Antonio Di Pietro, accanto a quella di Grillo e all’altra - un po’ arrochita dal vecchio e nuovo berlusconismo - della Lega, sono ormai tacitate e demonizzate in tutti i modi, fino a dire esplicitamente che chi non sta con Napolitano o si permette di criticarlo non potrà appartenere al centrosinistra Bersanian-Casinista verso cui Quirinale e establishment ci stanno spingendo. Non solo c’è la luce in fondo al tunnel, ne siamo ormai fuori per merito di questo governo. Domandare conferma di tutto ciò agli esodati senza pensione, ai licenziati di tutte le fabbriche che hanno chiuso i battenti, ai tarantini presi in giro dalla compagnia di giro dei ministri inviati prontamente sul luogo da Monti. Quasi tutti i giorni la stampa “indipendente” ci informa che Monti ci è invidiato da tutti i paesi d’Europa e forse anche da Obama. Sarà anche vero che lo spread è un poco sceso, e che le borse hanno guadagnato qualche punto: già, le borse e le banche, pupilla degli occhi del premier. Ma per il resto, i costi della vita per le famiglie, ci sarà forse da aspettare un po’ di più, e così per avere un qualche recupero dell’occupazione. Ma intanto noi vediamo la luce in fondo al tunnel con gli occhi dei media; che del resto, insieme a Napolitano sono i creatori delle fortune politico-tecniche di Monti. Nessuno si è accorto che qualcosa sia migliorato in Italia negli ultimi mesi, anzi il contrario è sotto gli occhi di tutti. È anche questo clima di untuosa accettazione della menzogna ufficiale, quirinalizia o no che sia, ciò che (correggetemi se sbaglio) i firmatari dell’appello pro pm di Palermo vogliono combattere. Forse sarebbe ora di smettere di giocare tutti ai costituzionalisti dibattendo sulle prerogative del Presidente. Ne usasse finalmente una, decisiva: sciogliere le inutili Camere e mandarci finalmente a votare e restaurando quel poco di democrazia che ancora ci resta.

martedì 17 luglio 2012

Gianni Vattimo (Europarlamentare IDV): “Grillo? Ha ragione su Israele e l'Iran”


"Grillo? Ha perfettamente ragione su Iran e Israele. Io vorrei che Ahmadinejad si facesse finalmente la sua atomica, che sarebbe un elemento di stabilità per il Medio Oriente. Israele ce l'ha, è un problema di equilibrio. Non è un dittatore, è eletto come gli altri. Non è uno schifoso, è una persona perbene che fa una politica diversa da quella degli Stati Uniti sostenuta da Israele. Io lo appoggio totalmente".

Lo dice alla Zanzara su Radio 24 l'europarlamentare dell'Idv Gianni Vattimo, a proposito dell'intervista rilasciata da Beppe Grillo a un quotidiano israeliano. Vattimo va a ruota libera su Israele, Iran e Stati Uniti. "Sull'impiccagione in Iran di cui parla Grillo - dice per esempio Vattimo  - e sulla pena di morte negli States ha ragione lui al cento per cento: fino a 300 anni fa il Vaticano sosteneva la pena di morte, la pena di morte in Iran è solo un altro tipo di legislazione.

Lo stato di diritto? E perché esiste in America dove vince chi ha più soldi? Aprite gli occhi. La più grande democrazia del mondo? Ma di cosa parliamo, mi metto a ridere. In America c'è una schifezza non una democrazia". Grillo ha parlato anche di informazione in Occidente ‘guidata' da un'agenzia israeliana, chiedono i conduttori Giuseppe Cruciani e David Parenzo.

ahmadinejad"E anche qui ha ragione - risponde Vattimo - perché quello che noi sappiamo su Israele e Palestina, Iran e Siria è filtrato da un'agenzia internazionale con dietro un ex agente del Mossad: mi fate vedere per favore la famosa lesbica siriana, che era un signore pagato da qualche servizio segreto? Se intervenissimo in Siria faremmo l'ennesima porcata. Questi ribelli che spuntano così chi cavolo li arma? La Cia, ne avete mai sentito parlare?". Poi Vattimo parla del governo Monti.

"In Egitto i Fratelli Musulmani hanno vinto e sono contento - dice alla Zanzara - se l'alternativa era l'esercito. Meglio i Fratelli Musulmani di Monti? Almeno lì ci sono state le elezioni perchè almeno li c'è stata una votazione, la democrazia. Monti invece è solo un emissario delle banche mondiali. Sono contenti anche gli israeliani che ci sia lui a governare, essendo un governo che più capitalista non si può. Diciamolo chiaramente: fa la stessa politica di Berlusconi ma la fa più seriamente, è meno vergognoso ma molto più pericoloso perchè non si vede come si possa scalzarlo, è sostenuto da tutti".

Dagospia, 26 giugno 2012

venerdì 20 aprile 2012

Vattimo: «Schiavi dei mercati»

Il filosofo parla ai giovani: solo voi potete cambiare l’Europa
15 aprile 2012
di Sebastiano Deledda 

