Scritti civili. Un realismo che non si è mai piegato all’accettazione della «naturale» violenza della politica
La Stampa - TuttoLibri, 10 ottobre 2009.
Ci si può domandare fino a che punto gli scritti che Marco Revelli (autore anche di una lucida introduzione e di un vasto apparato critico) ha scelto per questo volume dei «Meridiani» Mondadori siano rappresentativi di tutto Bobbio, come forse il lettore si aspetterebbe. A prima vista, molto ovviamente e come Revelli dice fin dall'inizio, mancano qui i testi del Bobbio studioso di dottrine politiche e filosofo del diritto, cioè una vasta parte della sua produzione intellettuale, quella per cui è giustamente riconosciuto e letto in tutto il mondo.
Come torinesi, possiamo persino avvertire nelle pagine qui presentate un profumo di «torinesità» che potrebbe sembrare imbarazzante, una specie di provincialismo che coincide più o meno con il Bobbio «azionista», nel senso del Partito d'Azione; anche questo un fenomeno non solo torinese, ovviamente,ma profondamente radicato nella cultura subalpina: lo si capisce se si pensa per esempio, come a molti di noi viene spontaneo, alla impossibilità di «tradurre» applicandolo a Torino, il motto «una Milano da bere» che circolò per un po' ai tempi del craxismo. Bobbio ci appare, senza alcun significato limitativo della portata della sua opera, profondamente radicato in una Torino che non è mai stata «da bere» come la Milano degli Anni Ottanta.
Ma insomma: il volume che ora si pubblica rappresenta o no tutto Bobbio? Certamente no nel senso che i lettori possano riferirsi solo ad esso pensando di esaurire così la conoscenza dell'autore. Ma tuttavia - salvo il proposito lodevole di leggere o rileggere le altre opere (la bibliografia che chiude il volume è di una vastità impressionante) – quello che ci viene incontro in queste pagine è il Bobbio autentico, il Bobbio totale.
Il titolo che Revelli ha scelto per il volume, Etica e politica, è il senso che unifica tutti gli scritti, anche i più «accademici» e specialistici, di Bobbio, a cominciare da quel prezioso studio su Hobbes (Einaudi, 1989) del quale si sentono così spesso le tracce nei vari saggi raccolti, fino alle pagine dell'Elogio della mitezza in cui Bobbio sembra schierarsi decisamente dalla parte di una politica che ripudia ogni machiavellismo, anche se proprio Machiavelli insieme a Hobbes è sempre stato uno dei suoi riferimenti preferiti.
In questi due autori che inaugurano in molti sensi la moderna filosofia della politica, Bobbio ha sempre cercato l'ispirazione del suo realismo disincantato che non si è mai piegato all'accettazione della «naturale» violenza che accompagna (sempre?) l'azione politica, almeno se vuole avere successo. La sua è sempre stata una lotta per affermare, accanto al riconoscimento delle ragioni di Machiavelli, le ragioni della morale.
Ecco perché si è sempre pensato come un filosofo «analitico», sia nel senso della vicinanza all'omonima corrente filosofica anglosassone, sia per il metodo che contraddistingue il suo approccio ai temi che tratta. Sembra persino difficile definire una filosofia «bobbiana», data la passione con cui, per ognuno dei problemi che affronta (pensiamo qui alle pagine sull'etica laica, su destra e sinistra, su pace e guerra, su libertà e eguaglianza...) egli si preoccupa soprattutto, come dice anche esplicitamente, di tracciare delle mappe piuttosto che indicare delle soluzioni.
Questa «inconcludenza», che spesso è stata rimproverata (ci sono anche barzellette feroci) alla filosofia analitica, assume in Bobbio un vero e proprio significato etico, che trova la sua espressione più chiara nell'Elogio della mitezza che non a caso è uno dei suoi scritti ultimi, una sorta di testamento spirituale in cui lo stesso autore sembra voler riassumere il lavoro di tutta la vita.
Proprio per capire il senso della mitezza come riassunto anche della filosofia di Bobbio, sembra particolarmente felice l'idea di Revelli di aprire questo volume con una serie di «ritratti», scritti su «compagni e maestri» che Bobbio ha avuto sempre presenti come riferimenti ideali. A parte Cattaneo e Gobetti, gli altri sono suoi contemporanei, spesso conosciuti di persona, soprattutto i compagni nell'impegno politico, moltissimi torinesi: Franco Venturi, Massimo Mila, Leone Ginzburg, Franco Antonicelli, Vittorio Foa, Primo Levi, Alessandro Galante Garrone, Carlo Casalegno…
Questa parte del volume è certo la più gustosa da leggere, anche perché Bobbio è uno scrittore niente affatto accademico o parruccone, sebbene egli stesso abbia sempre detto di essere uno che scrive ma non necessariamente uno scrittore. Non ci sono solo aneddoti e piccoli quadri di vita; vi si delinea invece, attraverso questo colloquio con personalità esemplari, proprio quello che si può considerare la sostanza etica dell'insegnamento di Bobbio. Che non consiste nell'offrire soluzioni, ancorché teoriche, dei problemi che affronta e che ci riguardano tutti. Ma nel costruire una sorta di «mondo» nel quale ci invita ad abitare con lui e i suoi «exempla».
