martedì 9 febbraio 2010

Meglio il carisma di un capo

Meglio il carisma di un capo

La Stampa, 9 febbraio 2010

Vista dall’interno, o comunque da vicino (io sono un indipendente eletto in Italia dei Valori, non iscritto, almeno per ora), l’alternativa Di Pietro-De Magistris è molto meno marcata di quanto venga fatta apparire sui media. Il partito di Di Pietro è sempre stato più un movimento che un partito; la leadership carismatica del suo presidente lo ha condotto alle affermazioni recenti (fino all’8 per cento alle elezioni europee) e non avrebbe senso rinunciarvi completamente in nome di una “democratizzazione” – tessere, congressi locali e nazionali, mozioni e contro mozioni – tendente a omologarne la struttura a quella – fallimentare – dei partiti tradizionali. Con tutto ciò, sia il nuovo statuto sia la celebrazione del primo congresso nei giorni scorsi erano passi da fare, e Di Pietro ha fatto bene a portarli a termine con caparbia decisione. I tratti del movimento e i “vantaggi” in termini politici che essi assicurano – apertura alla società civile, stretto contatto con le tante aree di cittadini “anti-partito” (Grillo, per esempio), presenza costante nelle piazze – non vanno assolutamente buttati a mare. De Magistris si sente ed è – anche per i suoi risultati elettorali – il rappresentante-custode di questo aspetto movimentista essenziale al partito. Che è anche il suo spirito di sinistra, quello per il quale io, per esempio, mi dichiaro un suo adepto.
La questione della candidatura di De Luca, su cui si è manifestato il dissenso di De Magistris, non è però tale da dar ragione a chi parla di una spaccatura tra i due leader dell’IdV. Non voglio chiamarla un gioco delle parti, perché entrambe le posizioni sono assolutamente sincere; ma dal punto di vista tattico è qualcosa di molto simile.
Il punto però è un altro: accettando anche al prezzo di De Luca l’accordo con il PD alle regionali, Di Pietro sta portando il partito verso le rive desolate e sterili della “cultura di governo” che ha distrutto ogni prospettiva del centro-sinistra? Sia Di Pietro sia, per quanto ne sappiamo, Vendola, sia lo stesso De Magistris sono d’accordo sul fatto che è un rischio da correre. Soprattutto, non aveva senso, alla vigilia delle elezioni regionali, tentare una operazione come quella proposta per la Campania da De Magistris: una formazione che raccogliesse la società civile, movimenti, e i resti di chi ancora guarda a una sinistra vera. Per rimediare ai danni dell’Arcobaleno, non minori di quelli prodotti dalla tattica suicida del PD, ci vuole più tempo; ci si può pensare per il 2013 e proprio facendo perno su una IdV capace di rafforzarsi sia sul fronte della protesta sia su quello della partecipazione costruttiva al lavoro istituzionale, mantenendo cioè la sua fisionomia di movimento e di partito. Decisivi per capire come muoversi, saranno per Di Pietro i risultati delle elezioni regionali, ai quali dipenderà anche il rinnovamento delle dirigenze locali, oggi ancora talvolta infette dal “familismo” che non preoccupa solo Pancho Pardi. Ma in ogni caso, il carisma del “capo” è assai meglio che i finti carismi dei piccoli signori delle tessere di questa o quella periferia. Su questo, alla fin fine, si fonda il carattere esemplare e rinnovatore che Italia dei Valori giustamente rivendica.

Gianni Vattimo

5 commenti:

albe^_^ ha detto...

Il movimento ha comunque un limite sostanziale: quello di basarsi quasi esclusivamente sul carisma del 'leader' e di avere poco controllo sulle 'periferie'. Nel caso di Idv, ad esempio, tanti parlano semplicemente di "dipietristi" e sottolineano più di una critica nei confronti di tanti rappresentanti locali (si vedano i recenti articoli di Micromega).
Non so quindi se si possa definire 'non-fallimentare' o addirittura 'vincente'.

Sulla candidatura di De Luca: non penso che altre soluzioni fossero senza senso. Scegliere di andare da soli con un qualche candidato della società civile, o appoggiare quello della lista civica di Grillo sarebbe stata una scelta di maggiore coerenza.

Scelta dunque coerente... ma perdente? Ecco: il problema sta tutto qui. La vittoria nella regione al prezzo del boccone amaro... Questa è sì una logica da 'vecchio partito', dove è più importante una vittoria dei valori e della coerenza...

Unknown ha detto...

Una delle grandi differenze dagli elettori degli altri partiti ritenevo fosse quella di non aderire per "fede nel carisma del capo", ma per "ragionamento sui fatti e sui principi"; purtroppo l'ovazione,(mezza secondo alcuni), a De Luca mi fatto comprendere che la mia teoria non era vera del tutto: ora penso che chi ha aderito/votato per "ragionamento" ha già cambiato irrevocabilmente idea con molta amarezza. Come me.

Gianni Vattimo ha detto...

Risposta - tardiva - ad Albe: Condivido i termini del problema. Scegliere sempre di stare all'opposizione senza chance di vincere è giusto? Ma che cosa ne pensano i tanti che si impegnano in IdV? La questione è anche di come si ascoltano sia i militanti, iscritti, ecc. (e qui ci sono le obiezioni di MicroMega), sia la voce degli elettori non iscritti – cioè quelli che probabilmente si scandalizzano per De Luca ecc. Io, stabilito che De Luca non è accusato di delitti molto gravi, credo che Di Pietro abbia scelto una via prudente. Aspettiamo le reazioni della base alla prova elettorale, poi ridiscuteremo.

Gianni Vattimo ha detto...

Risposta - tardiva anch'essa - a Bruno: Ma proprio ragionando - forse troppo - Di Pietro ha candidato De Luca. Se no rischiavamo sempre di essere degli appassionati e puri oppositori. Alle elezioni andiamo anche per tentare di vincere. In ogni caso, come ho detto sopra, vediamo come reagiscono gli elettori nel voto, poi ridiscutiamo.

albe^_^ ha detto...

È una logica da 'ragion di Stato'... Non so quanto la base sia stata ascoltata, perché non vedevo piogge di critiche sul blog di Tonino e di Idv da chissà quanto tempo...

Per certi versi sembra quasi una polpetta avvelenata da parte del PD. Mi domando poi quante siano davvero le chance di vittoria, perché Idv ha sperperato un immenso patrimonio di voti (quelli "di coerenza") con una scelta simile...

Forse magari si ha aspettato troppo a lungo prima di valutare la questione, anche con gli altri alleati... E invece in questo modo cade un importante segno di distinzione dagli altri...