sabato 11 dicembre 2010

Tolleranza è relativismo


L'espresso, 16 dicembre 2010

Tolleranza è relativismo

Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe che Pascal contrappone così nettamente al Dio dei filosofi è davvero l’“unico” Dio? Certo così lo pensava Pascal. Ma non è detto che, nel suo razionalismo, avesse davvero ragione. La tradizione ebraica e poi quella cristiana, e così quella musulmana, sono certamente monoteistiche. Ma proprio il monoteismo ha sempre creato loro molte difficoltà nel praticare la carità: se Dio è uno solo, caratterizzato dall’unità del primo principio tanto caro ai filosofi greci, non dovrà la società impedire la predicazione dell’errore e costringere i singoli a professare, per il loro bene, la sola verità?
La tolleranza è sempre parsa pericolosamente vicina al relativismo. E oggi l’insistenza del Papa nella condanna di questo “errore” - mai tanto centrale, in passato, nella lotta dei cristiani contro gli dei pagani, “falsi e bugiardi” ma non certo “relativi” - è segno che il multiculturalismo delle società tardo-moderne non riesce più a convivere con l’idea dell’unicità della verità. E svela il carattere violento e autoritario di questa idea. Chi ha davvero bisogno di un Dio unico, se non qualche autorità che pretende di comandare in suo nome?
Un filosofo come Heidegger ha parlato del divino e degli “dèi” al plurale, non certo per dichiararsi politeista, ma semmai per riconoscere il carattere di mito storico che appartiene anche alla divinità in cui crediamo. Con il divino possiamo entrare in rapporto solo se ne accettiamo l’insuperabile essenza mitica: di racconto, di simbolo, che cade fatalmente sotto i colpi di qualunque “matematico impertinente” quando vuole valere come unico e supremo principio razionale.
Né per recitare il Padre nostro, né per ascoltare le parole di Gesù nel Vangelo, abbiamo bisogno che Dio sia il Dio unico dei filosofi e dei matematici. Come predicava Nietzsche: ora che questo Dio è morto (con il colonialismo e l’imperialismo), vogliamo che vivano molti dèi. E non necessariamente con i tratti di Gengis Khan.
Gianni Vattimo

1 commento:

Claudio Simeoni ha detto...

La questione religiosa è semplice: o si crede che l'uomo è creato ad immagine e somiglianza di un dio creatore, e allora l'uomo si sottomette a quel dio, a quella morale e, quand'è cristiano, obbedisce all'ordine di macellare chiunque non adora quel dio (sia il dio della bibbia nei massacri dei sacerdoti di Baal, che Gesù in Luca); oppure si crede che l'Essere Umano è una specie della Natura, divenuto nella Natura e con la Natura e allora trova gli Dèi sia come potenze della propria esistenza e della propria trasformazione come specie sia come oggettivita comune ad ogni altro Essere e ad ogni altra specie della Natura.
Nel primo caso è un monoteista, nel secondo caso un politeista.
Io posso dimostrare l'esitenza fisica di Zeus, Temi, Giunone, Cronos, Urano Stellato, Apollo, Dioniso, ecc. al di là di come ogni singola persona se li immagina. Con essi posso ( e devo, se voglio vivere) costruire le mie strategie di vita.
Nessun cristiano può dimostrare l'esistenza fisica del suo dio che dimora nell'immaginazione patologica nella quale proietta sé stesso come assoluto. Quel dio non gli serve per costruire strategicamente la sua vita, ma a qual dio si sottomette, si sottomette alla sua morale anche quand'è inumana, rinunciando al proprio divino, come un Isacco pronto a farsi scannare da un Abramo che ha rinunciato a sé stesso per mettersi in ginocchio davanti ad un padrone.
Il fondatore della Religione Pagana:
Claudio Simeoni
Meccanico
Apprendsita Stregone
Guardiano dell'Anticristo