mercoledì 26 agosto 2009

Servizio estivo


Ecco un breve resoconto di come ho passato luglio e agosto, e anche qualche cenno di risposta ai blogger che hanno avuto la pazienza e la forza di scrivermi.

Le prime riunioni a Bruxelles e a Strasburgo se ne sono andate in questioni pratiche – complesse perché le nuove regole che si è dato il Parlamento sembrano mosse da una inconscia mania suicida: tutto è così complesso (certo, anche per evitare abusi – che adesso si sono concentrati tutti sul Parlamento nazionale...). Questioni importanti decise in quelle prime riunioni sono state le afferenze di ciascuno di noi alle varie commissioni di lavoro del Parlamento. Come sapete io sono “finito” nella Commissione Cultura e Istruzione: non è delle più eccitanti, ho ottenuto di essere anche supplente nella Commissione Libertà Civili, Giustizia e Affari Interni, dove si discutono tematiche più brucianti (coppie gay, diritti di migranti, e così via). Naturalmente la Cultura non è da buttare, tenendo pur sempre conto che per ora (dovrebbe cambiare qualcosa nel futuro prossimo, se entreranno in vigore gli ultimi accordi di Lisbona) le competenze dell’Unione sono molto limitate rispetto a quelle dei governi nazionali, e che il Parlamento non ha di fatto potere di iniziativa legislativa, si limita a “reagire” a progetti di provvedimenti della Commissione europea e del Consiglio. Comunque, una delle prime battaglie che intendo iniziare in quella Commissione è quella sull’informazione e i monopoli di essa (le leggi ad personam di B. e il conflitto di interessi).

Tra gli altri temi di inizio legislatura: ottenuta dall’IdV la presidenza della commissione controllo del budget per Luigi De Magistris – che darà del filo da torcere a chi cerca di usare l’Europa come una vacca da mungere… Poi un lungo promemoria che il gruppo ALDE (liberali e democratici) di cui faccio parte, presieduto dall’ex primo ministro belga Verhofstadt, ha inviato a Barroso, il quale si candida a presiedere di nuovo la Commissione esecutiva e forse sarà rieletto a ottobre. Il nostro gruppo subordina il sostegno a Barroso al programma che questi intende presentare. In particolare, chiediamo che la Commissione (magari una Commissione più rosa rispetto a quella precedente) si adoperi per un coordinamento delle risposte alla crisi che i governi nazionali danno per ora in ordine sparso. Un anticipo, insomma, del coordinamento delle politiche economiche che l’Europa stenta ancora a darsi. Chiediamo, nello stesso spirito, l’istituzione di uno European Financial Supervisor, che si occupi di armonizzare i diversi servizi finanziari europei e contrasti le forze centrifughe, che impediscono la creazione di un mercato unico anche in questo settore. Il gruppo chiede poi che l’UE si doti finalmente di un bilancio autonomo (dai singoli stati membri), e che provveda, tra l’altro, a definire meglio la sua posizione di potenza diplomatica nello scenario internazionale. Di particolare interesse (si pensi ai tanti drammi italiani in merito) la richiesta di un portafoglio (da assegnare a un membro della Commissione) per i diritti e le libertà fondamentali e contro le discriminazioni, che rafforzi tra l’altro i poteri della Commissione esecutiva contro la criminalità internazionale e la corruzione.

