venerdì 30 ottobre 2009

Interrogazione sulla persistente mancanza d'azione da parte delle autorità italiane contro l'ondata di attacchi omofobici in Italia

Depositata interrogazione da parte delle deputate europee olandesi Jeanine Hennis-Plasschaert e Sophie In't Veld e dei deputati italiani Sonia Alfano e Gianni Vattimo, del gruppo Liberale e Democratico europeo
I deputati europei Jeanine Hennis-Plasschaert, Sophie In't Veld, Sonia Alfano e Gianni Vattimo, del gruppo Liberale e Democratico europeo, hanno depositato oggi, accogliendo la proposta del responsabile europeo dell’Associazione Radicale Certi Diritti, e collaboratore del gruppo, Ottavio Marzocchi, un'interrogazione alla Commissione Europea ed al Consiglio Europeo sulla persistente mancanza d'azione da parte delle autorità italiane contro l'ondata di attacchi omofobici in Italia. Partendo dai recenti attacchi omofobici di Ostia e Milano, gli eurodeputati sottolineano l'assenza di iniziative forti di contrasto di tali fenomeni da parte del Governo italiano e ricordano il rigetto della legge anti-omofobia da parte del Parlamento italiano con l'approvazione della pregiudiziale di costituzionalità, che accomuna l'orientamento sessuale - termine scritto e ben definito nei Trattati UE e nella Carta dei diritti fondamentali - alla pedofilia, alla zoofilia, all'incesto, alla necrofilia.
Nel testo si chiede alla Commissione ed al Consiglio di rafforzare le iniziative europee in materia di lotta all'omofobia ed agli atti omofobici attraverso l'introduzione di un'aggravante ed il lancio di campagne di informazione, di richiamare le autorità italiane al significato di ''orientamento sessuale", definizione che non puo' essere in alcun modo interpretata come indicato nella pregiudiziale di costituzionalità approvata e di chiedere agli Stati membri di stigmatizzare anche pubblicamente gli atti omofobici. Segue il testo dell'interrogazione
Question to the Commission and the Council
by Jeanine HENNIS-PLASSCHAERT, Sophie IN'T VELD, Gianni VATTIMO, Sonia ALFANO
on the Persistent lack of action by Italian authorities against the increase in homophobic attacks
After a wave of violent homophobic acts in Italy and in the absence of any governmental action, a draft law on the creation of an aggravating sanction for homophobic acts - aimed at harmonizing the sanctioning of homophobia with racism and xenophobia - has been rejected by the plenary of the Chamber of Deputies. A motion of unconstitutionality was approved instead, stating that the draft law violates the Italian Constitution since "sexual orientation" can be interpreted to cover incest, paedophilia, zoophilia, sadisms, necrophilia, masochism, etc. These events have been stigmatized by the UN Commissioner for Human Rights, while the Equality Minister promised that she will propose a new draft law with aggravating circumstances for all the grounds for discrimination foreseen by art. 13 TEC and including transphobia. In the meantime, homophobic attacks continue: a 30 years old person has been persecuted, violently beaten up and wounded by a group of right-wing extremists in Ostia (Rome), while another attack took place in Milan. The Prime Minister Berlusconi, the Interior Minister Maroni, the Equality Minister Carfagna never made public interventions to stigmatize homophobic attacks, hereby creating an atmosphere of public condoning of such acts.
How will the Council / the Commission ensure that homophobia and homophobic acts are fought in the EU and its Member States, notably in the framework of the Stockholm Programme and the entry into force of the Lisbon Treaty? Doesn't the Council / the Commission think that "sexual orientation" in the European and Member States' legal order is to be interpreted to cover LGBT orientation and not other acts such as those listed in the Italian motion? Will it make it clear to Italian and other Member States' authorities? Will the Council / the Commission propose to enlarge the Framework Decision on Racism and Xenophobia to cover also sexual orientation? will it ensure that EU funds are used to finance campaigns against discriminations based on sexual orientation? Doesn't the Council / the Commission believe that it is important that governments take action and take a firm and public stance against homophobic attacks?

martedì 27 ottobre 2009

Appello per Radio Radicale

Cari amici,
ho firmato l'appello per il rinnovo della convenzione con Radio Radicale per la trasmissione delle sedute del Parlamento, servizio pubblico che Radio Radicale svolge da 33 anni con unanimi riconoscimenti di qualità e correttezza. Se nella finanziaria in corso di approvazione non verrà previsto il rinnovo, si corre il rischio di impedirle di continuare a vivere e svolgere questa funzione, proprio nell'attuale contesto della comunicazione e della democrazia in Italia.
Vi invito dunque a firmare l'appello a questo link: http://www.radioradicale.it/perche-viva-radio-radicale.
Per saperne di più su Radio Radicale, il servizio che svolge, e il tipo di finanziamento pubblico che riceve, potete trovare tutte le informazioni alla pagina: http://www.radioradicale.it/radio-radicale-uno-spreco-di-denaro-pubblico

GianniV.

Vattimo: Primarie tempo sprecato, nel Pd vuoto politico

Primarie Pd
Vattimo: Primarie tempo sprecato, nel Pd vuoto politico
Gianni Vattimo, europarlamentare Idv, commenta l'elezione di Pierluigi Bersani a segretario del Partito democratico. (26 ottobre 2009)

MicroMega
http://temi.repubblica.it/micromega-online/vattimo-le-primarie-non-colmano-il-vuoto-politico/
(file audio)

lunedì 26 ottobre 2009

Sostegno in crescita alla Gaza Freedom March di fine anno

Sostegno in crescita alla Gaza Freedom March di fine anno
(26 ottobre 2009; http://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o16098:f0)

Sta assumendo dimensioni imponenti il sostegno alla Gaza Freedom March di fine anno, promossa dall’associazione statunitense Code Pink ed alla quale aumentano di giorno in giorno le adesioni di singole personalità e di realtà associative. In un momento in cui il popolo palestinese vive una situazione drammatica, privo di una direzione politica adeguata e ostaggio di interessi e speculazioni di ogni genere, il sostegno della società civile internazionale e dei politici e degli intellettuali più sensibili è di importanza fondamentale. Fra le organizzazioni che sostengono la Gaza freedom March, vogliamo segnalare l’Associazione Americana dei Giuristi, gli Ebrei Americani per una Pace Giusta, gli Australiani per la Palestina, la Federazione Autonoma dei Lavoratori di Haiti, l’Alleanza canadese per la Pace, il Movimento Gaza Libera di Cipro, l’International Solidarity Movement, il Comitato Israeliano contro la Demolizione delle Case di Israele, Gran Bretagna e Stati Uniti, gli Ebrei contro l’Occupazione di Sydney (Australia), la Voce Ebraica per una Pace Giusta (Austria), la Fondazione Rachel Corrie, l’associazione statunitense dei Veterani per la Pace, l’organizzazione israeliana Yesh G’vul, l’associazione francese Europalestine.
Si tratta di un elenco assolutamente parziale, come parziale è l’elenco delle personalità che sostengono la Gaza Freedom March, che qui riportiamo: Ali Abunimah, scrittore e cofondatore di Electronic Intifada; il Dr. Patch Adams (a cui è ispirato il celebre film interpretato da Robin Williams); il poeta siriano Adonis; lo scrittore inglese Tariq Ali; Mustafa Barghouti, deputato del Consiglio Legislativo Palestinese; Omar Barghouti, fondatore della Campagna Palestinese per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS); Tony Benn, ex parlamentare inglese e presidente della UK Stop the War Coalition; Medea Benjamin, cofondatrice di Global Exchange e di CODEPINK; Sergio Cararo, giornalista italiano e cofondatore del Forum Palestina; Noam Chomsky, linguista e scrittore; Ramsey Clark, ex Ministro della Giustizaia U.S.A.; Jonathan Cook, giornalista (Gran Bretagna); Cindy e Craig Corrie, genitori di Rachel Corrie e fondatori dell’omonima Fondazione; Luigi De Magistris, Deputato Europeo; John Dugard, professore di diritto Internazionale ed ex giudice della Corte Internazionale di Giustiza, relatore speciale per la Commissione Diritti Umani delle Nazioni Unite; George Galloway, deputato del parlamento britannico; Arun Gandhi, fondatore del Gandhi Institute for Nonviolence; Jeff Halper, fondatore del Comitato Israeliano Contro la demolizione delle Case; Aki Kaurismaki, regista; Dina Kennedy, coordinatore U.S.A. del Free Gaza Movement e membro dell’Associazione Donne Americane e Palestinesi; Naomi Klein, scrittrice; Ken Loach, regista; Mairead Maguire, premio Nobel per la Pace; Germano Monti, cofondatore del Forum Palestina (Italia); Luisa Morgantini, ex vicepresidente del Parlamento Europeo; Ralph Nader, avvocato, scrittore ed ex candidato alla Presidenza degli Stati Uniti; Gianni Vattimo, filosofo e Deputato Europeo; Gore Vidal, scrittore; padre Louis Vitale, frate Francescano, di Pace e Bene Nonviolence Service; Howard Zinn, storico e scrittore.
L’obiettivo della Gaza Freedom March è quello di spezzare l’assedio che soffoca da anni la Striscia di Gaza, denunciando al mondo i crimini dell’occupazione israeliana e la complicità dei governi occidentali, che evitano di applicare sia le Risoluzioni dell’ONU che le sentenze della Corte Internazionale di Giustizia. Il Forum Palestina (una cui delegazione è riuscita ad entrare a Gaza lo scorso marzo) si è impegnato a contribuire alla partecipazione italiana alla Gaza Freedom March, sia organizzando la presenza italiana alla stessa, sia lanciando una campagna nazionale di sostegno e informazione.

Stasera, a "L'infedele"...

... sarò ospite insieme con la parlamentare Pdl Nunzia De Girolamo, Cesare Lanza (autore dello spettacolo teatrale“Berlusconeide”), le giornaliste Marina Corradi (Avvenire) e Ida Dominijanni (Il Manifesto), la poetessa libanese Joumana Haddad, il chirurgo plastico Marco Gasparotti, e Sabina Ciuffini. Alle 21.10 su La7. Tema della puntata, la compravendita del corpo delle donne in Italia, tra soldi e cultura.

