Sul Corriere della Sera di oggi, Pierluigi Battista definisce il boicottaggio della Fiera del Libro di Torino da parte dell’International Solidarity Movement e del Forum Palestine, boicottaggio che io stesso condivido come ho pubblicamente dichiarato, come una “fissazione”, una vera e propria ossessione ispirata, cito direttamente, dall’“idea che i libri devono essere nascosti e gli scrittori imbavagliati”. Battista finge di non capire, e ciò è alquanto deprecabile, che il proposito dei boicottatori non è, ovviamente, quello di imbavagliare gli scrittori egiziani e di coprire i loro libri sotto il silenzio.
Quello che i boicottatori vogliono esprimere è la loro opposizione all’invito rivolto all’Egitto quest’anno, e a Israele l’anno scorso, in qualità di paesi ospiti d’onore alla Fiera. Come d’altronde spiega brillantemente Ala Al-Aswani su La Stampa di oggi, la protesta scaturisce dalla presenza di una delegazione governativa che invita a sua volta alcuni scrittori egiziani per partecipare alla Fiera.
I boicottatori non si oppongono certo alla presenza degli scrittori egiziani e dei loro libri alla Fiera, ma alla dimensione politica che necessariamente l’evento assume; all’invito di un governo palesemente anti-democratico (che Ala Al-Aswani definisce testualmente “una dittatura”), che contrariamente a quanto affermato dalle autorità egiziane nel corso della presentazione della Fiera stessa, non favorisce certo la libertà di stampa, la protezione dei diritti civili, o una politica estera orientata al rispetto della democrazia nelle relazioni internazionali. Il boicottaggio contro l’invito a Israele in qualità di paese ospite d’onore alla Fiera 2008 avveniva nello stesso spirito.
L’invito rivolto a singoli scrittori oppositori dei regimi a democrazia limitata qui ricordati è certamente auspicabile, ma non risolve il problema: la Fiera dovrebbe piuttosto occuparsi di organizzare incontri appunto sul tema dei guasti portati da simili regimi, incontri ai quali saremmo ben lieti di partecipare, ma è difficile che ciò avvenga se i paesi in questione e le loro autorità governative, prima che gli scrittori e i loro libri, sono invitati come ospiti d’onore. Su La Repubblica di oggi, Rolando Picchioni dichiara di temere che il boicottaggio sia un pretesto per attaccare la Fiera del Libro in quanto tale, e che la Fiera non possa più invitare i paesi e le loro culture a meno che non siano passati al vaglio della “personale democrazia del filosofo e dei suoi accoliti”.
Naturalmente, si tratta di timori infondati: se, come pare, i prossimi paesi ospiti saranno il SudAfrica e l’Argentina, i boicottatori saranno i primi a congratularsi con la Fiera, per l’invito rivolto a paesi che hanno saputo lottare efficacemente contro derive totalitarie estremamente difficili da combattere. Il caso del SudAfrica è esemplare, e anzi costituisce un modello di lotta all’autoritarismo interno e internazionale; un esempio al quale paesi quali Israele ed Egitto dovrebbero costantemente guardare per impostare politiche realmente democratiche nei confronti dei loro stessi cittadini così come nelle relazioni internazionali che intrattengono con i paesi vicini.
Quello che i boicottatori vogliono esprimere è la loro opposizione all’invito rivolto all’Egitto quest’anno, e a Israele l’anno scorso, in qualità di paesi ospiti d’onore alla Fiera. Come d’altronde spiega brillantemente Ala Al-Aswani su La Stampa di oggi, la protesta scaturisce dalla presenza di una delegazione governativa che invita a sua volta alcuni scrittori egiziani per partecipare alla Fiera.
I boicottatori non si oppongono certo alla presenza degli scrittori egiziani e dei loro libri alla Fiera, ma alla dimensione politica che necessariamente l’evento assume; all’invito di un governo palesemente anti-democratico (che Ala Al-Aswani definisce testualmente “una dittatura”), che contrariamente a quanto affermato dalle autorità egiziane nel corso della presentazione della Fiera stessa, non favorisce certo la libertà di stampa, la protezione dei diritti civili, o una politica estera orientata al rispetto della democrazia nelle relazioni internazionali. Il boicottaggio contro l’invito a Israele in qualità di paese ospite d’onore alla Fiera 2008 avveniva nello stesso spirito.
L’invito rivolto a singoli scrittori oppositori dei regimi a democrazia limitata qui ricordati è certamente auspicabile, ma non risolve il problema: la Fiera dovrebbe piuttosto occuparsi di organizzare incontri appunto sul tema dei guasti portati da simili regimi, incontri ai quali saremmo ben lieti di partecipare, ma è difficile che ciò avvenga se i paesi in questione e le loro autorità governative, prima che gli scrittori e i loro libri, sono invitati come ospiti d’onore. Su La Repubblica di oggi, Rolando Picchioni dichiara di temere che il boicottaggio sia un pretesto per attaccare la Fiera del Libro in quanto tale, e che la Fiera non possa più invitare i paesi e le loro culture a meno che non siano passati al vaglio della “personale democrazia del filosofo e dei suoi accoliti”.
Naturalmente, si tratta di timori infondati: se, come pare, i prossimi paesi ospiti saranno il SudAfrica e l’Argentina, i boicottatori saranno i primi a congratularsi con la Fiera, per l’invito rivolto a paesi che hanno saputo lottare efficacemente contro derive totalitarie estremamente difficili da combattere. Il caso del SudAfrica è esemplare, e anzi costituisce un modello di lotta all’autoritarismo interno e internazionale; un esempio al quale paesi quali Israele ed Egitto dovrebbero costantemente guardare per impostare politiche realmente democratiche nei confronti dei loro stessi cittadini così come nelle relazioni internazionali che intrattengono con i paesi vicini.
Pisa, 16 aprile 2009
Gianni Vattimo
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