lunedì 24 gennaio 2011

Parlano le immagini


Parlano le immagini

L'espresso, 21 gennaio 2011

Noi facciamo esperienza del mondo applicando, spontaneamente, degli schemi: sono quelli di cui parlava Kant, che costituivano i modi elementari di ordinarsi delle cose nello spazio e nel tempo. Nel Novecento questi schemi sono stati sempre più spesso identificati con i linguaggi naturali: siamo sempre "gettati" in una lingua che condiziona e rende possibile ogni nostra esperienza del mondo. Tanto che la filosofia ha parlato di una "svolta linguistica", capace di unificare persino le due tradizioni concettuali anglosassone e continentale. Già prima di "Pensare per immagini. Tra scienza e arte" (Bruno Mondadori, pp. 152, €15) scritto insieme a Olaf Breidbach dell'università di Jena, Federico Vercellone, professore a Torino, ha variamente ripreso (anche sulla base degli scritti di Francesco Moiso) l'idea di Goethe di una morfologia che agisce nella nostra esperienza anzitutto al livello delle immagini, orientandoci nel mondo prima di, o insieme a, gli schemi iscritti nel linguaggio-parola; e che si fa sentire non solo nelle arti ma anche nella ricerca scientifica.

Una tesi densa di conseguenze, dall'estetica all'epistemologia, che Vercellone e Breidbach invitano ad esplorare, quasi richiamando il pensiero a rimettere i piedi per terra. I difensori della "linguisticità" dell'esperienza possono però non sentirsi del tutto sconfitti: i buchi neri sono pur sempre una entità centrale della fisica di oggi, e lì l'immagine sembra del tutto dissolta nel linguaggio dei segni fisico-matematici.

Gianni Vattimo

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