Nella Commissione cultura c’entrano anche i temi della libertà della rete, dei pirati, ecc. Capisco le obiezioni che alcuni dei miei blogger hanno sollevato, a difesa del lavoro di chi crea beni immateriali (anch’io scrivo libri, e se mi rendono non mi ribello certo), ma credo che la questione della libertà di scaricare sia una di quelle che vanno discusse e approfondite in maniera centrale, perché prefigura un mondo che, proprio per le nuove capacità tecnologiche, non si lascia più chiudere dalla proprietà, dal capitale, ecc. Forze produttive che si sviluppano al di là dei rapporti di produzione vigenti: è quello che diceva Marx, e io ci credo. Perché, come mi scrive criticamente Valerio su questo blog, sono comunista. Lo slogan (sì, sarà un po’ superficiale, ma riassume bene) è: “Il comunismo reale è morto, viva il comunismo ideale”. Ma come e perché sono stato candidato ed eletto con l’Italia dei Valori? Quando sono stato a Londra a marzo (il convegno cui Valerio si riferisce), la candidatura non era ancora decisa, tutto è cominciato il primo aprile (un pesce?); dunque allora non ho mentito, certo dopo mi sono ricreduto, ho cambiato idea... Volevo che almeno un comunista (ideale: per una società senza classi, con elettrificazione – cioè sviluppo tecnico e economico – più soviet, e cioè potere democratico autentico) fosse presente nel Parlamento europeo. Di Pietro mi ha offerto questa possibilità, a cui prima non pensavo. E mi sta molto bene. Se dovesse cambiare qualcosa di essenziale nella libertà di cui godo con i miei colleghi eletti (con i quali condivido, se non l’ideale comunista alla lettera, tutto il resto...), mi dimetterei da europarlamentare; non me lo ordina il medico, non ho nemmeno un grande interesse economico a restarci (ho già detto che in questa nuova legislatura ci sono molti meno privilegi per i membri del Parlamento europeo). Dunque...

Ma in luglio e agosto non mi sono solo riposato. Come sapete, sono andato a visitare un carcere, rispondendo all’appello di colleghi radicali. A Imperia. Poco più di cento “ospiti”, la maggioranza per piccoli reati, spaccio, rapina, ecc. E per lo più immigrati – non ho ancora trovato i nuovi prigionieri per reato di immigrazione clandestina, non c’erano ancora. La cosa più scandalosa che ho rilevato è che non mancano i carceri (a Reggio Calabria ce n’è uno nuovissimo vuoto); mancano gli agenti di custodia, il che vuol dire che tutta una serie di attività che sarebbero previste – scuola, lavoro esterno, movimento e sport, ecc. – non si possono fare. I detenuti hanno quattro ore d’aria (in un cortiletto di cemento) e stanno venti ore al giorno in cella, per lo più sulle loro brande. Disumano è dir poco. Ma intanto le leggi folli e sadiche della Lega fanno morire gli immigrati in mare. Visita al carcere e lettura dei giornali di questi giorni spiegano anche un poco la difficoltà con cui mi dedico al blog: spesso la disperazione mi fa mancare la voglia e le parole. Quando vi rendete conto di vivere in un paese fascista e mafioso come il nostro, può prendervi l’idea che non ci sia niente da fare, e dunque che non si fa nulla...

Ho letto anche qualche romanzo: il Millennium di Stig Larsson, una bella macchina per passare il tempo. Ma anche libri di Zizek – un mio amico “comunista” –, un libro di saggi di Marcuse intitolato Heideggerian Marxism. Già, perché sono anche andato avanti nella redazione del libro Hermeneutic Communism che sto scrivendo con il mio collega e amico Santiago Zabala. Ho scritto l’articolo in morte di Jervis che molti di voi hanno commentato. Era troppo duro il giudizio sul “ritorno all’ordine”? Ma, l’ho detto anche nell’articolo, non era tanto rivolto a Jervis, che ho sempre ammirato, quanto alla situazione complessiva attuale i cui i filosofi, molti italiani, sembrano preoccupati soprattutto di cancellare ogni idea di trasformazione sociale, e lavorano su cascami reazionari predicando il realismo, l’oggettivismo, lo scientismo. Il supplemento domenicale del giornale confindustriale è la loro palestra. Bah. Ho anche letto alcune recensioni al mio Addio alla verità – spesso polemiche, e ho annotato le obiezioni. Ma su questo scriverò a parte, se no il blog scoppia... Il blog: che come sapete, ho deciso di non interrompere. Mi obbligherà ogni tanto a fare il punto su di me. Sarà il mio “servizio” flosofico-deputatesco.