Viene in mente qui un filosofo che Bobbio conosceva ma certo non apprezzava per tanti aspetti: Martin Heidegger, il quale nel saggio sull'Origine dell'opera d'arte (1936) sostenne che l'opera d'arte è «messa in opera della verità» perché «apre un mondo», un mondo nel quale ci fa abitare.
Ecco, l'impressione dominante che si ricava da questo libro è che per Bobbio la filosofia, la sua filosofia militante (forse poi non così puramente «analitica» come lui credeva) sia non una proposizione di tesi, ma l'apertura di un mondo. Etica è diventare capaci di abitare questo mondo, di diventarne (anche politicamente) cittadini, conversare con gli spiriti magni che lo popolano; e con Bobbio stesso a cui dobbiamo immensa riconoscenza per averci fatto, e farci ancora, da guida.
Come torinesi, possiamo persino avvertire nelle pagine qui presentate un profumo di «torinesità» che potrebbe sembrare imbarazzante, una specie di provincialismo che coincide più o meno con il Bobbio «azionista», nel senso del Partito d'Azione; anche questo un fenomeno non solo torinese, ovviamente,ma profondamente radicato nella cultura subalpina: lo si capisce se si pensa per esempio, come a molti di noi viene spontaneo, alla impossibilità di «tradurre» applicandolo a Torino, il motto «una Milano da bere» che circolò per un po' ai tempi del craxismo. Bobbio ci appare, senza alcun significato limitativo della portata della sua opera, profondamente radicato in una Torino che non è mai stata «da bere» come la Milano degli Anni Ottanta.
Ma insomma: il volume che ora si pubblica rappresenta o no tutto Bobbio? Certamente no nel senso che i lettori possano riferirsi solo ad esso pensando di esaurire così la conoscenza dell'autore. Ma tuttavia - salvo il proposito lodevole di leggere o rileggere le altre opere (la bibliografia che chiude il volume è di una vastità impressionante) – quello che ci viene incontro in queste pagine è il Bobbio autentico, il Bobbio totale.
Il titolo che Revelli ha scelto per il volume, Etica e politica, è il senso che unifica tutti gli scritti, anche i più «accademici» e specialistici, di Bobbio, a cominciare da quel prezioso studio su Hobbes (Einaudi, 1989) del quale si sentono così spesso le tracce nei vari saggi raccolti, fino alle pagine dell'Elogio della mitezza in cui Bobbio sembra schierarsi decisamente dalla parte di una politica che ripudia ogni machiavellismo, anche se proprio Machiavelli insieme a Hobbes è sempre stato uno dei suoi riferimenti preferiti.
In questi due autori che inaugurano in molti sensi la moderna filosofia della politica, Bobbio ha sempre cercato l'ispirazione del suo realismo disincantato che non si è mai piegato all'accettazione della «naturale» violenza che accompagna (sempre?) l'azione politica, almeno se vuole avere successo. La sua è sempre stata una lotta per affermare, accanto al riconoscimento delle ragioni di Machiavelli, le ragioni della morale.
Ecco perché si è sempre pensato come un filosofo «analitico», sia nel senso della vicinanza all'omonima corrente filosofica anglosassone, sia per il metodo che contraddistingue il suo approccio ai temi che tratta. Sembra persino difficile definire una filosofia «bobbiana», data la passione con cui, per ognuno dei problemi che affronta (pensiamo qui alle pagine sull'etica laica, su destra e sinistra, su pace e guerra, su libertà e eguaglianza...) egli si preoccupa soprattutto, come dice anche esplicitamente, di tracciare delle mappe piuttosto che indicare delle soluzioni.
Questa «inconcludenza», che spesso è stata rimproverata (ci sono anche barzellette feroci) alla filosofia analitica, assume in Bobbio un vero e proprio significato etico, che trova la sua espressione più chiara nell'Elogio della mitezza che non a caso è uno dei suoi scritti ultimi, una sorta di testamento spirituale in cui lo stesso autore sembra voler riassumere il lavoro di tutta la vita.