NUORO. «L’Europa è il vostro futuro, e voi siete il futuro dell’Europa, perché senza il vostro impegno l’Europa stessa non esisterà». L’appello che il filosofo ed europarlamentare Gianni Vattimo lancia ai giovani presenti nell’auditorium della biblioteca Satta è un invito pressante. Perché quell’idea cara ai padri fondatori dell’Unione, fondata su una tradizione solidaristica di matrice cristiana ma anche socialista, rischia di essere tradita dall’iperliberismo sfrenato. E allora il convegno-dibattito dal titolo "I giovani, la cultura, l’Europa, quali opportunità nell’Unione", organizzato avantieri pomeriggio dall’Idv (moderatore Gianni Salis e interventi di Federico Palomba e Giommaria Uggias) diventa per Vattimo l’occasione giusta per spronare i giovani al recupero di un’idea di Europa che sia più qualificata in senso solidaristico, magari cominciando a sostenere seriamente l’idea di promuovere un referendum europeo per l’introduzione, in tutti gli Stati membri, del salario minimo di cittadinanza. «Questa competitività economica esasperata che ci propinano oggi in Europa, e che il governo Monti sta replicando in grande in Italia, è il peggio del peggio del mondo anglosassone, e non ha niente a che vedere con quell’idea originaria di cultura europea condivisa».
È un Gianni Vattimo che rivaluta i movimenti di rivendicazione delle identità locali,da contrapporre alla nefasta globalizzazione dei banchieri e dei finanzieri. E alla fine è la modalità di unificazione europea ad essere messa in dubbio. «Oggi c’è l’impressione è che l’unificazione europea si stia realizzando nel modo peggiore». Meglio, per Vattimo, sfatare subito il mito che esista un’unica via all’umanesimo, e se dopo la seconda guerra mondiale sembrava che l’unica strada possibile fosse l’unità europea a discapito degli stati nazionali, oggi non è detto che sia l’unica via percorribile. Almeno non con certe modalità, altrimenti anche l’Atene di Sardegna rischia seriamente di diventare l’Atene di oggi.

Does Italy Want Berlusconi Back?

Un articolo di Santiago Zabala su AlJazeera, 16 aprile 2012

Does Italy Want Berlusconi Back?

Naples, Italy - It may seem impossible, but many progressive leftist voters in Italy want former Prime Minister Silvio Berlusconi back. They do not miss the embarrassment he created through his lifestyle and inappropriate jokes at institutional meetings (which, as many know, were simply ways to distract our attention from his ongoing legal issues). Rather, they miss the state of political impasse that persisted under his rule considering the ongoing reforms that his successor has imposed.
Mario Monti was presented by the President of the Republic as a gentleman, but he also owes his appointment to being seen as an apolitical technocrat capable of solving the gridlock in the country. As it turns out, Monti has actually begun to solve these issues. However, it is not out of interest for the Italian citizens but rather for the European Union and its austerity measures.
If most Italian newspapers have overlooked this fact, it isn't because they are all in favour of the neoliberal EU policies; rather, it is because of Italy's history with his predecessor.

No dialogue
But who is Monti, and why does he leave little or no possibility of dialogue with political parties, unions or civil society? Before been appointed prime minister by the president of Italy last November, Monti served as a European Commissioner, an international adviser to Goldman Sachs, and the rector of Italy's most exclusive private university, the Bocconi.
If Monti today is also endorsed by the international establishment (from the Financial Times all the way to US Treasury Secretary Timothy Geithner), it isn't because he hasn't been charged in underage-prostitute scandals but because of his determination to execute the rules of the international system regardless of the vital demands of his country.
There are two features worth pointing out, given their violent consequences: Imposed labour reform and repression of "No-TAV" (high-speed train) protesters in the Piedmont region near the Italian-French border.
Monti's few months of reform have turned out to be much more harmful than Berlusconi's fourteen years in power, during which he was never able to touch article 18 of the labour statute, which the new prime minister has demolished. This article stipulated a basic principle of workers' rights - that firms must reinstate workers who have been wrongly dismissed - which is vital, considering Italy's fragile social security net.

Self-inflicted depression
Monti's plan is simple: The new flexibility will create new jobs, since companies will finally be able to dismiss and hire new workers when and as often as they wish. There is nothing new in this; he is simply following the demands of the "Troika" (composed of the European Central Bank, the European Commission, and the IMF) for the well-being of the markets, that is, of the self-inflicted depression forced on Europe.
What is alarming are not Monti's plans, which we could all foresee considering his previous appointments, but rather the way he is executing them. The first thing he did after walking away from negotiations with the trade unions was to threaten to dissolve his (unelected) government if the parties (the Democratic Party, the People of Liberty Party, and the Third Way alliance) that sustain him in the parliament did not approve the "reform".


In the same spirit he also discredited, on national television, everyone who aspires for permanently protected jobs, calling the institution "ideological", of the "past", and "monotonous". This lack of dialogue and concern for the well-being of Italians is creating great distress among the population, which has erupted in a number of strikes and riots that are not being covered by most of the Italian press.
The second feature that characterises Monti's pragmatic violence in contrast to Berlusconi's rhetorical deadlock is the recent militarisation of the Val di Susa (an Alpine valley between northern Italy and central Europe) and violence against its citizens. In the 1990s, the Italian government and the EU began the construction of a high speed railway line (TAV) in order to link Turin and Lyon to increase the traffic of goods. The problem with this project is not only the predictable environmental consequences but also that it is unjustifiable given the minimal amount of goods transported by railway nowadays.

Neoliberation obsessions
Against this neoliberal obsession for unfettered development, the "No-TAV" protest movement grew, in order to inform the public of this project - declared unnecessary also by many academics and scientific researchers. Today they can count thousands of members and supporters throughout Italy, including Gianni Vattimo, Italy's most prominent philosopher and an EU deputy, who declared, after the violent police repression of the protest in January, that Monti had to be "fired since the only solution is political, not military".
Monti reacted as any other technocratic politician would and has decided to move along ("it's time for this work") with the construction, regardless of the protesters who blocked roads, railway stations and motorways nationwide early in March. But that is not all. Recently, a secret agreement between Italy and France was unveiled that confirmed both countries' interest in implementing the project, despite the fact that it must first be ratified by both national parliaments.
While Berlusconi threatened to cancel article 18, and move along with the TAV construction for more than a decade, Monti has actually executed both plans after only six months in office. Italy has become a country where the left has almost disappeared from the political scene, and we are left to prefer paradoxically a worthless populist billionaire over a technocratic neoliberal executioner. Imagine it: At the very end, Berlusconi seems to be better than Monti.

