L'Espresso, 4 agosto 2011
Gianni Vattimo
A Farewell to Truth, by Gianni Vattimo, translated by William McCuaig (Columbia, £17)
In this dense but spryly provocative work, leaning mainly on Heidegger and Nietzsche, Vattimo – both a philosopher and a member of the European parliament – reclaims "nihilism" as a positive guiding spirit for our time, in an age where the "death of metaphysics" is widely acknowledged, yet leaders still appeal to "absolutes" to justify wars. Despairing of the Catholic church, our "enslavement" to "electronic media", and analytic philosophy, Vattimo bets everything on what he sees as the central Christian ideal of "charity", translatable also as Richard Rorty's "solidarity". Both require, as the book's lovely final image has it, that we keep an eye on "a more distant future that we can never really forget".
Io ho urlato molto domenica 3 luglio cercando di avvicinarmi al cosiddetto cantiere della Maddalena a Chiomonte, Val di Susa. Cosiddetto cantiere perché era, ed è ancora, semplicemente una piccola zona fortificata dove circa un migliaio di agenti di polizia sanno asserragliati e cercano di tener lontani i molti abitanti della Valle che da mesi avevano occupato la zona per impedire l’avvio di lavori per il famoso tunnel che dovrebbe servire al nuovo Treno ad Alta velocità (TAV) Torino-Lione.
I valsusini occupanti sono stati scacciati alla fine di giugno con una operazione militare che a detta del ministro dell’Interno doveva garantire l’inizio dei lavori di scavo del primo tunnel – condizione indispensabili perché non sia tolto il contributo europeo di 672 milioni di euro, promesso per la realizzazione dell’opera.
I cittadini della Val Susa che si oppongono al TAV – quasi tutti,e cioè quelli che non hanno interessi economici diretti nella costruzione, e invece sono minacciati dalle gravi conseguenze che ne deriverebbero, quali aumento dei tumori da respirazione di amianto e uranio, vent’anni circa di lavori in tutta la Valle con andirivieni di camion carichi di materiali di scavo, distruzione di vigne e coltivi, demolizione di abitazioni e inquinamento di falde acquifere – hanno cercato in tutti i modi di fare ascoltare la loro voce alle autorità competenti (!), anche in ottemperanza a specifiche direttive contenute negli accordi stipulati dai governi - italiano, francese, regione Piemonte, Unione Europea - ma sono stati sistematicamente e illegalmente esclusi da tutti i vari tavoli di concertazione, dove era permesso sedere solo a sindaci e amministratori locali dichiaratamente e preventivamente favorevoli all’opera.
In queste condizioni è maturato il loro urlo, risuonato fortissimo soprattutto domenica 3 luglio, e ripetuto a Torino la sera dell’8 – sempre nel silenzio quasi completo dei media “indipendenti” di ogni specie.
Il silenzio in cui i valsusini sono stati tenuti per tutti questi anni di tenace resistenza, e quello a cui si sono ridotti domenica 3 luglio sotto la pioggia di lacrimogeni della polizia – lacrimogeni contenenti gas CS, paradossalmente vietato in guerra perché cancerogeno ma non esplicitamente vietato per usi di ordine pubblico – non ha niente di mistico e meditativo. È solo il risultato di un atto di forza che ministri e politici italiani di tutti gli orientamenti, con a capo la cosiddetta opposizione dei Bersani, Chiamparino, Fassino – si ostinano a non chiamare violenza ma mantenimento dell’ordine pubblico – un po’ come le nostre “missioni” all’estero, dall’Afganistan alla Libia non si chiamano guerre, quali sono, ma interventi umanitari.
Dove mai possiamo aspettarci che buongiorno voglia dire veramente buongiorno? La tentazione del silenzio – giacché di questo, in fondo, si tratta – diviene sempre più forte, quanto più si prende atto che tutto, nel sistema del consenso imposto, è falsificato. Parlare civilmente non sembra avere più senso, e solo l’urlo, qualche volta, riesce a squarciare la cortina fumogena, non sempre prodotta dai gas polizieschi, ma più costantemente e irrimediabilmente creata e mantenuta viva dai media addomesticati.
Il silenzio di cui facciamo esperienza nella nostra società attuale sembra sempre più inseparabile dalla violenza di chi esercita il potere di tacitare – come sapeva bene Walter Benjamin quando, nelle Tesi sulla filosofia della storia, parlava del silenzio dei vinti che non lasciano traccia nella vicenda del mondo. Parlare dell’essere, così più o meno Martin Heidegger, significa tacere autenticamente del silenzio.
