da Il Dispaccio
La Scuola estiva d'alta formazione in filosofia "Giorgio
Colli" organizza "Riflessi del presente IV edizione: Del
comune"dal 24 al 28 luglio a Roccella Jonica (RC). Comitato scientifico
composto da Pietro Barcellona, Remo Bodei, Massimo Cacciari, Giuseppe
Cantarano, Umberto Curi, Roberto Esposito, Sergio Givone, Salvatore Natoli,
Teresa Serra, Aldo Tonini, Gianni Vattimo. Deadline per le iscrizioni, 15
giugno 2013.
Per tutte le informazioni, il programma, la consultazione del bando e l'iscrizione, connettersi al blog filosofiaroccella
Il concetto di comune individua un argomento, amplissimo e
quanto mai attuale, che attraversa l'intera storia del pensiero filosofico
arrivando fino ai giorni nostri, epoca in cui si avverte l'esigenza di
recuperare le radici teoriche e pratiche della questione alla luce delle
correnti trasformazioni socio-economiche e politiche. Diventa cruciale
chiedersi cos'è che oggi ci accomuna e come sono cambiati i tratti comuni al
variare delle condizioni materiali di produzione e riproduzione della vita
quotidiana. L'obiettivo è quello di leggere il presente assumendo come filtro
una parola che rifugge l'egoismo opportunistico dei nostri tempi moderni per
riabilitare quegli aspetti distintivi del 'cum', di cui il singolo 'io' è
solamente un effetto, una conseguenza, mai l'origine.
Nell'ambito di questo quadro teorico, la sessione
seminariale mira a occuparsi di un aspetto specifico. Si tratta, infatti, di
dare conto del sapere come bene comune. Il sapere, inteso come pensiero
generale di una comunità, insieme di conoscenze linguisticamente articolate, di
natura tecnica o specialistica, ma anche inerenti l'eticità delle trame
dialogiche quotidiane sedimentate all'interno di gruppi e ambienti, è tale se
ha una dimensione pubblica, socializzante, irreversibilmente non privata.
Per legittimare lo statuto intersoggettivo del sapere vale
lo stesso argomento con cui Wittgenstein ripudia lo psicologismo solipsistico,
criticando ogni sorta di linguaggio privato. Non esiste un sapere che solo il
singolo è in grado di comprendere. Il sapere privato è un ossimoro, non ha
alcun diritto di cittadinanza perché, parafrasando le Ricerche, non dispone di
«alcun criterio di correttezza», cioè non svolge nessuna «funzione», non ha
alcun uso. Così come un linguaggio privato non è capito neanche dal suo più
abile locutore, allo stesso modo anche un sapere privato non ha alcuna
possibilità di essere compreso dal soggetto che ne è depositario.
È decisivo afferrare che, nell'epoca del capitalismo
cognitivo e del dominio della teoria merceologica del valore, l'esser bene
comune del sapere non è un dato già acquisito, ma una sfida da perseguire. Vale
a dire: la posta in gioco è la rivendicazione del sapere come luogo in cui è
possibile l'espressione dell'intelligenza generale e delle conoscenze liberate
dal potere, emancipate dalla forma del profitto, quindi, restituite al magma
della moltitudine.
Il seminario della passata edizione della Scuola ha messo a
tema la sovrapposizione di produzione e comunicazione, di lavoro e linguaggio
verbale, una novità rispetto all'operosità tutta materiale e monologica di
tradizione fordista. Quest'anno, rimanendo nell'ambito di tale quadro teorico,
la sessione seminariale punta ad approfondire le implicazioni che scaturiscono
dal rapporto tra quella attività intellettuale che individuiamo nel concetto di
sapere e le forme odierne del capitalismo. Crediamo che oggi questo rapporto si
riproduca dentro il paradigma del bene comune, poiché attraverso di esso è
possibile non solo mettere in questione le logiche del capitale, ma
problematizzare lo statuto stesso del sapere che, ambiguamente, agisce, innerva
e contrasta quelle logiche. Da qui una serie di nodi su cui potrà insistere la
nostra riflessione.
Il Pensatore (Auguste Rodin) |
La prima domanda che emerge riguarda un aspetto essenziale
per la vivibilità di ciò che descriviamo con il termine 'sapere', ovvero, in
cosa consiste e in che modo è possibile definire una condizione di libertà da
attribuire alla conoscenza? Se per libertà si intende una modalità dell'agire
che si configura come un emanciparsi da, allora bisognerà immaginare un sapere
libero dal potere dominante, autonomo e indipendente. Tuttavia rimane il
problema dell'alleggerimento dal peso delle necessità che la ricerca, il suo
sviluppo e la sua diffusione impongono: è chiaro che al fondo di ogni attività
umana significativa c'è l'investimento che su di essa viene fatto da parte di
tutti i soggetti che ne sono coinvolti, in termini economici e di tempo,
produttivo e riproduttivo. Cogliere, nella questione della vivibilità, quella
del semplice sopravvivere, significa affrontare il fatto che siamo di fronte a
un potere politico-economico che considera il sapere non effettuale e non
produttivo, nel senso che la teoria del valore dà a questa parola, come
un'inutile zavorra da cui ormai non ha nemmeno più bisogno di ricevere
riconoscimenti e legittimazioni, poiché esso è già tutto risolto e ampiamente
giustificato dall'ordine simbolico del capitalismo.
Da qui, la questione del valore che il sapere assume o
produce e dunque l'intrinseco legame con la valuta, cioè con il significato
economico che esso riveste in una società. Ma la questione del valore, e della
validità, richiama tutta la strategia dei rapporti tra gli uomini. In questo
senso, non si tratta, banalmente e insinceramente, di concepire un sapere
purificato dalle perversioni del potere, ma di capire quale potere esso produce
nel momento in cui si prende consapevolezza politica giuridica e filosofica
della sua natura logica e storica - il suo essere essenzialmente comune - e lo
si definisce un bene, andando così a incrinare il predominio del valore e,
immediatamente, il concetto di proprietà.
Da questo punto di vista, il sapere come bene comune è il
luogo in cui si produce lo scontro decisivo per la libertà e per l'uguaglianza,
che coinvolge la grande discussione sul problema dell'accesso e della
circolazione dei saperi e sul ruolo che svolge il web in tutto questo. Ma
andando ancora più a fondo, dalle lotte in India per i brevetti sui farmaci ai
luoghi di scholé esistenti nella nostra società, non si tratta solo di una
liberazione delle conoscenze, poiché esse intessono legami con ogni altra sfera
dell'esistenza. Tutti gli spazi di sapere liberato, sebbene non siano essi
stessi la libertà, aprono alla possibilità di poter caratterizzare in tal senso
la nostra vita in comune. Capire quali forme e quali campi di forze siano
prodotti oggi in questa interazione è uno dei compiti fondamentali che
riconosciamo alla filosofia.
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