Santiago Zabala is ICREA Research Professor of Philosophy at the University of Barcelona. His books include The Hermeneutic Nature of Analytic Philosophy (2008), The Remains of Being (2009), and, most recently, Hermeneutic Communism (2011, coauthored with G. Vattimo), all published by Columbia University Press. You can visit his site here.

mercoledì 21 marzo 2012

Il governo dei professori e la scuola

Ho aderito anch'io all'iniziativa "L'urlo della scuola", promossa dall'Assemblea dei genitori e insegnanti di Bologna, e sostenuta da moltissime associazioni, comitati di genitori, coordinamenti scolastici e personaggi della cultura, come ricordano gli articoli di cui riporto qui di seguito i link.


Qui l'articolo pubblicato dal Corriere della Sera edizione bolognese, 20 marzo 2012: "Un «urlo» dalle aule contro i prof di Monti"

Qui l'articolo, sempre del 20 marzo, "Bologna, studenti e docenti tornano in piazza per difendere l’istruzione pubblica", pubblicato da Il Fatto Quotidiano.

domenica 4 marzo 2012

No Tav, ancora battaglia. Vattimo in diretta: “Buttare a mare Monti, serve moratoria, la soluzione è politica”

Infiltrato.it, domenica 4 marzo 2012. Di Emiliano Morrone

Gianni Vattimo è a Bussoleno (Torino).  È sabato sera, 3 marzo. In corso una manifestazione dei No Tav. Il filosofo e parlamentare europeo sta nel corteo, però prende la chiamata: «Tu chiedi, io provo a risponderti al telefono». L'intervista è impedita dai rumori della folla: agitazione, urla, rabbia civile. La tensione resta alta per la Val di Susa. Vattimo precisa: «La polizia non c’entra, non va mai criminalizzata». «Io sono figlio di un poliziotto, non mi stancherò di ripeterlo», aggiunge; quasi evocando la difesa di Pasolini delle forze dell’ordine ai tempi di Valle Giulia.

Il politico si allontana un attimo, ma il coro dei No Tav ha una potenza assordante. «I ragazzi in divisa sono persone per bene, bisogna buttare a mare Monti, perché una ferrovia utilizzata al 20% non serve più, vorrei sapere che cazzo ce ne facciamo». Ruggisce il maestro del pensiero debole, nonostante i suoi 75 anni. Piemontese, sente la battaglia civile, sa quanto contino le ragioni del territorio, «abbandonato dal Pd». «Questa è sinistra?», si domanda silurando Fassino e «consociati», a cui augura di «finire distrutti alle prossime elezioni».
Vattimo commenta l’atteggiamento di Bersani, che per le divergenze sul Tav ha minacciato la rottura dell’alleanza di Vasto (Pd, IdV, Sel), sancita nel settembre 2011. «È chiaro che non sta a sinistra – ci dice il filosofo – se non capisce che urge più che mai un’alternativa progressista, in questo momento di crisi».
Il segretario del Pd vuole la linea ferroviaria ad alta velocità. A ogni costo, così come pensata. Di Pietro ha proposto una moratoria, per valutare «con responsabilità, al di fuori dell’ideologia, se è utile realizzare un progetto vecchio di 40 anni». Il leader dell’Italia dei Valori ha ribadito che è doveroso l'ascolto e il rispetto delle popolazioni coinvolte; che in sede europea vanno considerati tutti gli aspetti del problema Tav. Vendola, intanto, ha firmato una lettera di don Luigi Ciotti e del giurista Livio Pepino pubblicata su il manifesto. Nel documento è scritto che «dalle forme di violenza occorre prendere le distanze senza ambiguità». Ma i promotori, tra cui il sindaco di Napoli Luigi de Magistris, respingono la riduzione «della protesta della valle a questione di ordine pubblico», da delegare alla polizia. Soprattutto, sottolineano: «La contrapposizione e il conflitto possono essere superati solo da una politica intelligente, lungimirante e coraggiosa». Poi sintetizzano: «La costruzione della linea ferroviaria è una questione non solo locale e riguarda il nostro modello di sviluppo e la partecipazione democratica ai processi decisionali».
Vattimo sostiene che i Democratici sono ormai «asserviti al potere», «difensori degli interessi forti», «amici dei padroni», «collegati a un governo delle banche che va dritto per la sua strada e se ne strafotte della gente». Quando gli ricordiamo che per Monti il Tav è «una porta d’accesso all’Europa», replica: «Il presidente del Consiglio ha per caso prodotto degli studi ambientali o trasuda di retorica?».
Interrompiamo per capire che cosa si può fare, secondo uno fra i pensatori più conosciuti nel mondo. «Intanto, se diminuisce la partecipazione ho l’impressione che si perda. Poi, ritengo molto seria, concreta e importante la posizione espressa ieri dall’esecutivo nazionale dell’Italia dei Valori, in cui milito e in cui mi pare che non ci siano tanti rivoluzionari selvaggi alla Vattimo. Una moratoria è saggia e strategica per il bene comune, non si può spacciare l’idea che la soluzione possa non essere politica, come qualcuno fa strumentalmente via Internet». Vattimo continua: «Io non prendo mica solo la “Freccia rossa”. Viaggio spesso su regionali che ti raccomando, con bagni “spaventevoli”, peggio che nei Balcani. Bisogna interrogarsi, il punto è guardare ai trasporti in Italia, a come investire le risorse pubbliche. Lì da te, in Calabria, è una rovina con i treni. Eppure, la stampa sponsorizza questo Tav come la salvezza. Si capisce, i media sono in mano ai capitalisti e quelli locali dipendono dal potere politico. Allora, falsano la storia».
L’Infiltrato ha raccontato un’altra storia, forse. «Della realtà», parafrasando l’ultimo libro di Vattimo, con specificazione «Fini della» ferrovia.

