venerdì 7 agosto 2009

Impegno e ritorno all'ordine


Giovanni Jervis era nato nel 1933, dunque scompare abbastanza prematuramente. E tuttavia, se si pensa alla grande popolarità di cui aveva goduto ai tempi dei “Quaderni piacentini” si deve riconoscere che la sua figura di intellettuale pubblico era notevolmente sbiadita negli ultimi anni. Lo diciamo non come giudizio su di lui – Jervis ha continuato e scrivere e pubblicare fino all’ultimo, con il rigore e l’impegno che hanno sempre contraddistinto il suo lavoro; ma considerando la fortuna e la presenza pubblica della disciplina – una antropologia sociale fondata sulla psicoanalisi, ricca di risvolti politici – di cui era l’esponente di punta in Italia, un personaggio più o meno del livello di Elvio Fachinelli, anche lui morto troppo presto dieci anni fa.
Ciò che si legge nella parabola degli scritti di Jervis, fino al libro liquidatorio dell’antipsichiatria e anche a quello contro il relativismo, è il generale ritorno all’ordine che ha segnato quei movimenti sociali che, a cominciare dalle teorie di Franco Basaglia, di Michel Foucault, di Cooper e Laing, avevano avuto anche nel richiamo alla psicoanalisi e alla psichiatria uno dei loro punti di riferimento decisivi. Nel momento in cui il lavoro di Jervis subisce la definitiva interruzione, il pubblico dei non specialisti – a cui del resto lui si era cosi spesso rivolto – non può non domandarsi se il movimento di ritorno all’ordine che è visibile anche nella psicoanalisi come in altre scienze umane di oggi, abbia un senso positivo e possa essere salutato come un affermazione della razionalità (cosi lo pensava Jervis) oppure non faccia parte di quel “riflusso” conservatore che il troppo e dominante buon senso non smette di raccomandarci.
Gianni Vattimo
(La Stampa, 3 agosto 2009)

12 commenti:

daniele sensi ha detto...

Si pensi pure ai "nuovi filosofi" francesi: anche loro figli di Foucault, eppure in molti, oggi, posizionati nel campo conservatore. Non ricordo chi, ultimamente, abbia detto che la sinistra è destinata a divenire una corrente interna alla destra, ma chissà, forse il "ritorno all'ordine" significa proprio questo: messi da parte i grandi sogni collettivi (per pigrizia o per realismo; oppure per viltà e per opportunismo), gli antichi intellettuali oggi sono forse davvero destinati a giocare la parte degli illuminati all'interno dell'area politica e culturale oramai vincente. Non più mondi alternativi verso cui tendere, ma circoscritte e mirate campagne d'opinione - ora sui diritti di taluni, ora su quelli di talaltri...- da riuscire ad imporre all'attenzione dei media (che sovente non si fanno nemmeno pregare più di tanto, per la verità, visto che quelle istanze, così agitate, ben si prestano a far da foglia di fico a partiti e governi di destra che, per quanto possano "modernizzarsi", sempre di destra rimangono).

Anonimo ha detto...

Mi sorprende un giudizio così lapidario "ritorno all'ordine" così come mi sorprende l'accento critico nella frase sui "non specialisti". Li trovo entrambi ideologici e per niente analitici. Giovanni Jervis ha fatto un importante lavoro di svecchiamento della cultura del nostro paese che sembra non essere mai passata dalle parti dell'illuminismo.
Non voglio sembrarle troppo scortese ma il suo articolo mi sembra dello stesso sbrigativo, irrealistico e propagandistico livello del suo slogan di presentazione su questo blog: quando dice di sé che "vuole riformare l'Europa per rivoluzionare l'Italia."
Ecco a me sembra, ma non sono ahimé una specialista, che questo modo di esprimersi indichi insieme uno scarso rispetto per il cittadino e una "leggerezza" attribuibile forse non al solo pensiero.
Avendola letta e seguita negli anni con interesse mi sembra di riscontrare in lei, in questa recente fase della sua vita, il ritorno ad un "movimentismo" tutto gesti e slogan
rispettosamente
marina pierani

UN NON SPECIALISTA ha detto...

