In questi giorni di giri per mercati, mi accorgo che l’astensionismo è probabilmente persino più elevato di quanto non vogliano farci credere sondaggi, statistiche e conta stessa dei voti. Che ci si presenti con le tipiche frasi, “Sono Gianni Vattimo, candidato per l’Italia dei Valori al Parlamento europeo”, o che s’interpelli il potenziale elettore con il più aggressivo: “Vogliamo cacciare Berlusconi dall’Italia e dall’Europa?”, la reazione è spesso di totale indifferenza, quando non di fastidio. In quest’ultimo caso, l’elettore spiega di non poterne più, di quei soliti politici che promettono ma non fanno nulla, che sono lì solo per intascare, che sono tutti uguali; quei politici che “ho votato per trent’anni, e nulla è cambiato”. Certo, è vero che nel tentare di passare oltre e non essere disturbati, gli elettori spesso finiscono comunque per guardare il santino, e vedono il simbolo dell’Italia dei Valori. Un barlume di speranza improvvisamente s’accende e l’elettore si ferma, per prendere il santino e magari spendere qualche parola col candidato. Come se Di Pietro facesse breccia – e ciò è un bene di per sé, al di là della preferenza per quel partito – tra elettori stanchi e delusi.
Ma la sensazione di sconforto resta. E allora cosa? Quando osservo i giovani che distribuiscono la mia faccia ai mercati insieme a me, mi capita di pensare che in fondo una risposta all’astensionismo c’è, seppure debole (ma fino a che punto? Forse è meno debole di quanto si pensi). L’elettore, come detto, urla la sua protesta: li ho votati per trent’anni, e non è successo nulla. Già, ma i giovani possono rispondere: “E io?”. Loro non possono dire altrettanto. Non hanno votato “inutilmente” per trent’anni: devono necessariamente trovare una risposta diversa. Quando i giovani rispondono “e io?”, l’elettore si ferma forse imbarazzato, giustificando la rassegnazione: “ne ho viste più di te”, ecc. Ma il giovane non può che ribattere, “io ci sto provando. In gioco c’è il mio futuro, oltre al vostro”. L’elettore tenta allora di spostare l’oggetto: “infatti, siete voi che dovete cambiare le cose”. Sì, risponde il giovane, ma se non riesco a coinvolgere le persone che votano da trent’anni, non potrò mai cambiare nulla, né spingere i giovani astensionisti a ripensare all’occasione perduta: molti di loro, lo dico per esperienza personale (avendo osservato come i ragazzi che sostengono la mia candidatura tentino di persuadere i loro coetanei astensionisti a votare), non attendono altro che un altro giovane disposto a discutere, faccia contro faccia, le ragioni della sua passione politica. I “vecchi” elettori tornano allora con la mente a quando stavano dall’altra parte. E magari ripensano a quanto appena detto. Se anche non è cambiato nulla per loro (ma è poi vero?), questo non è un buon motivo per spegnere le speranze dei giovani.
Ma la sensazione di sconforto resta. E allora cosa? Quando osservo i giovani che distribuiscono la mia faccia ai mercati insieme a me, mi capita di pensare che in fondo una risposta all’astensionismo c’è, seppure debole (ma fino a che punto? Forse è meno debole di quanto si pensi). L’elettore, come detto, urla la sua protesta: li ho votati per trent’anni, e non è successo nulla. Già, ma i giovani possono rispondere: “E io?”. Loro non possono dire altrettanto. Non hanno votato “inutilmente” per trent’anni: devono necessariamente trovare una risposta diversa. Quando i giovani rispondono “e io?”, l’elettore si ferma forse imbarazzato, giustificando la rassegnazione: “ne ho viste più di te”, ecc. Ma il giovane non può che ribattere, “io ci sto provando. In gioco c’è il mio futuro, oltre al vostro”. L’elettore tenta allora di spostare l’oggetto: “infatti, siete voi che dovete cambiare le cose”. Sì, risponde il giovane, ma se non riesco a coinvolgere le persone che votano da trent’anni, non potrò mai cambiare nulla, né spingere i giovani astensionisti a ripensare all’occasione perduta: molti di loro, lo dico per esperienza personale (avendo osservato come i ragazzi che sostengono la mia candidatura tentino di persuadere i loro coetanei astensionisti a votare), non attendono altro che un altro giovane disposto a discutere, faccia contro faccia, le ragioni della sua passione politica. I “vecchi” elettori tornano allora con la mente a quando stavano dall’altra parte. E magari ripensano a quanto appena detto. Se anche non è cambiato nulla per loro (ma è poi vero?), questo non è un buon motivo per spegnere le speranze dei giovani.
