martedì 27 novembre 2012

Nuovo realismo o vecchio marketing?

Pubblico qui di seguito, a puro scopo informativo, la replica di Mario De Caro al mio articolo apparso su La Stampa il 22 novembre scorso, nonchè la mia successiva risposta.
GVattimo 


Caro Vattimo, si può filosofare anche sul semaforo


La Stampa, 23 novembre 2012
di Mario De Caro


«Bruto è uomo d’onore» declama ripetutamente il Marcantonio di Shakespeare, nel suo discorso al rumoreggiante popolo romano, attonito per l’uccisione di Cesare e ancora indeciso sul da farsi. Ma in realtà, si sa, con la sua grande prova di eloquenza Marcantonio sta demolendo tutto quanto Bruto ha detto. Le sue lodi sono solo una captatio benevolentiae per i suoi uditori.


Mi dispiace dunque rischiare di apparire un tardo emulatore di Marcantonio se dico che ho sempre ammirato Gianni Vattimo per la chiarezza e la profondità delle sue idee (il suo libro su Heidegger, per esempio, mi è sempre sembrato quanto di meglio mai scritto sul criptico autore di Essere e tempo). Data dunque la mia alta opinione che ho di lui, ho trovato francamente sorprendente l’intervento di Vattimo sulla Stampa di ieri, in cui menzionava la raccolta di saggi Bentornata realtà, che ho appena curato con Maurizio Ferraris per Einaudi.



In primo luogo mi è parso bizzarro che nel merito dell’antologia Vattimo si limiti a dire che essa contiene «scritti di vari autori». Tra questi «vari autori» figurano alcuni dei maggiori filosofi contemporanei (da Putnam a Eco, da Searle a Marconi), che forse avrebbero meritato una qualche menzione – al pari almeno di Arbasino, del quale Vattimo riporta il giudizio «Signora mia non c’è più religione», evidentemente ineludibile per comprendere la discussione contemporanea sul realismo filosofico.


In realtà, l’impressione è che Vattimo non abbia nemmeno aperto Bentornata realtà – o se l’ha fatto, ha tenuto il segreto ben chiuso in sé. Ed è un peccato, perché in quel volume ci sono discussioni e argomentazioni che potrebbero interessarlo. Nel suo ellittico pezzo Vattimo per esempio ha scritto: «Davvero dovremmo non fidarci delle misure di lunghezza né della longitudine e latitudine solo perché sono fondate su basi convenzionali?». Da Wittgenstein a Quine, da Habermas a Kripke, sono decenni che nel mondo filosofico si discute dello statuto epistemologico delle convenzioni. Non avevo mai letto prima però che, siccome la convenzionalità del riferimento al metro di Sèvres è inoffensiva, allora non dovremmo preoccuparci del fatto che tutto è convenzionale. Cosa esattamente ciò significhi non mi è chiaro: è una sorta di argomento induttivo? Oppure vuole suggerire che il convenzionalismo in altri campi, per esempio in morale, è tanto poco pericoloso quanto quello rispetto alle unità di lunghezza? (Come se uno dicesse: «Io, a differenza di te, uso le yards invece dei metri e credo nella liceità dell’uxoricidio, tanto è solo questione di convenzioni»).


Vattimo scrive poi: «Abbiamo davvero bisogno di riferirci al diritto naturale, all’essenza dell’uomo, per non attraversare con il rosso? Certo che no». Magari mi sono perso qualcosa, ma non capisco bene chi nell’immensa discussione internazionale sul realismo abbia mai sostenuto la tesi che Vattimo critica. Tra i realisti contemporanei, Hilary Putnam è forse quello che ha indagato più in profondità lo statuto epistemologico delle convenzioni. E non solo rispetto ai semafori (che forse non sono il caso teoreticamente più urgente), ma in etica, in economia, in scienza. E a Putnam mai è passato per la mente di sostenere che siccome sostiene posizioni realiste in alcuni ambiti, allora dovrebbe negare il ruolo delle convenzioni in tutti gli ambiti.


C’è poi un punto cruciale che Vattimo trascura: la discussione contemporanea sul realismo non è una questione del tipo tutto-o-niente, come invece sembra essere l’antirealismo radicale che egli professa. Ciò che è interessante è proprio che, se si rinuncia a facili formule tipo «tutto è interpretazione», si può finalmente tornare a discutere con serenità di questioni come la realtà delle valutazioni morali, delle teorie scientifiche, dei giudizi politici. E ciò vuol dire che in alcuni casi si potrà prendere una posizione realista, in altri una posizione antirealista.