Ma tacere ascoltando il silenzio dell’essere, forse anche per lui, non è altro che lasciar parlare i tanti vinti della storia – della storia passata o anche della cronaca recente di una valle alpina solo apparentemente marginale rispetto al tanto rumore del mondo.
Dal blog Dashumankapital, di Davide De Palma
Nel prossimo mese di ottobre per la Columbia University Press, sarà pubblicato Hermeneutic Communism: From Heidegger to Marx un interessante libro scritto a quattro mani dal prof. Gianni Vattimo e dal prof. Santiago Zabala. Ho incontrato il prof. Zabala, filosofo, giovane pensatore del mondo… forse questa è le definizione che più mi piace pensando al professore! Nasce nel 1975 vive la sua vita tra Roma, Vienna e Ginevra. Studia filosofia a Torino, consegue il dottorato a Roma presso la Pontificia Università Lateranense. Nel novembre 2007 viene insignito della prestigiosa borsa Humboldt. Attualmente è Professore di ricerca ICREA presso l’università di Barcellona. Mi sia consentito segnalare due volumi del prof. Zabala il primo sempre pubblicato per la Columbia University Press, nell’agosto del 2009, dal titolo The Remains of Being: Hermeneutic Ontology After Metaphysics, e il secondo Consequences of Hermeneutics pubblicato nel 2010 per la Northwestern University Press, libro curato con Jeff Malpas.
Professore, scusi, che cos’è l’ermeneutica?
Per spiegare l’ermeneutica ci vorrebbero dei volumi, dunque, posso solo indicare qualche aspetto importante. Prima di tutto è una filosofia che trova le sue origini già in Platone, dunque, la sua storia si muove assieme alla storia della filosofia dove praticamente tutti i classici hanno detto qualcosa sul significato filosofico dell’interpretazione: Agostino, san Tommaso, Spinoza ecc. Secondo: è una filosofia che si oppone alle descrizioni, ma non solo come l’impossibilità di descrivere i fatti, ma anche come essenza stessa dell’essere umano: siamo interpreti. In questa condizione nozioni come quella della “reltà, verità, o essere” sono sempre il risultato di interpretazioni personali. Esistiamo grazie all’interpretazione dei fatti, senz’altro non grazie ai fatti, se no, anche noi potremo essere dei fatti e descritti come tali. Ma in questa forma esisteremo come oggetti rischiando di cadere dentro “la catena di montaggio” o “l’indifferenza industriale”. Tutto questo si trova ben spiegato nei libri di Vattimo dove Heidegger, Nietzsche e Gadamer sono giustamente considerati i padri dell’ermeneutica contemporanea.
Cosa significa Hermeneutic communism? perchè oggi la vostra visione di un marxismo Antifoundationalist trova ragion d’essere?
“Comunismo ermeneutico” è il titolo del nostro libro che cerca di rinnovare il marxismo attraverso l’ermeneutica. Ma questo rinnovamento non va verso una nuova teoria marxista, al contrario, parte proprio dal suo indebolimento. Oggi il marxismo o meglio ancora, il comunismo, è debole, cioè libero dalle strutture forti che lo reggevano. Proprio questa è la sua forza, cioè la possibilità che abbiamo per praticarlo senza la violenza industriale che ha rovinato la stessa Russia comunista. L’ermeneutica, come filosofia post-metafisica, serve all’marxismo per ricordarsi che non dobbiamo più “descrivere il mondo,ma solo interpretarlo.” Questa massima (ovviamente è una modificazione della famosa tesi di Marx) aiuta a non cadere dentro una politica della verità dove tutti devono seguire delle regole oggettive. L’unico imperativo sono i deboli, cioè il “comunismo ermeneutico” è dalla parte dei deboli, dei poveri, dei marginati delle strutture attuali del lavoro, che non sono altro quelli senza, come dici tu, “ragion d’essere”. Per questo Vattimo dice che “il pensiero debole è il pensiero dei deboli”: non sono altro che i “residui” dell’essere come ho cercato di tradurre ontologicamente nel mio “The Remains of Being”… Proprio questo Essere Deboli non ha forza, cioè governi dalla loro parte, per lo meno in Europa.
Das Humankapital nasce dall’idea di valorizzare le donne e gli uomini che vivono le imprese, crede sia importante incamminarsi verso un nuovo umanesimo del lavoro?