lunedì 20 febbraio 2012

La questione gay e il disciplinamento ai tempi dei governi tecnici


Ordine innaturale
L'Espresso, 17 febbraio 2012

La questione gay come l’articolo 18? Cioè, come una bomba tenuta in riserva dai politici che possono innescarla a piacere, anche in assenza di vere motivazioni economiche, sia per aumentare al bisogno la tensione sociale, sia per farne un concreto strumento di pressione per ridurre i diritti di ogni tipo, da quelli salariali a quelli civili in senso generale? Questa è l’impressione che si ricava dal libro di Paolo Rigliano e dei suoi colleghi: al momento, sembra che la questione sia di attualità solo negli Stati Uniti – una società la cui barbarie e arretratezza non cessano di stupirci, a cominciare dalla interpretazione letterale della Bibbia che ispira la legislazione di tanti Stati, giù giù fino al divieto di insegnare Darwin, alla fanatica difesa del “disegno intelligente”, ai monumenti pubblici in onore del Decalogo mosaico. Noi pensiamo, con qualche ragione, di essere immuni da simili ingenuità. Ma non possiamo mai dimenticare che la difesa dell’ordine “naturale” è sempre in agguato anche da noi: con le leggi contro la fecondazione assistita, contro l’interruzione di gravidanza e la pillola RU 486, con il silenzio imposto a ogni discussione sull’eutanasia e cioè sul diritto di disporre della propria vita. Volete che la normalizzazione messa in atto dal governo tecnico che ci terremo probabilmente per anni non arrivi prima o poi anche a disciplinare “secondo natura” la nostra vita privata? Possiamo fidarci che la “scienza”, quella che ispira le “terapie”popolari negli Usa, sia capace di riconoscere i propri errori? La storia del nucleare e i disastri ambientali legittimano molti dubbi anche a proposito di questo. Forse l’Europa dei banchieri non ci imporrà, per ora, di costituzionalizzare l’obbligo del matrimonio eterosessuale come ha fatto con il pareggio del bilancio, ma il fatto che si riparli di curare i gay esprime purtroppo assai bene la tendenza al disciplinamento che si sta diffondendo in tutti i campi della nostra esistenza al tempo dei governi tecnici.
Gianni Vattimo


RIGLIANO P. , CILIBERTO J. , FERRARI F.
Raffaello Cortina Editore, 2012
ISBN: 9788860304506
Pagine: 265

venerdì 10 febbraio 2012

Militarizzazione della Val di Susa, visita delegazione Parlamento europeo: rassegna stampa


Tav:eurodeputati in Val di Susa;Idv,necessario dibattito Ue

(ANSA) - BRUXELLES, 9 FEB - Dopo la ''militarizzazione'' della Val di Susa avvenuta la scorsa estate ''siamo riusciti ad aprire un dibattito tra No Tav, esperti e alcuni deputati europei su ciò che sta succedendo nella valle''. Lo ha indicato l'europarlamentare dell'Italia dei Valori, Gianni Vattimo, che con Sonia Alfano (Idv) dà il via oggi alla visita di una delegazione del Parlamento Europeo in Val di Susa insieme ad altri 22 eurodeputati. ''Una maggiore sensibilizzazione - ha indicato Vattimo - su questo tema nell'ambito delle istituzioni dell'Unione Europea, che partecipa al progetto attraverso ingenti investimenti finanziari, è assolutamente necessaria". ''Il dibattito pubblico è indispensabile e forse siamo ancora in tempo - ha segnalato Alfano - per non distruggere la Val di Susa e per non spendere diversi miliardi di euro pubblici che con buona probabilità finirebbero nelle tasche delle mafie e di comitati di affari''.

Tav, domenica proteste davanti alle carceri

(VideoPiemonte.it, 9 febbraio) Il movimento No Tav protesterà domenica a partire dalle 14.00 davanti a sei carceri piemontesi, contro gli arresti avvenuti lo scorso 26 gennaio, contro le condizioni carcerarie dei detenuti e contro i loro trasferimenti, avvenuti nella giornata di ieri.
I presidi si svolgeranno davanti alle carceri di Torino, dove è detenuta Gabriela Avossa; Saluzzo (Cuneo), per Giorgio Rossetto; Alessandria, per Matteo 'Mambo' Grieco; Ivrea (Torino), per Luca Cientanni; Cuneo, per Tobia Imperato; Alba (Cuneo), per Jacopo Bindi.
Intanto ieri sera quattro europarlamentari, gli italiani Gianni Vattimo e Sonia Alfano, la tedesca Sabine Wils e l'austriaca Eva Lichtenberger, hanno incontrato gli esponenti del movimento No Tav e della Comunità montana valli di Susa e Sangone. Questa mattina poi, gli europarlamentari hanno effettuato una visita al cantiere della Torino-Lione in località La Maddalena di Chiomonte (Torino). I dirigenti di Ltf, la società incaricata di realizzare l'opera, "hanno presentato - riferisce la stessa società - alla delegazione l'attuale fase di cantierizzazione, al momento rallentata a causa delle condizioni atmosferiche, ed evidenziato le prossime tappe con l'avvio, nei prossimi mesi, degli scavi per il cunicolo esplorativo". La visita, tuttavia, non ha soddisfatto l'onorevole Vattimo, che sostiene di "non avere visto nessun cantiere. Il problema vero - aggiunge - è che l'Europa continua a dare soldi per lavori che non sono nemmeno cominciati. Non hanno ancora cominciato l'esproprio delle aree dove dovrebbe cominciare lo scavo e la valutazione di impatto ambientale è stata fatta copiando quella che si era fatta prima per il cunicolo previsto a Venaus. Questa è una cosa che fa rabbrividire. E il tutto - conclude - è sostenuto da uno schieramento militare". La delegazione aveva chiesto di incontrare i vertici di Regione, Provincia e Comune nel pomeriggio. "Non ci hanno neppure risposto - osserva Vattimo - e questo la dice lunga sulla 'coda di paglia' degli amministratori di questi luoghi".