6 commenti:
Penso che la risposta 'giovane' ci sia, solo che la 'Casta' ha paura di renderla visibile. Penso ad esempio alle liste civiche proposte da Beppe Grillo. Penso al proliferare di tanti blog 'politici', dove i giovani criticano quei 'dinosauri' che in Parlamento ipotecano il futuro tagliando scuola, università e ricerca. Penso ai tanti volontari giovani che spesso supportano dei candidati. Penso agli 'attivisti' dei tanti movimenti.
Credo che in tanti giovani ci sia un rinnovato interesse per la politica, e non per 'certi' politici. C'è attenzione per i temi dell'attualità, dell'energia, della tecnologia, della Rete.
C'è poi il resto degli elettori, quelli che appunto "è trent'anni che voto, ma non cambia nulla; promettono e non mantengono...", o quelli che "c'è un amico che mi ha chiesto il voto...". Questa categoria rappresenta purtroppo la maggioranza.
Tale maggioranza è, a mio avviso, quella più colpita dal qualunquismo. È la stessa maggioranza che vota per 'tifoseria' o a seconda degli spot sentiti o letti. È quella che non vuole informarsi. È quella maggioranza che spesso sceglie di non impegnarsi o non esprimersi, spesso senza nemmeno avere idea dei nomi, dei programmi e soprattutto dei risultati ottenuti.
Per parlare nello specifico delle astensioni per le Europee, c'è da dire che praticamente non si parla mai di Europa, di idee, di opportunità, di intenti. L'Europa diventa sempre più importante, e tuttavia se ne parla sempre meno. È vista come qualcosa di assolutamente distante...
Potremo mai parlare un giorno di 'cittadino europeo'?
Me lo auguro. E mi batterò perché accada, per altro seguendo una tradizione prettamente italiana, in ciò (ricorda i passi avanti fatti con i rapporti italiani sull'integrazione nei primi anni Ottanta), poi purtroppo andata quasi completamente perduta.
Ci si dovrebbe battere soprattutto per incentivare e favorire questa 'risposta giovane'. Partiamo dai partiti: quanto spazio danno alle candidature giovani? Quanto spazio danno alle loro idee? L'Italia è ancora un paese gerontocratico... Non penso che un miliardario (in euro!) 72enne si preoccupi o debba preoccuparsi del futuro. Possiede così tanti soldi che non gli basterebbero due vite per spenderli tutti...
... ma chi si occupa allora del futuro dei giovani, e più in generale della nazione?
Piccola deviazione dal tema di partenza... le chiedo: qual è l'importanza dell'esperienza nel rapporto tra giovani e politica? Dubito si possa ridurre tutto ad una questione meramente 'anagrafica'. Allo stesso tempo è impossibile che un 'politico' debba essere un 'tuttologo', così come è difficile immaginare una qualche 'scuola di politica'...
Certo, non è solo una questione anagrafica. Me ne rendo conto dopo quarant'anni di insegnamento, quarant'anni di confronti con gli studenti e di sforzi per "entrare nella testa dell'altro".
Gli ultimi giorni della campagna elettorale sono faticosissimi. Ma, come scrivevo, quando incontro persone che sentono (o che provano a scommettere) sull'importanza e la radicalità dell'attività politica, mi consolo un po'.
Ha centrato il punto... Un candidato di un altro partito aveva espresso le sue perplessità su quei candidati 'alle prime armi' o 'per caso', forse con una nota di disprezzo per 'i giovani'.
Leggendo quell'opinione ho ribaltato la domanda: quale importante contributo hanno dato certi dinosauri in politica 'da sempre'? Penso allora alle liste civiche proposte da Beppe Grillo (a proposito... una possibile alleanza?), con tanti giovani motivati, onesti e incensurati che vogliono offrire il loro impegno per la cittadinanza... Ok, magari avranno poca 'esperienza', ma avranno tempo e modo di farla... Se non altro si preoccupano del futuro in prima persona!
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