Comprendo le perplessità conclusive del professore , ma leggendo l'ultimo commento rimango ancora più confuso ( e non ho risolto i miei dubbi):
un lavoro di svecchiamento della cultura del nostro paese che sembra non essere mai passata dalle parti dell'illuminismo si fa ritornando all'ordine ? Certo se no a che serve lo svecchiamento? E fino a qui, ci sono. Ma se Prendo dai polverosi scaffali e butto via tutto ciò che non mi serve , compreso l'illuminismo, cosa devo lasciare ? Lascio San Tommaso e Aristotele? Oppure faccio un mix ordinato e lascio: Aristotele, Burke e Parsons ( in ordine cronologico). Non, no, non capisco, non afferro.

Scusate la mia confusione.

Un non specialista

un non specialista ( quello del commento precedente) ha detto...

ECCO FORSE HO TROVATO COME SI RITORNA ALL'ORDINE:


STUDENTESSA: La diversità di etnie quindi la diversità di popoli che si riversano in uno Stato può servire a quello stesso Stato, ad accrescere la propria identità, identità personale, cioè anche ad arricchirla secondo le varie etnie?

JERVIS: Questo è stato in qualche modo il presupposto su cui si è basato quell'insieme di popoli, che ha costituito la nazione statunitense, cioè che, in qualche modo, la ricchezza degli Stati Uniti derivasse proprio da questo crogiolo. Ora però il punto è che non è sempre facile l'equilibrio fra le diversità dei contributi e quello che poi si ottiene alla fine. Da un lato è vero che le diversità creano ricchezza di contributi, questo è vero in qualsiasi gruppo. Qualsiasi gruppo sociale funziona tanto meglio quanto più riesce ad utilizzare e a valorizzare le diversità dei propri componenti. D’altro lato però, questo amalgamarsi di contributi diversi, in qualche modo anche di contributi non sempre perfettamente a modo, deve essere in qualche modo anche qualche cosa che riesce a creare un'unità, un'unità di intenti. Oggi si è a volte preoccupati perché questo amalgamarsi non funziona sempre perfettamente bene. Quando non funziona bene? Non funziona bene quando probabilmente manca il senso di una cultura egemone, cioè quando non è più chiaro quali sono i valori a cui ci si deve amalgamare. Cioè che cos'è che si deve produrre mettendosi tutti insieme. Questo è un problema che compare in parecchi paesi e perfino negli Stati Uniti, dove questo crogiolo, questa fusione oggi non funziona più tanto bene."


QUiNDI DETTO IN SOLDONI, quando siamo in assenza di una cultura egemone, cioè quando non è più chiaro quali sono i valori dominanti a cui ci si DEVE amalgamare,l'ordine non funziona bene. E questo perfino negli Stati Uniti, dove questo crogiolo pare che oggi non funziona più tanto bene.

Soluzione :
Ritorno all'ordine come ritorno alle radici? Gli Stati Uniti devono reimbarcare, ad esempio, gli ex schiavi nelle navi dei negrieri e rispedirli in Africa, da dove furono spediti ?
O quali altri gruppi devianti dalla cultura omogenea devono essere espiantati per far funzionare bene l'ordine egemone , per aver la garanzia che possiamo conservare intatta la nostra omogeneità culturale?

Un non specialista ( quello dei due commenti precedenti) ha detto...

"D’altro lato però, questo amalgamarsi di contributi diversi, in qualche modo anche di contributi non sempre perfettamente a modo, deve essere in qualche modo anche qualche cosa che riesce a creare un'unità, un'unità di intenti."

DOMANDA:
Qualcuno più ordinato e illuminato di me, può, per cortesia, spiegarmi quali sono i contributi non sempre perfettamente "a modo" ?