Tav: "Più che un cantiere sembra un presidio militare" 

(Il Fatto Quotidiano, canale YouTube, 9 febbraio) Un gruppo di europarlamentari ha visitato il cantiere dell'alta velocità a Chiomonte in Valsusa, per osservare lo stato dei lavori. Eva Lichtenberger, europarlamentare austriaca, dice: "Sembra di stare in un sito militare o della polizia, piuttosto che in un cantiere. Non ho visto neanche un segno dell'inizio dei lavori. Nemmeno una buca". Anche Gianni Vattimo è d'accordo: "Hanno fatto delle strade e hanno portato l'acqua, ma nessuno segno del tunnel". Alla fine della visita i deputati europei si interrogano su come siano stati utilizzati i fondi destinati al tunnel. Lichtenberger: "Questo è un progetto cofinanziato dall'Ue, ma non c'è trasparenza"




360 professori scrivono al professor Mario Monti

Le chiediamo di rimettere in discussione in modo trasparente ed oggettivo la Torino-Lione”.
Un Appello [1] per un ripensamento del progetto di nuova linea ferroviaria Torino–Lione è stato inviato oggi al Presidente del Consiglio Mario Monti redatto da Sergio Ulgiati, Università Parthenope, Napoli, Ivan Cicconi, Esperto di infrastrutture e appalti pubblici, Luca Mercalli, Società Meteorologica Italiana, Marco Ponti, Politecnico di Milano.
Lo hanno firmato 360 professori universitari, ricercatori e professionisti convinti che il problema della nuova linea ferroviaria ad alta velocità/alta capacità Torino-Lione rappresenta “per noi, docenti, ricercatori e professionisti, una questione di metodo e di merito sulla quale non è più possibile soprassedere, nell’interesse del Paese”.
E proseguono affermando che sentono come un dovere riaffermare che il progetto della Torino-Lione, inspiegabilmente definito “strategico”, non si giustifica dal punto di vista della domanda di trasporto merci e passeggeri, non presenta prospettive di convenienza economica né per il territorio attraversato né per i territori limitrofi né per il Paese, non garantisce in alcun modo il ritorno alle casse pubbliche degli ingenti capitali investiti (anche per la mancanza di un qualsivoglia piano finanziario), è passibile di generare ingenti danni ambientali diretti e indiretti, e infine è tale da generare un notevole impatto sociale sulle aree attraversate, sia per la prevista durata dei lavori, sia per il pesante stravolgimento della vita delle comunità locali e dei territori coinvolti. [2] 
L’Appello, che argomenta nel dettaglio e al quale sono allegati importanti studi a supporto delle tesi avanzate, afferma che la sostenibilità dell’economia e della vita sociale non si limita unicamente al patrimonio naturale che diamo in eredità alle generazioni future, ma coinvolge anche le conquiste economiche e le istituzioni sociali, l’espressione democratica della volontà dei cittadini e la risoluzione pacifica dei conflitti. 
In questo senso – prosegue l’Appello -, l’applicazione di misure di sorveglianza di tipo militare dei cantieri della nuova linea ferroviaria Torino-Lione sembra un’anomalia che i firmatari chiedono vivamente al professor Monti di rimuovere al più presto, anche per dimostrare all’Unione Europea la capacità dell’Italia di instaurare un vero dialogo con i cittadini, basato su valutazioni trasparenti e documentabili, così come previsto dalla Convenzione di Århus [3]
Per queste ragioni, termina l’Appello al Prof. Mario Monti, “Le chiediamo rispettosamente di rimettere in discussione in modo trasparente ed oggettivo le necessità dell’opera”.
Comunicato Stampa dalla valle che resiste e non si arrende, 9 febbraio 2012

mercoledì 1 febbraio 2012

Governo Monti, danni collaterali

Dal mio blog su Il Fatto Quotidiano, 29 gennaio 2012

I danni collaterali del governo tecnico

Non so se stia davvero crescendo la nostalgia per Berlusconi, certo aumenta vistosamente l’insofferenza verso il governo Monti, e anche verso chi, come il Pd, se ne è fatto sostenitore senza se e senza ma. Il sospetto niente affatto inverosimile è che tutto sia un gioco delle parti, quale che sia la consapevolezza degli attori.

La destra maledice Monti, e proprio per questo la cosiddetta sinistra lo difende. In termini elettorali (prima o poi si dovrà pure andare a votare) chi paga il prezzo di questo governo del rigore bancario-fondomonetarista, è il Pd, che finirà per dissanguarsi e per scoraggiare definitivamente il suo elettorato. Il quale ha sopportato finora solo perché terrorizzato dalla grande stampa “indipendente”: se va male alle banche va malissimo a tutti. E così via.

Ma fino a quando durerà questa sopportazione?
In giro per l’Italia ci sono scioperi e agitazioni sociali di vario tipo. Non basta stimolare l’odio per i camionisti e i forconi “infiltrati” dalla mafia, o contro i parlamentari e i loro privilegi. Presto o tardi, anzi già ora, la protesta sociale di padroncini, famiglie monoreddito, mamme che devono badare ai bambini cacciati anzitempo dalle scuole, anziani lasciati senza assistenza sociale, pensionati ridotti a rubare nei supermercati, si farà sentire in modi meno soft.

Quando Di Pietro dice, come qualche tempo fa, che prima o poi ci scappa il morto lo si copre di insulti come se fosse un terrorista; ma intanto il morto ai blocchi stradali dei camionisti ci è scappato, e i pacchi esplosivi alle agenzie delle tasse sono arrivati. I sacrifici che Monti (e Napolitano, e il potere bancario) chiede agli italiani non possono più essere sopportati in nome del governo “tecnico”. O si va a elezioni subito o la situazione sociale non farà che peggiorare. Non è la marcia su Roma, certo; o non ancora. Ma un governo tecnico messo di fronte a tensioni sociali crescenti non diventerà prima o poi, per ragioni puramente “tecniche”, un governo autoritario?

Sono solo ragioni “tecniche” quelle che hanno ispirato l’ondata di arresti di No-Tav ordinata da un magistrato sicuramente democratico come Giancarlo Caselli: non poteva fare diversamente di fronte all’evidenza di azioni violente perpetrate in Val di Susa nell’estate scorsa. Inutile dire che dei gas illegali sparati dalla polizia contro i manifestanti anti-Tav non si sa più nulla; e della illegalità permanente in cui hanno proceduto finora i lavori per la nuova ferrovia – dalla mancata consultazione delle comunità territoriali interessate, alle menzogne spacciate all’Unione Europea per spremerne i fondi, alla militarizzazione della Valle e alla sordità rispetto a tutti i pareri tecnici contrari all’opera – non vi è traccia nei mandati di arresto caselliani. Tutto questo, del resto, è politica, non tecnica, e va tenuto lontano.

