venerdì 31 luglio 2009
Commissioni parlamentari
http://www.europarl.europa.eu/news/public/story_page/008-58577-201-07-30-901-20090720STO58563-2009-20-07-2009/default_it.htm
La nostra (vacua) democrazia
Se non le primarie, che cosa? Questa domanda forse non può avere solo una risposta “tecnica”: che potrebbe arrivare fino al sondaggio telefonico tra un campione di cittadini, scelti a caso o nell’ambito degli iscritti… O addirittura al vecchio metodo del sorteggio. So che è paradossale, ma anche questo metodo avrebbe almeno il vantaggio di non obbligare gli aspiranti leader del partito a dirsene di tutti i colori di qui al congresso, contribuendo in modo potente ad accentuare tutte le divisioni interne. Chiamparino ha fatto bene a dire che si sarebbe dovuto discutere non del chi, ma del “che cosa” fare. La personalizzazione dello scontro, ancora secondo l’aureo esempio delle veline berlusconiane, serve solo a non parlare del che cosa. Non sappiamo bene che cosa vogliamo fare, ma intanto vogliamo prendere il potere: nello stato, e prima nel partito…
Come si vede chiaramente, questo problema del modo di eleggere il segretario del partito è solo uno specchio del problema ben più vasto: di come far funzionare la democrazia. Davvero il modo in cui si costruiscono le liste dei candidati in un paese come Cuba (almeno, per quanto ne sappiamo noi) è peggiore di quello che si vede in Italia? Là, se non andiamo errati, le sezioni del partito – a livello molto periferico, di quartiere addirittura – si riuniscono e votano con scrutinio palese i nomi del loro candidato; e si sale così fino alla costruzione della lista. Naturalmente si dice che questo modo di praticare la democrazia è esposto a ogni abuso: rivalità personali, manipolazione dall’alto, ecc. E certo non è il metodo perfetto. Ma vedendo quello che succede oggi in Italia – a cominciare dalle liste elettorali emanate dalle segreterie centrali, fino alla lotta per le primarie che si sta svolgendo ora nel PD – noi cominciamo a non essere più tanto sicuri che il “modello cubano”, così generalmente esecrato da tacitare ogni possibile discussione razionale – sia davvero tanto male. Per i più rigidi e pragmatici liberali potremmo cominciare a osservare che costa sicuramente meno di tutte le kermesse che si svolgono e si svolgeranno per scegliere il nuovo leader PD. E per i non molti interessati alla politica, si può osservare che lì almeno non si tratta solo di chi è più attraente e più “simpatico”. Se questa nostra è la democrazia, mostrateci qualche cosa di meno desolantemente vacuo.
giovedì 30 luglio 2009
Interrogazione parlamentare: Legge lituana per la protezione dei minori contro gli effetti dannosi dell'informazione pubblica
Il presidente della Lituania ha opposto il suo veto a questo atto legislativo, in quanto redatto in termini vaghi e confusi, e ha chiesto al Parlamento di riesaminarlo per garantire che esso sia conforme ai principi costituzionali dello Stato di diritto e di certezza e chiarezza giuridica, e che non risulti in conflitto con le garanzie di una società aperta e di una democrazia pluralistica. Le ONG attive nella difesa dei diritti umani e i deputati del Parlamento europeo hanno ripetutamente sollecitato un intervento da parte delle istituzioni UE e invitato il Seimas a rivedere il progetto di legge. Verrà inoltre presentato un ricorso alla Corte costituzionale. Nell'autunno saranno poi esaminati alcuni emendamenti ai codici penale e amministrativo, in virtù dei quali gli atti intesi alla diffusione dell'omosessualità, commessi da persone fisiche o giuridiche in aree pubbliche, saranno considerati reati punibili con lavori di pubblica utilità o un'ammenda fino a 1500 euro, o l'arresto.