Proprio per capire il senso della mitezza come riassunto anche della filosofia di Bobbio, sembra particolarmente felice l'idea di Revelli di aprire questo volume con una serie di «ritratti», scritti su «compagni e maestri» che Bobbio ha avuto sempre presenti come riferimenti ideali. A parte Cattaneo e Gobetti, gli altri sono suoi contemporanei, spesso conosciuti di persona, soprattutto i compagni nell'impegno politico, moltissimi torinesi: Franco Venturi, Massimo Mila, Leone Ginzburg, Franco Antonicelli, Vittorio Foa, Primo Levi, Alessandro Galante Garrone, Carlo Casalegno…
Questa parte del volume è certo la più gustosa da leggere, anche perché Bobbio è uno scrittore niente affatto accademico o parruccone, sebbene egli stesso abbia sempre detto di essere uno che scrive ma non necessariamente uno scrittore. Non ci sono solo aneddoti e piccoli quadri di vita; vi si delinea invece, attraverso questo colloquio con personalità esemplari, proprio quello che si può considerare la sostanza etica dell'insegnamento di Bobbio. Che non consiste nell'offrire soluzioni, ancorché teoriche, dei problemi che affronta e che ci riguardano tutti. Ma nel costruire una sorta di «mondo» nel quale ci invita ad abitare con lui e i suoi «exempla».
Viene in mente qui un filosofo che Bobbio conosceva ma certo non apprezzava per tanti aspetti: Martin Heidegger, il quale nel saggio sull'Origine dell'opera d'arte (1936) sostenne che l'opera d'arte è «messa in opera della verità» perché «apre un mondo», un mondo nel quale ci fa abitare.
Ecco, l'impressione dominante che si ricava da questo libro è che per Bobbio la filosofia, la sua filosofia militante (forse poi non così puramente «analitica» come lui credeva) sia non una proposizione di tesi, ma l'apertura di un mondo. Etica è diventare capaci di abitare questo mondo, di diventarne (anche politicamente) cittadini, conversare con gli spiriti magni che lo popolano; e con Bobbio stesso a cui dobbiamo immensa riconoscenza per averci fatto, e farci ancora, da guida.
Gianni Vattimo
Norberto Bobbio, ETICA E POLITICA, Mondadori, pp. CXXXVI-1714, euro 55
Gli «scritti di impegno civile» di Norberto Bobbio escono nei Meridiani a cura di Marco Revelli. Un’antologia di pagine tratte da libri (da Politica e cultura a Maestri e compagni), atti di convegni, riviste. Integrale il saggio Destra e sinistra. L’«Autobiografia intellettuale» precede le tre sezioni in cui è divisa l’opera: «Compagni e maestri», «Valori politici e dilemmi etici», «Le forme della politica».
Gli «scritti di impegno civile» di Norberto Bobbio escono nei Meridiani a cura di Marco Revelli. Un’antologia di pagine tratte da libri (da Politica e cultura a Maestri e compagni), atti di convegni, riviste. Integrale il saggio Destra e sinistra. L’«Autobiografia intellettuale» precede le tre sezioni in cui è divisa l’opera: «Compagni e maestri», «Valori politici e dilemmi etici», «Le forme della politica».
3 commenti:
Ho conosciuto Bobbio attraverso i suoi scritti, per ragioni di studio. E' uno dei pochi, rari esempi di intellettuali "facili da comprendere" anche da chi non ama lo studio impegnativo. Ho sempre apprezzato il suo stile lineare, chiaro, aperto, esplicativo...democratico ed ho anche amato il suo spirito. Il suo continuo richiamo etico verso quella coppia di parole tanto dolce quanto difficile da realizzare: la libertà eguale. Se continuo a leggere le sue pagine , ancora adesso,è per quelle sue parole che ho sottolineato sui libri e nel mio cuore e che spesso vado a cercare. Fino a quando ci saranno dominati e dominatori, schiavi e padroni, ricchi e miseri... la stella polare che ci guida verso la giustizia e l'eguaglianza brillerà sempre. Quella stella si chiama "stella" del socialismo ed io ci credo ancora.
Bobbio è un degno compare di Scalfari: entrambi scrivevano belle letterine al Duce, riempiendolo di complimenti. Poi il vento è cambiato e le due banderuole lo hanno seguito. Due fulgidi esempi di libero pensiero (dettato da altri).
Molti intellettuali vissuti almeno in parte al tempo hanno ceduto al richiamo del, o sono semplicemente nati sotto il fascismo, magari in una famiglia che aveva scelto il quieto vivere anziché la lotta aperta. Il fascista Licio Gelli divenne partigiano, e aiutò i suoi nuovi compagni consegnando loro gli amici di un tempo. Preferisco guardare al ragionamento piuttosto che all'istinto, alla scelta motivata anziché alla reazione, alla coerenza degli anni anziché all'impulso di un momento.
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