Risoluzione del Parlamento europeo sulla libertà d'informazione in Italia e nell'Unione europea

Ecco il testo della proposta di risoluzione comune che abbiamo presentato in occasione del dibattito sulla libertà d'informazione in Italia e nell'Unione Europea. Sapete perfettamente come è andata a finire: per soli tre voti, la proposta è caduta. Nelle lapidarie parole di un'agenzia di stampa,
Bruxelles, 21 ott. - (Adnkronos/Aki) - Doppia bocciatura oggi, da parte del Parlamento europeo, nei confronti di due mozioni opposte sulla libertà d'informazione in Italia presentate dal centrodestra e dal centrosinistra (Idv e Pd).
Con uno scarto di soli tre voti l'Europarlamento, riunito in plenaria a Strasburgo, ha bocciato la proposta di risoluzione presentata dall'Italia dei Valori e dal Pd che esprimeva preoccupazione per la situazione della libertà di stampa in Italia. Su un totale di 686 voti, i sì sono stati 335, i no 338, gli astenuti 13. L'esito del voto è stato accolto da esplosioni di giubilo tra i banchi del centrodestra. Il Parlamento europeo ha respinto anche una risoluzione avanzata dai gruppi del centrodestra, anzitutto il Ppe, in cui si afferma che in Italia non vi è alcuna minaccia alla libertà d'informazione. Il testo era stato avanzato in 'risposta' alla risoluzione preparati da Pd e Idv che invece lanciano un allarme sulla situazione della libertà di stampa nel Paese.

PROPOSTA DI RISOLUZIONE COMUNE
PE 428.696/01

RC-B7-0090/2009
19 ottobre 2009

presentata a norma dell'articolo 110, paragrafo 4, del regolamento
in sostituzione della proposta di risoluzione presentata dai gruppi:
Verts/ALE (B7‑0090/2009)
GUE/NGL (B7‑0092/2009)
S&D (B7‑0093/2009)
ALDE (B7‑0094/2009)
sulla libertà d'informazione in Italia e nell'Unione europea

Monika Flašíková Beňová, Claude Moraes, David-Maria Sassoli a nome del gruppo S&D
Niccolò Rinaldi, Sonia Alfano, Luigi de Magistris, Sophia in 't Veld, Jeanine Hennis-Plasschaert, Sarah Ludford, Sylvie Goulard, Renate Weber, Ivo Vajgl, Louis Michel, Olle Schmidt, Johannes Cornelis van Baalen, Giommaria Uggias, Gianni Vattimo, Vincenzo Iovine, Pino Arlacchi a nome del gruppo ALDE
Daniel Cohn-Bendit, Judith Sargentini, Raül Romeva i Rueda, Rebecca Harms a nome del gruppo Verts/ALE
Lothar Bisky, Rui Tavares, Patrick Le Hyaric, Willy Meyer, Cornelis de Jong, Alf Svensson, Nikolaos Chountis a nome del gruppo GUE/NGL

Risoluzione del Parlamento europeo sulla libertà d'informazione in Italia e nell'Unione europea

Il Parlamento europeo,
– visto il trattato sull'Unione europea, in particolare gli articoli relativi al rispetto, alla promozione e alla protezione dei diritti fondamentali, e visti gli articoli 6, 22, 43, 49, 83, 87, 95 e 151 del trattato CE,
– visti l'articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e l'articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, concernenti la libertà di espressione e d'informazione e il diritto al pluralismo dei media,
– vista la direttiva 2007/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2007, che modifica la direttiva 89/552/CEE del Consiglio relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive,
– visto il documento di lavoro della Commissione europea sul pluralismo dei mezzi d'informazione negli Stati membri dell'Unione europea (SEC(2007)0032),
– visti l'approccio in tre tappe in tema di pluralismo dei media definito dalla Commissione e lo studio indipendente realizzato per conto di essa dall'Università Cattolica di Lovanio – ICRI, dalla Central European University – CMCS e dalla International Business School di Jönköping – MMTC, in collaborazione con la società di consulenza Ernst & Young Belgium, ultimato nel 2009,
– vista la sua risoluzione del 25 settembre 2008 sulla concentrazione e il pluralismo dei mezzi d'informazione nell'Unione europea[1],
– vista la sua risoluzione del 22 aprile 2004 sui rischi di violazione, nell'UE e particolarmente in Italia, della libertà di espressione e di informazione[2],
– viste le dichiarazioni della Commissione e la discussione svoltasi in Aula l'8 ottobre 2009,
– visto l'articolo 110, paragrafo 4, del suo regolamento,

A. considerando che l'Unione europea garantisce e promuove la libertà di espressione e d'informazione quale sancita dall'articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dall'articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, per le quali la libertà dei mezzi d'informazione il pluralismo rappresentano un requisito essenziale, e considerando che tali diritti comprendono la libertà di opinione e la libertà di ricevere e di comunicare informazioni senza ingerenza né pressioni da parte delle autorità pubbliche,
B. considerando che, nonostante i ripetuti inviti del Parlamento europeo a varare una direttiva sul pluralismo dell'informazione e la concentrazione dei media, la Commissione non ha inserito tali tematiche nella revisione della direttiva "Televisione senza frontiere", impegnandosi invece a definire un piano specifico in tre tappe sulla questione, consistente nell'elaborazione di un documento di lavoro (presentato nel 2007), nella definizione di indicatori del grado di pluralismo (contenuti in uno studio indipendente pubblicato nel luglio 2009) e in una proposta di comunicazione su tali indicatori (prevista solo per il 2010),
C. considerando che il Parlamento europeo ha più volte invitato la Commissione, con varie risoluzioni, a promuovere azioni per garantire il pluralismo e ovviare al problema della concentrazione dei mezzi d'informazione, a presentare con urgenza una comunicazione sulla salvaguardia del pluralismo dei media e sulla loro concentrazione negli Stati membri e a completare con urgenza il quadro regolamentare con una proposta di direttiva su tali temi, fondata sulla base giuridica chiaramente prevista dai trattati,
D. considerando che vi sono segnali indicanti che in vari Stati membri il pluralismo dei media è sotto attacco; considerando che, nella sua relazione annuale sulla libertà di stampa, l'organizzazione Freedom House ha collocato l'Italia al 73esimo posto della classifica e menzionato anche la situazione critica di Romania e Bulgaria; considerando che anche l'Alto rappresentante dell'OSCE per la libertà dei mezzi d'informazione ha espresso preoccupazione per la situazione in Italia in una lettera inviata il 20 settembre alle autorità italiane e alla Federazione nazionale della stampa italiana,
E. considerando che, negli ultimi mesi, in Italia i motivi di preoccupazione sono aumentati a causa del perdurante conflitto di interessi relativo alla proprietà di mezzi d'informazione da parte del Presidente del Consiglio e al controllo politico esercitato da quest'ultimo sui principali media, sia pubblici che privati, incluso il controllo della ripartizione delle risorse pubblicitarie; considerando che il governo interferisce pesantemente nel servizio televisivo pubblico, in particolare in relazione alla definizione dei programmi e alle nomine di direttori, redattori e giornalisti, il che si ripercuote sul pluralismo dei mezzi d'informazione, come indicato dal principale istituto di monitoraggio dei media in Italia, l'Osservatorio di Pavia; considerando che il Presidente del Consiglio italiano ha avviato azioni legali contro alcuni quotidiani italiani ed europei ed ha chiesto recentemente che i portavoce della Commissione europea si astengano dal fornire qualsiasi informazione,
1. è convinto che la libertà di ricevere e comunicare informazioni senza ingerenza da parte delle autorità pubbliche nonché il pluralismo dei media, principi sanciti entrambi dall'articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali, siano tra i fondamenti su cui poggia l'Unione europea e costituiscano elementi essenziali della democrazia; ribadisce che l'Unione ha l'obbligo politico e giuridico di garantire ai suoi cittadini – nei settori di sua competenza – il rispetto di tali diritti;
2. reputa necessario correggere qualsiasi anomalia rappresentata da conflitti d'interessi tra potere politico, potere economico e potere dei mezzi d'informazione e dalla concentrazione del controllo, diretto o indiretto, sui media pubblici e privati; sottolinea la necessità di garantire, in tutti gli Stati membri, che gli operatori pubblici siano indipendenti e non siano soggetti a ingerenze da parte delle autorità governative;
3. è particolarmente preoccupato per la situazione in Italia e ritiene che ciò potrebbe avere conseguenze per l'Europa intera e che l'inerzia dell'UE indebolirebbe la sua credibilità quanto alla fissazione di parametri in materia di diritti fondamentali nell'ambito delle sue relazioni esterne nonché nel processo di adesione;
4. deplora la pressione e le intimidazioni esercitate dalle autorità governative italiane nei confronti di testate italiane ed europee, appoggia la richiesta rivolta dal Rappresentante dell'OSCE alle autorità italiane di porre immediatamente fine a tali pressioni e giudica indebita qualsiasi ingerenza delle autorità pubbliche nella libertà d'informazione allo scopo di controllare il servizio pubblico televisivo;
5. ribadisce, a questo proposito, che il quadro legislativo dell'UE in materia di pluralismo e concentrazione dei media resta inadeguato e che è dunque urgente che l'Unione si avvalga delle proprie competenze nei settori del mercato interno, della politica audiovisiva, della concorrenza, delle telecomunicazioni, degli aiuti di Stato, dell'obbligo di servizio pubblico e dei diritti fondamentali dei cittadini per definire quanto meno le condizioni minime essenziali che tutti gli Stati membri devono rispettare per assicurare, garantire e promuovere la libertà d'informazione e un livello adeguato di pluralismo dei media; chiede in tale contesto alla Commissione di investigare sul rischio di trust e concentrazioni nel settore dei mezzi d'informazione nell'Unione europea;
6. sollecita la Commissione a presentare con urgenza una proposta di direttiva sulla concentrazione dei mezzi d'informazione e la protezione del pluralismo, coinvolgendo pienamente il futuro Commissario responsabile per i diritti fondamentali, avendo prima definito, in una comunicazione sulla questione, una serie di indicatori adeguati per determinare il livello di pluralismo dell'informazione e di indipendenza dei media del servizio pubblico, in linea con quanto più volte richiesto dal Parlamento e annunciato dalla Commissione stessa;
7. incarica le sue commissioni competenti e l'Agenzia per i diritti fondamentali di seguire la questione e di riferire in Aula in merito alla libertà d'informazione e alla concentrazione e al pluralismo dei media nell'UE;
8. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al Consiglio d'Europa, ai governi e ai parlamenti nazionali degli Stati membri, all'Agenzia per i diritti fondamentali e all'OSCE.