Certo. Lo scarso valore che viene attributo ai lavoratori è il problema. La stessa cosa succede con i cosiddetti “paesi del terzo mondo”. Anche loro sono dimenticati. Per questo nel nostro libro diamo tanto spazio alle democrazie sud-americane: loro sono arrivati a un livello così grande di povertà che hanno iniziato a eleggere governi realmente a favore dei deboli e in certi casi dei veri e propri “metalmeccanici” come Lula. Oggi questi paesi stanno uscendo dalla crisi economica meglio dei paesi Europei e non sono altro che un esempio da seguire per i nostri politici. Come è possibile che loro sono usciti dal FMI, seguendo le indicazioni dei migliori economisti, mentre noi facciamo il possibile per restarci dentro, rovinando i diritti acquisiti?
Gianni Vattimo and Santiago Zabala
Questo contributo era legato ad alcune condizioni. Primo: consultazione e accordo delle comunità locali, che invece non sono mai state ascoltate sulla sostanza del problema, e anzi da ultimo represse con una vera e propria militarizzazione della Val di Susa, che è la zona di questo traforo.
Sonia Alfano e Gianni Vattimo, eurodeputati del Idv, hanno portato lunedì notte la battaglia contro la Torino-Lione fin dentro la sala plenaria del Parlamento europeo. Alzando uno striscione No Tav, i due eurodeputati sono intervenuti per denunciare, parole di Alfano, "l'assurdo progetto di costruire la Torino-Lione" e per condannare "ogni forma di violenza, sia la violenza dei facinorosi infiltrati che la violenza dei deputati e ministri italiani che hanno voluto assimilare il pacifico popolo No Tav ai black bloc".
"Tutti sanno - ha incalzato Alfano - che la Tav in Val di Susa non si farà mai: è possibile militarizzare un territorio per 20 anni?". Secondo l'eurodeputata del Idv, la situazione attuale è figlia di opere non concepite "con e per i cittadini" ma per "i comitati di affari partitici di destra e di sinistra".
Quanto al nodo degli aiuti comunitari, entrambi gli esponenti del partito di Di Pietro chiedono alla Commissione di ritirare "il contributo di 662 milioni di euro". In aula, Vattimo ha ricordato le condizioni legate all'erogazione dei fondi europei, la "consultazione e accordo delle comunità locali", che è mancata, e il "rispetto di alcuni termini temporali per l'inizio dei lavori, varie volte ritardati arbitrariamente".
Oltre a chiedere il ritiro dei contributi, Alfano ha invitato la Commissione petizioni del Parlamento Ue "ad inviare una delegazione in Val di Susa per verificare sul terreno cosa sta succedendo".
Scontri in Val Susa: un solo black bloc: il ministro Maroni
Andrea Colombo, Gli Altri online, 3 luglio 2011
Decine di farneticazioni, pardon “sdegnate dichiarazioni” dei politici italiani di destra, sinistra e centro contro i violenti della val di Susa”, e una sola, una e non più di una, davvero sensata. E’ di Gianni Vattimo: onore al merito.
Cosa dice l’ex profeta del pensiero debole? Che i black bloc non esistono, sono un’invenzione della polizia. Ha ragione da vendere, anzi da regalare. Era così a Genova, è così dieci anni dopo. L’invenzione, però, torna comoda non solo alle “forze dell’ordine” ma anche a tutti quei politicanti d’accatto, piddini in testa, che usano i fantasmi in nero come alibi per evitare di fare i conti con la verità.
La quale, in val di Susa come nel 2001 a Genova, è esattamente quella descritta da Vattimo: “C’erano solo giovani arrabbiati che sono stati provocati dal lancio di lacrimogeni”. In fondo, se oggi nessuno nega che a Genova ci fu provocazione è solo perché i tutori dell’orine esagerarono un tantinello alla Diaz e a Bolzaneto. Si fossero tenuti e sarebbe passata la bugiardissima versione ufficiale. Quella, per dirla di nuovo col filosofo torinese, “truccata e maledetta dai media di regime”.
Ce ne vuole di coraggio per lanciare migliaia e migliaia i poliziotti in assetto di guerra contro il presidio con l’obiettivo dichiarato di “espugnarlo” e poi strillare contro i violenti se gli espugnati non ci stanno!
E tuttavia vallo a trovare un leader politico degno che, anche a sinistra, abbia il coraggio di dire forte e chiaro che la responsabilità di quello che è successo oggi a Chiomonte è di un solo ed unico black bloc: il ministro Maroni. Lui sì che andrebbe isolato. Al contrario di quel che fanno tutti quelli che se la prendono con “i violenti” e glissano sulla maxi fregatura corredata da botte e soprusi regalata da governo e opposizione agli abitanti della val di Susa.