lunedì 15 giugno 2009

Due letture

Due proposte di lettura... l'Europa torna di moda!

La lezione verde di Cohn-Bendit
Mario Monti, 14 giugno 2009, Corriere della Sera

Come vivono, gli europei, la crisi economica? Ha an­cora senso che l’Europa punti allo «svilup­po sostenibile»? Può anco­ra permettersi questo «lus­so »? I risultati delle elezio­ni europee offrono indica­zioni in proposito. Da anni la Ue si è data l’obiettivo dello sviluppo so­stenibile: crescita economi­ca, ma accompagnata da conseguenze sociali accetta­bili e condotta nella tutela dell’ambiente.
Con la crisi, ci si poteva attendere che l’ambiente scendesse di priorità, con perdite per i partiti ecologi­sti; e che la situazione socia­le favorisse le sinistre. E’ av­venuto il contrario. I Verdi — in particolare in Francia, ma anche in Germania e al­trove, con l’eccezione del­­l’Italia — hanno avuto una vistosa affermazione; le si­nistre, un pesante insucces­so. Questo risultato è stato oggetto di molte analisi. Ma non se ne è pienamente colta la connessione con il modello di integrazione fi­nora seguito dalla Ue.
La protezione sociale, il welfare, sono funzioni svol­te dagli Stati membri. A li­vello comunitario, viene in­vece coltivata l’integrazio­ne, fondata sul mercato uni­co. Questa è essenziale per la crescita e per l’occupazio­ne. Ma i cittadini vedono un’Europa che, mentre im­pone il rispetto delle regole del mercato, non «offre» il sociale. A farlo, sono gli Sta­ti. L’Europa, se mai, rende difficile questa funzione de­gli Stati, perché lascia gioca­re la concorrenza fiscale tra gli stessi Stati, che drena ri­sorse, avvantaggia i capita­li, penalizza il lavoro.
Se non si porrà freno a questa tendenza, non deve sorprendere che gli elettori si rivolgano a quei partiti che non spingono per l’inte­grazione e che vogliono un’Europa che protegga, che non ostacoli troppo gli Stati che proteggono i loro cittadini e le loro imprese, anche all’interno della stes­sa Ue. Posizioni di questo ti­po, oggi, si trovano in larga misura in certi partiti di de­stra, oltre che in partiti di­chiaratamente contrari al­l’integrazione.
La protezione dell’am­biente, invece, si è diffusa nei Paesi europei in gran parte per impulso della Ue. Varie direttive sull’ambien­te, la leadership sul piano internazionale per gli accor­di di Kyoto, il pacchetto sul­l’energia e sul cambiamen­to climatico adottato in di­cembre, sono tutte manifestazioni di una Ue all’avan­guardia sul terreno ambien­tale, mentre essa appare in posizione di retroguardia sul terreno sociale.
Si capisce allora che Da­niel Cohn-Bendit possa tra­scinare un movimento eco­logista alla conquista di vo­ti con un programma che mira a rafforzare l’integra­zione economica e politica e con una campagna eletto­rale che, caso raro, ha parla­to di Europa, solo di Euro­pa.
E’ necessario riconciliare l’Europa e l’attenzione so­ciale come già sono in ar­monia l’Europa e l’attenzio­ne ambientale. E’ anche possibile? Sì, in due modi.
Un primo modo consiste­rebbe nel consentire, da parte della Ue, che ogni Sta­to si occupi delle istanze so­ciali senza riguardo all’aper­tura rispetto al resto della Ue, anche in violazione del­le regole del mercato uni­co. Forse l’Europa divente­rebbe meno impopolare, ma si avvierebbe a una rapi­da disintegrazione.
Un secondo modo, inve­ce, richiede che l’integrazio­ne prosegua, ma si estenda ad aspetti, come il coordi­namento della fiscalità, che permettano agli Stati di da­re grande attenzione al so­ciale pur rispettando il mer­cato unico. E’ la linea pro­posta su queste colonne il 10 maggio. I risultati delle elezioni ne mostrano l’op­portunità.