[1] Testi approvati, P6_TA(2008)0459.
[2] GU C 104 E del 30.4.2004, pag. 1026.

Gianni Vattimo. Philosophy as Ontology of Actuality

Those who are interested in a "biographical-theoretical interview" to myself with Luca Savarino and Federico Vercellone, published in "Iris", I, 2 October 2009, pp. 311-350, are now given the opportunity to read it online, as a result of the Open Journal System (OJS) launched by Firenze University Press. The paper is available at: http://ejour-fup.unifi.it/index.php/iris/article/viewFile/3306/2908. Enjoy it.

"Gianni Vattimo. Philosophy as Ontology of Actuality". A biographical-theoretical interview with Luca Savarino and Federico Vercellone
Abstract: The following interview retraces the intellectual development of a leading contemporary thinker, from his early student years to his most recent interventions as a political philosopher, and includes a discussion of some of his most well-known and influential theoretical contributions, such as the notion of “weak thought” and his reflections on postmodernism. Gianni Vattimo presents his philosophy to the reader as an “ontology of actuality” which can only properly be understood in the light of the author’s Christian background and his unwavering interest in social and political questions.

Cosca e Chiesa

COSCA E CHIESA
“L’espresso”, 29.10.09
di Gianni Vattimo

Che la mafia sia un fenomeno profondamente radicato nella cultura italiana, specialmente della Sicilia, e anche in una parte della tradizione religiosa del nostro cattolicissimo Paese, si può vedere confermato dal bel libro di Augusto Cavadi ora pubblicato da da una grande casa editrice cattolica, la San Paolo (”Il Dio dei mafiosi”, pp. 243, euro 18). Nel porsi il problema di spiegare come mai una associazione sanguinaria come la mafia annoveri tra i propri componenti e capi tanti, non banalmente ipocriti, credenti, Cavadi offre nel suo libro un affascinante ritratto della cultura siciliana, e più ampiamente italiana, e di una larga parte della cultura cattolica che ancora è maggioritaria nel nostro Paese (e nei risultati elettorali). Intanto, la mafia non è solo un affare di delinquenza comune, ma una sorta di ideologia complessiva che solo come tale può impegnare i suoi membri fino alla morte. E sul suo sfondo ci sta una “teologia” che l’autore identifica come specifica del “cattolicesimo mediterraneo”, e che tutti noi, meridionali o no, abbiamo almeno in parte respirato con la nostra educazione religioso-familiare. Non c’è nessun rapporto di causalità fra teologia cattolica (autoritarismo, disprezzo per la vita terrena, familismo amorale, culto del sacrificio ecc.) e mafiosità. Ma che tanto spesso di fatto le cose vadano insieme merita una attenta riflessione, anche da parte della gerarchia ecclesiastica.

domenica 25 ottobre 2009

As religiões estão mortas

Un articolo di qualche mese fa...

As religiões estão mortas
09/03/2009
As igrejas só sobrevivem porque suas hierarquias querem poder e privilégios
Gianni Vattimo*, para El País
http://revistadasemana.abril.com.br/edicoes/78/contraamare/materia_contraamare_426522.shtml

Todos recordamos a famosa frase de Nietzsche sobre a morte de Deus. E também sua cláusula: Deus seguirá projetando sua sombra em nosso mundo durante muito tempo. E se aplicássemos a frase do filósofo alemão também às religiões? Em grande parte do mundo contemporâneo a religião está morta, mas ainda projeta sombras em vários aspectos da vida privada e coletiva.
As religiões estão mortas porque não garantem mais a ordem racional do mundo. Dentro da sociedade cristã e católica da Europa é fácil ver que são muito poucos os que observam os mandamentos da moral cristã oficial. A institucionalização das crenças, que deu origem às igrejas, incluiu uma reivindicação do poder histórico no sentido de que era quase natural que uma religião moral se convertesse em uma instituição poderosa. É o que parece ter ocorrido com o catolicismo, mas pode-se ver fenômenos similares na história de outras religiões. Por exemplo, no hinduísmo, o mesmo fato de que existe uma diferença entre clérigos e leigos faz com que a religião se converta em uma instituição cujo objetivo principal é sempre sua sobrevivência.
Como no caso da morte de Deus de Nietzsche, a morte das religiões institucionalizadas não significa que não tenham legitimidade. Chega um momento em que simplesmente elas já não são necessárias. E esse momento é nossa época porque as religiões já não contribuem para uma existência humana pacífica nem representam um meio de salvação. A religião é um poderoso fator de conflito em momentos de mudança intensa entre mundos culturais diferentes. É o que ocorre atualmente. Na Itália, por exemplo, existe um problema com a construção de mesquitas porque a população muçulmana aumentou de forma espetacular. A hegemonia tradicional da igreja católica está em perigo, mas os católicos não se sentem ameaçados por essa situação – apenas o papa e os bispos.
A igreja afirma que defende seu poder (e os aspectos econômicos dele) para preservar sua capacidade de pregar o Evangelho. Como em tantas instituições, a razão suprema de sua existência cai para segundo plano em troca da continuidade do status quo. Enquanto as religiões continuarem desejando ser instituições poderosas serão um obstáculo para a paz e o desenvolvimento de uma atitude genuinamente religiosa: basta pensar em quanta gente abandonou a igreja católica pelo escândalo que representam as pretensões do papa de imiscuir-se nas leis civis italianas. Nos Estados Unidos o anúncio do presidente Obama sobre sua intenção de eliminar as restrições ao aborto provocou ampla oposição por parte dos bispos católicos. A oposição contra qualquer forma de liberdade de escolha relacionada à família, sexualidade e bioética é contínua e intensa, sobretudo em países como Itália e Espanha. A igreja se opõe a leis que não obrigam, só permitem, a decisão pessoal nesses assuntos. De que lado está a civilização?
Recentemente o papa repetiu sua ideia de que a verdade não é negociável. Esse "fundamentalismo" é característica do catolicismo ou de todo o cristianismo? Quem fala de civilizações tem a responsabilidade de levar em conta essa condição. Enquanto não for eliminado o aspecto autoritário e de poder das religiões, será impossível avançar até o mútuo entendimento entre as diversas culturas do mundo. A compaixão parece ser a base fundamental de toda experiência religiosa. É esse o ponto de vista do cristianismo, budismo, hinduísmo, judaísmo e também do Islã. Mas é precisamente por isso que devemos reconhecer que chegou a hora de as pessoas religiosas se voltarem contra as religiões. E afirmarem que a era da religião-instituição acabou e sua sobrevivência só se deve aos esforços das hierarquias religiosas para conservar seu poder e seus privilégios.
*Gianni Vattimo é filósofo e político italiano

Vaticano: Vattimo, rivaluta Marx? Non mi è chiaro come


VATICANO: VATTIMO, RIVALUTA MARX? NON MI È CHIARO COME

Roma, 21 ott. - (Adnkronos) - ''La sinistra ha largamente dimenticato e rimosso Karl Marx, ma il suo pensiero non è affatto in via di estinzione. E di Marx ancor oggi non si può fare a meno. Per il resto, non mi sono chiari gli intendimenti della rivalutazione del Vaticano''. Lo ha dichiarato all'ADNKRONOS il filosofo Gianni Vattimo, teorico del pensiero debole, a proposito delle prese di posizione dell’”Osservatore Romano'' e della ''Civiltà Cattolica'', che invitano a riconsiderare la riflessione filosofica del giovane Marx, quello precedente alla stesura del ''Manifesto del partito comunista'' (1848) con Friedrich Engels.
''Effettivamente a sinistra si parla poco di Marx ma sono convinto che ancor oggi alcune sue riflessioni sul lavoro siano interessanti e stimolatrici'', osserva il professor Vattimo, non del tutto convinto però dall'intervento del padre gesuita tedesco Georg Sans, docente di storia della filosofia contemporanea all'Università Pontificia Gregoriana, che intende separare il Marx degli scritti morali da quello degli scritti politici ed economici.
''È giusto ritornare a Marx, ma nella sua interezza e radicalità. Non c'è un Marx filosofo diviso da un Marx politico, c'è nel pensatore tedesco un'unità di filosofie che meritano di essere riprese in esame e valutate ancor oggi'', afferma Gianni Vattimo, professore emerito dell'Università di Torino.

lunedì 19 ottobre 2009

Torino, anche Vattimo sotto la sede UDC


TORINO. ANCHE VATTIMO SOTTO LA SEDE UDC
Protesta contro il parlamento
domenica 18 ottobre 2009, La Repubblica - Torino

Doveva essere solo un presidio, ma alla fine è diventato un corteo che da piazza Castello è arrivato fin sotto la nuova sede dell´Udc, che con il suo voto ha contribuito alla bocciatura della legge contro l´omofobia. Erano più di duecento i torinesi che hanno sfilato nella manifestazione organizzata ieri pomeriggio dal Torino Pride. La meta era la sede Udc di via Lagrange, inaugurata la scorsa settimana da Pierferdinando Casini. Fra i partecipanti anche il filosofo Gianni Vattimo.

giovedì 15 ottobre 2009

Gianni VATTIMO in Argentina: Congresso di filosofia di Mendoza e conferenza alla Casa de la Cultura di Buenos Aires

En Castellano. Conferencia del Filosofo Italiano y Eurodiputado Gianni VATTIMO (en Castellano) en el Congreso de Filosofia organizado por la Universidad de Cuyo, Provincia de Mendoza, Argentina en el mes de Septiembre de 2009.
Filmacion Hugo Omar Viggiano. Universidad de Buenos Aires. Filosofia y Letras. Ciencias Antropologicas















El Filosofo y Diputado del Parlamento Europeo, Gianni VATTIMO, Italiano, da una conferencia en lengua española en la Casa de la Cultura de Buenos Aires, Argentina en Septiembre 2009









mercoledì 14 ottobre 2009

“Di Pietro alle primarie voterà Franceschini”

“Di Pietro alle primarie voterà Franceschini”
Intervista di Aldo Torchione a Gianni Vattimo - l'Opinione.it

Il professor Gianni Vattimo, filosofo engagé e parlamentare europeo di Italia dei Valori guarda con scetticismo alle primarie del Pd. Alle quali, dice, molti dell’Idv voteranno per Dario Franceschini. A partire dall’ex pm di Mani Pulite, che avrebbe dato indicazioni – per quanto discrete – ai suoi.