Ha la Commissione discusso le questioni summenzionate con le autorità lituane? Concorda la Commissione sul fatto che la legge e gli emendamenti in oggetto sono incompatibili con i diritti umani e le libertà fondamentali garantiti dalle convenzioni internazionali ed europee e, in particolare, con la libertà di espressione, che comprende il diritto di cercare, ricevere e diffondere informazioni? Non ritiene inoltre che essi siano incompatibili con la legislazione e le politiche UE contrarie alla discriminazione? Non ritiene la Commissione che la suddetta legge sia in contraddizione con la Carta dei diritti fondamentali dell'UE, con l'articolo 6 del TUE e l'articolo 13 del TCE, ovvero con i valori fondamentali su cui si basa l'Unione europea? Intende la Commissione chiedere una valutazione della legge e degli emendamenti da parte dell'Agenzia per i diritti fondamentali? Quali misure intende la Commissione intraprendere per garantire che la Lituania rispetti i suoi obblighi in forza dei trattati UE e della legislazione europea e internazionale? È disposta, se necessario, ad attivare la procedura prevista dall'articolo 7 del TUE?
venerdì 24 luglio 2009
Copyright addio: siamo tutti pirati
Persino il nostro attuale ministro dell'interno, in una intervista di qualche tempo fa citata in epigrafe di uno dei capitoli del libro di Luca Neri (supponiamo, di quando non era ancora ministro) confessa senza alcuna vergogna che lui la musica non la compra certo ma la «scarica» dalla rete con un procedimento che rimane illegale e che le grandi compagnie si sforzano di perseguire. E aggiunge: «Non sono mica come Bono degli U2 che fa grandi proclami per la pace nel mondo e contro le multinazionali e poi si compra le azioni di Microsoft o di Forbes e così diventa ricco. Io sono per la libera scaricabilità della musica». Maroni diceva qui - e non sappiamo se oggi lo ripeterebbe - quello che a molti di noi viene da dire spontaneamente quando leggiamo La baia dei pirati. Assalto al copyright.
Non siamo mica dalla parte delle multinazionali, il file sharing, che significa lo scambio di contenuti di tutti i tipi tra utenti che praticano un rapporto peer to peer (un rapporto da pari a pari, abbreviato in p2p) ci sembra da approvare anche per elementari ragioni politiche. Stiamo cadendo vittime di un abbaglio ideologico? Come è possibile giustificare questo che a tutti gli effetti è un furto di beni altrui, magari solo perché da piccoli ci siamo abituati a parteggiare per i pirati della Malesia contro i cattivi governatori delle colonie che li combattevano in nome dei diritti dei re europei? Ma a parte la simpatia per i pirati dei mari della Sonda o per Robin Hood, il sentirsi dalla parte degli smanettoni ha ben altre e più serie motivazioni. Che partono dalla pervasività e inarrestabilità del fenomeno, come si può vedere dalla affascinante storia che Neri racconta nel libro, nella quale, nonostante l'impegno con cui le grandi industrie distribuzione di musica, film, video ecc. si sono impegnate a combatterlo con i mezzi dell'antipirateria legale, non ha fatto che crescere esponenzialmente in questi anni.
D'accordo che ciò che in linea di principio è un crimine non può cessare di esserlo solo perché quasi tutti lo praticano. Ma la storia recente delle nostre società è piena di esempi di «crimini » che hanno cessato di essere considerati tali in base ad una adeguamento delle leggi alle pratica corrente e a nuove situazioni esistenziali. Stiamo lottando persino per far si che l'omicidio del consenziente - nel caso dell' eutanasia - non sia più penalmente punito; e ciò anche in conseguenza degli sviluppi della medicina che hanno spalancato la possibilità di tenere in vita un essere umano, anche contro sua volontà, per tempi indefiniti.
Sebbene l'esempio sia molto remoto, anche nel caso del peer to peer siamo di fronte a una innovazione tecnologica che obbliga i legislatori a fare i conti con una situazione del tutto inedita e «intrattabile» con le leggi vigenti fino ad ora. Come del resto diceva molto chiaramente il ministro Maroni nella intervista citata, la questione del copyright - che è il diritto violato dal file sharing - è molto più un problema delle multinazionali che non degli autori, degli artisti, dei creatori di quei beni che secondo i pirati dovrebbero circolare liberamente nella rete.
Neri suggerisce che già ora per molti autori di musica risulta vantaggioso far circolare in rete le loro creazioni, giacché serve da pubblicità per concerti e eventi dal vivo, che rendono economicamente più delle royalties pagate dalle grandi compagnie di distribuzione. Qualcosa del genere sembra accadere persino per il cinema, dove alla lunga sembra destinato e rinascere il gusto per il film visto in sala piuttosto che (o dopo che lo si è visto) sullo schermo del computer.
