Ordine innaturale
L'Espresso, 17 febbraio 2012
La questione gay
come l’articolo 18? Cioè, come una bomba tenuta in riserva
dai politici che possono innescarla a piacere, anche in assenza di
vere motivazioni economiche, sia per aumentare al bisogno la tensione
sociale, sia per farne un concreto strumento
di pressione per ridurre i diritti di ogni tipo, da
quelli salariali a quelli civili in senso generale?
Questa è l’impressione che si ricava dal libro di Paolo
Rigliano e dei suoi colleghi: al momento,
sembra che la questione sia di attualità solo
negli Stati Uniti – una società la cui barbarie e
arretratezza non cessano di stupirci, a
cominciare dalla interpretazione
letterale della Bibbia che ispira la
legislazione di tanti Stati, giù giù fino al divieto di
insegnare Darwin, alla fanatica difesa del “disegno intelligente”,
ai monumenti pubblici in onore del Decalogo mosaico. Noi pensiamo, con
qualche ragione, di essere immuni da
simili ingenuità. Ma non possiamo mai dimenticare che la
difesa dell’ordine “naturale” è sempre in agguato anche
da noi: con le leggi contro la
fecondazione assistita, contro l’interruzione di gravidanza e la
pillola RU 486, con il silenzio imposto a ogni discussione
sull’eutanasia e cioè sul
diritto di disporre della propria vita. Volete che la normalizzazione
messa in atto dal governo tecnico che ci terremo probabilmente per
anni non arrivi prima o poi anche a disciplinare “secondo natura”
la nostra vita privata? Possiamo fidarci
che la “scienza”, quella che ispira le “terapie”popolari
negli Usa, sia capace di riconoscere i propri
errori? La storia del nucleare e i disastri ambientali legittimano
molti dubbi anche a proposito di questo. Forse l’Europa dei
banchieri non ci imporrà, per
ora, di costituzionalizzare l’obbligo del matrimonio
eterosessuale come ha fatto con il
pareggio del bilancio, ma il fatto che si riparli di
curare i gay esprime purtroppo assai bene la tendenza al
disciplinamento che si sta diffondendo in tutti i campi della nostra
esistenza al tempo dei governi tecnici.
Gianni Vattimo
2 commenti:
La difesa dell'ordine naturale è un diritto esattamente analogo a quello di essere gay. Non vedo qui alcuna considerazione malvagia di nessuno contro nessuno.
Quello che conta è essere "felici" nella propria espressione del vivere. Tuttavia la vita sociale dell'uomo è soggetta a regole: NON SI PASSA CON IL ROSSO, NON SI GUIDA UBRIACHI, A SCUOLA SI ENTRA IN ORARIO ecc, ecc.
Volenti o nolenti, gay o non gay dobbiamo rispettare delle regole. Le regole della comunità implicano per ciascuno di noi il rispetto dell'altro chiuncque esso sia. E non è giusto che coloro i quali si trovano in posti di dominanza culturale o politica pensino di dettare le proprie leggi. Non si illudino costoro perchè NON sono più giusti degli altri.
Gentile anonimo, non si passa col rosso per prevenire gli incidenti, non si guida ubriache per lo stesso motivo, si entra a scuola in orario per fruire al massimo delle lezioni (o di quel poco che ne rimane). Tutte le regole che lei ha citato hanno una qualche utilità pratica e sono passibili di cambiamento, perché sono state stabilite da qualcuno, e non sono "la legge morale dentro di me e il cielo stellato sopra di me". Non vedo quale danno alla collettivià possa portare il riconoscimento del diritto per tutti di vivere la propria vita sentimentale e sessuale con chi si vuole e come si vuole. La precedenza col rosso vale per tutti, (polizia a parte, la quale spesso, sirene spiegete, se ne va a prendere il caffè), ma ci sono categorie, che, se non facciamo qualcosa per cambiare, in nome dell'"ordine naturale" avranno sempre il "semaforo rosso" lungo la strada della loro esistenza, me compresa in quanto donna, ogni qual volta ambisco a fare della mia vita qualcosa di diverso dal biblico "Non è bene che l'uomo sia solo, gli voglio fare un aiuto che gli sia simile", con tutto il rispetto per l'equino quadrupede, praticamente un somarello. Ciò che sta a cuore veramente al legislatore ottuso e violento è il dominio, sotto le mentite spoglie dell'"ordine naturale". Paola Trombetti
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