lunedì 9 settembre 2013

Vattimo e il TAV

Si pubblica di seguito la lettera di Gianni Vattimo uscita su La Stampa di venerdì 6 settembre a proposito dei rapporti tra l'europarlamentare e il movimento No-TAV


Caro Direttore, 

come ormai antico collaboratore de La Stampa mi sembra giusto chiedere proprio al nostro giornale, che è anche quello di gran lunga più letto nella nostra regione, ospitalità per chiarire  in modo riassuntivo le notizie che mi hanno coinvolto negli ultimi giorni riguardo ai miei rapporti con il movimento No-TAV. Sento l’esigenza di un tale chiarimento anche perché, proprio il giorno prima che io mi recassi in Procura convocato come “persona informata sui fatti”, il procuratore della Repubblica Caselli ha tenuto una importante conferenza stampa che credo riguardasse anche me. 


Sono infatti uno di quegli uomini di cultura, politici, intellettuali, che, a parere del Procuratore, non prendono abbastanza sul serio il pericolo della violenza in Val di Susa, e che addirittura, pur deplorando gli eventuali  reati, considerano motivata la protesta dei No-Tav e quindi, implicitamente, rischiano di giustificarli. 
Con tutto il rispetto non solo formale per la magistratura io ritengo che sia esagerato e controproducente trattare le proteste della Val di Susa come pericolose avvisaglie di terrorismo. Se un  rischio di questo genere esiste, non solo in Val di Susa ma in tutta Italia, esso è molto più verosimilmente motivato dalle crescenti difficoltà economiche, dalla dilagante disoccupazione, dalla riduzione dei servizi sociali a cominciare dalla scuola. 
Si obietta giustamente che l’opposizione al TAV raccoglie spesso l’adesione attiva di persone, soprattutto giovani, che vengono da fuori, anche dall'estero, i quali dunque non possono considerarsi cittadini della Valle intenzionati a difendere il proprio territorio, ma una sorta di clerici vagantes della protesta sociale, sempre pronti a trasformarsi in black-bloc desiderosi solo di menar le mani e creare disordine. Se qualcosa di questo genere c’è in Valle, è probabilmente spiegabile con il fatto che il TAV, come il Muos a Niscemi, il problema del cosiddetto terzo valico tra Piemonte e Liguria, e altre situazioni di tensione locali, è un punto di coagulo di molteplici insofferenze le quali, mancando ogni voce politica che le interpreti (grave responsabilità dei partiti cosiddetti di sinistra!) si condensano intorno a quel punto critico.

Che proprio il Tav e la Val di Susa siano diventati  una situazione “estrema” di questo tipo  non dipende certo solo dalla testardaggine dei valsusini. Non dico che la magistratura, nel valutare i reati, le accuse, ecc. debba tener conto di tutta la storia della Valle, a cominciare dalla Resistenza. Ma certo dovrebbe almeno domandarsi come l’attuale situazione di tensione è nata e si è sviluppata. Ricordando per esempio che, nonostante  fosse esplicitamente previsto dai documenti europei che sancivano l’impegno a partecipare al finanziamento dell’impresa, non è mai stato richiesto il parere delle popolazioni interessate sulla necessità o no del TAV. 
Chiunque abbia seguito la vicenda a cominciare dalla istituzione del cosiddetto osservatorio affidato all'architetto Virano sa che fin dall'inizio (presidenza Bresso in Regione) ne sono stati esclusi tutti i sindaci o esponenti locali che non accettavano preliminarmente la necessità del nuovo treno. Hanno parlato nell'Osservatorio sempre soltanto coloro che erano preliminarmente favorevoli all'impresa (direi, anzi, alle imprese!), che hanno  discusso a lungo su percorsi, modi di attuazione ecc.. Mai sono state prese in considerazione le opinioni contrarie, documentate da importanti studi di docenti, esperti, politecnici e università di varie parti d’Italia. 
Io stesso non ero pregiudizialmente anti-Tav, credo persino di aver votato una volta in Europa (legislatura 1999-2004) a favore  del “corridoio 5, Lisbona-Kiev”. Mi sono convinto delle buone ragioni dei No-Tav leggendo – non sugli organi della grande informazione – i testi e documenti che nessuno dei partigiani del treno ha mai preso in considerazione. Mi si accusava di essere contrario per motivi ideologici, mentre le sole risposte che ho letto da parte di vari Fassino, Bresso, ecc. erano che non ci si poteva opporre al progresso. Nessuna considerazione sui costi (crescenti) e benefici (sempre più evanescenti). Nessuna riflessione sul fatto che del corridoio 5 nessuno parla più, dal Portogallo all'Ucraina; solo noi italiani militarizziamo (a costi astronomici) un’intera Valle alpina per portare a termine l’inutile devastante impresa. Nessuna attenzione ai dubbi crescenti della Francia, che ultimamente ha dichiarato che per le linee ad alta velocità non si faranno più lavori fino al 2030.