Anonimo ha detto...

Questo è un problema che compare in parecchi paesi e perfino negli Stati Uniti, dove questo crogiolo, questa fusione oggi non funziona più tanto bene."

Funziona così bene che un figlio di quel "crogiolo" oggi è alla Casa Bianca a rappresentare tutte le culture egemoni e non.

mezza penna ha detto...

Scusate, un off topic, ma io i funerali di Andreotti non li pago.
http://veritaedemocrazia.blogspot.com/2009/08/breve-su-andreotti.html

Adele (penna intera) ha detto...

Tu i funerali di Andreotti non li paghi, ma ti assicuro che loro troveranno il modo per raccogliere soldi (anche i tuoi) in "sua memoria". Il ministro Bondi ha rifinanziato per il 2009, con soldi pubblici, la Fondazione Craxi. I fondatori sono Berlusconi e Dell’Utri.
Chi crede davvero che Craxi sia stato un grande statista si chiede: Ma lo scandalo dove sta?
A questa domanda risponde in modo più che esaustivo Di Pietro, in questo modo: che fondazioni intitolate a Pertini, Di Vittorio non ricevono un euro,da questo governo (..) Di Pietro continua così:
"Le fondazioni hanno il compito di promuovere la cultura nel Paese: quali valori vuol promuovere la Fondazione Craxi di cui sua figlia Stefania è presidente?"

Quindi , caro mezza Penna, se dobbiamo "bagnarci prima di piovere", pensiamo anche ai fondi che gli italiani dovranno versare, in caso di morte prematura del nostro caro senatore a vita. E se hai dubbi su chi possa essere il Presidente di questa futura fondazione... io direi, sicuramente il futuro senatore Riina. Per la stima e l'affetto che lo legò ad Andreotti, senz'altro....

Unknown ha detto...

Jervis aveva fatto parte , come psichiatra, del movimento che , con Basaglia, aveva portato alla legge 180 e , quindi , alla chiusura dei manicomi. Famoso,all'epoca, tra gli operatori il suo testo "Manuale di psichiatria" . Aveva poi abbandonato , nella fase calante del movimento il movimeto stesso dedìcandosi ad approfondire tematiche prettamente psicoanalitiche. Ora la trasformazione all'interno delle istituzioni sanitarie (compresa la psichiatria) non si e' per niente fermata, anzi e' continuata intrecciandosi, in questi anni, con le trasformazioni piu' ampie sociali avvenute nel paese e con le nuove caratteristiche che le neuroscienze e le nuove modalita' di comunicazione ; si sta verificando un'estensione impressionante e veloce di nuove modalita' e forme comunicative che stanno inducendo nuovi comportamenti che dovrebbero essere , quanto meno, oggetto di osservazione da parte delle "teste d'uovo (sodo?)" che per mandato "esclusivamente politico" , come purtroppo sappiamo,organizzano e stracomandano la sanita'). I cambiamenti nello stile comunicativo stanno sviluppando ed influenzando notevolmente (senza che spesso ci se ne renda conto) le stesse "terapie" psichiatriche ed a cascata l'organizzazione dei servizi per la salute mentale ( che in molti casi "fanno resistenza" e sembrano essere rimasti fermi agli anni immediatamente seguenti la post 180. Jervis mi sembra essersi defilato rispetto a questi argomenti ed imbozzolato in una fervida discussione sulla psicoanalisi, mentre fuori del suo bozzolo stava e sta venendo avanti l'alta velocita', purtroppo nel bene e nel male.
http://menteallegra.blogspot.com

Anonimo ha detto...