Il fatto – non solo questo fatto specifico dei No-Tav, ma del governo tecnico in generale – è che, come si è detto spesso, sbagliando, del fascismo italiano rispetto a quello tedesco, Berlusconi era meglio perché era meno serio. Monti è un rigoroso – anche perché apolitico – esecutore delle regole del sistema. Non per niente il Financial Times lo considera la colonna portante dell’Europa; e Obama lo vede tanto di buon occhio. Miseria, disoccupazione, infelicità crescente in tutti i livelli della società? Danni collaterali.

lunedì 23 gennaio 2012

Appello al Presidente del Consiglio sul progetto di linea ferroviaria Torino-Lione


Riporto qui volentieri un Appello al Presidente del Consiglio Mario Monti preparato da Sergio Ulgiati,  Ivan Cicconi,  Luca Mercalli e Marco Ponti, per chiedere un ripensamento sul progetto dell'alta velocità ferroviaria Lione-Torino.
L'appello è aperto a universitari e professionisti in grado di esprimere una propria competenza di tipo tecnico, energetico, ambientale ed economico e spingere verso una trasparente revisione critica circa l'utilità del progetto.    
Per firmare l'appello, si raggiunga questo sito, che ospita anche la relativa documentazione scientifica, nazionale e internazionale (cfr.: www.lalica.net/Appello_a_Monti). Ciascun sottoscrittore dovrà dichiarare accanto al suo nome la Professione e l'Istituzione di appartenenza. L'Appello sarà consegnato al Presidente del Consiglio in forma tuttora da decidere, nella speranza di poterlo recapitare di persona.


Appello per un ripensamento del progetto di nuova linea ferroviaria Torino–Lione al Presidente del Consiglio Mario Monti
Gennaio 2012



Al Presidente del Consiglio dei Ministri
On. Prof. Mario Monti
Palazzo Chigi
ROMA

Gennaio 2012

Oggetto: Appello per un ripensamento del progetto di nuova linea ferroviaria Torino – Lione, Progetto Prioritario TEN-T N° 6, sulla base di evidenze economiche, ambientali e sociali.


    Onorevole Presidente,

ci rivolgiamo a Lei e al Governo da Lei presieduto, nella convinzione di trovare un ascolto attento e privo di pregiudizi a quanto intendiamo esporLe sulla base della nostra esperienza e competenza professionale ed accademica. Il problema della nuova linea ferroviaria ad alta velocità/alta capacità Torino-Lione rappresenta per noi, ricercatori, docenti e professionisti, una questione di metodo e di merito sulla quale non è più possibile soprassedere, nell’interesse del Paese. Ciò è tanto più vero nella presente difficile congiuntura economica che il suo Governo è chiamato ad affrontare.

Sentiamo come nostro dovere riaffermare - e nel seguito di questa lettera, argomentare - che il progetto1 della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, inspiegabilmente definito “strategico”, non si giustifica dal punto di vista della domanda di trasporto merci e passeggeri, non presenta prospettive di convenienza economica né per il territorio attraversato né per i territori limitrofi né per il Paese, non garantisce in alcun modo il ritorno alle casse pubbliche degli ingenti capitali investiti (anche per la mancanza di un qualsivoglia piano finanziario), è passibile di generare ingenti danni ambientali diretti e indiretti, e infine è tale da generare un notevole impatto sociale sulle aree attraversate, sia per la prevista durata dei lavori, sia per il pesante stravolgimento della vita delle comunità locali e dei territori attraversati.

Diminuita domanda di trasporto merci e passeggeri

Nel decennio tra il 2000 e il 2009, prima della crisi, il traffico complessivo di merci dei tunnel autostradali del Fréjus e del Monte Bianco è crollato del 31%. Nel 2009 ha raggiunto il valore di 18 milioni di tonnellate di merci trasportate, come 22 anni prima. Nello stesso periodo si è dimezzato anche il traffico merci sulla ferrovia del Fréjus, anziché raddoppiare come ipotizzato nel 2000 nella Dichiarazione di Modane sottoscritta dai Governi italiano e francese. La nuova linea ferroviaria Torino-Lione, tra l’altro, non sarebbe nemmeno ad Alta Velocità per passeggeri perché, essendo quasi interamente in galleria, la velocità massima di esercizio sarà di 220 km/h, con tratti a 160 e 120 km/h, come risulta dalla VIA presentata dalle Ferrovie Italiane. Per effetto del transito di treni passeggeri e merci, l’effettiva capacità della nuova linea ferroviaria Torino-Lione sarebbe praticamente identica a quella della linea storica, attualmente sottoutilizzata nonostante il suo ammodernamento terminato un anno fa e per il quale sono stati investiti da Italia e Francia circa 400 milioni di euro.

Assenza di vantaggi economici per il Paese

Per quanto attiene gli aspetti finanziari, ci sembra particolarmente importante sottolineare l’assenza di un effettivo ritorno del capitale investito. In particolare:

1. Non sono noti piani finanziari di sorta

Sono emerse recentemente ipotesi di una realizzazione del progetto per fasi, che richiedono nuove analisi tecniche, economiche e progettuali. Inoltre l’assenza di un piano finanziario dell’opera, in un periodo di estrema scarsità di risorse pubbliche, rende ancora più incerto il quadro decisionale in cui si colloca, con gravi rischi di “stop and go”.

2. Il ritorno finanziario appare trascurabile, anche con scenari molto ottimistici.

Le analisi finanziarie preliminari sembrano coerenti con gli elevati costi e il modesto traffico, cioè il grado di copertura delle spese in conto capitale è probabilmente vicino a zero. Il risultato dell’analisi costi-benefici effettuata dai promotori, e molto contestata, colloca comunque l’opera tra i progetti marginali.