Nel suo articolo Vattimo si chiede infine con una qualche angoscia: «perché si insiste tanto a volermi far dire che se prendo aerei e treni devo credere che la scienza dice la verità, cioè rispecchia la “realtà” così com’è?». Ecco, anche su questo Vattimo potrebbe utilmente leggere l’articolo di Putnam in Bentornata realtà (così non lascia nemmeno la copia intonsa). Scoprirà che, sebbene abbiamo ottime ragioni per ritenere che le nostre teorie subatomiche descrivano la realtà fisica, ciò non vuol dire affatto che le teorie scientifiche descrivano, e meno ancora che spieghino, tutta la realtà. Magari sarà contenta anche la signora di Arbasino.



Il "nuovo" realismo? Operazione di marketing

 

La Stampa, 25 novembre 2012
di Gianni Vattimo


Il mio articolo  sul  “(nuovo?) realismo”  pubblicato il 22 novembre scorso è apparso erroneamente come una recensione alla raccolta Bentornata realtà  curata da Ferraris e De Caro. L’avevo scritto prima di vedere il libro, e al puro scopo di “attualizzarlo”, ho aggiunto imprudentemente una parentesi richiamando il titolo del volume, per cui De Caro si è sentito legittimato a discuterlo appunto come una recensione. Non intendevo né intendo recensire l’antologia di  Ferraris-De Caro perché non vedo nulla di nuovo negli scritti in essa riuniti. Alcuni degli autori (penso a Eco per esempio,  ma anche a Putnam) dicono esplicitamente che le  posizioni espresse nei loro testi sono già note da anni attraverso altre opere. Il “realismo negativo” di Eco mi risulta formulato per la prima volta in pubblico in occasione di una serie di lezioni da me tenute, proprio su suo invito, all’università di Bologna alla fine degli anni Novanta del secolo passato, e poi in un dibattito a cui partecipò Gadamer. Il “nuovo” realismo non è tanto nuovo, e il volume non spiega perché lo dovremmo considerare tale. Così , “l’immensa discussione internazionale sul realismo” a cui  De Caro immodestamente si annette, non è una discussione sul “neo”realismo  che “ritorna”; è una discussione che risale ai Greci, tanto che non si vede perché Ferraris e De Caro non abbiano incluso anche qualche testo dello Stagirita o di San Tommaso. Il “nuovo” realismo  appare qui solo per quel che è: una riuscita operazione di marketing, a cui viene fatta servire anche la mia pseudo recensione; e  che ha certo la sua legittimità e utilità,  ma non aggiunge nulla al dibattito filosofico. Quanto al diritto naturale e ai semafori, De Caro svela molto ingenuamente la sua fede assolutista: se non c’è un fondamento assoluto (divino? scientifico?) e c’è “solo” convenzione, (signora mia, caro Arbasino!) allora si potrebbe giustificare l’uxoricidio. Già, ma il rosso del semaforo è appunto convenzione, e non si vede perché De Caro lo rispetti. Attenzione, non salire in auto con lui, nemmeno nel campus della sua Tufts University!

6 commenti:

Anonimo ha detto...

a testimonianza del fatto che si tratta per lo più di un'operazione di merketing si veda il convegno organizzato a roma e sostenuto dagli editori coinvolti in questo dibattito forzato e drogato.

MAURO PASTORE ha detto...

Passato poco meno di un decennio da affermazioni di M. De Caro, a me è sovvenuta memoria di fatto metropolitano che era stato rilevante:

Un bravo toro che voleva sincerarsi degli usi ed utilizzi di pellami bovini, sconfinato e in opportuna apprensione in zona pienamente urbana, aveva giustamente segnalato in piazza cittadina (Salerno, Campania) intitolata a "XXIV MAGGIO" umane inopportune esagitazioni a lumi rossi di semafori. Constatato io di sedicenti teppisti che volevano schermare lumi di semafori, io usavo guanto nero in pelle bovina, cui superficie saggiata da toro stesso, utilizzandola bagnata e solo comunicante tonalità cromatica nera, per evitare che intervento di sedicenti o veri teppisti diminuisse funzioni semaforiche utili e considerando io, di comune accordo con toro medesimo ed altro prima volontario rinunciatario per propensioni sue più selvagge, che reali teppisti sedicenti operai e sedicenti agenti avevano reso accensioni dei rossi troppo brillanti con tattiche di unzioni superficiali.
Agenti d'ordine reputando caso eventuale di contrarietà reale, valutavano se attribuirsi lor interesse ma io facevo capir loro che non intendevo neppure premesse pratiche di cui loro reputazioni perché ne ero del tutto estraneo; infine uno di loro sopraggiunto, motociclista, scrutando guanto stesso notava che esso poteva esser atto a togliere brillantanti di troppo e nel frattempo medesimo guanto normalizzando luminosità brillantezza e permettendo funzionalità presente e futura ottimale di semaforo scevra sia da brillantanti che da antibrillantanti questi andando via coi brillantanti. Toro era entusiasta di quanto intuito su arte e tecnica in e di motociclismo e con speranze di ulteriori collaborazioni bovine-umane; infatti in suo branco era 'responsabile di relazioni esterne', con raccoglitori umani di salme di pellami di bovini naturalmente e ben deceduti.
...


