Che cos’è la verita? La domanda su cui almeno da un paio di millenni si spaccano la testa filosofi e scienziati è solo apparentemente una questione astratta e ha invece molto a che fare con la nostra vita quotidiana e con la politica. Nei giorni scorsi il presidente della Camera Gianfranco Fini ha dichiarato che non si possono fare leggi «basate sulla fede» , ovvero su una Verità rivelata di cui la gerarchia, nel caso dell’Italia quella cattolica, si fa portavoce. Su questo punto il filosofo Gianni Vattimo - per il resto su posizioni politiche diametralmente opposte - probabilmente sarebbe d’accordo. Per Vattimo infatti la Verità con la V maiuscola semplicemente non esiste, né nell’ambito religioso, né in quello filosofico e neppure in quello scientifico. Non esistono cioè verità assolute, basate su una natura umana immutabile. In questa prospettiva la verità diventa un effetto, un effetto di potere, come pensava Michel Foucault, e quindi una verità eterodiretta, imposta, ma che può essere anche il risultato di un dialogo, di mediazione e diventare perciò una verità democratica. Vattimo, 73 anni, filosofo impegnato in politica, è stato parlamentare europeo e adesso candidato con L’Italia dei valori, ha raccolto queste idee nel suo nuovo libro “Addio alla verità” (Meltemi, pagine 143, 13 euro) che sarà presentato oggi alle 17 a Genova, nella chiesa di San Torpete in piazza San Giorgio.
«In questo libro da un lato sono diventato più realista» spiega il filosofo «nel senso di considerare la verità strettamente connessa con il potere, ma dall’altro sono diventato più cristiano, perché sono convinto che invece della verità oggettiva debba valere la solidarietà con gli altri. L’unica realtà oggettiva è quella che ottiene il consenso».
Non le pare un po’ pericoloso?
«Certo, ci sono dei problemi, la democrazia è faticosa, ma il mio obiettivo non è certamente il conformismo. Ma una verità come negozi azione e non come imposizione di un dato considerato oggettivo».
Ma questa idea può valere anche per la scienza?
«Direi di sì. Lo stesso esperimento, ripetibile da tutti, ha sempre l’obiettivo dell’approvazione altrui. Formulare la legge della gravitazione universale in base alla caduta della mela non ci dice molto sulla caduta della mela, ci permette di trattare altre cadute analoghe e ciò però dipende molto dalle altre persone che sperimentano. Tutti lo riconoscono perché c’è, ma il fatto c’è perché tutti lo riconoscono. La componente soggettiva, di appello agli altri, è tale anche in quei tipi di verità che sembrano le più oggettive, come quelle appunto della scienza sperimentale. La costruzione della verità è un processo dialettico: io dico una cosa, gli altri me ne obiettano delle altre e alla fine ci mettiamo d’accordo».
È il metodo democratico?
«Penso che sia il fondamento di ogni possibile democrazia. Se ci fosse un’oggettività sovrumana, come dice il Papa, o nel funzionamento della società, come sostiene qualcun’altro, allora dovremmo affidarci agli esperti invece siamo una comunità che vuole autogovernarsi».
Lei è quindi un relativista “assoluto”?
«C’ è un relativismo di chi se ne infischia e vuole fare quello che gli pare e un relativismo che invece dice: ci sono diverse interpretazioni e bisogna confrontarle. I relativisti del primo tipo non vogliono confrontare nulla, è troppo faticoso, meglio avere qualcuno che ti dice cosa pensare e cosa fare. Per dirla brutalmente il popolo bue e i pochi che comandano».
Nel libro si ipotizza anche un Dio “plurale”.
«Ci sono teologi tedeschi come Scheilermacher che andavano in quella direzione. Oggi nessun cattolico sosterebbe la tesi extra ecclesiam nulla salus, ciò vuol dire che c’è qualcosa di diverso in un mondo multiculturale anche nel guardare alla religione. Non vedo il senso di un proselitismo cristiano sfrenato. Io credo molto al Vangelo, ma non penso che sia l’unica via , ritengo che Gesù sia uno dei modi in cui Dio si dà a un’epoca, a una storia».
