martedì 27 settembre 2011

Rovelli, conoscenza e certezza

Ebbene sì, la terra è rotonda
Perché non tutte le teorie sono equivalenti

Carlo Rovelli, La Repubblica, 27 settembre 2011

Il Zhou Bi Suan Jing (il "Classico dell'Aritmetica") è uno dei più antichi testi di matematica cinesi, completato intorno al III secolo a. C. Il libro discute, tra l'altro, della variazione dell'altezza del sole andando verso sud (a Palermo il sole è più alto nel cielo che a Milano). Basandosi sull'idea che la Terra sia piatta, lo Zhou Bi Suan Jing calcola che il Sole sia a circa 10.000 "li" sopra alla nostra testa: poche migliaia di chilometri. Più o meno nello stesso periodo, in Egitto, il direttore della Biblioteca di Alessandria, Eratostene, utilizza la stessa misura, ma si basa sull'idea che la Terra sia una sfera, e conclude che il Sole è lontanissimo e il perimetro del nostro pianeta è 252.000 "stadi", cioè 40.000 chilometri: la dimensione della Terra riportata oggi negli atlanti. Il contesto culturale della Cina della dinastia Han è molto diverso da quello del Mediterraneo Ellenistico, e culture diverse danno interpretazioni diverse della stessa osservazione. L'occidente continuerà a immaginare la Terra come una sfera (pensate a Dante), e il Sole molto lontano e grande; mentre la Cina continuerà a pensare che il Sole sia una pallina, e la Terra sia piatta.

Eratostene e lo Zhou Bi Suan Jing hanno egualmente ragione, ciascuno all'interno del proprio contesto culturale? Oppure Eratostene è più vicino alla realtà? Per usare la bellissima domanda con cui Gianni Vattimo chiude il suo dialogo con Maurizio Ferraris su Repubblica: dando ragione ad Eratostene, «credi davvero di parlare from nowhere?», di accedere alla realtà, parlando da un luogo fuori da ogni contesto culturale? Se diciamo che Eratostene ha ragione, non stiamo forse esprimendo nient'altro che assunzioni arbitrarie del nostro contesto culturale? Vattimo e Ferraris ripropongono, in versione un po' italiana, una vasta questione che ha interessato la filosofia europea ed americana, la cui eco era giunta al pubblico italiano nel "dibattito fra Analitici e Continentali" lanciato diversi anni fa da Armando Massarenti. È difendibile il realismo, messo in discussione da Vattimo e difeso da Ferraris, cioè la tesi che cose e proprietà esistano indipendentemente dalle convinzioni, dagli schemi concettuali, o dal contesto culturale?

Torniamo in Cina. Verso la fine del 1500 arrivano in Cina i gesuiti, guidati da Matteo Ricci, colto astronomo. Quando i gesuiti vengono a conoscenza delle idee dell'Istituto Imperiale di Astronomia, sorridono. Quando i Cinesi ascoltano dai gesuiti le idee astronomiche occidentali, in brevissimo tempo rinunciano al proprio punto di vista, e adottano la prospettiva occidentale. Si badi, erano tempi politicamente non sospetti: l'esercito del Celeste Impero avrebbe spazzato via facilmente qualunque armata europea. Non è certo stata la forza politica a convincere i Cinesi che l'"interpretazione" occidentale fosse migliore. Cos'è stato?

L'osservazione che i valori del vero e del falso sono intimamente influenzati dal contesto culturale è profonda ed intelligente. Parliamo dall'interno di sistemi di credenze, più o meno coerenti. Ma da questo non segue che non si possano mettere a confronto idee diverse, confrontarle, scegliere fra queste e imparare qualcosa "sulla realtà". Soprattutto non segue che la scelta sia solo questione di rapporti di potere o fattori irrazionali. La scelta può essere, anzi, il più delle volte effettivamente è determinata da un serio uso della ragione critica, che ci aiuta a vedere quale fra due alternative sia migliore: più coerente, più efficace e più confortata dai fatti.

