domenica 27 marzo 2011

Il ragazzo che credeva ai miti


Il ragazzo che credeva ai miti
L'Espresso, 24 marzo 2011

Furio Jesi (1941-1980) è stato una delle figure intellettuali più vivaci nell'Italia della seconda metà del Novecento. Un enfant prodige: negli anni Cinquanta già si era fatto notare per importanti studi nel campo dell'archeologia e della scienza delle religioni. Il suo primo libro (sulla Ceramica egizia) esce a Torino, città dovev vive, nel 1958. Da quegli stessi anni comincia a intessere un rapporto epistolare con maestri del pensiero che, come anzitutto Karoly Kerenyi, ne apprezzano il lavoro. I libri dello studioso ungherese del mito e della religione antica costituiscono il nerbo della famosa Collana viola curata per l'Einaudi da Cesare Pavese. Lo studio del mito e il rapporto con Kerenyi (terminato tra il 1967 e il 1968, perché Jesi, ebreo, assume un atteggiamento critico nei confronti della guerra dei Sei giorni, e poco dopo si schiererà con gli studenti contestatori) sono il filo conduttore della vita di Jesi, che pubblica negli anni della maturità libri come "Letteratura e mito" e "Cultura di destra". Una maturità che si interrompe repentinamente, a causa di un banale incidente domestico. Il denso libro che ora gli dedicano Marco Belpoliti e Enrico Manera (a cura di) "Furio Jesi" (Marcos y Marcos, pp. 349, euro 25), in cui si raccolgono sia frammenti delle sue opere, sia numerose testimonianze e studi sul suo lavoro - apre un orizzonte vastissimo su tutta la cultura italiana ed europea del secolo scorso. Di essa Jesi è stato, e merita di essere considerato ancora per il futuro, uno dei più suggestivi e determinanti protagonisti.
Gianni Vattimo

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