Se Marx seduce la destra
Barbara Spinelli, 14 giugno 2009, La Stampa

Anche le destre - forse soprattutto le destre - guardano d’un tratto a Karl Marx in altro modo: l’odierna crisi economica somiglia non poco al «continuo stravolgimento dei rapporti consolidati», alla «continua evaporazione di quel che è solido», descritti dal filosofo nel 1848. Il padre del comunismo fantasticò il riscatto di una sola classe, e fu funesto, ma la descrizione era realista, tutt’altro che fantasiosa. È vero che la borghesia tende a rispondere alle crisi «provocando crisi sempre più generalizzate, più distruttive, e riducendo i mezzi necessari a prevenirle». È vero che «la moderna società borghese è come l’apprendista stregone, incapace di controllare le potenze sotterranee da lui stesso evocate». È vero che essa «ha spietatamente strappato tutti i variopinti vincoli feudali che legavano l’uomo al suo superiore naturale, e non ha lasciato fra uomo e uomo altro vincolo che il nudo interesse, il freddo "pagamento in contanti". Ha affogato nell’acqua gelida del calcolo egoistico i sacri brividi dell’esaltazione devota, dell’entusiasmo cavalleresco, della malinconia piccolo-borghese. Ha disciolto la dignità personale nel valore di scambio e al posto delle innumerevoli libertà patentate e onestamente conquistate, ha messo, unica, la libertà di commercio priva di scrupoli». È vero infine che il capitalismo sormonta spesso i mali coi veleni che li scatenano: tra essi, «l’epidemia della sovrapproduzione». Il Capitale è di moda da qualche tempo.
A prima vista può apparire stupefacente quel che è accaduto alle elezioni europee. Marx e Keynes tornano in auge, ma per le sinistre socialiste o radicali è catastrofe: sono crollate in 16 paesi su 27, con punte massime in Francia, Germania, Inghilterra, Italia, Spagna. Al momento sono come istupidite, e non sapendo spiegare a se stesse il disastro si rifugiano nella denegazione. Il capo dei socialdemocratici tedeschi Müntefering fa finta di nulla e giudica assurdo l’esito, «visto che abbiamo spiegato così bene l’Europa sociale». I compagni francesi balbettano. Franceschini, in Italia, emette il verdetto, consolatorio e falso: «Abbiamo perso perché il vento della destra soffia così forte in Europa».
In realtà non ha vinto un vento di destra ma un vento ben contraddittorio: il vento di una destra pragmatica, spregiudicata, non più ideologica, che pur di mantenere il potere agguanta ogni utensile a disposizione. Soprattutto gli utensili della socialdemocrazia: lo Stato che protegge i deboli, e se necessario governa estesamente l’economia. Quel che la destra ha fatto in pochi mesi è impressionante: è stata lei a chiudere l’era Thatcher, sorpassando una sinistra paralizzata dai complessi di colpa, allergica a una conflittualità di cui si vergogna, ammaliata per 13 anni dal Nuovo Labour di Blair e dal suo mimetismo thatcheriano. Senza patemi la destra europea ha smesso l’antistatalismo, la lotta alla spesa pubblica, il dogma delle privatizzazioni. Con sotterfugi linguistici esalta perfino il Welfare: dice «stabilizzatori automatici» per non dire Stato Provvidenza. Uomini come Tremonti scoprono l’anticapitalismo, chiamandolo anti-mercatismo. Qualche tempo fa, in una manifestazione della sinistra estrema a Parigi, ho incontrato un militante che mi ha detto: «Beati voi che avete Tremonti!».
Niente vento di destra dunque, ma un’usurpazione più o meno cinica di idee socialdemocratiche e anche marxiste che devasta le sinistre classiche. Se in Europa si riapre la questione sociale saranno Sarkozy, Tremonti, Angela Merkel a gestirla, nazionalizzando o stampando moneta. Essenziale è traversare il torrente con ogni mezzo, e sperare che si torni allo status quo ante senza mutare il modo di sviluppo produttivistico. Marx e Keynes sono usati non per cambiare modello, ma per perpetuarlo con l’ambulanza del Welfare. È un modello che socialisti e sindacati condividono, quando accusano la destra di ultraliberismo o si limitano a chiedere aumenti salariali e tutela dei posti fissi. Per questo sono oggi ombre di se stessi.
Le elezioni europee non dicono tuttavia solo questo. Le sinistre defraudate sono aggrappate allo status quo ma nuove forze emergono, che pensano la crisi con sguardo più profondo e lungo. Che seguono con estrema attenzione Obama e presentono, in quel che annuncia, la possibilità di una trasformazione, di un ricominciamento. È il caso dei Verdi in Francia, Germania, Inghilterra, Svezia, Belgio, Grecia, Finlandia. È il caso dei liberali-legalitari di Di Pietro, e perfino di forze inedite come i Pirati in Svezia. Quattro consapevolezze accomunano questi gruppi. Primo, la crisi presente è tettonica, e non si esaurisce nella questione sociale. Secondo: il capitalismo di Stato che ovunque risorge accresce i poteri dello Stato censore sulle libertà cittadine. Terzo: la corruzione che ha accompagnato la crisi può perdurare, perché le urgenze governative sono altre. Quarto: il ricominciamento dovrà accadere in Europa, non negli Stati-nazione.
Daniel Cohn-Bendit è precursore in questo campo, e il suo successo è significativo. La questione sociale non è negata, ma egli la vede in connessione stretta con il clima: dunque con una crescita alternativa, e come ha detto Obama al vertice dei G-20, con un «mercato dei consumi meno vorace». A suo avviso sia la destra che la sinistra difendono lo status quo: la crescita dei consumi e di vecchie produzioni, la lotta sul clima rinviata al dopo-crisi, come nei desideri di governanti e imprenditori italiani. «È come se le sinistre avessero nel computer un software inadatto», dice: un «software produttivistico» sorpassato e nocivo. Il carisma del leader verde non è senza legami con quello di Di Pietro, De Magistris, Arlacchi. Anche i francesi di Europa-Ecologia hanno schierato giudici: Eva Joly, numero due nella lista, ha indagato sulla corruzione dei potenti (incriminando il faccendiere Tapie o - nell’affare Elf - l’ex ministro degli Esteri Roland Dumas) ed è esperta in delinquenza finanziaria internazionale. Anche lei è cittadina d’Europa: come Cohn-Bendit è franco-tedesco, lei è franco-norvegese.
Infine c’è il Partito dei Pirati: una formazione che ha raccolto il 7 per cento ed è il terzo partito svedese per numero di iscritti. La sua battaglia per il libero e completo accesso a internet è emblematico segno dei tempi: con il dissesto dei giornali e l’estendersi del capitalismo di Stato, si è visto negli ultimi giorni quanto sia prezioso lo spazio internet e dei blog. È prezioso in Francia, dove la Corte costituzionale ha appena invalidato una legge che vieta lo scaricamento di programmi, affermando che solo il giudice può emettere sanzioni e non l’autorità amministrativa. È prezioso in Italia, dove la libertà internet è minacciata dalla nuova legge sulle intercettazioni: lo spiega molto bene Giuseppe Giulietti sul quotidiano online per la libertà d’espressione (Articolo21.info).
L’impotenza dello Stato-nazione accelera le cose. Sono cresciuti i partiti concentrati sull’Europa, per respingerla o approvarla. I Verdi sono i soli, nel voto di giugno, ad aver appreso la dimensione sovranazionale delle politiche europee. Cohn-Bendit è l’unico ad aver parlato in nome d’un partito non nazionale: il che vuol dire che non siamo giunti, con la crisi delle sinistre tradizionali e del modello produttivistico, alla fine del progetto europeo pensato dai fondatori. Sono sfibrate le forze dimentiche dell’Europa, non quelle che investono su essa e reinventano. L’analisi di Cohn-Bendit è giusta: «Una forza politica moderna deve avere oggi dimensioni europee. E la crisi della socialdemocrazia la si risolverà solo formulando, contro le alternative nazionali, alternative europee. È qui che il socialismo ha fallito: aveva davanti a sé un boulevard in Europa, e ha dato risposte solo sul piano nazionale».

