Sto forse partecipando a una nuova, piccola, guerra di Spagna, quella dove si collaudarono le armi per la seconda guerra mondiale? La manifestazione studentesca di Torino del 19 maggio, che alla fine ha visto due fermi e – forse con un po’ di esagerazione – venti agenti di polizia feriti, a quanto pare non gravi – non sarà un banco di prova per mettere a punto tecniche di repressione della guerriglia urbana di cui il governo sente di aver bisogno nel futuro prossimo?
Molti segni sembrano far pensare a questa spiegazione, che altrimenti sarebbe difficile da trovare. Tra questi segni, alcuni – non sappiamo se prodotti davvero da un unico “grande vecchio”, da un progetto di provocazione deliberato, ma certo molto ben congegnati – paiono particolarmente indicativi: già il nome della riunione dei rettori di quaranta università di tutto il mondo, battezzata subito “G8 dell’università”, come se quasi chiunque non sapesse che evocare il G8 suscita immediatamente reazioni contestative, oggi tanto più prevedibili dato lo stato di crisi di una città come Torino, dove solo qualche giorno prima si è consumato l’altro episodio “preoccupante”, e stigmatizzato con toni apocalittici da tutto il coro della stampa “indipendente”, della contestazione a Rinaldini della Fiom. Ma altro ancora fa pensare alla provocazione deliberata: chi comanda le forze di polizia a Torino è lo stesso vice-questore Spartaco Mortola della Diaz di Genova (otto anni dopo; era proprio necessario mandare lui?) ; e l’uso ostentato di elicotteri sul corteo, anche, a quanto pare, per sparare lacrimogeni. Come al G8 di Genova, il governo, sempre più incapace di fronteggiare seriamente la crisi economica, pensa di salvarsi trasformando il tutto in una questione di ordine pubblico. Fino a quando? Difficile sperare che sia solo per il periodo elettorale.
2 commenti:
Caro professore, da madre, avendo una figlia che tutti giorni si reca all'Università per seguire i suoi corsi, sono realmente preoccupata soprattutto per queste parole minacciose:
«Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand’ero ministro dell’Interni (…). Gli universitari? Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri. Le forze dell’ordine dovrebbero massacrare i manifestanti senza pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli a sangue e picchiare a sangue anche quei docenti che li fomentano ».
Spesso, come la settimana scorsa,mi chiedo con angosciosa preoccupazione: E se per caso, mia figlia un giorno si dovesse trovare a passare in via Po, in via Verdi,per andare a lezione, mentre è in atto una manifestazione?
Ma dove è finita la NOSTRA SICUREZZA, la sicurezza che deriva dalla fiducia di vivere in uno Stato governato dalle leggi e non dall'arbitrio? Forse la Democrazia in questo Paese è stata sempre un'illusione e non ce ne siamo mai accorti.
Non è di crisi dei valori che bisognerebbe parlare ma di "falsa coscienza", direi.
Giusto, concordo su tutto. Ma se anche la democrazia è un'illusione, soprattutto da noi, bisogna battersi perché non lo sia (soltanto). Churchill: il peggior regime, eccezion fatta per tutti gli altri. Appunto, nessuna illusione: ma che almeno democrazia sia. Ed è - ma lo ripeto da anni, criticato da tutti coloro che non vogliono si usi la parola regime, ohibò - in pericolo.
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