3. Ci sono opere con ritorni certamente più elevati: occorre valutare le priorità

Risolvere i fenomeni di congestione estrema del traffico nelle aree metropolitane così come riabilitare e conservare il sistema ferroviario "storico" sono alternative da affrontare con urgenza, ricche di potenzialità innovativa, economicamente, ambientalmente e socialmente redditizie. 

4. Il ruolo anticiclico di questo tipo di progetti sembra trascurabile.

Le grandi opere civili presentano un’elevatissima intensità di capitale, e tempi di realizzazione molto lunghi. Altre forme di spesa pubblica presenterebbero moltiplicatori molto più significativi.

5. Ci sono legittimi dubbi funzionali, e quindi economici, sul concetto di corridoio.

I corridoi europei sono tracciati semi-rettilinei, con forti significati simbolici, ma privi di supporti funzionali. Lungo tali corridoi vi possono essere tratte congestionate alternate a tratte con modesti traffici. Prevedere una continuità di investimenti per ragioni geometriche può dar luogo ad un uso molto inefficiente di risorse pubbliche, oggi drammaticamente scarse.
Bilancio energetico-ambientale nettamente negativo.

Esiste una vasta letteratura scientifica nazionale e internazionale, da cui si desume chiaramente che i costi energetici e il relativo contributo all’effetto serra da parte dell’alta velocità sono enormemente acuiti dal consumo per la costruzione e l’operatività delle infrastrutture (binari, viadotti, gallerie) nonché dai più elevati consumi elettrici per l’operatività dei treni, non adeguatamente compensati da flussi di traffico sottratti ad altre modalità. Non è pertanto in alcun modo ipotizzabile un minor contributo all’effetto serra, neanche rispetto al traffico autostradale di merci e passeggeri. Le affermazioni in tal senso sono basate sui soli consumi operativi (trascurando le infrastrutture) e su assunzioni di traffico crescente (prive di fondamento, a parte alcune tratte e orari di particolare importanza).

Risorse sottratte al benessere del Paese

Molto spesso in passato è stato sostenuto che alcuni grandi progetti tecnologici erano altamente remunerativi e assolutamente sicuri; la realtà ha purtroppo dimostrato il contrario. Gli investimenti per grandi opere non giustificate da una effettiva domanda, lungi dal creare occupazione e crescita, sottraggono capitali e risorse all’innovazione tecnologica, alla competitività delle piccole e medie imprese che sostengono il tessuto economico nazionale, alla creazione di nuove opportunità lavorative e alla diminuzione del carico fiscale. La nuova linea ferroviaria Torino-Lione, con un costo totale del tunnel transfrontaliero di base e tratte nazionali, previsto intorno ai 20 miliardi di euro (e una prevedibile lievitazione fino a 30 miliardi e forse anche di più, per l’inevitabile adeguamento dei prezzi già avvenuto negli altri tratti di Alta Velocità realizzati), penalizzerebbe l’economia italiana con un contributo al debito pubblico dello stesso ordine all’entità della stessa manovra economica che il Suo Governo ha messo in atto per fronteggiare la grave crisi economica e finanziaria che il Paese attraversa. è legittimo domandarsi come e a quali condizioni potranno essere reperite le ingenti risorse necessarie a questa faraonica opera, e quale sarà il ruolo del capitale pubblico. Alcune stime fanno pensare che grandi opere come TAV e ponte sullo stretto di Messina in realtà nascondano ingenti rischi per il rapporto debito/PIL del nostro Paese, costituendo sacche di debito nascosto, la cui copertura viene attribuita a capitale privato, di fatto garantito dall’intervento pubblico.

Sostenibilità e democrazia

La sostenibilità dell’economia e della vita sociale non si limita unicamente al patrimonio naturale che diamo in eredità alle generazioni future, ma coinvolge anche le conquiste economiche e le istituzioni sociali, l’espressione democratica della volontà dei cittadini e la risoluzione pacifica dei conflitti. In questo senso, l’applicazione di misure di sorveglianza di tipo militare dei cantieri della nuova linea ferroviaria Torino-Lione ci sembra un’anomalia che Le chiediamo vivamente di rimuovere al più presto, anche per dimostrare all’Unione Europea la capacità dell’Italia di instaurare un vero dialogo con i cittadini, basato su valutazioni trasparenti e documentabili, così come previsto dalla Convezione di Århus2.

Per queste ragioni, Le chiediamo rispettosamente di rimettere in discussione in modo trasparente ed oggettivo le necessità dell’opera.

Non ci sembra privo di fondamento affermare che l’attuale congiuntura economica e finanziaria giustifichi ampiamente un eventuale ripensamento e consentirebbe al Paese di uscire con dignità da un progetto inutile, costoso e non privo di importanti conseguenze ambientali, anche per evitare di iniziare a realizzare un’opera che potrebbe essere completata solo assorbendo ingenti risorse da altri settori prioritari per la vita del Paese.

Con viva cordialità e rispettosa attesa,

Sergio Ulgiati, Università Parthenope, Napoli

Ivan Cicconi, Esperto di infrastrutture e appalti pubblici

Luca Mercalli, Società Meteorologica Italiana

Marco Ponti, Politecnico di Milano



Riferimenti bibliografici: cfr. http://www.lalica.net/Appello_a_Monti


Note

1 L'accordo del 2001 tra Italia e Francia, ratificato con Legge 27 settembre 2002, n. 228, prevede all'art. 1 che "I Governi italiano e francese si impegnano (…) a costruire (…) le opere (…) necessarie alla realizzazione di un nuovo collegamento ferroviario merci-viaggiatori tra Torino e Lione la cui entrata in servizio dovrebbe avere luogo alla data di saturazione delle opere esistenti." Non ostante la prudenza contenuta in questo articolo, i Governi italiani succedutisi hanno fatto a gara per dimostrare che la data di saturazione della linea storica era dietro l'angolo. I fatti hanno dimostrato il contrario, ma – inspiegabilmente - non vi sono segnali di ripensamento da parte dei decisori politici.