Sempre pensando agli artisti, Neri c’invita anche a riflettere sul fatto che nella situazione attuale di libera circolazione in rete, la loro libertà creativa è molto più grande di quanto non sia mai stata in passato. Non hanno più bisogno di un editore che investa capitali per far circolare le loro opere, se le possono pubblicare da sé con il loro computer. Ecco qui un altro aspetto decisamente rivoluzionario del file sharing, e un'altra ragione che stimola lo nostra simpatia. Lo sviluppo delle forze produttive, direbbe Marx, rende obsoleti i rapporti di produzione che devono essere cambiati per adeguarsi meglio alle nuove condizioni tecniche e anche «esistenziali» che si sono create. Nietzsche, dal canto suo, pensava che il problema dell'uomo di oggi è quello di innalzarsi mentalmente e spiritualmente al livello delle proprie capacità tecniche.
Anche tutto questo, e molto di più, si agita sullo sfondo delle avventure piratesche di ci parla Neri. Che sia una faccenda eminentemente e epocalmente politica (pensiamo a un terreno di cui Neri si occupa poco, quello dei brevetti farmaceutici) lo hanno capito i fondatori svedesi della baia dei pirati: hanno costituito un partito che oggi ha una rispettabile rappresentanza al Parlamento europeo. La rivoluzione è appena cominciata.
G8: VATTIMO (IDV), CONTRO BERLUSCONI A MAGGIOR RAGIONE DOPO 'TRIONFO'
giovedì 23 luglio 2009
Solidarietà e sostegno al testimone di giustizia Pino Masciari
Esprimo tutta la mia solidarietà e tutto il mio sostegno a Pino Masciari e alla famiglia, per le recenti e vili intimidazioni subite in Calabria. L’ordigno ritrovato a casa del fratello del testimone di giustizia - giusto in coincidenza con la manifestazione dello scorso 19 luglio, a Palermo, per Paolo Borsellino e gli uomini della scorta - prova che la ’ndrangheta non ha dimenticato i Masciari, con cui evidentemente intende regolare i conti. E’ un segnale preciso, da non sottovalutare.
Pino Masciari ha permesso alla giustizia di condannare pericolosi ’ndranghetisti e colletti bianchi, esponendosi alla vendetta di potenti clan criminali. Sarebbe un errore gravissimo abbassare la vigilanza, dello Stato e dell’antimafia, nei confronti della sua famiglia. Mi appello al ministro dell’Interno e alla società civile perché i Masciari possano vivere nella massima sicurezza e non siano mai lasciati da soli.
Personalmente, sarò sempre vicino alla famiglia di Pino Masciari, servitore dello Stato ed esempio per le nuove generazioni che credono in un’Italia libera da tutte le mafie.
Gianni Vattimo, parlamentare europeo (Italia dei Valori)
mercoledì 22 luglio 2009
Torino spiritualità 2009
Europa al bivio
Il portoghese José Manuel Barroso, presidente della Commissione europea, passerà l’estate a studiare. Il Parlamento europeo di Strasburgo ha deciso di "rimandarlo" a settembre prima di decidere se concedergli un secondo incarico alla guida della Commissione di Bruxelles. E per lui non sarà un esame facile. Dovrà portarsi sotto l’ombrellone molti dossier: dovrà mostrare tutte le sue capacità di persuasione per convincere gli europarlamentari, ora più perplessi che entusiasti rispetto a una sua possibile rielezione.
A Barroso viene rimproverata un’eccessiva sudditanza verso i 27 Governi dell’Ue. Secondo molti eurodeputati, inoltre, la Commissione non ha saputo affrontare in modo adeguato la crisi economico-finanziaria. «Ha cessato di essere il motore dell’integrazione europea», spiega l’ex premier belga Guy Verhofstadt, presidente dell’Alleanza dei democratici e dei liberali per l’Europa.
Così, nella sua prima sessione dopo le elezioni di giugno, il nuovo Parlamento europeo ha sùbito alzato la testa e picchiato i pugni sul tavolo. Vuole dire la sua, fissare l’agenda e rivendicare i propri poteri di fronte agli Stati membri e alla Commissione. L’attenzione dell’Europarlamento è fissata sulla data del 2 ottobre, quando i cittadini irlandesi torneranno a esprimersi con un referendum sul Trattato di Lisbona. Bocciato in un primo referendum, questa volta il Trattato potrebbe avere luce verde. Con la sua entrata in vigore, il Parlamento acquisirà maggiori poteri decisionali in molti campi quali gli affari interni, l’agricoltura e il bilancio, nonché per la nomina delle alte cariche delle istituzioni europee.