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

...

Ugualmente a parallelo vaglio tecnico e scientifico umano e sociale e metropolitano bovino, sorte di Epoca delle Immagini è legata a concomitanza, di studi, fenomenologica ed ontologica, universitari ed accademici; e preponderanza di tal epocalità in sorti di tempi di mondialità e mondialismi segna sottoposizione a saperi mediabili non scientifici - scientifici da parte dei saperi non mediabili parimenti; ciò, ad esempio cui stesso messaggio (di blog) che commento qui, non significa motociclisti che comanderebbero automobilisti, ma significa necessità di capire, ad esempio non altro e per il resto pure, che motociclismo non è contro codice ma fuori codice stradale ed è menzionabile soltanto e ciò solo eventualmente è solo entro non dentro codice stradale ed invece automobilismo non è fuori codice stradale e codice stradale resta oggettivazione necessitata da effettività non legislative ma sicché trasporti pesanti (bus a pieno carico, autocarri, autotreni, sia autoarticolati che non...) sono sottoposti a Codici anche non stradali a causa di lor accadere intrinsecamente, in strade stesse, extrastradale (rilevanza cioè pesantezza di stessi veicoli in stare-per-muoversi o stare-e-muoversi) non ultraviario (invece accadere intrinsecamente ultraviario è di motociclismo) e pattinazioni con pattini stradali essendo extraviarie non superviarie sono menzionabili non più che menzionabili dentro codici stradali.

Dunque, notasi da ciò e da altro, globalità non globalismo resta esente da burocratica mondializzazione - uniformalizzazione. Resta che si può esibire non-garanzie di incognite trenarie e specialmente aeronautiche e garanzie di incognite marittime marine... ; e manifestare garanzie di recapiti solo motociclistici (cui dire di: "customing customer customized custom"... ) e di non garantibili recapiti automobilistici... ; non l'inverso.

... Ciò però non da sola saggezza filosofica di idealismo né di realismo ma da tutt'altro orientamento filosofico pure e non solo da filosofia.

...


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Filosofo e professore G. Vattimo aveva voluto portare ad estreme conseguenze indicazione di falsa realtà oggettiva e di vera realtà soggettiva in ciò ideologicamente per radicalismo anche politico ma soprattutto gnoseologico-epistemologico che in un àmbito riferibile era ineludibile, cioè contro assolutismi totalitari sia collettivisti che individualisti. Fuori di radicalismo, suo verbo era a rischio totalitarismo generico di massa (purtroppo sul tipo stesso di sciagurato patto Hitler-Stalin). Siccome estremismi politici convergenti a radicalità di azioni, non esiste, in temporalità concreta, possibilità ulteriore ermeneutica né euristica per estremismi di sottrarsi al riconoscimento di non verità di forza indicativa non anche interpretativa di contro a debolezza indicativa interpretativa...

Ma vero è (!) anche – non solo intuitivamente pure intellettualmente – che studi fisici e poi fisici - chimici sulle 'tinte' di Newton e newtoniani, se opposti a morfologici e morfologici-fisiologici-psicologici sui 'colori' di Goethe e suoi continuatori di sua scienza e con attigue, non ha più senso; ma neppure ha senso assolutizzarne per negarne. Filosofo G. Vattimo dava addio a un tipo di verità unilaterale, la quale era promulgata da stesso sistema marxista-comunista ma invalsa in forza di uno e non altro capitalismo estremo che non da parte giusta volgeva civiltà a non civiltà; ed esempio che ho accluso - in primo invio qui - mostra invece da qual ordine di realtà sia la parte giusta, ma non ottenibile finanziariamente né esibendo tessere né di partito né bancarie.


