Di Pietro e la svolta centrista? L'Idv nega, siamo quelli di sempre
Ma Pardi e Vattimo: "Sbagliato cercare il voto moderato"
Wanda Marra - 28 giugno 2011 Il Fatto Quotidiano
“Che Di Pietro ce la mandi buona”. La battuta è del filosofo Gianni Vattimo, filosofo ed eurodeputato dell’Italia dei Valori. “Svolta centrista? Non sono sicuro che ci sia, non ho avuto modo di parlare con Di Pietro. Però, se così fosse, penso che sarebbe un errore: non è lì che vanno cercati i voti, ma piuttosto nell’elettorato di Vendola o tra i simpatizzanti di Grillo”. In realtà almeno nei vertici dell’Italia dei valori sono in pochi a pensarla così. O almeno a prendere una posizione così netta rispetto alle ultime mosse del loro leader, per il quale, tra gli attacchi a Vendola e a Bersani, l’insistenza su un programma per l’“alternativa” e la disponibilità a collaborare pure con Berlusconi per le riforme, si è parlato di riposizionamento moderato. “Nessuna svolta centrista. Vogliamo essere un soggetto politico generalista che si rivolge potenzialmente a tutto l'elettorato”, spiega Massimo Donadi, capogruppo del partito alla Camera. Eppure Luigi De Magistris, sindaco di Napoli, nonché esponente di spicco del partito, in un’intervista a Repubblica tale svolta l’ha non solo fotografata, ma pure criticata: “Credo che Antonio stia tentando una svolta centrista. Secondo me non ha senso, perché il centro è già fin troppo ingolfato. E soprattutto non è la nostra tradizione”. Perché “non possiamo di punto in bianco trasformarci da ala sinistra ad ala destra del centrosinistra. La nostra forza è la vicinanza ai movimenti. Dobbiamo avere un rapporto privilegiato con Sel e con quella parte del Pd che produce riflessioni in sintonia con le nostre”. Dice Donadi: “Le parole di De Magistris le condivido in toto: nemmeno io voglio una svolta centrista per trovarmi fianco a fianco con Casini”. I dirigenti del partito di Tonino, sfumatura più, sfumatura meno, stanno con il loro leader, dunque. A prescindere da storie politiche e provenienze composite. Spiega Felice Belisario, capogruppo in Senato, cresciuto nelle file della Dc: “Il berlusconismo è sul viale del tramonto. Quindi dobbiamo andare oltre l’antiberlusconismo, e costruire il programma e il progetto dell’Idv 2”. Il berlusconismo è in fase calante, ma Berlusconi è ancora il presidente del Consiglio. “Noi continueremo a fare opposizione dura. Non è vero che abbiamo una posizione più morbida nei confronti del centrosinistra”. Nessun cambiamento politico anche secondo il senatore Stefano Pedica (un passato nella Dc e poi nell’Udeur): “Stiamo continuando a fare manifestazioni tra la gente, non vedo cosa sia cambiato”. Difficile collocare il partito tra centrodestra e centrosinistra, spiega il deputato Leoluca Orlando (pure lui provenienza Dc): “Non sono di destra: sono contro il reato di immigrazione clandestina e contro i bombardamenti; sono per dare risposta di diritti a disoccupati e precari; sono per una lotta serrata alla evasione. Non sono di sinistra: sono per le regole del libero mercato e contro i conflitti di interessi. Non sono di centro: sono convinto dell’importanza del pluralismo culturale e religioso”. L’Idv 2 (ovvero quella del “nuovo corso” del partito che ieri Di Pietro ha ribadito), spiegano, va incontro al fatto che i 27 milioni di elettori che hanno votato ai referendum non sono tutti di sinistra. Così come non sono della sinistra radicale tutti gli elettori di Pisapia e De Magistris. Qualcuno fa notare che il sondaggio sulle intenzioni di voto realizzato da Demos e pubblicato ieri da Repubblica dà in netta risalita il partito (sarebbe al 7,8 per cento rispetto al 5,9 per cento delle intenzioni di febbraio e al circa 4 per cento complessivo delle ultime amministrative). Eppure nella “base” c’è persino stata una raccolta di firme contro il nuovo Di Pietro. “Erano 200 persone”, taglia corto pure uno come Maurizio Zipponi, che è stato segretario della Fiom. E il senatore Luigi Li Gotti, avvocato, un passato politico tutto a destra (in An c’è stato 30 anni) ribadisce che “non è cambiato niente”. Perché “noi abbiamo sempre fatto un’opposizione dura, ma contemporaneamente delle proposte in Parlamento. È giusto dire che non siamo pregiudizialmente contrari a tutto”. Eppure lo stesso Li Gotti in un intervento all’esecutivo del 6 giugno aveva sottolineato come il partito sia lacerato da risse e lotte intestine. “Io mi riferivo alle divisioni a livello locale, che ci sono e sono gravi, ma non a un problema di strategia politica”. Anche Fabio Evangelisti, che invece arriva dal Pci sostiene che il riposizionamento di Di Pietro “è più una ricostruzione che un fatto”. De Magistris? “È stato più responsabile di Tonino che comunque qualche sparata, tipo quella contro Bersani, l’ha fatta”. Insomma, sulla linea di Vattimo sono pochi. Come Pancho Pardi, senatore, ex leader dei Girotondi, che chiede una “sede di discussione generale”. E avverte: “Non ha senso cercare di catturare il voto moderato. Ci sono fin troppi pretendenti. Dobbiamo cercare di convincere gli astensionismi. Con un radicalismo costituzionale”. E un radicalismo tout court è quello che vuole l’europarlamentare Sonia Alfano, che viene dai grillini: “A me pure la definizione di centrosinistra sembra troppo estesa. Di Pietro mi ha rassicurato. Vedremo”.