Al testo del Vattimo, in alcuni punti troppo vago a mio avviso per gli scopi della psicologia quale scienza e non solo, accludo queste formulazioni necessarie.
La psicoanalisi non è mai essa stessa una scienza.
L'antropologia scaturisce dalla considerazione dell'umanità e non da metodi psicologici, tra i quali appunto la psicoanalisi.
Nel rivolgere i propri studi di psicologia o psicoanalisi alla interezza della umanità in realtà ci si nega l'osservazione lasciandosi però possibilità di consulenze a scopo umanitario o di umanità (attualmente per questo esistono nuovi studi o preparazioni specifiche non senza scienza).
Si dice "scienze umane" e non "scienze dell'umano" per indicarne la prassi di tipo razionale che fa uso di esperienza e non esperimento in virtù di un procedere di tipo logico continuamente derivato dall'esperire stesso che non interviene sull'oggetto esperito e dunque "umana" è detta la scienza fondata sulla relazione tra pensiero umano determinato dal solo esperire con la esperienza stessa. Invero rigorosamente tali scienze sono definibili e definite empiriche ed infatti tra esse si annoverano anche studi di oggetti non umani, si pensi alla geologia. La psicologia studia non soltanto esseri umani.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Al testo del Vattimo, in alcuni punti troppo vago a mio avviso per gli scopi della psicologia quale scienza e non solo, accludo queste formulazioni necessarie.
La psicoanalisi non è mai essa stessa una scienza.
L'antropologia scaturisce dalla considerazione dell'umanità e non da metodi psicologici, tra i quali appunto la psicoanalisi.
Nel rivolgere i propri studi di psicologia o psicoanalisi alla interezza della umanità in realtà ci si nega l'osservazione lasciandosi però possibilità di consulenze a scopo umanitario o di umanità (attualmente per questo esistono nuovi studi o preparazioni specifiche non senza scienza).
Si dice "scienze umane" e non "scienze dell'umano" per indicarne la prassi di tipo razionale che fa uso di esperienza e non esperimento in virtù di un procedere di tipo logico continuamente derivato dall'esperire stesso che non interviene sull'oggetto esperito e dunque "umana" è detta la scienza fondata sulla relazione tra pensiero umano determinato dal solo esperire con la esperienza stessa. Invero rigorosamente tali scienze sono definibili e definite empiriche ed infatti tra esse si annoverano anche studi di oggetti non umani, si pensi alla geologia. La psicologia studia non soltanto esseri umani.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...


Jerbis diede valida consulenza medica al noto antropologo Ernesto De Martino sotto apparenza quasi contraria mostrando che il fenomeno del tarantismo non era oggetto possibile di possibile diagnosi.
Fu tra quelli che ebbero il merito di mettere in crisi la pratica coercitiva ai danni dei malati di mente e dei loro cari.
Decise di proporre alla attenzione della cultura medica ufficiale i testi dell'antipsichiatria perché riteneva che vi fosse tanto da emendare della pratica psichiatrica.
Si dedicò alla psicoanalisi in quanto metodo razionale in grado di sostituire ai tentativi condotti con le sostanze psicoattive l'incontro ed il pensiero ed i messaggi, che costituiscono materialmente un ambiente e non vanno perciò considerati privi di effetti anche fisici.
In riferimento alla cultura di massa e non solo di massa, mostrò gli effetti disastrosi degli intellettualismi che negando sia risultati che fallimenti, sia progressi che involuzioni, di fatto toglievano possibilità anche alla vera medicina ed in particolare a una psichiatria decente e minimamente funzionante come già basterebbe.
Questo mi risulta operato di tal Giovanni Jerbis, gli operatori del settore verifichino sui suoi libri e sulle sue cronache.

Per quanto concerne filosofia e cultura filosofica, io penso che Giovanni Jerbis fosse approdato attraverso una visione critica di derivazione kantiana ad un neopragmatismo radicale cioè avverso ad inutili e quindi fuorvianti affermazioni relativistiche. Aveva lo scopo di salvaguardare l'esistenza di una pratica medica accettabile e perciò attaccò e mise al bando il rifiuto dello "status quo", rifiuto desiderato da molti incauti intellettuali senza saggezza ma a volte non privi di capacità filosofiche (destinate al fallimento).

MAURO PASTORE