A risentirci (presto) su questo canale, dunque. E grazie di tutto.
GianniV.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Professor Vattimo,
a proposito di Zizek, filosofo che ho cominciato a leggere di recente, vorrei sapere un po’ più nel dettaglio cosa ne pensa. Anch’egli “comunista”, è vero, e basta leggere i suoi ricorrenti interventi su Lenin, ma per molti aspetti, mi pare, l’ottica di Zizek è del tutto inconciliabile con il “pensiero debole” e il ‘post-moderno’ filosofico nel suo complesso. Si legga per esempio quanto scrive il Nostro nell’introduzione al recente “In difesa delle cause perse”, dove il bersaglio polemico sembrerebbe quasi essere Lei, professore: “L’era delle grandi narrazioni è finita, abbiamo bisogno di un ‘pensiero debole’ contrapposto a ogni fondazionalismo, un pensiero attento alla tessitura rizomatica della realtà; anche in politica non dobbiamo più aspirare a sistemi onnicomprensivi e a progetti di emancipazione globali; l’impostazione violenta delle grandi soluzioni deve cedere il passo a forme specifiche di resistenza e intervento… Se il lettore avverte una pur minima simpatia per queste righe, smetta di leggere e metta da parte questo libro” (Milano 2009, p. 9).
Come la mettiamo?
Filippo L.

albe^_^ ha detto...

La Commissione Cultura e Istruzione non sarà delle più "eccitanti", ma può negare che ci sia uno spaventoso problema culturale nel nostro Paese?

C'è un problema culturale se abbiamo un governo e una classe politica di questo tipo? Se il massimo della cultura è la tv-spazzatura di grandifratelli e 'reality' vari? Se chiudono librerie ma siamo primi nei cellulari? Se siamo allergici alle regole? Se non abbiamo memoria storica? Se tagliano col machete i finanziamenti alla scuola e nessuno insorge? Se abbiamo data per scontata la fuga dei cervelli? Se non sappiamo cosa siano i diritti civili? etc etc etc.

Mi sono limitato alle prime cose che mi son venute in mente. Direi che in base a queste ci sia uno SPAVENTOSO problema culturale... Almeno nel nostro paese dal problema culturale discendono e derivano mille altri problemi...

albe^_^ ha detto...

OT: http://www.byoblu.com/post/2009/08/31/I-diritti-che-non-ci-dicono-di-avere.aspx

che ne pensa?

franco cuomo ha detto...

Sto leggendo pure io ZizeK, sarà una moda anche questa? Sto leggendo:In difesa delle cause perse, Ponte alle grazie, Milano e Leggere Lacan. Guida perversa al vivere contemporaneo, Torino : Bollati Boringhieri. Mi sta intrigando molto, soprattutto quando con azzardi teorici estremi legge Marx con gli occhi di Lacan. In effetti credo che sia giunto il momento che qualcuno ricominci a parlare di Comunismo e neanche tanto "debole" direi io, visto che i regimi statolatrici sono scomparsi. Il punto è proprio questo: rilanciare un valore aggregante, ridare una speranza, immaginare di nuovo un mondo che non sia né quello delle pulsioni subliminali legato alle pratiche del consumo né quello della salvezza post mortem con tanto di premio finale. Ma perchè accada questo devono scomparire tutti i franceschini i vendola i bertinotti e ritrovare veramente il senso autentico del comunismo come grande filosofia del valore.Un abbraccio.

P.S.
Tra poco riceverei il mio ultimo:
Saggio sulla vita offesa, Boopen editore, napoli 2009.Che sicuramente non leggerai.:-), perchè sono un vecchio pure io e non un giovane.

Gianni Vattimo ha detto...