Che farà Italia dei Valori alle primarie del Pd?
Adesso non saprei, andiamo tutti a naso. Ho sentito dire che Di Pietro preferisce Franceschini. Io preferisco Bersani. Ma sono tutte cose che non contano granché, io a dire la verità non andrò a votare alle primarie del Pd. Sono anche del parere che un partito che si fa eleggere il segretario da chiunque passa da un gazebo, non fa una cosa seria. Su questo ha ragione D’Alema.

Ne avete parlato con Di Pietro?
Che io sappia non ci sono indicazioni, ma ho semplicemente sentito dire che Di Pietro vorrebbe Franceschini. Nelle comunicazioni del gruppo non se ne parla ufficialmente ma c’è questa voce.

Italia dei Valori e il Pd hanno interrotto la luna di miele, parrebbe.
Negli ultimi giorni Di Pietro ha però iniziato a dire ‘basta con le polemiche’ perché c’è un clima da fascismo strisciante alle porte. E con Napolitano stava tentando di ricucire…

Stava tentando, ma è arrivata la Procura di Roma. E Di Pietro è indagato per vilipendio.
Aggiungo che non dubito che Alfano darà l’autorizzazione. Gli atti di vilipendio secondo me sono tutte stupidaggini. Uno come Bossi ha detto che Berlusconi è un mafioso e non lo ha mai smentito e poi ha detto che con la bandiera italiana ci si può pulire il culo…

Lei è tra coloro che sostengono che in Italia ci sia una dittatura…
Io non faccio fatica a spiegare ai miei colleghi parlamentari europei che l’Italia è peggio dell’Afghanistan.

Berlusconi le darebbe dell’antitaliano.
Se Berlusconi è l’italiano, viva gli antitaliani.

Con l’unica opposizione, mi dirà adesso, di Italia dei Valori.
L’ha detto lei. E poi si commenta da solo, questo Pd. Io di quel mondo non ho alcuna nostalgia, e poi lo ripeto: sull’idea delle primarie sono in profondo disaccordo, passano il tempo a insultarsi e poi si divideranno in piazza, a cosa serve? Se Berlusconi volesse conquistare il Pd potrebbe mandare tutte le sue truppe a votare. Mi sembra tutto modellato male.

C’è il rischio di inquinamento delle primarie?
Ci possono essere inquinamenti, e chi lo può escludere? Berlusconi potrebbe avere interesse a far vincere Marino, per esempio.

Perché Marino?
Perché è laico, verrebbe da dire. Non viene dal Pci né dalla scuola democristiana.

Ed è più debole degli altri.
Appunto. Secondo me chi vuole indebolire il Partito Democratico domenica 25 ha un’ottima occasione per farlo. Se io fossi Berlusconi mi attrezzerei per far vincere il candidato meno organizzato, che se eletto avrà maggiori difficoltà nel governare la macchina…

La Repubblica presidenziale le piace?
La Costituzione così com’è va benissimo. La più grande riforma italiana sarebbe quella di rispettare rigorosamente le leggi esistenti. Non sono affatto a favore di una repubblica presidenziale, intanto per arrivarci dovrebbe esserci un altro percorso, altri interlocutori. I meccanismi parlamentari sono lenti, è vero, ci sono farraginosità ma non per questo va ridotto il ruolo del Parlamento. E poi siamo sinceri, è un’idea di Berlusconi...

Quindi sbagliata.
Se l’idea viene da Berlusconi non mi fido, non mi sembra essere De Gaulle.

El socialismo, según Gianni Vattimo



Ecco un'intervista che ho rilasciato alla televisione pubblica argentina, per il Noticiero Visión Siete. Il socialismo in America Latina, a partire dal mio scritto "Ecce Comu".


Entrevista el filósofo italiano.
Sábado 3 de octubre de 2009/ Visión Siete Internacional/
Gianni Vattimo vino a Buenos Aires a presentar su último libro, “Ecce Comu” (Editorial Paidós, 2009). Con él dialogamos sobre su idea del socialismo como liberador de la esclavitud y sobre su pensamiento acerca de la política de los gobiernos latinoamericanos y de la gestión de Barack Obama. © Noticiero Visión Siete/ TV Pública/ Argentina

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"Leghismo e Chiesa anti-moderna ecco chi semina l'odio per i diversi"

La Repubblica, mercoledì 14 ottobre 2009


"Leghismo e Chiesa anti-moderna ecco chi semina l'odio per i diversi"

La denuncia del filosofo Vattimo, europarlamentare Idv, che si è sempre definito cattolico, comunista e gay
di Ettore Boffano

«Mi vergogno di essere italiano». Gianni Vattimo, il filosofo che si è sempre definito «cattolico, comunista e gay», gesticola e alza la voce ripetendo le identiche parole che Norberto Bobbio pronunciò per l'omicidio di Giovanni Falcone. Poi, si ricorda anche di essere un politico, un europarlamentare dell'Idv, e attacca: «Hanno accettato di tutto: le peggiori porcherie volute da Berlusconi. Hanno detto che era costituzionale il lodo Alfano e ora invece affossano le norme contro l'omofobia».

Professore, chi sono i nemici dei gay in Italia?
«Beh, dopo questo voto mi pare difficile avere dubbi. La nostra nemica è la destra italiana di oggi, che è figlia di quella di ieri».

Ma alcuni fedelissimi di Fini si sono dissociati.
«Infatti la matrice più omofoba non è quella postfascista, ma quella della Lega. Il celodurismo di Bossi è l'essenza di questo sentimento che odia i gay: becero, identitario e che guarda oltre gli stessi omosessuali, che ha come vero obiettivo la diversità in senso lato. E la paura per l'immigrazione extracomunitaria che genera spavento, che accresce il bisogno di identità locale, quasi di classe, di appartenenza. E che la fa pagare subito ai più deboli, a quelli che, immediatamente, sono i meno in grado di difendersi».

Che cosa vuol dire, professor Vattimo?
«Tento di spiegarmi quest'odio contro i gay che dilaga in Italia. Una cosa strana, se pensiamo che ormai l'omosessualità non si nasconde più, sfila nelle città e ha dei luoghi e dei modi pubblici e accettati. Eppure, proprio ora scatta la rabbia. Se avessimo la pazienza di rileggere Pasolini, scopriremmo ad esempio che era più tranquillo essere omosessuai nella Roma fascista degli anni ‘40 piuttosto che in quella di oggi».

E quali sono le cause di tutto ciò?
«Per prima cosa, ritengo che significhi una controreplica della nostra società all'aumento delle libertà in generale. Quasi che avere più libertà si porti dietro anche più resistenze contrarie. Poi, c'è il maschilismo...

Un vizio molto italiano: lo stesso delle cronache private del premier e delle sue battute offensive sulle donne. O no?
«E così, ma io direi che il maschilismo, più che solo italiano, è un atteggiamento mediterraneo. Anzi, cattolico-mediterraneo. Perché la Chiesa del celibato del clero e della chiusura al sacerdozio femminile è molto maschilista e io ripeto sempre che il suo gridare contro i gay, nonostante le ipocrisie sui preti pedofili, è l'ultimo urlo possibile contro la modernità che le è rimasto in gola».

Ieri la cattolica del Pd Paola Binetti ha votato con il centro-destra e Dario Franceschini ha detto che questo è un signor problema.
«È un problema che hanno da tempo, ma non se ne liberano mai».

La Chiesa cattolica è un'altra nemica dei gay, dunque?
«In realtà la cultura anti-gay preesiste al cattolicesimo. La Chiesa, invece, potrebbe cambiare molte cose in materia di sesso e aiutarci tutti ad essere più liberi, ma non lo fa. E questa è la sua vera colpa. Non vuole metterci in condizione di mutare la nostra percezione del sesso, lasciando piuttosto che esso resti “le sale petit secret”, lo sporco piccolo segreto di cui parlava Gilles Deleuze. Il sesso resta così uno scandalo, uno scandalo aumentato dalla mercificazione che gli è stata imposta dal capitalismo. Alla fine, saremo travolti da questa concezione del sesso».

E che cosa bisognerebbe fare, allora?
«Se ne fossimo capaci, dovremmo davvero fare una rivoluzione in campo sessuale. Nel senso che dobbiamo scegliere: o sappiamo darci un modo del tutto nuovo di concepire la sessualità o altrimenti resteremo prigionieri di questo status quo».

lunedì 12 ottobre 2009

L'Observer sul caso italiano e l'Unione Europea

Ecco l'articolo prontamente segnalato da Repubblica sul suo sito quest'oggi. Un'opinione controcorrente sull'interesse europeo per il caso italiano.
Europe's response to Berlusconi has been cowardly
After the war, the Continent united in defiance of bullying leaders. Alas, this is no longer the case

