venerdì 7 gennaio 2011

Vattimo: «Una sinistra vera non difenderebbe Marchionne»

Vattimo: «Una sinistra vera non difenderebbe Marchionne»
Il secolo XIX.it, 7 gennaio
di Ilario Lombardo

L’intellighenzia italiana, come si diceva una volta, “scende in carta” accanto agli operai Fiom. Era da tempo che non si vedeva un così alto numero di teste con la t maiuscola (letterati, sociologi, filosofi…) scaricare tutta la propria indignazione in appelli, manifesti, raccolta firme. Usciti uno dopo l’altro contro il diktat di Marchionne e per non lasciare soli i metalmeccanici della Cgil. Gli ultimi due sono opera di Micromega e di un gruppo di 19 intellettuali torinesi. In entrambi in coda all’elenco alfabetico si trova la firma di Gianni Vattimo, filosofo ed europarlamentare.

Professor Vattimo, un pensatore come lei, torinese tra l’altro, ci deve spiegare le ragioni del no a Marchionne…

«A Torino sentiamo molto quello che sta accadendo a Mirafiori. Non è solo la questione Fiat, è come se percepissimo che si tratta del primo passo nella graduale imposizione di una diversa disciplina del lavoro. Noi, democraticamente, non ce lo auguriamo».

Ma scusi, il referendum tra gli operai non è uno strumento democratico adeguato?

«Ma no, ma come si fa a pensarlo? L’idea che questi poveretti siano chiamati a votare sotto ricatto è una mostruosità. O votano come e quanto vuole Marchionne o perdono il lavoro. È un paradosso».

A Pomigliano non ha stravinto il sì, eppure i 700 milioni promessi ci saranno…

«Qui è diverso, anche perché non chiariscono cosa faranno a Mirafiori. Parlano di gipponi in stile americano che in Italia non riusciamo a vendere. Costruiranno i motori e li rispediranno negli Stati Uniti? Mah. A me viene il sospetto che il proposito sia di andarsene via. L’essenziale ora è capire perché si deve fare un referendum se deve finire come vuole il padrone. E poi, l’altra questione assurda è sulla mancata rappresentatività di Fiom, perché non ha firmato gli accordi».

Non lo prevede lo Statuto dei lavoratori?

«Lo si applicasse integralmente allora. Molto norme sono state violate. Si andrà al referendum senza una campagna precedente adeguata. Con le fabbriche chiuse e gli operai in cassa integrazione».

Marchionne vuole rendere più competitive e governabili le fabbriche. Dal suo punto di vista non ha ragione?

«Io credo che Marchionne sia il giusto manager per questo sistema capitalistico predatorio. Solo che non capisco perché non si parla anche dei salari italiani. Nonostante siano i più bassi in Europa la Fiat perde quote di mercato. Allora, penso, non sarà solo la disciplina del lavoro il problema della produttività. Servono investimenti, innovazione, tecnologia. Invece Fiat vuole spendere meno tagliando i diritti e le pause ai lavoratori».

Cosa pensa del comportamento del Pd? I suoi concittadini Chiamparino e Fassino hanno detto che voterebbero sì al referendum…

«Il problema della sinistra italiana c’è da quando si è messa in testa che solo il capitalismo ci avrebbe potuto salvare. È diventata una specie di sindacato americano, che deve garantire disciplina al capitale sociale. Il Pd è allo sfacelo. I dirigenti sentono di voler essere sinistra di governo e devono identificarsi con quel mondo. Ma, mi chiedo, perché votare l’imitazione se c’è l’originale? Una sinistra seria dovrebbe intensificare il conflitto sociale a tutti i livelli, per mettere un freno a questa logica della competitività e per spiegare a Marchionne che in Italia ci sono delle leggi e bisognerebbe rispettarle».

1 commento:

Enrico ha detto...

HAI PROPRIO RAGIONE A DARE DELL'ANALFABETA A QUESTI TRADITORI I QUALI CONTINUANO IMPERTERRITI A PROPINARCI RISOLUZIONI LE QUALI SONO BUONE SOLO PER PADRONI E VIGLIACCHI GIORNALISTI GENOFLESSI AL POTERE MAFIOSO E FASCISTA DI QUESTA CLASSE DI POLITICI CORROTTI