La reazione dello stato alla protesta dei valsusini è stata finora solo diretta ad aumentare i controlli, ad erigere nuovi reticolati di difesa, a criminalizzare con l’aiuto dei mass media tutti quei cittadini che vogliono farsi sentire. Ripeto: l’inizio della violenza è stata la decisione sciagurata di chiudere l’Osservatorio a ogni voce critica, anche in violazione del dovere di consultazione dei cittadini che era previsto dagli accordi europei. Se oggi c’è un rimedio possibile per evitare che la violenza aumenti, esso sta nel rimediare a quel proton pseudos, a quella prima bugia, ridando la voce a quei cittadini che sono stati finora tacitati anche con la complicità di quei partiti, anzi di quel partito che avrebbe dovuto rappresentarli e che non a caso, in Val Susa ancor più che nel resto d’Italia, rischia anche per questo una progressiva dissoluzione. 
Grazie della ospitalità.


Gianni Vattimo

4 commenti:

Antonio ha detto...

Quando il sol dell'avvenire si affaccia vien da sè che i "progressisti" si buttano nell'impresa, come diceva quella massima latina? Fiat progressionem et pereat mundus, ma forse non era così...
Mi è capitato di leggere qualche documento di quell'Osservatorio, se non vogliamo intavolare una discussione sulla cosiddettà "oggettività" tecnica, allora doveva trattarsi sicuramentedi un osservatorio orbo! Mi ricordava vagamente lo studio di impatto del ponte sullo stretto, stessa montagna di vacuità e offese all'intelligenza.

gpdimonderose ha detto...

Amiamo, Ch.mo Prof., la forza del Suo pensiero e amiamo credere che le sue siano paradossalità per condurci al pensiero e non solo quello suo:il debole.Al pensiero e al buon senso:e Lei ne ha ambedue.
Una buona marcia silenziosa ha più forza di ogni altra forza e forzature.E risulta vincente.

Franco Cuomo ha detto...

http://interfaceworld.blogspot.it/2013/09/esiste-una-censura-politica-su-facebook.html

Flavio Fachin ha detto...

La cosa più scandalosa è che, anche senza prendere in considerazioni i reali benefici del progetto, con un minimo di onestà intellettuale, si deve necessariamente ammettere che la sua validità dipenda dal successo dell'integrazione europea e che oggi questa vacilli in maniera tale da essere necessario rivederne meccanismi e fattibilità prima di avviare allo scoperto un piano infrastrutturale che può rivelarsi infruttuoso e dal peso insostenibile per il critico momento economico.
A mio giudizio la perla concettuale del post consiste nel mostrare che il pericolo di terrorismo, oggi, è semmai incentivato dalla crisi economica e non della giusta opposizione verso una cecità ingiustificabile del Governo.
Infine falso ideologico è far passare sabotaggio per terrorismo.