Clement Attlee enjoyed the superiority of a postwar Englishman when he dismissed European unity in 1967 with a contemptuous sniff. "The Common Market. The so-called Common Market of six nations. Know them all well. Very recently, this country spent a great deal of blood and treasure rescuing four of 'em from attacks by the other two." For Germany and Italy, which had suffered under fascist dictatorships, and for France, Holland, Belgium and Luxembourg, which had suffered under fascist occupation, there was nothing in the war years to be superior about. The Common Market promised liberation from a terrible past. And continued to promise it.
Greece, Portugal and Spain confirmed their break with dictatorship and reaction when they joined. After the fall of the Berlin Wall, Europe expanded its borders by offering the once subject peoples of the communist empire a better life in a democratic haven. Nazis and communists never occupied Britain. Our leaders sold us Europe as a smart investment opportunity rather than a democratic advance and we never felt the idealism behind European dream. Lech Walesa knew better. On the eve of Poland's accession, he said: "I fought for our country to recover everything it lost under communism and the Soviets… and now my struggle is over. My ship has come to port."
Europe replaced the terrors of totalitarianism with human rights conventions and peace treaties. It is easy to become exasperated by the monotony of its composite resolutions and interminable meetings. But tens of millions accepted the chance of trading national sovereignty for freedom from the dictatorships of their day.
That deal is no longer on offer. The dictatorships of our day come in many types, but the dominant form is a state capitalism or oligarchy in which the boss or ruling clique control public assets and the sinecures that go with them. Strictly speaking, they are not full dictatorships. Rulers tolerate elections as long as their results can be manipulated and allow criticism as long as it does not reach the masses.
The campaign group European Alternatives defined modern crony states thus: "In a country where television channels represent the only source of information for over 80% of the population, control over the media must not of necessity assume the draconian and totalitarian methods its 20th-century precedent. Manipulation of the principal, mass media of a country can today perfectly coexist with the maintenance of dedicated 'Indian reserves' of opposition, flag bearers of a merely procedural freedom of expression."
If the authors sound like high-minded European liberals lamenting far-away miseries, I should add that they were not discussing Putin's Russia or Chávez's Venezuela but Berlusconi's Italy.
Because the British care so little for Europe, no one apart from constitutional lawyers studies the Charter of Fundamental Rights in the Lisbon Treaty. In Brussels, however, Eurocrats pretend to take it seriously. Article 11 guarantees freedom of the press and media pluralism, but Europe is happy to see Berlusconi exercise direct control of the three Mediaset private channels, his publishing house, advertising company and cinema distribution business and indirect control through his sycophants of Italy's public television channels and the vast advertising budgets of the Italian government.
Last week in the European Parliament, socialist delegates tried to turn the rotten state of Italy into a European issue, only to see the "moderate" conservatives of the European People's party turn on them. Nicolas Sarkozy's ally, Joseph Daul, was outraged that leftists could dare suggest Italy was anything other than "a democratic country where the rule of law was respected". The supporters of Angela Merkel refused to accept that Europe needed to defend Italians' fundamental rights. So angry were the supposed moderates at the insult to Berlusconi's good name that they not only argued against intervention, but tried to prevent the debate taking place.
When David Cameron led the Tories out of the European People's party to march in step with the SS veterans of the Latvian Fatherland and Freedom party, I and many others accused him of abandoning the European mainstream. I should have added that the mainstream in Brussels has dark depths of its own. When its outwardly respectable democrats find that a fellow conservative is creating a crony state at the heart of Europe, they do not protest but direct all their energy and passion into berating his opponents.
You could say, and "moderate" conservatives were saying in Brussels, that the Italian judiciary had proved Italy remained a liberal democracy by stripping Berlusconi of immunity from prosecution. Yet Berlusconi has seen off the judges before. In any event, even if he falls or, more likely, retires, Italians will not expect his corrupt system to go. Berlusconi's private channels are unlikely to become beacons of public-service broadcasting after his departure. The quaintly titled "post-fascist" leader Gianfranco Fini will not give up a system of patronage and censorship in which the state can organise advertising boycotts of critical papers and force out editors who report unwelcome news.
The most telling feature of the caudillos of our day is the ease with which they put aside nominal ideological differences and recognise each other as members of an international freemasonry of autocrats. Berlusconi denounces investigating magistrates as "communists" and yet calls the former KGB man Vladimir Putin "his great friend". The nominal socialist Chávez allies with the Islamist reactionary Ahmadinejad. What unites the boss men of the 21st century is more important than what divides them.
Democratic Europe, however, will not unite against them by standing up for its best values. Its silence about Berlusconi – by turns both cowardly and compromised undermines its ability to stand up to corrupt politics anywhere else in Europe, most notably in the weak democracies of the post-Soviet east, and makes a nonsense of its condemnations of abuses of democratic rights beyond its borders. For the first time in its history, Europe's reputation as a force for good in the world feels precarious. Soon it will feel fraudulent.

sabato 10 ottobre 2009

Nel mondo mite di Bobbio

Nel mondo mite di Bobbio
Scritti civili. Un realismo che non si è mai piegato all’accettazione della «naturale» violenza della politica

La Stampa - TuttoLibri, 10 ottobre 2009.

Ci si può domandare fino a che punto gli scritti che Marco Revelli (autore anche di una lucida introduzione e di un vasto apparato critico) ha scelto per questo volume dei «Meridiani» Mondadori siano rappresentativi di tutto Bobbio, come forse il lettore si aspetterebbe. A prima vista, molto ovviamente e come Revelli dice fin dall'inizio, mancano qui i testi del Bobbio studioso di dottrine politiche e filosofo del diritto, cioè una vasta parte della sua produzione intellettuale, quella per cui è giustamente riconosciuto e letto in tutto il mondo.

Come torinesi, possiamo persino avvertire nelle pagine qui presentate un profumo di «torinesità» che potrebbe sembrare imbarazzante, una specie di provincialismo che coincide più o meno con il Bobbio «azionista», nel senso del Partito d'Azione; anche questo un fenomeno non solo torinese, ovviamente,ma profondamente radicato nella cultura subalpina: lo si capisce se si pensa per esempio, come a molti di noi viene spontaneo, alla impossibilità di «tradurre» applicandolo a Torino, il motto «una Milano da bere» che circolò per un po' ai tempi del craxismo. Bobbio ci appare, senza alcun significato limitativo della portata della sua opera, profondamente radicato in una Torino che non è mai stata «da bere» come la Milano degli Anni Ottanta.

Ma insomma: il volume che ora si pubblica rappresenta o no tutto Bobbio? Certamente no nel senso che i lettori possano riferirsi solo ad esso pensando di esaurire così la conoscenza dell'autore. Ma tuttavia - salvo il proposito lodevole di leggere o rileggere le altre opere (la bibliografia che chiude il volume è di una vastità impressionante) – quello che ci viene incontro in queste pagine è il Bobbio autentico, il Bobbio totale.

Il titolo che Revelli ha scelto per il volume, Etica e politica, è il senso che unifica tutti gli scritti, anche i più «accademici» e specialistici, di Bobbio, a cominciare da quel prezioso studio su Hobbes (Einaudi, 1989) del quale si sentono così spesso le tracce nei vari saggi raccolti, fino alle pagine dell'Elogio della mitezza in cui Bobbio sembra schierarsi decisamente dalla parte di una politica che ripudia ogni machiavellismo, anche se proprio Machiavelli insieme a Hobbes è sempre stato uno dei suoi riferimenti preferiti.

In questi due autori che inaugurano in molti sensi la moderna filosofia della politica, Bobbio ha sempre cercato l'ispirazione del suo realismo disincantato che non si è mai piegato all'accettazione della «naturale» violenza che accompagna (sempre?) l'azione politica, almeno se vuole avere successo. La sua è sempre stata una lotta per affermare, accanto al riconoscimento delle ragioni di Machiavelli, le ragioni della morale.

Ecco perché si è sempre pensato come un filosofo «analitico», sia nel senso della vicinanza all'omonima corrente filosofica anglosassone, sia per il metodo che contraddistingue il suo approccio ai temi che tratta. Sembra persino difficile definire una filosofia «bobbiana», data la passione con cui, per ognuno dei problemi che affronta (pensiamo qui alle pagine sull'etica laica, su destra e sinistra, su pace e guerra, su libertà e eguaglianza...) egli si preoccupa soprattutto, come dice anche esplicitamente, di tracciare delle mappe piuttosto che indicare delle soluzioni.

Questa «inconcludenza», che spesso è stata rimproverata (ci sono anche barzellette feroci) alla filosofia analitica, assume in Bobbio un vero e proprio significato etico, che trova la sua espressione più chiara nell'Elogio della mitezza che non a caso è uno dei suoi scritti ultimi, una sorta di testamento spirituale in cui lo stesso autore sembra voler riassumere il lavoro di tutta la vita.

Proprio per capire il senso della mitezza come riassunto anche della filosofia di Bobbio, sembra particolarmente felice l'idea di Revelli di aprire questo volume con una serie di «ritratti», scritti su «compagni e maestri» che Bobbio ha avuto sempre presenti come riferimenti ideali. A parte Cattaneo e Gobetti, gli altri sono suoi contemporanei, spesso conosciuti di persona, soprattutto i compagni nell'impegno politico, moltissimi torinesi: Franco Venturi, Massimo Mila, Leone Ginzburg, Franco Antonicelli, Vittorio Foa, Primo Levi, Alessandro Galante Garrone, Carlo Casalegno…

Questa parte del volume è certo la più gustosa da leggere, anche perché Bobbio è uno scrittore niente affatto accademico o parruccone, sebbene egli stesso abbia sempre detto di essere uno che scrive ma non necessariamente uno scrittore. Non ci sono solo aneddoti e piccoli quadri di vita; vi si delinea invece, attraverso questo colloquio con personalità esemplari, proprio quello che si può considerare la sostanza etica dell'insegnamento di Bobbio. Che non consiste nell'offrire soluzioni, ancorché teoriche, dei problemi che affronta e che ci riguardano tutti. Ma nel costruire una sorta di «mondo» nel quale ci invita ad abitare con lui e i suoi «exempla».

Viene in mente qui un filosofo che Bobbio conosceva ma certo non apprezzava per tanti aspetti: Martin Heidegger, il quale nel saggio sull'Origine dell'opera d'arte (1936) sostenne che l'opera d'arte è «messa in opera della verità» perché «apre un mondo», un mondo nel quale ci fa abitare.

Ecco, l'impressione dominante che si ricava da questo libro è che per Bobbio la filosofia, la sua filosofia militante (forse poi non così puramente «analitica» come lui credeva) sia non una proposizione di tesi, ma l'apertura di un mondo. Etica è diventare capaci di abitare questo mondo, di diventarne (anche politicamente) cittadini, conversare con gli spiriti magni che lo popolano; e con Bobbio stesso a cui dobbiamo immensa riconoscenza per averci fatto, e farci ancora, da guida.
Gianni Vattimo

Norberto Bobbio, ETICA E POLITICA, Mondadori, pp. CXXXVI-1714, euro 55
Gli «scritti di impegno civile» di Norberto Bobbio escono nei Meridiani a cura di Marco Revelli. Un’antologia di pagine tratte da libri (da Politica e cultura a Maestri e compagni), atti di convegni, riviste. Integrale il saggio Destra e sinistra. L’«Autobiografia intellettuale» precede le tre sezioni in cui è divisa l’opera: «Compagni e maestri», «Valori politici e dilemmi etici», «Le forme della politica».

