COSCA E CHIESA
“L’espresso”, 29.10.09
di Gianni Vattimo
Che la mafia sia un fenomeno profondamente radicato nella cultura italiana, specialmente della Sicilia, e anche in una parte della tradizione religiosa del nostro cattolicissimo Paese, si può vedere confermato dal bel libro di Augusto Cavadi ora pubblicato da da una grande casa editrice cattolica, la San Paolo (”Il Dio dei mafiosi”, pp. 243, euro 18). Nel porsi il problema di spiegare come mai una associazione sanguinaria come la mafia annoveri tra i propri componenti e capi tanti, non banalmente ipocriti, credenti, Cavadi offre nel suo libro un affascinante ritratto della cultura siciliana, e più ampiamente italiana, e di una larga parte della cultura cattolica che ancora è maggioritaria nel nostro Paese (e nei risultati elettorali). Intanto, la mafia non è solo un affare di delinquenza comune, ma una sorta di ideologia complessiva che solo come tale può impegnare i suoi membri fino alla morte. E sul suo sfondo ci sta una “teologia” che l’autore identifica come specifica del “cattolicesimo mediterraneo”, e che tutti noi, meridionali o no, abbiamo almeno in parte respirato con la nostra educazione religioso-familiare. Non c’è nessun rapporto di causalità fra teologia cattolica (autoritarismo, disprezzo per la vita terrena, familismo amorale, culto del sacrificio ecc.) e mafiosità. Ma che tanto spesso di fatto le cose vadano insieme merita una attenta riflessione, anche da parte della gerarchia ecclesiastica.
1 commento:
Come può essere normale un paese dove il simbolo supremo del Bene è rappresentato da un cadavere martoriato appeso ad una croce?!
Dalle mie parti gira una "madonna" con un pugnale conficcato nel cuore, sembra un film di paura.
Poi ci si scandalizza se una donna mostra inavveritamente le cosce.
La nostra è una cultura del terrore. Un terrorismo teologico che impone la morte come monito alla coscienza delle masse. Dalla sincope che ne deriva trasuda la surreale contraddizione dei nostri comportamenti infami.
E' un problema culutrale..? Allora, dobbiamo avere il coraggio di gurdarci dentro senza ipocrisie.
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