2 commenti:

albe^_^ ha detto...

La lezione verde è interessante... L'interesse 'verde' aumenta altrove, ma non in Italia, dove i verdi sono una piccola comunità che ha dovuto 'cercare alloggio' in un altro partito. Credo ci sia un diverso modo di intendere il verde, il paesaggio, la natura.

Perché la natura dev'essere un limite e non una risorsa? Prenda l'esempio della Sardegna (dove sto), che tanti vorrebbero cementificare del tutto, anziché rispettarne e tutelarne la bellezza.

Verde, dunque. Verde come? Verde acceso? verde spento? verde talebano? In Italia abbiamo avuto questi verdi un po' talebani, quelli del 'no a prescindere'. Allora: il nucleare no perché è pericoloso, il carbone no perché inquina, solare ed eolico rovinano il paesaggio... E ALLORA? Torniamo alle caverne?

Il "progresso" ci ha portato ad uno stile di vita parecchio più comodo. Il punto è rendere sostenibile questa comodità. Poi, chi l'ha detto che l'ambiente non possa offrire lavoro, e quindi venire in aiuto al 'sociale'? La presenza del verde aiuta la qualità della vita?

albe^_^ ha detto...

Sul secondo testo: forse non è tanto la 'seduzione di Marx', quanto una semplice necessità. Finché sembrava che tutto tirasse, ecco la 'fiera del liberismo', nessuna regola, acquisti pazzi e consumi pazzi. Poi il meccanismo si inceppa, come qualcuno aveva 'predetto' (ed era stato preso per uccello del malaugurio), è chiaro che tutti hanno paura e chiedono aiuto a "mamma Stato".

La cosa incredibile è l'astuzia di queste destre che si appropriano di altre idee cambiandone soltanto il nome. In questo modo guadagnano consenso mentre gli altri sembrano inadatti sia nel primo che nel secondo scenario.