Interrogazione sull'utilizzo di finanziamenti europei per l'acquisto di macchinari da parte dell'impresa BIZTILES di Bondeno di Gonzaga (Mantova)

INTERROGAZIONE SCRITTA P-4969/09
di Gianni Vattimo (ALDE)
alla Commissione

Oggetto: Verifica del corretto utilizzo di finanziamenti europei per l'acquisto di macchinari da parte dell'impresa BIZTILES di Bondeno di Gonzaga (Mantova)

La ditta BIZTILES con sede in Bondeno di Gonzaga (MN), società che fa parte del gruppo Ceramiche Ricchetti con sede a Sassuolo (Modena), ha cessato l’attività presso lo stabilimento di Bondeno adducendo la mancanza di commesse ed ordinativi tali da costringere l’impresa a forti perdite e chiedendo altresì la procedura di cassa integrazione straordinaria indirizzata al licenziamento di tutti i circa 70 dipendenti della sede mantovana.

Negli anni 2000 / 2001 e successivi la società in questione avrebbe ricevuto finanziamenti pubblici da parte della Regione Lombardia e dalla Comunità Europea per acquistare macchinari a tecnologia avanzata da impiegare presso lo stabilimento di Bondeno di Gonzaga. Per l’utilizzo di questi fondi è comprensibile ipotizzare che sia stato imposto il rispetto di regole e di condizioni di varia natura connesse alla particolarità dei finanziamenti eventualmente richiesti ed assegnati.

A quanto risulta, nel settembre 2009, in particolare nei primi giorni di chiusura dello stabilimento, la proprietà ha inviato presso la stessa sede di Bondeno di Gonzaga autoarticolati e camion con personale addetto a caricare e trasportare al di fuori dalla fabbrica materiale la cui entità, consistenza e caratteristiche non è dato conoscere.
La situazione sopra descritta avrebbe tutti i presupposti per far temere che possano essere stati sottratti dalla sede di Bondeno di Gonzaga anche macchinari e macchine operative dalle caratteristiche sopra descritte e che un tale pericolo possa persistere anche per l’immediato futuro.

Si chiede quindi alla Commissione quanto segue:

1. La ditta BIZTILES ha richiesto, ed eventualmente ottenuto, finanziamenti pubblici da parte della Comunità europea per dotarsi di macchine operative da destinare al sito produttivo mantovano?

2. Nel caso abbia ottenuto dei fondi, può verificare l’esistenza di particolari leggi e/o regolamenti come condizione ineliminabile per l’assegnazione e il successivo mantenimento dei finanziamenti?

3. Nel caso si fossero verificate delle violazioni nel regolamento di assegnazione dei fondi pubblici per l’acquisto dei macchinari, non ritiene opportuno emanare provvedimenti di sospensione dell’utilizzo o di blocco dei macchinari acquistati con i finanziamenti descritti?

venerdì 9 ottobre 2009

Cronaca di una giornata annunciata (2): il dibattito in Europa sulla libertà d'informazione in Italia

Due articoli, scritti da due eurodeputate PDL (E quali? Gli articoli disponibili sul web non recano i nomi, purtroppo. Lo scopriremo più tardi), sulla giornata di ieri.

Il Tempo, 9 ottobre 2009
L'Europa ignora il «teatrino» italiano
Il racconto. A Bruxelles, in un'aula quasi deserta su richiesta del Pd si è discusso della libertà di stampa