Grazie intanto ad Albe per il video che ha segnalato e che conferma anzitutto una cosa: in Italia, accanto al Conflitto di Interessi con le maiuscole ci sono mille altri conflitti di interessi, piccoli o grandi, che rendono impossibile lo sviluppo e il corretto funzionamento delle Autorità di Garanzia (le cosiddette Authorities): Autorità che ci sono, ma che spesso hanno l’aria di non possedere strumenti efficaci per funzionare.

Quanto a Zizek, partirei anzitutto da una considerazione sul suo “In difesa delle cause perse”. L’ipotesi che alle spalle dei totalitarismi si nascondano, nonostante tutto, ideali politici di “redenzione” della società è esattamente la mia idea del socialismo e del comunismo: ne parlavo in “Il Socialismo, ossia l’Europa” e in “Ecce Comu”. Nel primo, lo slogan – ahi, gli slogan... – era: è morto il socialismo reale, ora viva il socialismo ideale.
E in effetti, in ciò che mi domanda Filippo L. credo sia in gioco proprio una questione di slogan. Quelli che hanno qualche anno in più (almeno 50 o 60 anni, ormai) ricorderanno che all’inizio degli anni ’80 fu proprio lo slogan “pensiero debole” a fare la fortuna – forse anche immeritata, chissà – di ciò che scrivevo e pensavo assieme ad alcuni altri colleghi. Ma parlo di una fortuna forse immeritata, perché a molti di coloro che elogiavano o criticavano ferocemente il pensiero debole non deve mai essere stato del tutto chiaro di che cosa si trattasse. Provo a scriverlo nel modo più schematico e banale possibile: il pensiero debole non è un pensiero “stanco”, che rinuncia a “pensare in grande”, come si suol dire. Da qui l’infinita serie di battute e giochi di parole sulla “forza del pensiero debole”, di cui ci si è nutriti tutti per qualche anno.
Ma che cosa c’era dietro questa formula: nel senso che gli davo io assieme ad alcuni colleghi, il pensiero debole era (è) l’idea che i sistemi totalitari non si fondassero su altro, se non su finzioni, sia in politica che in filosofia (o nell’arte, o nella scienza). Quando il nazismo dice di sterminare miloni di persone, lo dice a partire da una finzione: quella secondo la quale esisterebbero “razze” e dunque gruppi di persone superiori per natura rispetto ad altri. Questo, senza molti altri giri di parole, è ciò che io (e molti altri) chiamiamo: “la metafisica”.
Per me, rinunciare a queste finzioni violente non significa in nessun caso rinunciare alla portata redentrice/emancipatrice della filosofia e della politica. È esattamente il contrario: nei sistemi metafisici non vedo nulla di salvifico e anzi ci trovo l’oppressione del diverso.
Ora, non voglio necessariamente dire che Zizek “mi dia ragione” o che sia un debolista senza saperlo. Questo non avrebbe senso. Ciò che sospetto è che il “pensiero debole” al quale Zizek si riferisce qui sia esattamente quel pensiero stanco a cui facevo riferimento: un pensiero che dunque non sarebbe in grado di promuovere nessun cambiamento sociale e culturale.
Al contrario, della portata forte ed emancipativa del mio pensiero debole sono disposto a provare a convincere anche Zizek, così come lui ha fatto con me, attraverso molti dei suoi libri.

albe^_^ ha detto...

A proposito di Commissione Cultura, come valuta la recente polemica relativa al Fondo Unico per lo Spettacolo?
http://www.corriere.it/spettacoli/09_settembre_13/placido_infuriato_brunetta_2f905588-a03c-11de-8194-00144f02aabc.shtml
In particolare mi riferisco alle parole di Brunetta, che usa termini tipo "culturame", "parassiti", "Italia placida e leggermente schifosa".

Immagino ci sia più di un problema nella gestione di questi fondi (in particolare relativamente alla trasparenza), specialmente rispetto al 'merito'. Da qui a bollare tutto con quelle parole aberranti ce ne passa...