domenica 22 gennaio 2012

Tecnici, sinistra, democrazia

"I tecnici uccidono la democrazia e gli ex comunisti li benedicono"
Il filosofo Gianni Vattimo: «Perché mai il Pd è diventato così reazionario da accettare Monti & C?»
 Il Secolo d'Italia, 21 gennaio 2012
di Federico Callegaro

Se provassimo a domandare a qualcuno «chi governa oggi l'Italia?», con molte probabilità ci sentiremmo rispondere "i tecnici" ma questo termine, che oramai pare essere diventato familiare a tutti, nasconde in realtà un modo tutto particolare di essere intesi e di intendere lo Stato, un modo decisamente diverso da quello che siamo abituati a conoscere. Chi siano quindi questi tecnici e cosa possa rappresentare la loro comparsa nel nostro orizzonte politico è ciò che abbiamo voluto chiedere al padre del "pensiero debole", il filosofo e l'eurodeputato dell'Italia dei valori Gianni Vattimo.

L'occidente è stato investito da una gigantesca crisi finanziaria ma la finanza, anziché ridimensionare il suo potere, ha iniziato a esercitare un ruolo ancora più centrale e diretto. Che idea ha di ciò che sta accadendo? 

È finita un'epoca di dominio imperialistico tradizionale e si è stabilito una sorta di governo mondiale di tipo tecnico in cui non si capisce bene chi sia a comandare. Un tempo si poteva dire "sparate sui padroni" ma ora come li si individua? Questa è una forma di realizzazione della neutralizzazione di cui parlava Carl Schmitt. Non c'è uno che sia amico o nemico ma c'è un sistema che si autoregola a seconda di norme che sono quelle dei bilanci. Ho anche l'impressione che ci si trovi in una situazione che sfugge al controllo democratico. È vero che i capi carismatici e i politici possano far ridere ma almeno con loro si sa con chi prendersela, invece adesso ci troviamo di fronte ad un'entità e la cosa ci riguarda come cittadini perché ci sfugge sempre di più la possibilità di determinare un controllo.
Nel novero di queste "entità" può rientrare anche l'Unione europea? 

L'Europa è una di questi enti astratti che approva o non approva il nostro bilancio e si noti che c'è pure il sospetto che dietro di lei si nascondano solo alcune potenze più potenti di altre come Francia o Germania. La tendenza globale, che riguarda anche tutti questi organi, va verso l'idea di tecnicizzare sempre di più i meccanismi in modo che non si debba valutare contro chi o in favore di chi ma semplicemente si badi al funzionamento dei meccanismi stessi. Personalmente come cittadino ma anche come filosofo sono turbato perché mi sembra di vedere ciò che Heidegger aveva descritto come Gestell, come tutto l'insieme del funzionamento in cui non si capisce chi fa funzionare cosa e soprattutto perché.
Se il tecnico è soltanto il meccanico del sistema c'è possibilità che riesca a dialogare con le parti sociali? 

Il tecnico nasce proprio per sottrarsi al dialogo. L'idea dei tecnici è questa: togliamo il peso delle logiche elettorali dal funzionamento perché con esse non si riesce a fare un ragionamento a lunga scadenza. Se in passato la figura del tecnico compariva solo nei periodi di emergenza, adesso sta diventando un qualcosa di accettato con normalità.
Nonostante quanto detto, sembrerebbe che i cittadini percepiscano i tecnici come un male minore. Come mai?

 Basti pensare a cosa è stato detto durante tutta questa crisi: se le banche falliscono anche tutti i nostri risparmi vanno persi, non si riusciranno più a pagare gli stipendi e via dicendo. In questo modo siamo stati tutti coinvolti nel funzionamento del meccanismo, che è tanto più potente quanto più è integrato. Siamo tutti sulla stessa barca e diventa difficile ribellarsi.
E il ruolo dei partiti in tutto ciò?

 Perché i partiti sono diventati così remissivi nei confronti dei tecnici? Perché il Pd non fa opposizione e sostanzialmente non chiede nemmeno nuove elezioni? Perché mai gente che ha militato nel Pci è diventata così reazionaria da accettare certe logiche? Secondo me perché non sono manipolatori dell'opinione pubblica ma sono anche loro manipolati. Credo che si sia tutti vittime del terrorismo mondiale. Non quello bombarolo ma quello mediatico...
Non c'è rischio di uno scoramento progressivo dei cittadini nei confronti della democrazia? 

Certo, questo è un naturale portato di una situazione del genere. Ma mi chiedo, la democrazia è un regime eterno? Io ci credo sempre di meno. D'altronde una democrazia in cui se non hai mezzo miliardo non riesci a farti eleggere, che democrazia è?
Se le maglie del sistema sono così strette e chi lo guida è sordo per definizione, cosa resta da fare ai cittadini? 

"Che fare?", diceva Lenin. Io ho l'impressione che convenga fare gesti vitali di piccole resistenze marginali. Questo perché la stessa idea di un sistema universale di trasformazione, una rivoluzione mondiale, non viene in mente a nessuno. Oggi non siamo nelle condizioni del proletariato di Marx che non aveva nulla da perdere. Coltivo l'illusione No Tav, una forma di anarchismo diffuso che non cambia il sistema ma che lo umanizza rendendolo lottabile. Si tratta di ritrovare uno spirito esistenzialistico che ci può rendere autentici in questo mondo e che non ci faccia vivere come delle pietre. D'altronde sollevare vuole dire anche sollevarsi.
Qual è il compito di un intellettuale in un mondo di tecnici?

 Sono convinto che come intellettuale debba predicare il conflitto in tutti i momenti possibili, alla faccia della pace ma d'altronde "la pace è la tranquillità dell'ordine". Poi, forse per l'età, non riesco a vedere un futuro ma solo un dovere a breve scadenza, quello di configgere e stimolare il conflitto. Questo lo si deve fare per respirare.