Al Parlamento Europeo è andato in scena l'ultimo teatrino politico pensato ed ideato da Antonio Di Pietro. L'ennesimo show privo di contenuti che questa volta è stato orfano anche del pubblico, tanto che ad assistere c'erano solamente 60 deputati su un totale di 736. Il primo giudice della giornata è stata infatti la totale assenza degli eurodeputati stranieri ai quali poco interessa essere coinvolti in spettacoli di così basso livello. Ennesima prova che un dibattito fazioso e controverso poteva coinvolgere solamente lo schieramento che fa capo all'opposizione in Italia e noi del Pdl a controbattere alle nefandezze contro il nostro Paese. L'esordio del dibattito è stato esplicativo con David Sassoli che, credendo di condurre ancora il telegiornale, si rivolge confuso all'aula parlando di libertà di stampa in Europa. Ma allora qui che ci sta a fare? Non si discute forse oggi della libertà di informazione in Italia? Il capo delegazione italiana Mario Mauro ha sollevato l'umore della truppa replicando ad una domanda del socialista Martin Schultz a cui ricorda che la creatura politica meglio riuscita del nostro presidente Berlusconi è certamente lui. E nella sinistra è calato il gelo quando Potito Salatto (Pdl) ha chiesto se un governo di centrosinistra si sia mai impegnato a varare una legge sul conflitto d'interessi. Nessuno è stato in grado di rispondere! E come avrebbero potuto fare gli esponenti del centrosinistra, abili solo ingiuriare e palesemente incapaci di governare. Da lì in poi è stato il trionfo delle assurdità e dei concetti insensati. La dipietrista Sonia Alfano ha tirato in ballo pseudo disegni complottistici nelle stragi mafiose del 1992 e nel suo intervento al limite del delirio attribuisce la proprietà delle televisioni pubblica a Berlusconi, confondendole con quelle private. A darle manforte è accorso Gianni Vattimo che, ormai all'apice delle farneticazioni, si è rivolto all'Europa chiedendo «un'ingerenza umanitaria!». Il legista Mario Borghezio ha tentato di riportarli alla realtà invitando dipietristi e la sinistra a organizzare manifestazioni per la libertà di informazione a Cuba e Teheran invece di comportarsi come conigli a Bruxelles. Indignata per quanto avevo sentito, sono intervenuta ricordando di quanti finanziamenti pubblici il giornalismo di sinistra abbia potuto godere negli ultimi anni grazie alle iniziative a favore della stampa adottate dal governo Berlusconi. All'aula, o meglio ai colleghi dell'opposizione ho evidenziato inoltre che casualmente la libertà di stampa in Italia viene messa in discussione nel momento in cui il presidente del Consiglio decide di difendersi come ogni cittadino dalle accuse infamanti ed infondate mosse nei suoi confronti dalle due principali tesate giornalistiche nazionali. E a chiarire meglio che aria tira in Italia ci ha pensato Sergio Silvestris mostrando in aula sette quotidiani, tutti a tiratura nazionale e tutti apertamente di sinistra. Alla faccia del bavaglio all'informazione!
Il Giornale, 9 ottobre 2009
Un’aula vuota e annoiata è la risposta dell’Europa ai loro deliri masochisti
I deputati dell’Italia dei Valori e i loro seguaci ieri hanno potuto dare sfogo al loro masochismo politico. Hanno fatto di tutto per poter parlare al Parlamento Europeo dei pericoli della libertà di stampa nel nostro Paese. Un problema molto sentito evidentemente solo da loro, dal loro leader Di Pietro e dagli altri colleghi del Pd che li hanno appoggiati. Per il resto hanno parlato ai banchi semideserti di un’aula in cui eravamo forse solo in 60 (meno del 10% delle presenze) e di cui più di 40 europarlamentari italiani. Questa è la reale misura di quanto l’Europa sposi le preoccupazioni dei dipietristi. Argomenti inutili che mi sono trovata a dover contestare perché mi sentivo indignata come italiana e come politica mentre ascoltavo una lunga serie di accuse infamanti. Dichiarazioni per alcuni tratti deliranti come quella dell’onorevole Sonia Alfano che ha dichiarato che Berlusconi sarebbe - secondo lei - coinvolto nelle stragi mafiose del 1992 in cui morirono Falcone e Borsellino. Siamo alla pura follia. Siamo ormai alla cultura dell’odio, alle congetture come quelle espresse in aula dall’onorevole Vattimo che è arrivato a chiedere al Parlamento «un’ingerenza umanitaria sul problema della libertà di stampa in Italia perché altrimenti ben presto il virus si diffonderà anche in Europa». Ma di quale virus stava parlando? Forse di quello dell’anti-italianità di cui ormai sono vergognosamente sponsor! Beh, l’Europa ha dato il suo responso ignorando in massa una discussione che sin dalle premesse si annunciava inutile e per alcuni aspetti anche volgare.
Qui sotto altri articoli di commento al caso italiano in Europa.
Il Riformista, 9 ottobre 2009
In Italia la stampa è libera o no?L'eurodibattito fa tutti contenti
Informazione. Bruxelles discute ma non decide nulla. Per il pdl Mauro «smascherate le manovre della sinistra». Per l'Idv è una «vittoria politica importante».
Di fronte alle richieste di occuparsi di libertà di stampa in Italia e nel resto d'Europa, il commissario Ue ai Media Viviane Reding risponde con una sfida: l'Europarlamento dimostri che la questione abbia davvero un aspetto transfrontaliero e di mercato interno, e che ci sia quindi una base legale per un intervento Ue, e Bruxelles si muoverà. Anche se per procedere ci vorrà «un'interpretazione molto generosa» dei Trattati Ue e bisognerà tener conto del precedente degli anni '90, quando il tentativo di elaborare una direttiva comunitaria affondò contro l'opposizione «di tutti gli Stati membri, senza alcuna eccezione».Al termine di quasi due ore di dibattito infuocato, ma in un emiciclo semivuoto, la "battaglia di Bruxelles" sul caso Italia si conclude con le due parti che cantano entrambe vittoria. «Le manovre delle sinistre italiane per strumentalizzare il Parlamento europeo a uso e consumo di chi vuole far cadere un governo democraticamente eletto con tutti i mezzi tranne quello di una vera opposizione sui programmi, sono state smascherate in modo tecnicamente ineccepibile», ha tuonato il capodelegazione del Pdl, Mario Mauro, ricordando come Reding ha invitato a «non fare uso delle istituzioni europee per risolvere problemi che in base ai trattati devono essere risolti a livello nazionale». Di tutt'altro registro il commento degli eurodeputati dell'Italia dei Valori, i primi a spingere affinché il caso Italia si affrontasse a Bruxelles. «E' una vittoria politica importante - affermano - per la battaglia in difesa della libertà di informare ed essere informati, contro il tentativo di censura e propaganda che ogni giorno rendono l'Italia sempre più simile a uno Stato illiberale».Nel Pd è prevalso il tentativo di europeizzare la questione, alzando il mirino dall'anomalia rappresentata da Silvio Berlusconi. Il capodelegazione David Sassoli ha annunciato così l'intenzione di cambiare il titolo della risoluzione che verrà votata a Strasburgo il 21 ottobre. «Vogliamo - ha detto - che tratti della discussione del pluralismo in Italia e in Europa», e non più solo della libertà d'informazione in Italia. Una linea che potrebbe essere condivisa dai Verdi di Cohn-Bendit e dal gruppo liberaldemocratico in cui militano gli eurodeputati dipietristi, anche se Gianni Vattimo ha insistito nel chiedere «all'Europa un'ingerenza umanitaria» per correggere la situazione italiana. La Lega si è contraddistinta con l'intervento di Mario Borghezio, che ha urlato ripetutamente «conigli» ai rappresentanti della Fnsi presenti in aula, i quali invece di manifestare contro lo strapotere mediatico del Cavaliere dovrebbero incatenarsi «a Pechino, a Cuba, a Teheran, dove si muore per la libertà di stampa». Mentre l'altro leghista Francesco Speroni ha preso le difese del presidente del Consiglio sciorinando dati: l'opposizione gode del 60% degli spazi sulla tv pubblica e del 49% su Mediaset, e delle 455 pronunce della Corte di Strasburgo per i diritti dell'Uomo sulla libertà di stampa solo 7 riguardano l'Italia, contro le 29 della Francia e le 28 del Regno Unito.Ma nel dibattito, che ieri il Ppe aveva tentato di cancellare, non è stato solo Berlusconi a tenere banco: diversi romeni si sono lamentati delle ingerenze sui media del presidente Traian Basescu; casi analoghi sono stati indicati in Bulgaria e Ungheria; e in diversi hanno denunciato lo strapotere del magnate di Sky Rupert Murdoch, che paradossalmente in Italia rappresenta il contropotere al duopolio Raiset. Lo spazio per allargare il discorso della libertà di stampa e del pluralismo dei media, quindi, sembra esserci. Anche se Reding ha tenuto a indicare che la strada è tutta in salita. All'eurocamera, infatti, ha chiesto non solo la risoluzione prevista tra due settimane, ma un rapporto d'iniziativa «chiaro e dettagliato, sostenuto da un'ampia maggioranza dell'Assemblea». E senza il consenso del Ppe, in cui militano gli emissari europei del Cavaliere, l'obiettivo sarà irraggiungibile.
Europa, 9 ottobre 2009, Gianni Del Vecchio
Da Roma a Bruxelles, Pd in lotta per il pluralismo
Sassoli: «Serve una direttiva europea». La commissione apre
Una direttiva europea che difenda il pluralismo dell’informazione in tutti e 27 i paesi membri. È questa la richiesta degli europarlamentari democratici alla commissione europea, così come è emersa dal dibattito in aula sul tema della libertà di stampa in Italia.Per il capodelegazione del Pd, David Sassoli, «il diritto a un’informazione libera dev’essere difeso senza esitazioni da parte dell’Unione». «Dobbiamo adoperarci per fornire norme comuni, per stabilire limiti oltre i quali l’informazione non è più considerata libera. È urgente che l’Unione intervenga, che sia adottata una direttiva volta a definire indicatori sul pluralismo e sulla difesa di un bene che deve essere disponibile a tutti». In questo modo, i dem allargano i confini della battaglia a favore della libera stampa, iniziata sabato scorso con la manifestazione romana di piazza del Popolo. Lotta che continuerà , a livello comunitario, con una risoluzione che verrà presentata alla prossima plenaria di Strasburgo, a fine mese. Intanto i primi risultati cominciano ad arrivare, visto che nel suo intervento in aula Viviane Reding, commissario alle telecomunicazioni e ai media, ha aperto alla richiesta fatta dai democratici assieme ai compagni di gruppo socialisti. In sostanza, la commissione europea potrebbe proporre una direttiva sul pluralismo dell’informazione e sulla concentrazione dei media nell’Ue, ma è necessario che su questo vi sia una richiesta chiara e dettagliata dell’europarlamento, sostenuta da un’ampia maggioranza dell’assemblea, e che, inoltre, cada l’opposizione finora unanime dei governi degli stati membri a quest’iniziativa. Insomma, la Reding è d’accordo a patto di avere un pieno mandato da parte dei parlamentari ma soprattutto un nulla osta da parte degli stati. Perché già negli anni novanta si provò a fare una cosa del genere e tutto saltò perché proprio gli stati si dissero contrari. Nonostante il tentativo di allargare la questione, portandola da un piano esclusivamente nazionale a uno più generale europeo, la giornata di ieri è stata caratterizzata da un derby tutto italiano. Nella discussione in aula vi sono stati toni molto accesi per lo scontro fra gli eurodeputati italiani dei due fronti contrapposti del centrodestra e del centrosinistra. Ma paradossalmente sono stati soprattutto i primi (che mercoledì avevano cercato di cancellare il dibattito dall’ordine del giorno) a parlare di più della situazione italiana, per negare che vi sia un problema di libertà d’informazione nel paese e per accusare l’opposizione di voler strumentalizzare il parlamento europeo per le polemiche politiche interne. Per il leghista Francesco Speroni «la questione si presenta infondata anche alla luce del fatto che tra le 455 pronunce del tribunale di Strasburgo contro i paesi che non rispettano tale libertà, solo 7 riguardano l’Italia, contro le 29 nei confronti della Francia e le 28 del Regno Unito». Ma il vero show, come al solito, è dell’altra camicia verde, Mario Borghezio, che ha definito «conigli» gli esponenti della sinistra, invitandoli ad «andare a protestare a Cuba o a Teheran». A fare da contraltare alle intemperanze leghiste, ci ha pensato dall’altra parte della barricata l’europarlamentare dell’Idv, Gianni Vattimo, che ha chiesto all’Ue «un’ingerenza umanitaria per evitare che il virus italiano si diffonda in Europa », prima di lasciare polemicamente l’emiciclo alle parole di Borghezio.Insomma, un livello di scontro molto alto, frutto di un clima politico che dopo la sentenza sul lodo Alfano s’è incattivito e intorbidito. Basti pensare alle parole del solitamente mite capodelegazione del Pdl, Mario Mauro, che denuncia «le manovre delle sinistre italiane per strumentalizzare Strasburgo ad uso e consumo di chi vuole far cadere un governo democraticamente eletto con tutti i mezzi possibili».
Marco Zatterin, in un blog de La Stampa (titolo: Parole in libertà di stampa, Conigli per gli acquisti; http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=113&ID_articolo=639&ID_sezione=242&sezione=), riflette con ironia su quanto accaduto. Ne coniglio, cioè consiglio, la lettura.

giovedì 8 ottobre 2009

Conigli

Cronaca di una giornata annunciata. Il dibattito in Europa sulla libertà d'informazione in Italia

La Stampa, 8 ottobre:

"Momenti di tensione al Parlamento Europeo nella giornata in cui si discute la libertà di stampa in Italia. Uno scambio di battute al veleno tra l'esponente della Lega Nord, Mario Borghezio, e quello dell'Italia dei Valori, Gianni Vattimo ha portato quest'ultimo ad abbandonare l'Aula tra gli applausi compiaciuti degli esponenti leghisti".

Blitzquotidiano:

"Tensione in aula dell’Europarlamento durante il dibattito sull’informazione in Italia. A scaldare gli animi il leghista Mario Borghezio che a un certo punto ha esclamato: «Andate a incatenarvi a Pechino, Cuba o Teheran. Là si muore per la libertà di informazione. Conigli, conigli, conigli». Gianni Vattimo, eletto nelle liste dell’Italia dei Valori, ha lasciato l’aula per protesta dopo avere invocato un intervento di «ingerenza umanitaria» dell’Europa per salvaguardare il libertà di informazione in Italia.
Borghezio se l’è presa anche col capodelegazione del Pd David Sassoli. «Il mio partito, che aveva rappresentanti alla Camera e al Senato, al Tg aveva lo 0,1% di spazi. Sassoli, quando stavi al Tg1, non ti sei certo stracciato le vesti» ha scandito l’europarlamentare del Carroccio nel corso del dibattito che aveva visto qualche momento di tensione anche all’inizio con uno scambio di battute polemiche fra il capodelegazione del Pdl Mario Mauro e il capogruppo del partito socialista europeo Martin Schultz.
A Schultz che gli ha rivolto direttamente una domanda sulla situazione di un paese nel quale il premier «è proprietario di televisioni», Mauro ha replicato di vedere con favore un dibattito sulla concentrazione dei media in Europa. «Così potremo parlare anche di Murdoch e far sì che non venga utilizzato ad arte un dibattito per colpire un singolo paese», ha affermato il parlamentare del Pdl (http://www.blitzquotidiano.it/politica-europea/parlamento-europeo-borghezio-grida-in-aula-conigli-e-vattimo-esce-per-protesta-117637/).