«In questo libro da un lato sono diventato più realista» spiega il filosofo «nel senso di considerare la verità strettamente connessa con il potere, ma dall’altro sono diventato più cristiano, perché sono convinto che invece della verità oggettiva debba valere la solidarietà con gli altri. L’unica realtà oggettiva è quella che ottiene il consenso».
Non le pare un po’ pericoloso?
«Certo, ci sono dei problemi, la democrazia è faticosa, ma il mio obiettivo non è certamente il conformismo. Ma una verità come negozi azione e non come imposizione di un dato considerato oggettivo».
Ma questa idea può valere anche per la scienza?
«Direi di sì. Lo stesso esperimento, ripetibile da tutti, ha sempre l’obiettivo dell’approvazione altrui. Formulare la legge della gravitazione universale in base alla caduta della mela non ci dice molto sulla caduta della mela, ci permette di trattare altre cadute analoghe e ciò però dipende molto dalle altre persone che sperimentano. Tutti lo riconoscono perché c’è, ma il fatto c’è perché tutti lo riconoscono. La componente soggettiva, di appello agli altri, è tale anche in quei tipi di verità che sembrano le più oggettive, come quelle appunto della scienza sperimentale. La costruzione della verità è un processo dialettico: io dico una cosa, gli altri me ne obiettano delle altre e alla fine ci mettiamo d’accordo».
È il metodo democratico?
«Penso che sia il fondamento di ogni possibile democrazia. Se ci fosse un’oggettività sovrumana, come dice il Papa, o nel funzionamento della società, come sostiene qualcun’altro, allora dovremmo affidarci agli esperti invece siamo una comunità che vuole autogovernarsi».
Lei è quindi un relativista “assoluto”?
«C’ è un relativismo di chi se ne infischia e vuole fare quello che gli pare e un relativismo che invece dice: ci sono diverse interpretazioni e bisogna confrontarle. I relativisti del primo tipo non vogliono confrontare nulla, è troppo faticoso, meglio avere qualcuno che ti dice cosa pensare e cosa fare. Per dirla brutalmente il popolo bue e i pochi che comandano».
Nel libro si ipotizza anche un Dio “plurale”.
«Ci sono teologi tedeschi come Scheilermacher che andavano in quella direzione. Oggi nessun cattolico sosterebbe la tesi extra ecclesiam nulla salus, ciò vuol dire che c’è qualcosa di diverso in un mondo multiculturale anche nel guardare alla religione. Non vedo il senso di un proselitismo cristiano sfrenato. Io credo molto al Vangelo, ma non penso che sia l’unica via , ritengo che Gesù sia uno dei modi in cui Dio si dà a un’epoca, a una storia».
(tratto dal Secolo XIX, 20 maggio 2009)http://ilsecoloxix.ilsole24ore.com/p/cultura/2009/05/20/AMHvCDbC-pluralista_globalizzato_bisogno.shtml)
2 commenti:
Caro Prof. Vattimo, terro' questo commento molto breve perche', non vedendo nessun commento sul blog, sono incerto se la funzione commento funzioni. Leggo sul Corriere.it una Sua dichiarazione: "Invece di chiedere a Berlusconi notizie da gossip su Noemi - afferma Gianni Vattimo, candidato alle europee per l'Idv - sarebbe meglio costruire un progetto di società realmente alternativo." Purtroppo, non si sa mai, con i giornali, quando una dichiarazione sia stata estratta dal suo contesto in modo fuorviante. In ogni caso, se potesse dedicare un intervento sul Suo blog alla questione, credo che cio' sarebbe utile non solo ma a me ma ad altri elettori dell'IDV. Detto molto in breve, sono molto sorpreso che le vicende riguardanti Noemi Letizia ed il Presidente del Consiglio vengano considerate questioni di "gossip". Grazie.
Lo farò, lo farò. Solo una precisazione: di commenti ce ne sono, è che inseriamo talmente tanti post al giorno che forse si fa fatica a commentare tutto!
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