Il successo afghano e la patria italiana
Vogliamo provare, e non per gioco, a metter insieme due pagine della Stampa del 21 agosto: intendo le prime, che riportano i tanti commenti positivi, e spesso entusiasti, sullo svolgimento delle elezioni in Afganistan, dove anche con il contributo delle truppe italiane sotto le bandiere della Nato e agli ordini degli Usa, sembra che sia fallito lo sforzo dei talebani di spaventare gli elettori facendo mancare il quorum perché la consultazione possa considerasi valida; e poi la pagina con l’articolo di Guido Ceronetti sul suo provare una sorta di dolore d’Italia, paese a cui sente di appartenere ma con tante riserve che concernono il significato stesso della parola “patria italiana”. Chi e che cosa è l’Italia che è la nostra patria? E giù l’elenco (da Pagine gialle, dice Ceronetti), di tutti quei poteri, ognuno parziale ma sicuramente determinante, che compongono oggi quel che chiamiamo Italia… Ebbene: davanti all’entusiasmo per la riuscita delle elezioni afghane molti di noi provano sentimenti molto simili a quelli di Ceronetti nei confronti della patria italiana. Qui all’Italia si affianca il “mondo libero” di cui, per esser contenti della “vittoria” afghana, dovremmo sentirci cittadini. Siamo italiani, siamo (e l’elenco di Ceronetti lo dice eloquentemente) cittadini di quell’Occidente che cerca di instaurare la democrazia in paesi come Afghanistan, Iraq, e dintorni… Ma l’entusiasmo per il “successo” (lo chiama così Karzai, e anche Berlusconi) di Kabul è in noi così tiepido da sembrare assolutamente nullo. I nostri concittadini e governanti che ci vorrebbero impegnati a ogni costo nella guerra al terrorismo (secondo Frattini noi combattiamo in Afghanistan anche per difenderci QUI dal terrorismo islamico) giudicano la nostra tiepidezza come disfattismo, mancanza di coraggio, insufficiente patriottismo… Ma peccavano di questa tiepidezza anche gli articoli di Barbara Spinelli usciti sulla Stampa nei giorni scorsi, che sono un riferimento indispensabile per il confronto che proponiamo.
Insomma se cerchiamo di riflettere (auto)criticamente sulla reazione spontanea che ci suscitano le notizie sul “successo” delle elezioni afgane, lo stato d’animo che riconosciamo in noi è lo stesso descritto da Ceronetti; e motivato dalle riflessioni che, anche citando un “irregolare” come Slavoj Zizek, Barbara Spinelli ha formulato nei suoi due articoli recenti. Dovremmo sentirci colpevoli di mancanza di occidentalismo? Ma la democrazia che si dice di voler far nascere in Afghanistan non è quella in cui crediamo sempre meno qui da noi, che agonizza (siamo ottimisti) tra corruzione amministrativa, criminalità organizzata, incapacità di far valere anche i minimi requisiti della Costituzione (penso soprattutto alla funzione rieducativa della giustizia penale )? Certo, se le elezioni afghane sono state possibili senza troppi morti (ma quanto sarebbe il numero “normale”?) non possiamo che rallegrarcene. Ma solo perché finora si è evitato il peggio; e cioè perché può continuare quel male – la guerra, l’occupazione, la corruzione, il narcotraffico protetto anche dai “liberatori” – a cui ci siamo ormai troppo abituati.
Vorremmo trovare sui giornali più espressioni di questa consapevolezza che non le tante affermazioni entusiastiche che abbiamo letto in questi giorni. Papi, “papi” (nel senso minuscolo), presidenti, autorità varie, ci richiamano sempre più spesso all’impegno anzitutto morale per evitare lo sfascio della nostra società. Tra i primi imperativi morali c’è sicuramente quello del non mentire. Ma non è menzogna ufficialmente consacrata quella che si esprime da ultimo nei commenti alle elezioni afghane? Per fortuna sta venendo meno anche nel linguaggio ufficiale, sempre il più resistente alle esigenze di sincerità, l’idea della “missione di pace” in cui saremmo impegnati in Afghanistan. E’ una guerra, ormai lo dobbiamo riconoscere. Può darsi che nello spirito patriottico che Ceronetti rimpiange giustamente di non poter provare sia compresa anche la “carità di patria” – quella che tante volte ci è stata richiesta per coprire le troppe magagne in mezzo alle quali cerchiamo di sopravvivere. Ma non avrà ragione il Papa quando ci ammonisce che senza la verità la carità non può esserci? E se non per carità, almeno solo per favore, smettetela di somministrarci tutte queste bugie.
1 commento:
Complimenti, Professore e Onorevole,per l'opposizione alla guerra in Afganistan.
Lei punta il dito giustamente sull' aspetto più impressionante:la mancanza di logica.
La guerra fu fatta "per catturare Bin Laden" (poiché l' Emiro Omar si rifiutava di consegnarlo).Ma oramai nessuno sa nemmeno se Bin Laden sia vivo, e, in otto anni, non sembra siano stati fatti seri sforzi per catturarlo.
Invece, si è suscitato in tutto il paese un moto insurrezionale generalizzato e sempre più potente.
Si dice che la guerra serve a prevenire il terrorismo in Occidente. Ma è proprio durante la guerra che avrebbero senso degli attentati, come rappresaglia, e invece non ci sono.Perchè mai dovrebbero essercene se la guerra non ci fosse?
La verità che tutti sanno è che siamo in Afganistan solo per non indispettire gli Americani, come hanno detto candidamente sia D'Alema che Berlusconi.I quali Americani, per altro, se ne andrebbero volentieri se solo non temessero di perdere la faccia come "leader dell' Occidente".
D'altronde, anche secondo i sondaggi, la maggioranza degli Europei è contraria a questa guerra.
Ma, se è così facile dimostrare queste cose, perchè non sono i parlamentari europei (che sono pagati per questo), a porsi alla testa di un movimento di opinione (che sarebbe maggioritario), per finire in fretta questa guerra?
Lo sappiamo che il Parlamento Europeo ha poco potere, ma parlo dei parlamentari come persone singole, che potrebbero organizzare convegni, dimostrazioni, eccetera, oltre che, ovviamente, votare mozioni al Parlamento europeo.
Sembrerebbe un gatto che si morde la coda.
Perchè non facciamo qualcosa per spezzare questo circolo vizioso?
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