Qui il video: http://www.lastampa.it/multimedia/multimedia.asp?IDalbum=21187

Stesso video anche sul sito del Corriere della Sera: http://video.corriere.it/?vxSiteId=404a0ad6-6216-4e10-abfe-f4f6959487fd&vxChannel=Dal%20Mondo&vxClipId=2524_0fdaa9b6-b43a-11de-afa2-00144f02aabc&vxBitrate=300

Come avrete capito, non c'è stato alcun scambio di battute tra me e chi ci grida "Conigli": Borghezio era semplicemente contrariato dagli interventi di Sonia Alfano e del sottoscritto, e se l'è presa anche con Sassoli. Ecco il comunicato dell'Idv al proposito:

Roma, 8 ott (Velino) - “Rispettiamo le istituzioni comunitarie e per questo ci siamo rivolti ad esse perché crediamo che l’Europa istituzionale debba farsi carico di quanto sta accedendo in Italia in materia d’informazione. Se non spetta al Parlamento europeo vigilare sul rispetto dei diritti fondanti della democrazia da parte di uno stato membro, quale istituzione, in Europa, deve farsene carico?”. Lo affermano in una nota i parlamentari europei dell’Italia dei Valori. “Il dibattito di oggi – prosegue la nota - è stato voluto strenuamente e soprattutto dall’Italia dei Valori e dall’Alde, ed è una vittoria politica importante per la battaglia in difesa della libertà di informare ed essere informati, contro il tentativo di censura e propaganda che ogni giorno rendono l’Italia sempre più simile ad uno stato illiberale”.
“La reazione scomposta avuta dal Pdl di fronte agli interventi dei parlamentari europei dell’Italia dei Valori, Sonia Alfano e Gianni Vattimo, insieme alla strumentale accusa di voler far cadere il Governo –conclude la nota–, confermano la paura del partito di Berlusconi che lo sguardo europeo possa posarsi criticamente sull’anomalia che il presidente del Consiglio rappresenta nel mondo democratico. Continueremo a denunciare questa anomalia proprio per il senso di rispetto e di amore che ci lega al nostro Paese”. (http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=963748)

Ecco la cronaca della mattinata scritta da AffariItaliani (http://www.affaritaliani.it/mediatech/parlamento_europeo_liberta_di_stampa081009.html)

Europarlamento, nessuno in aula per la libertà di stampa
Così il commissario europeo per i media, Viviane Reding, ha aperto l'acceso dibattito al Parlamento europeo sulla libertà di informazione in Italia. Joseph Daull (Ppe): "Questa non è la sede per un regolamento di conti nazionali"

Il commissario europeo per la Società dell'informazione e i Media, Viviane Reding, durante l'atteso dibattito al Parlamento europeo a Bruxelles sulla libertà d'informazione in Italia ha affermato: "La libertà di informazione rappresenta un fondamento della società libera e pluralistica".
Il commissario ha poi spiegato che "tutte le istituzioni hanno sottoscritto la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, che, all'art.11, dice che ognuno ha diritto a libera espressione di libertà d'opinione e fornire informazione senza pressioni politiche". E riferendosi alla sentenza di ieri sul Lodo Alfano, ha quindi aggiunto: "abbiamo avuto ieri sera l'esempio in Italia".
Ha citato poi il lavoro fatto dalla Commissione europea con la direttiva tv senza frontiere, e la creazione di autorita' indipendenti in ogni Paese. Quanto alla direttiva chiesta dagli europarlamentari sul pluralismo dei media, ha fatto notare che "la commissione ha iniziato a lavorarci negli anni '90 e tutti gli Stati membri, senza eccezione, si sono opposti perché la ritenevano estranea alle competenze comunitarie".
La Reding ha ricordato d'altra parte, il "principio di sussidarietà" e cioè che la competenza Ue scatta "solo quando gli stati membri stanno applicando il diritto comunitario".
L'emiciclo del Parlamento europeo era vuoto, ma il dibattito sulla libertà dell'informazione in Italia è stato molto animato e, oltre alla Reding, ha coinvolto anche europarlamentari stranieri.
Per i gruppi tuttavia solo il Ppe ed i liberali hanno fatto scendere in campo i loro presidenti, Joseph Daull e Guy Verhofstadt: vale a dire colui che ha cercato ieri di evitare un dibattito sull'Italia invocandone invece uno europeo, e colui che lo ha promosso in prima persona. Non è invece intervenuto Antonio Di Pietro.
In ogni caso le linee dei diversi gruppi sono quelle emerse ieri. Da destra sono state sfoderate oggi molte cifre a dimostrazione della libertà di stampa in Italia. Una cifra fra tante, fornita da Francesco Speroni della Lega: "le sette sentenze, pronunciate dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo, sulla liberta' di stampa che vede l'Italia fanalino di coda tra i grandi paesi europei".
Il primo ad intervenire dopo la Reding è stato Daull: "Non ci sono in Italia aule parlamentari?" si è chiesto dopo aver ricordato le parole del presidente Napolitano quando invitava a non utilizzare il Parlamento europeo come ultima istanza per risolvere conflitti nazionali. "Non siamo sede per regolamento di conti nazionali - ha quindi concluso - La Repubblica Italiana funziona in modo democratico".
Per l'Alleanza dei Socialisti e Democratici (S&D) David Sassoli, capogruppo della delegazione italiana ha riconosciuto che "il nostro è un grande paese democratico con una grande Costituzione. Ma anche i grandi paesi - ha aggiunto - possono sbandare e noi dobbiamo adoperarci per garantire la libertà di informazione".
A nome dei Verdi, l'olandese Judith Sargentini ha sottolineato come "l'autocensura dei giornalisti italiani sia un disonore in Europa, e che la democrazia italiana rischia di diventare molto vulnerabile.
Per i liberali, invece, Guy Verhofstadt ha riconosciuto le ragioni di Napolitano, ricordando tuttavia che "il problema è anche europeo ed è dovere del Parlamento intervenire e chiedere una direttiva che salvaguardi il pluralismo dei media".
A nome del Gruppo conservatori e riformisti, Czarnecki Ryszard ha parlato di "due pesi e due misure", ricordando che "l'Ue si basa su stati nazioni. Non cerchiamo - ha quindi avvertito - di imporre delle regole per la porta di servizio".
Non è mancato il colore, con tentativi continui di interruzioni, una plateale disattenzione durante l'intervento conclusivo della Reding che ha portato alle scuse della presidente Roberta Angelilli e dello stesso Schulz, Gianni Vattimo (Idv) che ha parlato "dell'Italia campione di libertà anzi di libertinaggio".
Polemico l'intervento del leghista Mario Borghezio: "quando c'era il centrosinistra io nei TG avevo lo 0,1% e tu Sassoli non ti stracciavi le vesti né rinunciavi al tuo lauto stipendio".
Da parte sua Mario Mauro, capogruppo del Pdl all'europarlamento, ha ricordato che "nel 2004 abbiamo avuto stessa scena sotto il precedente governo Berlusconi: con il centrosinistra nulla". Mauro ha anche fatto notare che "il record delle querele presentate è del centrosinistra". Anzi, come ha precisato Elisabetta Gardini "il record spetta a Di Pietro, con 357 denuncie e 750.000 euro di risarcimenti".

Riporto qui il bel resoconto di Paola Guarnieri (per Ueb: http://ueb.blogosfere.it/2009/10/liberta-di-stampa-apertura-della-commissione-ad-una-normativa-europea.html)

Libertà di stampa, apertura della Commissione ad una normativa europea

L'unione e il dialogo fanno la forza. Questa le lezione che si può trarre dal dibattito sulla libertà di stampa in Italia che oggi ha visto impegnato il Parlamento europeo a Bruxelles.
"Se Strasburgo la chiede con posizione unitaria la Commissione europea potrebbe proporre una direttiva europea sul pluralismo dell'informazione e sulla concentrazione dei media nell'Unione" ha dichiarato il Commissario ai media Viviane Reding al termine del dibattito.
Eppure, a leggere le dichiarazione dell'intervento introduttivo la seduta sembrava intravedere un finale del tutto diverso. I panni sporchi si lavano in famiglia, aveva detto tra le righe la Reding, spiegando come l'Unione europea abbia poteri limitati nel campo della stampa scritta, ma che tutti gli Stati membri hanno istituzioni proprie per risolvere eventuali problemi legati ai diritti fondamentali. Da lì il via ad un'accesa discussione che ha visto l'aula del Parlamento spaccarsi in due.
Da una parte i rappresentanti dei popolari e dei conservatori hanno ammonito dall'utilizzare l'Unione europea quale forum per risolvere le questioni di politica interna. "Il Parlamento non ha poteri su questa materia e non dovrebbe essere strumentalizzato per i regolamenti di conti" ha ribadito il Presidente del gruppo PPE, Joseph Daul, mentre il conservatore Ryszard Czarnecki ha spiegato gli stessi temi sono emersi anche in altri Paesi dell'Unione europea, inclusa la Polonia, senza che di ciò si dibattesse al Parlamento europeo.
Sul versante opposto Socialisti-Democratici, Liberaldemocratici e Verdi hanno chiesto alla Commissione di proporre un'ampia legislazione europea sul pluralismo dei media.
"L'Italia è un grande paese democratico, come dimostrato dalla sentenza di ieri della sua Corte costituzionale - ha chiarito David Sassoli (Pd/Socialisti-Democratici) - tuttavia nei paesi dell'Unione il diritto di informazione dovrebbe essere garantito da standard comuni". Ha pertanto chiesto una direttiva europea con indicatori applicabili a tutti. Tra le voci italiane si è distinta quella di Gianni Vattimo (Idv/Liberaldemocratici) che ha chiesto all'Unione "un'ingerenza umanitaria per evitare che il virus italiano si diffonda in Europa".
Dello stesso parere il leader dei liberaldemocratici, il belga Guy Verhofstadt che ha ribadito come tre paesi dell'Unione (Italia, Romania, Bulgaria) siano stati classificati dall'organizzazione Freedom House come aventi media solo "parzialmente liberi".
Toni accesi sono arrivati anche dai Verdi che, nel ribadire la necessità dell'impegno della Commissione hanno definito "vergognoso" il tentativo di depennare questo dibattito dall'agenda. "A causa di pressioni, i giornalisti italiani applicano l'autocensura e la democrazia italiana è diventata vulnerabile" ha spiegato la deputata olandese del gruppo Judith Sargentini.
Parola che non sono volate al vento se, in chiusura del dibattito il Commissario ha espresso l'intenzione di lavorare ad una direttiva sul pluralismo dell'informazione. La questione è dunque rimandata alla prossima sessione (19-22 ottobre) di Strasburgo.
Chissà se l'Europa riuscirà a parlare con un'unica voce.

Ora sapete quasi tutto. Come dev'esser stato difficile, per il PPE, difendere Berlusconi e richiedere la cancellazione del dibattito. Chissà per quanto tempo ancora sarà disposto a farlo. Qui (http://www.youtube.com/view_play_list?p=802D39A4F3F8FFAF) troverete i video degli interventi dei deputati dell'Alde, compreso il mio.