martedì 5 luglio 2011

Ma cosa è successo a Di Pietro?

Ma cosa è successo a Di Pietro?
Chiacchiera con Silvio, esalta la vecchia Dc, fa polemiche con Nichi Vendola e guarda verso il Terzo polo. Una 'svolta moderata' che ha stupito tutti, anche nel suo partito. Tattica o strategia? E funzionerà o no?


L'Espresso, 3 luglio 2011. Susanna Turco

Se non fosse un ciclone, non si chiamerebbe Antonio Di Pietro. Animale da palcoscenico oltreché da transatlantico, cuore contadino e anima mediatica, bravo quanto Berlusconi a sembrare un non professionista della politica pur essendolo, capace di inscenare una svolta e negarla nello stesso tempo, ciclone si conferma anche adesso che gioca (pare) la carta del profilo moderato o, come dice lui, di "proposta". Basta piazza, andiamo oltre l'antiberlusconismo, proclama oggi l'uomo che più di tutti ha incarnato il "No B.": dall'Idv, all'Idv2, per gli appassionati della numerazione progressiva.

Un riposizionamento che ha fatto insorgere la "base" sul Web, l'ala "sinistra" del partito, e anche gli "amici" del popolo viola: "Non abbiamo forse detto per due anni che il nostro paese vive un'anomalia democratica? Che la protesta ha un valore costituente? Cosa è cambiato? Berlusconi è ancora lì. Quale oscuro vantaggio tattico dovrebbe spingerci ad abbassare la guardia?", gli hanno scritto spiazzati in una lettera aperta. L'altolà più forte è arrivato dall'uomo che ormai contende a Di Pietro il primato carismatico nel partito, Luigi De Magistris: "Cercare la svolta centrista è un errore", ha tuonato il neo sindaco di Napoli, tra un'emergenza rifiuti e l'altra, "non è ciò che vogliono i nostri sostenitori". Da Strasburgo Gianni Vattimo si dice perplesso: "Sono d'accordo con Luigi, non vorrei che si perdesse troppo il legame con la gente arrabbiata". Da Roma Francesco Barbato, deputato ma senza tessera, con soavità spara la parola magica. Congresso. "Ci sarà pure l'Idv2 per Di Pietro. Per me non è cambiato nulla", spiega: "E se fosse vero quel che leggo, se si vuol modificare il posizionamento del partito, serve un congresso straordinario e io lo chiederò ".

Vera o presunta che sia, improvvisa o invece da tempo meditata, la più recente pennellata del leader Idv ha spazzato in pochi giorni l'immagine del "compagno Tonino", tutto megafono e movimenti, lungamente coltivata. Prima la chiacchierata con Berlusconi nell'aula di Montecitorio, poi, soprattutto, una serie di suggestioni che hanno trovato il loro trionfo in un'intervista al "Corriere della Sera", tutta suonata al ritmo di "Berlusconi è una persona sola", "se fa le riforme vere lo sosterrò", "attaccarlo non basta più", accompagnata con il basso continuo del "io vengo dai cattolici, dai moderati", "ho studiato in seminario", "non sono un uomo di sinistra".

Per dimostrarlo, Di Pietro ha persino giocato la carta della famiglia, come prima di lui usavano fare Ciriaco De Mita e Clemente Mastella: "Mio padre aveva la tessera della Dc. La Libertàs, la chiamava". Parole in libertà? Tutt'altro. Se è vero che il leader Idv si prodiga in "rassicurazioni", spiegando "che continueremo a chiedere le dimissioni del premier", quel che emerge parlando con gli esponenti più in vista del partito è un vero e proprio mutamento di prospettiva. "Per noi la primavera del 2011 segna il D-day, una svolta politica che è avvenuta nel Paese: inizia una nuova fase, e quindi anche un altro ruolo per noi", spiega il portavoce del partito Leoluca Orlando. Ma guai a parlare di svolta centrista, perché "l'Idv non è né di centro, né di destra. Epperò nemmeno di sinistra, e forse De Magistris ha frainteso questo".

Tutti hanno cura di articolare, del resto, il "post-ideologismo" dell'Idv ("In Europa non a caso siamo nel gruppo dei liberaldemocratici", è il refrain), così come l'assenza di qualsiasi tentazione Terzopolista. "La nostra permanenza nel centrosinistra non si discute, non tireremo fuori il coniglio dal cilindro", assicura il capogruppo al Senato Felice Belisario, "siamo stati radicali quando serviva, ma a questo punto dobbiamo costruire un'alternativa di governo: dunque argomentare, non urlare". Un passaggio che, puntualizza il presidente dei deputati Idv, Massimo Donadi, non nasce oggi: "Un anno fa il nostro congresso si intitolava "Dalla protesta alla proposta". Si teorizzò una svolta che allora era prematura e che oggi stiamo avviando. Chi si finge stupito o deluso - penso per esempio a Pancho Pardi - farebbe meglio ad avere più memoria, e lealtà". Pronta la replica del senatore dell'Idv che fu tra gli animatori dei girotondi: "La svolta di Di Pietro non mi convince, mi sembra più tattica che strategica: provare a pescare tra i moderati delusi può anche andare bene se funziona, ma alla lunga ci porta verso un orizzonte che non è il nostro. E' vero che Sel ci sottrae una parte del nostro elettorato, ma non è nemmeno una tragedia: il nostro bacino futuro è tra gli astensionisti, che sono tanti, e hanno bisogno di una radicalità costituzionale che possiamo interpretare meglio di altri".

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