Barroso sarebbe il candidato forte del Partito popolare europeo, uscito vincitore dal voto di giugno. Ma il Ppe, con 265 eletti, non ha la maggioranza assoluta (369 voti), indispensabile per riconfermarlo. E anche all’interno del Ppe non tutti sono convinti dai risultati ottenuti dall’ex primo ministro portoghese «Vincere le elezioni non basta a fare una politica», osserva David Sassoli, eletto a Strasburgo per il Pd e confluito nel gruppo dell’Alleanza progressista dei socialisti e dei democratici (S&D).
Per essere rieletto, Barroso deve contare su un’alleanza fra il Ppe, i socialisti, l’Alleanza dei democratici e liberali. Serve cioè un compromesso. Simile a quello che ha portato il polacco Jerzy Buzek alla presidenza dell’Europarlamento. Buzek (Ppe) resterà in carica per la prima parte della legislatura, ma dopo due anni e mezzo cederà la poltrona a un esponente socialista, probabilmente il tedesco Martin Schultz, il politico a cui Berlusconi diede del "kapò".
«Il Parlamento europeo è sempre stato un luogo di grandi compromessi, ma credo sia normale quando si rappresentano quasi 500 milioni di cittadini e 27 Paesi. Il problema è che spesso la mediazione porta a fare la metà di quello che serve fare», fa notare Gabriele Albertini, l’ex sindaco di Milano al suo secondo mandato a Strasburgo.
Nel nuovo Europarlamento forze politiche di orientamento diverso sono spinte al compromesso e alla mediazione anche per arginare gli euroscettici (senza contare i gruppi apertamente antieuropei e razzisti) che hanno conquistato un seggio. Sono politici, come il francese Le Pen e i leghisti italiani, sempre pronti a scagliarsi contro "i burocrati di Bruxelles", ai loro occhi colpevoli di sottrarre la sovranità ai popoli. Ma gli euroscettici sono tanti, quasi in ogni nazione rappresentata all’Europarlamento.
«Bisogna impegnarci contro le forze politiche che vogliono tirare giù la saracinesca dell’Europa», assicura Pier Antonio Panzeri, ex segretario generale della Camera del lavoro di Milano, eletto per il Pd.
«Attenti a non demonizzare i nemici dell’Europa, perché rappresentano una parte dell’opinione pubblica che non possiamo trascurare. Piuttosto che isolarli dobbiamo convincerli», mette in guardia Rachida Dati, ex ministra del Governo francese. Pur convinto delle necessità di fare argine contro i nemici dell’Europa presenti a Strasburgo il filosofo Gianni Vattimo (Italia dei Valori) ha un timore: «Non vorrei che il giusto desiderio di fare blocco contro gli antieuropei porti agli estremi il compromesso, creando una melassa indistinta nella quale si annullano le differenze fra i vari gruppi. Un po’ di sano estremismo ci vuole». Di sicuro non è sano l’estremismo di gruppi come il British national party, un gruppo di ispirazione fascista rappresentato a Strasburgo dal suo leader Nick Griffin. Tronfio, tarchiato e con il ghigno da squalo, Griffin dice e ripete (lo ha fatto anche davanti ai nostri occhi) che bisognerebbe affondare i barconi carichi di disperati che attraversano il Mediterraneo diretti verso le coste meridionali dell’Europa.
Queste parole fanno rabbrividire Rita Borsellino. Nel suo primo giorno da europarlamentare, la sorella del giudice Paolo, assassinato a Palermo nel 1992, ha presentato un’interrogazione perché l’Europa presti attenzione al decreto sulla sicurezza voluto dal Governo italiano. «Nella mia vita», afferma la Borsellino (S&D), «credo di aver dimostrato di non temere le sfide. Non ho paura a confrontarmi, con asprezza, se necessario, con chi ha posizioni opposte alle mie. Non ho paura anche perché credo che la difesa dei diritti dell’uomo e la salvaguardia dei più deboli sia una linea assoluta e universale, che nessuno può mettere in discussione».