Il motivo è che i nostri sistemi di pensiero non sono chiusi in sé stessi. Sono strutturalmente rivolti all'esterno e in continuo dialogo e scambio. Il nostro pensiero è pensiero sulla realtà, ed è in relazione costante sia con fatti inaspettati, con "la realtà, dura e irriducibile, che ci fa cambiare idea", sia con idee diverse. In questo confronto cresce, si modifica, e apprende. Il dialogo, se è sereno, può arrivare a mostrare chi ha ragione e chi ha torto. L'intera storia della scienza, antica e moderna, è una lunga dimostrazione dell'efficacia della ragione: i dibattiti sono feroci, ma prima o poi si arriva a comprendere chi ha ragione e chi ha torto. La Terra è rotonda, non è piatta.

Ragione e torto dal punto di vista di chi? Dal punto di vista from nowhere? No, dal punto di vista degli stessi dialoganti. Il confronto con opinioni diverse e con i fatti esterni conforta una posizione e ne indebolisce un'altra, per quanto la «realtà dei fatti» sia filtrata dalle interpretazioni. Per quanto si voglia interpretare la Terra come piatta, arriva comunque il giorno in cui fare i conti con la nave di Ferdinando Magellano, partita verso occidente e tornata da oriente. Impariamo qualcosa sulla realtà.

L'Italia, ha una difficoltà particolare ad accettare l'idea che si possa dialogare serenamente, cambiare idea ascoltando altri, e arrivare a trovare insieme una convinzione più fondata o una soluzione migliore. Manchiamo di una tradizione di democrazia, dove questo modo di mettersi a confronto abbia avuto tempo di affinarsi. Siamo abituati a lasciar decidere dominatori stranieri, principi, vescovi, o capi carismatici, invece che cercare soluzioni ragionevoli discutendo. Ci facciamo forti di alleanze e reti di amici, piuttosto che di argomenti convincenti. Siamo l'unico paese del mondo in cui nei dibattiti televisivi si toglie la parola all'altro; in ogni altro paese, chi interrompe è giudicato poco credibile dal pubblico: vuol dire che non ha buoni argomenti. Condividiamo con l'Iran il dubbio primato di essere i paesi che si fanno più influenzare da una potente casta sacerdotale. Io ho simpatia per il ribellismo irriducibile di Gianni Vattimo e la sua voglia di cambiamento. Ma dalla democrazia di Atene alla rivoluzione francese, un'arma di cui l'umanità dispone per difendersi dalla concentrazione del potere, come dalla dittatura mediatica, è la ragione.

Credo che l'equivoco di fondo sia confondere conoscenza e certezza. L'umanità vorrebbe un'àncora alla quale aggrappare certezze. Per il pensiero antico poteva essere la fiducia in negli dèi, un Sacro Testo, gli Ayatollah, o il Santo Padre. All'inizio del mondo moderno i limiti della Tradizione diventano palesi e la certezza è cercata nell'esperienza o nella ragione astratta. Nel XIX secolo sembra che la Scienza possa fornire risposte certe, prima di scoprire che perfino le efficacissime teorie di Newton sono poi messe in dubbio da Einstein. Abbiamo imparato che non esistono garanzie su cui fondare certezze. Ma questo non toglie che possiamo riconoscere le soluzioni più ragionevoli e il sapere più credibile. Possiamo ragionevolmente conoscere la realtà indipendente da noi. L'irriducibilità dell'esperienza e l'accordo a cui arriviamo sono le nostre garanzie, imperfette ma sufficienti, che stiamo parlando di una realtà indipendente da noi. Tra chi predica che la Verità è Unica, Assoluta (e lui ne è depositario), e chi sostiene che non c'è criterio generale per scegliere fra le opinioni, esiste una terza strada: quella della discussione e della ragione.

La Cina di oggi sta lentamente avviandosi a tornare quella che è stata per la maggior parte dei cinquanta secoli di civiltà umana: la più grande potenza del pianeta. Non sappiamo se ci riuscirà, né che idee porterà. Ma certo tra queste non ci sarà l'idea che il sole sia a 10.000 "li" e la Terra sia piatta. Perché? Semplicemente perché nonostante le differenze iniziali, grazie al dialogo e al confronto sereno fra interpretazioni diverse, abbiamo trovato ottime ragioni per credere che la Terra sia "realmente" rotonda.

1 commento:

Anonimo ha detto...

"E se la Terra non fosse più rotonda? Scommettiamo?" Dialogo su Facebook tra Carlo Rovelli e i suoi "amici"

http://www.facebook.com/notes/giovanni-schiava/la-verita-tra-scienza-relativismo-e-dio-il-mio-dialogo-su-facebook-con-lo-scienz/304868692865390

Giovanni Schava