Sulla dolce morte c'è ipocrisia in Italia molti casi nel silenzio
La Repubblica — 18 febbraio 2010 — Intervista a Gianni Vattimo (di Paolo Griseri)
TORINO - L'unica cosa da evitare, in casi come questi, è l'ipocrisia. Il filosofo Gianni Vattimo sintetizza così il suo commento sulla vicenda Gosling: «La verità è che, anche in Italia, la libertà delle scelte dipende dalla classe sociale. Chi può si rivolge a un amico medico e nessuno sa nulla. Poi tutti discutono dei massimi principi».
Professor Vattimo, anni fa lei rivelò di aver fatto un patto con il suo compagno. Il caso Gosling è simile al suo? «La principale differenza è che, a quanto risulta, il compagno di Gosling era lucido e cosciente. Noi avevamo stabilito che scelte di questo genere le avremmo compiute solo nel caso in cui uno dei due non fosse più consapevole».
Chi avrebbe dovuto materialmente compiere il gesto estremo? «Ci siamo iscritti tutti e due ad un' associazione svizzera che si chiama Dignitas. Siamo andati a Zurigo e abbiamo aderito sapendo che sarebbe stato un ospedale di quella città ad accompagnarci nell'ultimo ricovero».
Una scelta che conferma oggi? «Il mio compagno è morto nel suo letto, non abbiamo avuto bisogno di rivolgerci all'associazione. Ma io ho continuato a pagare la quota: ogni anno spendo 150 euro. L'obolo è l'occasione per riflettere. Ci sono momenti in cui mi immagino come un incubo di essere all'ingresso dell'ospedale di Zurigo ad accompagnare qualcun altro. Sono contento di non aver dovuto accompagnare il mio amico».
Lei è favorevole all'eutanasia? «Assolutamente sì».
Si sarebbe comportato come Gosling? «Non conosco il caso specifico ma certo se una persona che soffre mi chiedesse di farlo, credo che lo farei».
Lei continua a professarsi cattolico, nonostante queste sue posizioni? «Certo».
Non c'è contraddizione tra questa sua posizione e la dottrina della Chiesa? «Il fatto è che la morale cattolica è stata tutta virata sul tema della difesa della vita biologica. Una posizione strumentale, legata alle battaglie sull'aborto. Una posizione che contrasta con gli stessi insegnamenti della chiesa. La sopravvivenza biologica e la vita sono due cose diverse. Altrimenti non c'è differenza tra la masturbazione e il genocidio. Ma anche il martirio sarebbe in contrasto con quella dottrina. Da bambini ci indicavano come modelli i santi che avevano scelto il motto: "la morte ma non il peccato". Che cosa è cambiato da allora? Non è più vero?».
Lei sarebbe favorevole a una modifica dell'attuale legge italiana? «Ovviamente. Altrimenti anche la mia iscrizione all'associazione svizzera rischia di diventare inutile».
Come mai? «Perché in Italia l'omicidio del consenziente è vietato. E sarebbe trattato da complice di omicidio chi acconsentisse alla mia richiesta e mi trasferisse a Zurigo. Spero che, se fosse necessario, si trovi qualche amico disposto ad accompagnarmi almeno al confine. Spero soprattutto, ma temo che non succederà, che la legge italiana sia un giorno in grado di distinguere tra la sopravvivenza biologica e la vita».
In caso contrario? «In caso contrario le cose continueranno ad andare come oggi: chi può trova un amico medico e chi non può soffre fino alla fine. Possiamo dirla così: le classi sociali più elevate se la cavano e gli altri si arrangiano».
1 commento:
Intervista da condividere fin nelle virgole!
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