venerdì 31 luglio 2009

La nostra (vacua) democrazia

Un pezzo scritto qualche giorno (forse settimana) fa, per commentare le primarie del Pd. In esclusiva per il blog!

Anche quelli fra noi che hanno sempre pensato alle (elezioni) primarie come a un possibile toccasana contro le degenerazioni burocratiche e gerontocratiche dei partiti oggi cominciano a nutrire fieri dubbi. Non si parla certo di primarie di tipo americano, dove un partito deve scegliere il candidato alla suprema carica dello stato; il quale dunque deve corrispondere agli orientamenti della base e anche mostrare la massima capacità di battere il candidato avversario. Da come il discorso sulle primarie si sta svolgendo nel (fino ad ora) massimo partito dell’opposizione l’impressione che si trae è che qui si stia solo compiendo un altro passo sulla via del suicidio della democrazia – almeno intesa nel senso del governo della maggioranza e del principio “una testa (appunto; bah) un voto”. Non è forse vero che ormai, persino nei dibattiti che oppongono i sostenitori dei singoli candidati, ciò che emerge sempre di più è il bisogno di un capo carismatico, e cioè di qualcosa che sta all’estremo opposto del leader coscientemente votato dalla base? Se non della democrazia stessa e delle istituzioni democratiche del Paese, è più o meno prevedibile che il suicidio che si compirà sarà quello del partito che incautamente si sta abbandonando a questa vera e propria orgia di dibattito precongressuale. Ogni giorno si annuncia una nuova convention organizzata – con quali forze, con quali soldi – da questo o quell’aspirante leader. Dovremmo prevedere anche un finanziamento pubblico per questo tipo di campagne? Una volta – ahimè più di un millennio fa – queste discussioni precongressuali avvenivano nelle sezioni del (dei?) partito. Oggi simili entità non esistono più. Basta con il partito apparato eccetera. Bene o male che sia, è sicuro che la dissoluzione della vita di base del partito è una componente fondamentale della dissoluzione della democrazia, interna al partito o anche della democrazia politica tout court. Se la scelta del leader non è l’esito di una vasto processo di dibattito di base, che cosa potrà essere se non quello che è ora, la decisione su chi sia più o meno simpatico,più o meno “nuovo” (o “vuoto”, come anche si è detto)? Ci scandalizziamo (ancora?) delle veline berlusconiane, ma qui non siamo lontani da quel metodo.

Se non le primarie, che cosa? Questa domanda forse non può avere solo una risposta “tecnica”: che potrebbe arrivare fino al sondaggio telefonico tra un campione di cittadini, scelti a caso o nell’ambito degli iscritti… O addirittura al vecchio metodo del sorteggio. So che è paradossale, ma anche questo metodo avrebbe almeno il vantaggio di non obbligare gli aspiranti leader del partito a dirsene di tutti i colori di qui al congresso, contribuendo in modo potente ad accentuare tutte le divisioni interne. Chiamparino ha fatto bene a dire che si sarebbe dovuto discutere non del chi, ma del “che cosa” fare. La personalizzazione dello scontro, ancora secondo l’aureo esempio delle veline berlusconiane, serve solo a non parlare del che cosa. Non sappiamo bene che cosa vogliamo fare, ma intanto vogliamo prendere il potere: nello stato, e prima nel partito…

Come si vede chiaramente, questo problema del modo di eleggere il segretario del partito è solo uno specchio del problema ben più vasto: di come far funzionare la democrazia. Davvero il modo in cui si costruiscono le liste dei candidati in un paese come Cuba (almeno, per quanto ne sappiamo noi) è peggiore di quello che si vede in Italia? Là, se non andiamo errati, le sezioni del partito – a livello molto periferico, di quartiere addirittura – si riuniscono e votano con scrutinio palese i nomi del loro candidato; e si sale così fino alla costruzione della lista. Naturalmente si dice che questo modo di praticare la democrazia è esposto a ogni abuso: rivalità personali, manipolazione dall’alto, ecc. E certo non è il metodo perfetto. Ma vedendo quello che succede oggi in Italia – a cominciare dalle liste elettorali emanate dalle segreterie centrali, fino alla lotta per le primarie che si sta svolgendo ora nel PD – noi cominciamo a non essere più tanto sicuri che il “modello cubano”, così generalmente esecrato da tacitare ogni possibile discussione razionale – sia davvero tanto male. Per i più rigidi e pragmatici liberali potremmo cominciare a osservare che costa sicuramente meno di tutte le kermesse che si svolgono e si svolgeranno per scegliere il nuovo leader PD. E per i non molti interessati alla politica, si può osservare che lì almeno non si tratta solo di chi è più attraente e più “simpatico”. Se questa nostra è la democrazia, mostrateci qualche cosa di meno desolantemente vacuo.

Gianni Vattimo

1 commento:

albe^_^ ha detto...

Non penso che le primarie del PD siano 'il male assoluto', il problema è che stanno facendo tutto al contrario.

Sarebbe logico che ancora prima di parlare di segretari si parlasse di programmi e alleanze. Riunire tutti quelli che 'hanno un qualche incarico', affrontare il discorso tema per tema ed elaborare la posizione comune. Sintesi, se possibile; maggioranza schiacciante nel caso non sia possibile.

Stop.

Giunti a questo programma, sarebbe quasi automatico che salti fuori un qualche portavoce. Poi sul carisma si può discutere, si può migliorare la comunicazione, etc.

Inutile avere qualcuno che buca il video con frasi ad effetto, se poi non c'è un'idea, non c'è un programma, non c'è coesione.

Lo spettacolino delle primarie del PD tradisce l'assenza di questo procedere 'logico'...