Ma Pardi e Vattimo: "Sbagliato cercare il voto moderato"
Wanda Marra - 28 giugno 2011 Il Fatto Quotidiano
“Che Di Pietro ce la mandi buona”. La battuta è del filosofo Gianni Vattimo, filosofo ed eurodeputato dell’Italia dei Valori. “Svolta centrista? Non sono sicuro che ci sia, non ho avuto modo di parlare con Di Pietro. Però, se così fosse, penso che sarebbe un errore: non è lì che vanno cercati i voti, ma piuttosto nell’elettorato di Vendola o tra i simpatizzanti di Grillo”. In realtà almeno nei vertici dell’Italia dei valori sono in pochi a pensarla così. O almeno a prendere una posizione così netta rispetto alle ultime mosse del loro leader, per il quale, tra gli attacchi a Vendola e a Bersani, l’insistenza su un programma per l’“alternativa” e la disponibilità a collaborare pure con Berlusconi per le riforme, si è parlato di riposizionamento moderato. “Nessuna svolta centrista. Vogliamo essere un soggetto politico generalista che si rivolge potenzialmente a tutto l'elettorato”, spiega Massimo Donadi, capogruppo del partito alla Camera. Eppure Luigi De Magistris, sindaco di Napoli, nonché esponente di spicco del partito, in un’intervista a Repubblica tale svolta l’ha non solo fotografata, ma pure criticata: “Credo che Antonio stia tentando una svolta centrista. Secondo me non ha senso, perché il centro è già fin troppo ingolfato. E soprattutto non è la nostra tradizione”. Perché “non possiamo di punto in bianco trasformarci da ala sinistra ad ala destra del centrosinistra. La nostra forza è la vicinanza ai movimenti. Dobbiamo avere un rapporto privilegiato con Sel e con quella parte del Pd che produce riflessioni in sintonia con le nostre”. Dice Donadi: “Le parole di De Magistris le condivido in toto: nemmeno io voglio una svolta centrista per trovarmi fianco a fianco con Casini”. I dirigenti del partito di Tonino, sfumatura più, sfumatura meno, stanno con il loro leader, dunque. A prescindere da storie politiche e provenienze composite. Spiega Felice Belisario, capogruppo in Senato, cresciuto nelle file della Dc: “Il berlusconismo è sul viale del tramonto. Quindi dobbiamo andare oltre l’antiberlusconismo, e costruire il programma e il progetto dell’Idv 2”. Il berlusconismo è in fase calante, ma Berlusconi è ancora il presidente del Consiglio. “Noi continueremo a fare opposizione dura. Non è vero che abbiamo una posizione più morbida nei confronti del centrosinistra”. Nessun cambiamento politico anche secondo il senatore Stefano Pedica (un passato nella Dc e poi nell’Udeur): “Stiamo continuando a fare manifestazioni tra la gente, non vedo cosa sia cambiato”. Difficile collocare il partito tra centrodestra e centrosinistra, spiega il deputato Leoluca Orlando (pure lui provenienza Dc): “Non sono di destra: sono contro il reato di immigrazione clandestina e contro i bombardamenti; sono per dare risposta di diritti a disoccupati e precari; sono per una lotta serrata alla evasione. Non sono di sinistra: sono per le regole del libero mercato e contro i conflitti di interessi. Non sono di centro: sono convinto dell’importanza del pluralismo culturale e religioso”. L’Idv 2 (ovvero quella del “nuovo corso” del partito che ieri Di Pietro ha ribadito), spiegano, va incontro al fatto che i 27 milioni di elettori che hanno votato ai referendum non sono tutti di sinistra. Così come non sono della sinistra radicale tutti gli elettori di Pisapia e De Magistris. Qualcuno fa notare che il sondaggio sulle intenzioni di voto realizzato da Demos e pubblicato ieri da Repubblica dà in netta risalita il partito (sarebbe al 7,8 per cento rispetto al 5,9 per cento delle intenzioni di febbraio e al circa 4 per cento complessivo delle ultime amministrative). Eppure nella “base” c’è persino stata una raccolta di firme contro il nuovo Di Pietro. “Erano 200 persone”, taglia corto pure uno come Maurizio Zipponi, che è stato segretario della Fiom. E il senatore Luigi Li Gotti, avvocato, un passato politico tutto a destra (in An c’è stato 30 anni) ribadisce che “non è cambiato niente”. Perché “noi abbiamo sempre fatto un’opposizione dura, ma contemporaneamente delle proposte in Parlamento. È giusto dire che non siamo pregiudizialmente contrari a tutto”. Eppure lo stesso Li Gotti in un intervento all’esecutivo del 6 giugno aveva sottolineato come il partito sia lacerato da risse e lotte intestine. “Io mi riferivo alle divisioni a livello locale, che ci sono e sono gravi, ma non a un problema di strategia politica”. Anche Fabio Evangelisti, che invece arriva dal Pci sostiene che il riposizionamento di Di Pietro “è più una ricostruzione che un fatto”. De Magistris? “È stato più responsabile di Tonino che comunque qualche sparata, tipo quella contro Bersani, l’ha fatta”. Insomma, sulla linea di Vattimo sono pochi. Come Pancho Pardi, senatore, ex leader dei Girotondi, che chiede una “sede di discussione generale”. E avverte: “Non ha senso cercare di catturare il voto moderato. Ci sono fin troppi pretendenti. Dobbiamo cercare di convincere gli astensionismi. Con un radicalismo costituzionale”. E un radicalismo tout court è quello che vuole l’europarlamentare Sonia Alfano, che viene dai grillini: “A me pure la definizione di centrosinistra sembra troppo estesa. Di Pietro mi ha rassicurato. Vedremo”.
Nessun commento:
Posta un commento