Nuovo Realismo non ha ottenuto tempi unici nazionali e extranazionali; perché in ex Blocco Ovest di ex Guerra Fredda non era attiva assunzione determinante ed ignorante di paradigmi tecnico-scientifici ma scientifici - tecnici, allora "New Realism" ha avuto sorte diversa da Nuovo Realismo, questo sostituito da Oggettività-Oggettità di pensiero fenomenologico-ontologico. Pretesa di ritrovare con Antichità Novità, resta sconfessata da Ritorno agli e degli Antichi, cui in fattispecie ed evento particolare fa riferimento filosoficamente lavoro di G. Reale non nuovi realismi di M. Ferraris. Novità resta legata a postkantismo.



MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Resta pure che Novità, di esistere, sono entro Stessità, di persistere;
e filosofie perenni o particolari ne attestano solo se in non contraddizione e solamente se in non refutazione
dei rapporti - relazioni e delle relazioni-rapporti inerenti.


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Non per caso ma per strette necessità non solo sociali e mosse da stesso testo cui necessario miei commenti qui, avevo fatto esplicazione particolarmente pignola anche su motociclismo; ed avendo avuto sentore di interessi ma pure di violente incomprensioni proprio in ambienti cui anche Stato... Dunque preciso che motociclismo assolutamente non è ciclomotorismo; dunque considerare indistintamente non è giusto e rischia di occultare incompetenze e prepotenze intromesse in Stati anche; difatti, faccio esempio non a casaccio, non solo per codice stradale o non per codice stradale si ha dovere o diritto di invitare a sgombrare oggetti da strisce pedonali –perché appunto fatte per facilitare e segnare frequenti o più possibili passaggi pedonali– o di comandare sgombero in caso di passaggio imminente o prossimo; ma neppure trattandosi di àmbito municipale si trova liceità in invertire utilizzo di segno per uno scopo in inibizione di atto non contrario a scopo stesso o a trattare sconvenienza come fosse già problema e a intervenire proprio contro impiego di oggetti neutrali e fatti già adatti per luoghi stessi di destinazione oggettuale e strumenti oltre che mezzi cioè adattabili a tutti i posti di luoghi stessi stradali o solo viari, in tal ultimo caso non bisognando assenza di strade e presenza di vie di ulteriori precetti essendo già limiti situazioni ed essendoci in ogni caso intera altra legislazione opportuna per i casi negativi reali; essendo ordetti tali oggetti mezzi-strumenti proprio motocicli e motociclette e mai ciclomotori... Invece di intender pericolosità ormai intollerabile su strade europee tutte di questi ultimi, i ciclomotori, invece di procedere interi settori di Stato ad autodenuncia, continuano ad accadere ulteriori fraintendimenti... anche da parte di chi non vuol distinguere equilibrio motociclistico, che resta tale anche con aggiunte di vetturette o vagoncini o sci e che è in moto stesso accadente e non altro accadibile motociclisticamente, neppure in tali casi motocicli o motociclette diventando automobili né essendo altri motoveicoli anche motocicli né motociclette né viceversa... nonostante settori vendite aziendali tentino continuamente di far sembrare vero il non vero, nonostante ancora ci siano falsi cataloghi misti e benché denunce già accadute di confusioni appunto intollerabili...
Se ambienti filosofici e politicizzati avevano ed hanno tentato di inibire disciplina di motociclismo per non aver tali ambienti ammesso di violenza di moltitudini contro tale disciplina, a precisazioni non doveva accadere reazione violenta né ulteriore; invece accaduta — e proprio pocanzi ennesimi oltraggi e minacce di tormenti o omicidio (contro me e non solo contro me) da parte di chi non intende neanche funzionalità istintivamente attiva di segni, segnali, segnaletiche stradali, cui non codici origini effettive principali ma appunto esigenze istintive... E dato che oltraggi e peggio avevano scopo pure di imporre resoconto, io non posso evitare di aggiungerci invito ed esortazione: chi vuole costringere a resoconti e scambia pure generosità per avarizia, si rammenti che senza cose e senza libertà milioni possono essere già stati i morti e un arrivo mancato può essere un disastro e neppure il generare una sola morte né un solo disastro è accettabile e la libertà è insegnata da stessa natura vivendo e sùbito; chi impedisce libertà per non voler sapere non può servirsi di diritto alla vita.


Quanto a semafori e filosofia, filosofia è anche decisione improvvisa e se già presa può aiutare azioni e riflessi non solo riflessioni. Chi vuol lasciar intellettualità claudicare, sia pure su "motorini motorette o motorone", non aveva diritto a sfruttare municipi né ad ennesima crociata peggio che criminale, cioè direttamente disastrosa non solo per contrarietà a competenze.

(Ma non sempre si può filosofare anche sul semaforo. Ovvio.)


MAURO PASTORE