L'espresso, 4 febbraio 2010
Edipo del terzo millennio
Ma la (sacrosanta) lotta edipica contro l’autorità paterna non sarà, alla fin fine, solo ispirata dall’esigenza di scegliersi un altro padre come lo vogliamo noi, senza la barbarica soggezione alla legge del sangue? Può darsi che una simile riflessione faccia parte di quella – altrettanto barbarica – soggezione alla altalena “naturale” delle epoche: fino a ieri ha dominato la sessantottesca volontà libertaria, oggi proprio i figli degli anarchici di quarant’anni fa, ribellandosi all’anarchismo dei padri, ricominciano a sentire il bisogno di guide, di auctoritates, di guru e maestri? È molto probabile che quelle che ci sembrano epoche o fasi della cultura e del costume sociale siano solo possibilità sempre presenti che “fanno epoca” quando per qualche ragione (naturale? culturale?) vengono tirate fuori dal “magazzino di maschere teatrali” della storia di cui parlava già il Nietzsche della Seconda Considerazione Inattuale, seguendo un andamento che, per fortuna, non è prevedibile né in base a leggi naturali né in base a leggi storiche. Non sappiamo perché, dunque, ma ci sembra che oggi l’idea di trovarsi un maestro, un consigliere, un direttore di coscienza, magari addirittura un capo di partito da seguire senza troppe sottigliezze statutarie e defatiganti elezioni primarie stia acquistando una nuova popolarità, una “presentabilità” culturale che non era la stessa un po’ di tempo fa. Tanti fattori si possono citare per spiegare questo fenomeno, ammesso che sia tale: dal sistema dei media al progressivo venir meno della fiducia nei meccanismi della democrazia come li conosciamo noi. L’autorità carismatica come la descriveva Max Weber non è certo il meglio che ci possiamo aspettare; ma potrebbe non essere un esito tanto inverosimile della “dialettica dell’illuminismo” presagita da Adorno, che sembra tutt’altro che conclusa. Nessuna trasformazione storica radicale, del resto, si è mai compiuta per decisione democratica; Luigi XVI non è stato decapitato dopo lo svolgimento di un regolare referendum tra tutti i francesi. E nessuno di noi viene al mondo per propria libera scelta. L’origine ci sfugge sempre, e questa è la forza dei miti e delle religioni. Forse però anche dell’amicizia, dell’amore, della dedizione a una causa storica che ci “affascina”, persino della devozione a un capo (“de tu querida presencia, comandante Che Guevara”?). Il padre, o il “signore”, a cui sentiamo di doverci ribellare è solo il padre primordiale, l’emblema di tutte le imposizioni “naturali. Scegliersene un altro, o vari altri, è la possibilità che il mondo nichilista post-moderno ci offre per non ripetere sempre di nuovo la storia di Edipo. Verità, queste, che quasi ogni filosofia degna del nome fatica ad accettare. Nel caos multiculturale delle società post-moderne, quella che gli uomini d’ordine chiamano crisi di valori è solo il fatto che nessuno crede più a una univoca disposizione naturale delle cose; anche sulla paternità si possono nutrire dubbi, e abbondano le analisi biologiche che aiutano a dissiparli.
Edipo del terzo millennio
Ma la (sacrosanta) lotta edipica contro l’autorità paterna non sarà, alla fin fine, solo ispirata dall’esigenza di scegliersi un altro padre come lo vogliamo noi, senza la barbarica soggezione alla legge del sangue? Può darsi che una simile riflessione faccia parte di quella – altrettanto barbarica – soggezione alla altalena “naturale” delle epoche: fino a ieri ha dominato la sessantottesca volontà libertaria, oggi proprio i figli degli anarchici di quarant’anni fa, ribellandosi all’anarchismo dei padri, ricominciano a sentire il bisogno di guide, di auctoritates, di guru e maestri? È molto probabile che quelle che ci sembrano epoche o fasi della cultura e del costume sociale siano solo possibilità sempre presenti che “fanno epoca” quando per qualche ragione (naturale? culturale?) vengono tirate fuori dal “magazzino di maschere teatrali” della storia di cui parlava già il Nietzsche della Seconda Considerazione Inattuale, seguendo un andamento che, per fortuna, non è prevedibile né in base a leggi naturali né in base a leggi storiche. Non sappiamo perché, dunque, ma ci sembra che oggi l’idea di trovarsi un maestro, un consigliere, un direttore di coscienza, magari addirittura un capo di partito da seguire senza troppe sottigliezze statutarie e defatiganti elezioni primarie stia acquistando una nuova popolarità, una “presentabilità” culturale che non era la stessa un po’ di tempo fa. Tanti fattori si possono citare per spiegare questo fenomeno, ammesso che sia tale: dal sistema dei media al progressivo venir meno della fiducia nei meccanismi della democrazia come li conosciamo noi. L’autorità carismatica come la descriveva Max Weber non è certo il meglio che ci possiamo aspettare; ma potrebbe non essere un esito tanto inverosimile della “dialettica dell’illuminismo” presagita da Adorno, che sembra tutt’altro che conclusa. Nessuna trasformazione storica radicale, del resto, si è mai compiuta per decisione democratica; Luigi XVI non è stato decapitato dopo lo svolgimento di un regolare referendum tra tutti i francesi. E nessuno di noi viene al mondo per propria libera scelta. L’origine ci sfugge sempre, e questa è la forza dei miti e delle religioni. Forse però anche dell’amicizia, dell’amore, della dedizione a una causa storica che ci “affascina”, persino della devozione a un capo (“de tu querida presencia, comandante Che Guevara”?). Il padre, o il “signore”, a cui sentiamo di doverci ribellare è solo il padre primordiale, l’emblema di tutte le imposizioni “naturali. Scegliersene un altro, o vari altri, è la possibilità che il mondo nichilista post-moderno ci offre per non ripetere sempre di nuovo la storia di Edipo. Verità, queste, che quasi ogni filosofia degna del nome fatica ad accettare. Nel caos multiculturale delle società post-moderne, quella che gli uomini d’ordine chiamano crisi di valori è solo il fatto che nessuno crede più a una univoca disposizione naturale delle cose; anche sulla paternità si possono nutrire dubbi, e abbondano le analisi biologiche che aiutano a dissiparli.
Gianni Vattimo
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